Destinazioni - Comune
Squillace
Luogo:
Squillace (Catanzaro)
Squillace è un comune italiano di 3.417 abitanti in provincia di Catanzaro. La Squillace Storica (detta anche Squillace Superiore o Squillace Antica) sorge su tre colli a circa 344 metri s.l.m., i quali sono chiusi da due torrenti, l'Alessi e il Ghetterello. La cittadina è posta in una posizione strategica per il controllo dell'omonimo golfo, sul quale sorgono i quartieri di Squillace Marina (detta anche Squillace Lido o Squillace Scalo) e Fiasco Baldaia.
Storia e mito della città di Squillace
Le origini
Le origini di Squillace si perdono nel lungo trascorrere del tempo, la leggenda dà ad Ulisse la paternità della città. Il Re itachese in ritorno da Troia approda, dopo una tempesta, in una zona pianeggiante tra il fiume Corace e il fiume Alessi, qui avrà origine Squillace. Altre fonti storiche vedono in Menesteo il fondatore della città. La città prese il nome di Skyllation diventando un importante centro di comunicazione e un porto militare e commerciale di grande importanza. Il suo porto viene perfettamente descritto da Virgilio nell'Eneide: “....Hinc sinus Hercules si vera est fama Tarenti cernitur, attolit se diva Iacinia contra. Caulonisque arces et navifragum Scylaceum...”, “ ... prima ci si scopre il golfo di Taranto, fondata –com'è voce- da Ercole, di fronte a cui si levano il tempio di Lacinia, il promontorio di Caulone e l'antica Squillace, pericoloso porto di navi...”.
La città non riuscì mai ad essere una città autonoma, dipendente prima da Kroton poi presa da Dionigi di Siracusa fu sottoposta a Locri. Alla fine della seconda guerra punica, fu conquistata da Roma e nel sito, dell'antica città greca, venne successivamente dedotta una colonia romana. Tra il 123-122 a.C. la città greca di Skillation diventava la romana Scolacium, il cui nome completo era “Colonia Minervia Nervia Augusta Scolacium”. Scolacium non venne costruita sopra la struttura greca ma accanto: la nuova città si presentava con la forma classica delle città romane con un cardo e un decumano con il foro, le terme, l'anfiteatro, il teatro gli acquedotti e i vari templi. La città perse il suo ruolo di porto militare e commerciale, ma divenne uno snodo fondamentale per la comunicazione viaria; essa diventava unico passo, di semplice accesso, tra la costa ionica e la costa tirrenica. Il passaggio di Spartaco che con 60.000 ribelli saccheggiò il Bruttio, mise a ferro e fuoco Scolacium. La città mise circa un secolo per risollevarsi. Con l'avvento del Cristianesimo a Scolacium la densità cristiana era in continuo aumento tanto da convincere il vescovo di Reggio Calabria di far nascere, nel 71 d.C. , una diocesi. Scolacium cristiana, con il passare degli anni, si consolidò così tanto da diventare guida delle diocesi calabresi.
Cassiodoro e Squillace medioevale
Le coste calabresi, non più difese dalle legioni romane, erano prese d'assalto dai Saraceni costringendo gli abitanti delle coste a ritirarsi sulle colline circostanti; questo accadde anche a Scolacium dove i suoi abitanti fondarono, a 15 km dal mare su una collina di 360 m, Squillace. L'espansione della città, stimolata dalla diocesi, non si fece attendere, facendo rifiorire in Squillace il centro religioso di un tempo, incrementando il turismo grazie al bel clima e al paesaggio sublime. Squillace ha dato i natali in questo periodo ad un personaggio illustre in tutto il mondo, sicuramente il più illustre nella millenaria vita della "Calabria", Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, l'ultimo dei romani e il primo degli italiani. Cassiodoro, nato nel 485 d.C. a Squillace, è giovanissimo “Conciliarius” del padre, il quale, esercitando allora la prefettura, divenne, forse, il primo maestro nell'arte del governo; sappiamo, infatti, che il suo genitore fu esemplare ed esperto funzionario di re Alarico. Nel 507 entra nelle grazie di Teodorico ed è nominato Questore e Segretario del Re. Viene insignito del titolo di Patrizio; nel 514 è Console. Successivamente seguendo la tradizione di famiglia diventa Corrector del Bruttio e della Lucania. Morto Teodorico l'impegno politico di Cassiodoro non viene certamente rallentato. Amalasunta prima, Atalarico dopo, pongono praticamente nelle mani di Cassiodoro il governo del regno. Nel 552 l'ultimo re goto, Teia, muore a Ravenna, le sue spoglie verranno portate a Costantinopoli ai piedi dell'imperatore Giustiniano che voleva assicurarsi della morte del suo acerrimo nemico.
