I carbonai di Serra San Bruno: un'arte in via d'estinzione
La cittadina di Serra San Bruno, capitale delle Serre in provincia di Vibo Valentia, custodisce tra i boschi un mestiere millenario: l’arte dei carbonai.
Indice
Gli ultimi carvunàri di Serra: artisti del fuoco
Il viaggio che vi proponiamo nel Comune di Serra San Bruno, celebre per la sua Certosa e il legame storico col santo di cui porta il nome, è un vero e proprio viaggio nel tempo, sulle tracce annerite di un antico mestiere, quasi sparito lontano da queste latitudini: l’arte dei carbonai e l’universo fumoso della carbonaia, la loro “seconda casa”.
Affidandoci alla guida esperta del fotografo Bruno Tripodi - che ai carbonai di Serra San Bruno e alla loro dura quotidianità ha dedicato, sin da ragazzo, passione, tempo e un inconfondibile sguardo narrativo e fotografico - ci avviamo verso i lembi di terra carbonizzata nei siti ancora attivi: Pìttina, Croceferrata e Spuntone, dove gli ultimi artisti del fuoco accudiscono i loro “scaràzzi”, le carbonaie fumanti.
Il mio primo incontro con i carbonai lo ho avuto da bambino, quando venivo qui a suonare loro la novena di Natale: all’epoca i carbonai vivevano sul sito della carbonaia con tutta la famiglia, in capanne di legno, con tetti di foglie e catrame e pavimenti di terra battuta.
Avanziamo nell’aria acre, che pizzica gli occhi e la gola, chiedendoci come facciano ancora oggi “li carvunàri” a non soccombere a una vita tanto sacrificata, che li vuole vigili giorno e notte nel nero perenne di un mestiere millenario, immutato, se non per la sola concessione “meccanica” alla fase del confezionamento.
Eppure, tra la monumentale semi-cupola della carbonaia principale, circondata da tante altre cupole minori - le carbonaie già combuste che si spengono lentamente - è possibile cogliere la poesia di un mondo in estinzione, fatto di gesti consumati e potenti al tempo stesso, in grado di assecondare o governare la natura a seconda delle circostanze.
Un mondo affascinante e crudo quello dei carbonai di Serra San Bruno, che negli anni ha attratto cronisti di fama nazionale e internazionale (Ettore Mo, Cesare Fiumi, Paolo Di Giannantonio e Amedeo Ricucci, solo per citarne alcuni), come racconta Tripodi, che accompagna volentieri chi desidera narrare al mondo questo antico mestiere in estinzione.
Il nero e il bianco: Serra San Bruno e la sua Certosa
Tra i tanti reportage, quello a firma Ettore Mo, “La montagna senza tempo”, ci regala un accostamento davvero suggestivo: a Serra San Bruno il nero che tinge il carbonaio contrasta col bianco del saio certosino, entrambi affidati alla discrezione dei boschi.
Visitare Serra San Bruno significa perdersi nell’abbraccio spirituale e paesaggistico della Certosa di Santo Stefano, fondata nel 1090 da Brunone di Colonia, non accessibile all’interno per la regola di clausura, ma ben ricostruita nella storia, nell’arte e nella riproduzione dei ritmi quotidiani all’interno del Museo della Certosa, ricavato in un’ala dello stesso monastero.
Più a monte, l’Eremo di Santa Maria nel Bosco, il primo dormitorio che restituì le reliquie del santo e dei suoi confratelli.
Una passeggiata nel centro storico di Serra San Bruno
Dall’antico mestiere dei carbonai ai gesti artigianali e artistici che hanno plasmato, nel tempo, il sorprendente centro storico di Serra S. Bruno, cittadina scolpita nel granito: i portali, i lastricati, le fontane e le facciate delle chiese barocche - Maria Santissima dei Sette Dolori su tutte - sono veri e propri gioielli che portano impresso il segno di sapienti scalpellini.
Allo stesso modo, i balconi dei palazzi più antichi, lungo Corso Umberto I, e la preziosa cancellata che circonda il Monumento ai Caduti, richiamano l’eco lontana del fabbro che plasma sull’incudine le forme artistiche del ferro battuto.
Cosa mangiare a Serra San Bruno
La montagna, si sa, mette appetito e regala ingredienti gustosi da rielaborare in cucina!
Non si può lasciare Serra S. Bruno senza concedersi un assaggio di profumati funghi porcini, ottimi con la pasta fatta in casa e i risotti, ancor più succulenti come “solisti” del piatto, trifolati e in insalata.
La gastronomia serrese è generosa come la montagna, soddisfa tutti i gusti e ci fa chiudere in dolcezza col tipico biscotto a base di mandorle, “lu ‘nzudhu”: il nome e la consistenza sono duri come la fatica nei boschi, ma il sapore è dolce come la poesia delle tradizioni lontane.
Prenota ora il tuo hotel a Serra San Bruno!
Riproduzione riservata © Copyright Altrama Italia