Cassiodoro dovette partire in esilio verso la nuova capitale del mondo, Costantinopoli, dove accentuò il suo pensiero politico che sperava in una unione tra la cultura pagana e cristiana, tra la civiltà occidentale e orientale. Giustiniano nel 554 riuscì ad annettere, all'Impero Romano d'Oriente, l'Italia, che però mantenne gran parte della giurisdizione preesistente; si riscontra sicuramente la mano di Cassiodoro in questa scelta; per riuscire ad unire due mondi c'era bisogno di alcuni compromessi, e dell'assenza di uso di armi. Cassiodoro, però, si rese conto che era solo una utopia la proposta di unire le tradizioni Barbare con quelle Romane. Il nuovo equilibrio, dettato dalle armi bizantine, mise completamente fine all'illusione in cui Cassiodoro aveva lavorato tutta la vita. Così egli decide di ritirarsi dall'attività politica e decide di tornare in Italia; la sua nuova sede sarà la terra d'origine della sua famiglia: Scolacium. Il calabrese tornato nella sua terra natia è deciso a consacrare le sue energie alla pietà e allo studio. Verso l'anno 555, presso alcuni vivai fonda il Monastero di Vivario. Se nello sforzo politico di conciliazione e integrazione fra popolo romano e mondo goto aveva lanciato il coraggioso appello: “Audiat uterque populus quod amamus”, d'ora in poi dal Vivarium diffonderà lo stesso messaggio, però rivolgendosi non alla cerchia ristretta di due popoli, ma all'umanità intera: il suo ideale è diventato più nobile e universale quanto più la cultura è superiore alla politica e lo spirito alla materia. Cassiodoro non sarà più il ministro di un Re, un servitore dello Stato, un governatore o un diplomatico: diventerà ministro di un'altra potenza che ha per missione il dominio dello spirito, il santuario della coscienza, la difesa della verità per dirigere l'uomo al fine supremo per cui è stato creato. Lo squillacese capisce che non è l'integrazione tra Roma e i barbari che permetterà alla romanità di sopravvivere, ma la fusione della romanità con la Chiesa di Cristo; dall'armonizzazione della cultura profana con quella religiosa. Il Vivarium è una specie di “urbs religiosa” nella quale, sotto la guida di due superiori religiosi, oltre all'ideale della vita contemplativa, si cerca un'efficace conciliazione della scienza sacra con la profana. Viene lasciata ai monaci la maggiore libertà nella preghiera e nella scelta degli interessi. In questo famoso cenobio Cassiodoro informava i suoi monaci alla pietà con continui esercizi religiosi ed allo studio delle lettere e delle scienze sacre e profane, pur procurando di trasmetterle ai posteri col magistero dell'insegnamento e col fare trascrivere codici dai calligrafi. Vi raccolse perciò i tesori della sapienza degli antichi, ed istituì una accademia di studi divini ed umani, simili a quella che ai giorni nostri, prende il nome di Università. L'ideale enciclopedico romano divenne cristiano: nasce così l'esigenza di una biblioteca che fu, per quei tempi estremamente completa, pagana e cristiana, latina e greca. La biblioteca era ricca di codici pregevolissimi, molto ben divisa e disposta secondo le varie scienze. Anzitutto c'era la Sacra Scrittura, accanto ad essa vi erano i 22 libri della Antichità Giudaica e centinaia di altri libri che trattavano di religione. La struttura fu arricchita di molti libri che trattavano di cosmografia, c'erano le opere di Giulio Oratore di Macellino Illirico, il famoso codice di Tolomeo. Seguivano le opere di filosofia e di agraria perché i monaci diventassero intelligenti agricoltori: sono ricordati i trattati di Marziale, di Columella e di Emiliano. Per i monaci addetti alle cure mediche vi erano opere di Ippocrate di Aurelio Celio, la Terapeutica di Galeno, l'Erbario di Dioscoride. Non potevano sicuramente mancare le opere di Aristotele con la traduzione di Boezio. Dalle esigenze culturali e spirituali della comunità del Vivariense nasce la ricchissima produzione letteraria di Cassiodoro negli ultimi decenni della sua vita e trattasi di almeno 9 delle 13 o più opere da lui scritte. Grazie a Cassiodoro possiamo conoscere come poteva essere la Squillace del tempo: ”Squillace la prima tra le città dei Brutti; che si crede fondata da Ulisse il distruttore di Troia... è posta nel golfo dell'Adriatico... sta come un grappolo d'uva sospeso ai colli; né si solleva in alto con erta malagevole, se non per osservare con piacere i campi verdeggianti e la cerulea superficie del mare…. Guarda il sole quando spunta sull'orizzonte, senza bisogno che l'aurora lo annunci; giacché non appena vibra i suoi primi raggi, tosto mostra tutto il suo luminoso disco. Essa mira Febo che si rallegra di riflettere colà la chiarezza della sua luce; di che superando la stessa Rodi, con più di ragione può appellarsi la patria del sole...”.
Nascita e caduta del Principato di Squillace
La Posizione Strategica di Squillace continuava ad essere nel mirino degli Arabi; essa subiva ripetute incursioni ed anzi per un certo periodo fu dominata da essi,che ne fecero una temibile base militare. Dopo il breve dominio arabo la città cadde sotto l'egemonia Normanna. La sua funzione strategica militare, già riconosciuta dai greci, fu riconosciuta anche dai Normanni che nel 1044 vi costruirono un forte castello, trasformando in contea il munito insediamento. Nel periodo normanno, con la signoria di [[Rug"text-decoration: underline">,</|Ruggiero]] per la prima impresa volle andare sopra Squillace, la quale era tenuta da benissimo presidio de' soldati, richiese il Re, che mandasse per terra Blasio d'Alagona con l'esercito, a tal ch'in un medesimo tempo si potesse combattere per mare e per terra: venne Blasio, e nel dare l'assalto per terra fu in modo ributtato, che se i Terrazzani voleano essere contenti d'avere ben difesa la Città, come conveniva, non sarebbe pigliata mai; ma i Terrazzani, ch'eran in maggior numero che i soldati del presidio, usciro e s'allontanaro temerariamente tanto dalla Terra, dando la caccia a' nemici, che Ruggiero di Loria, ch'invano si travagliava di combattere la Terra per mare, pose subito i soldati dell'armata in terra, ed occupò quel luogo, ch'era tra i Cittadini usciti col presidio e la Città, ed allora Blasio avendo per forza fatto far testa a suoi che fuggivano, rinnovò la battaglia e si trovaro i Terrazzani rinchiusi, sentendosi all'improvviso Ruggiero coi suoi dietro le spalle, onde fu fatta tal uccisione, che non fu casa in Squillace ove non fosse morto alcun a quella giornata: de' soldati del presidio si salvaro pochissimi, facendosi per vera virtù la strada con l'arme a ritornar alla Città, la maggior parte feriti, e la Città restò tanto spaventata al ritorno loro, che subito pigliò partito di rendersi e fu data a Corrado Lanza con buon numero di gente, e Biasio, con l'esercito di terra andò sopra Pietro Ruffo, ch'era in Catanzaro, Signore per antica nobiltà di sangue illustre, il qual essendo stato fidato sopra la speranza della pace, non avea fatte quelle provisioni di cose da vivere né dei soldati, che avesse potuto sostenere un lungo assedio; pur i Terrazzani che l'amavano, lo confortaro a tenersi, promettendo di voler morire tutti sotto la bandiera sua, ma il buon Signore volle assicurarsi, mandò a Riggio a patteggiare con Re Federico, e così si rese a patti, che se fra quaranta dì, l'esercito di Re Carlo non venia a soccorrere, si dava reso. Squillace passa prima a Roberto d'Angiò e poi ai conti Monfort, poi per circa centocinquanta anni la città fu signoreggiata dai Marzano. Da contea nel 1485 la città divenne principato di cui Federico I di Napoli (Aragona) ne fu re. Squillace, poi, grazie al matrimonio tra la figlia di re Federico e Goffredo Borgia, passa sotto la casata dei Borgia. La cittadina sperava che con l'avvento dei Borgia la città potesse tornare a splendere di luce propria; non fu così, nel 1630 un terremoto colpisce Squillace e le città vicine,nel 1648 una incursione Saracena ne accelera la crisi demografica e la decadenza. Dopo gli avvenimenti della prima meta del 1600, i Borgia abbandonarono Squillace verso una lenta desolazione, infatti, nel piano di ricostruzione della città il castello, che dominava la zona, venne ristrutturato in maniera poco raccomandabile, preferendovi la costruzione di un carcere. I Borgia che governeranno sino al 1730, impegnati a Roma, lasciarono Squillace alla famiglia dei De Gregorio che la tennero sino al 1802. Il principato venne ridotto a marchesato e con l'avvento di pestilenze e di nuovi terremoti, si ebbe il degrado assoluto della città. Nel 1783, sotto l'impeto di un nuovo grande terremoto, Squillace vide crollare suo castello e le sue mura; crollava miseramente l'intera struttura feudale di un vecchio mondo in via di estinzione. Squillace, questa volta, non riuscì a risollevarsi andando ormai sempre più in rovina.
Le idee risorgimentali a Squillace. I fratelli Pepe e Damiano Assanti
Con l'avvento di Napoleone, Squillace divenne il centro direttivo per i paesi vicini, Stalettì, Borgia, Girifalco, Amaroni e Sant'Elia. Caduto l'impero Francese, il sud d'Italia tornò, grazie al Congresso di Vienna, sotto la giurisdizione Borbonica, Squillace perse ogni diritto sui paesi vicini, restava legato solo il paesino di Amaroni. I moti del '20-'21, che sconvolgevano l'Europa, trovarono in varie città della Calabria ionica molti sostenitori, tra cui Squillace. In Squillace le idee risorgimentali trovano la loro massima espressioni in 3 illustri personaggi che contribuiranno all'unità d'Italia: il gen. Guglielmo Pepe, il gen. Florestano Pepe e Damiano Assanti. Guglielmo Pepe già a sedici anni si fece notare come valoroso combattente e difensore di ideali patriottici forse pari a quelli dei Mazzini e dei Garibaldi. Il gen. Pepe si getta in una lotta armata contro gli austriaci a Marengo con la legione Italica. Dopo un breve ritorno a Squillace si pone contro i Borboni ma viene arrestato e condannato a vita nella Fossa del Marittimo, dove però rimane solo tre anni. La cacciata dei Borboni lo vede bonopartista (ufficiale d'ordinanza di Gioacchino Murat) e con la restaurazione borbonica, fidando del revisionismo costituzionale di re Ferdinando II, accetta la carica di comandante dell'esercito del Regno delle due Sicilie. Nel 1848 ritorna a Napoli, dopo un altro esilio a Londra, dove è incaricato dal Re di Napoli di un comando militare; Guglielmo Pepe disobbedisce agli ordini superiori per correre in difesa di Venezia seguito, dal fratello Florestano e da Damiano Assanti. Guglielmo Pepe tornato a Napoli viene esiliato in Francia, poi va a Torino dove muore nel 1855. Al posto del generale Pepe, nel ruolo di difensore di una patria che ancora non c'è, succedette Damiano Assanti che, distintosi già a Venezia, nel 1859 partecipa alla campagna militare per l'unità d'Italia. Damiano Assanti partecipò anche alla spedizione dei Mille che gli valse la nomina, da parte di Garibaldi, a generale Comandante della divisione Cosenza. Nella Campagna del '60-61 Assanti dà il nome alla I Brigata in cui era stata incorporata la Divisione Stocco divenuta dopo il 21 novembre 1860 la IV Risorgimento. Importante anche il suo contributo politico. Deputato in quattro legislature, dal 1873 ricopri anche la carica di senatore. Indulgendo all'aneddottica ricordiamo il suo duello con il giornalista Suller che aveva denigrato il comportamento dei meridionali a Venezia: gli fracassò la testa con un colpo di pistola.
Squillace oggi
Squillace Storica
Squillace Storica è divisa in altri quartieri più piccoli, tra i quali spiccano il centro storico (la zona più importante della città dal punto di vista culturale ed amministrativo), e la Squillace Nuova, quartiere di recente costruzione che si espande da Viale fuori le porte fino alla C.da Micciulla. Oltre ai quartieri sopra citati ve ne sono altri più piccoli di aspetto rurale. Nel centro storico sono inoltre presenti molteplici monumenti e chiese, il Duomo, il Castello Normanno, il palazzo del Municipio e il centro del Folklore. Un ampio lavoro di restauro ha reso al castello quell'imponenza persa da tempo, rendendo Piazza Castello un luogo importante per i turisti che possono finalmente godere della meravigliosa veduta.
Squillace vanta un riconoscimento speciale da parte del Ministero dello Sviluppo Economico che consente ai ceramisti squillacesi di applicare il marchio DOC sulle proprie ceramiche. Caratteristica che la rende unica in Calabria e che fa della ceramica uno dei suoi simboli. Feste e tradizioni sono ritornate in auge nella città antica grazie alle associazioni presenti sul territorio e grazie all'impegno e alla partecipazione di cittadini volenterosi. Tra le manifestazioni più sentite si ricorda il Palio del Principato, la Cavalcata dei Magi, Castello in festa, Il presepe vivente.
Squillace Lido
Negli ultimi trenta anni si è visto sviluppare lungo le spiagge della città antica un centro balneare in rapida espansione. Conosciuto prima con il nome di Squillace Scalo, per via dello scalo della stazione di Squillace, ora viene comunemente riconosciuto come Squillace Lido, o Marina.
Negli anni '40-50 del XX secolo molti Squillacesi costruirono in prossimità della spiaggia capanne in legno e paglia, note nel dialetto locale come pagghjari. Alcuni di questi villeggianti estivi decidettero di prendere dimora fissa, formando il primo nucleo della futura frazione. Intorno agli anni '70 fu realizzato un gradevole lungomare e abbozzato un piano edilizio. La costruzione della chiesa di San Nicola Vescovo ha sancito anche la volontà di creare un nucleo stabile e residente.
Oggi i cittadini di Squillace sono equamente divisi tra chi vive nel centro storico e chi invece vive nelle frazioni (oltre che Squillace Lido, le frazioni della Gebbiola e di Fiasco Baldaia).
Palazzi e chiese
Il Castello Normanno
Concattedrale di Santa Maria Assunta
Palazzo Vescovile
Ponte del Diavolo
Chiesa di San Pietro Apostolo
Chiesa di San Nicola delle Donne o dell'Immacolata (sconsacrata)
Chiesa di San Matteo o di Ogni Santi
Chiesa di San Giorgio
Santuario Madonna del Ponte
Chiesetta della Madonna della Catena (sconsacrata)
Chiesetta Gotica di Santa Maria della Pietà (sconsacrata)
Monastero di Santa Chiara (distrutto dal terremoto)
Palazzo Pepe (oggi sede del Municipio)
secondo Palazzo Pepe (con Affresco sul portico, con stemma della famiglia Pepe)
Palazzo Palmisani
Palazzo Baldaya
Palazzo Maida-Chillà
Finestra Bifora di origine gotica lungo via Antico Senato
Portali lungo corso Guglielmo Pepe
Chiesa San Nicola Vescovo in Squillace Lido
7 conventi (3 maschili e 4 femminili) andati tutti distrutti
Piazze e vie principali
Piazza Castello
Piazza Risorgimento
Piazza Duomo
Corso Guglielmo Pepe
Via Damiano Assanti
Viale Cassiodoro
Via Fuori le Porte
Via Florestano Pepe
Via Antico Senato
Via Roma
Via Santa Chiara
Via SS. Apostoli
Via dei Normanni
Via dei Feaci
Via dei Fenici
Piazza San Nicola
Lungomare Ulisse
Lungomare Odisseo
Via Laerte
Persone legate a Squillace
Cassiodoro
Guglielmo Pepe
Florestano Pepe
Guido Rhodio
Diocesi di Squillace
Evoluzione demografica
Abitanti censiti
Amministrazione
I sindaci di Squillace
1947-1951: Giuseppe Rhodio
1951-1955: Giuseppe Rhodio
1955-1959: Guido Mantella
1959-1963: Guido Mantella
1963-1967: Francesco Taverniti
1967-1971: Guido Mantella
1971-1975: Francesco Taverniti
1975-1979: Guido Rhodio
1979-1983: Giuseppe Mercurio
1983-1987: Guido Mantella
1987-1991: Giuseppe Mercurio
1991-1994: Guido Mantella
1994-1995: Domenico Nuciforo
1995-1999: Pasquale Muccari
1999-2004: Guido Mantella
2004-2009: Guido Rhodio
2009-2014: Guido Rhodio
2014-In corso: Pasquale Muccari
Elezioni politiche
(1) La Margherita
(2) L'Ulivo
(3) Udc
Gemellaggi
Itaca, dal 2007
Galleria
Note
Bibliografia
M. Mafrici, Squillace e il suo Castello nel Sistema Difensivo Calabrese, Barbaro Ed., 0ppido Mamertino (RC), 1980.
C. Mulè, Scyllaceum prima urbium Brettiorum, Frama Sud, Chiaravalle Centrale(RC), 1983.
L. Codispoti, Skylletion-Scolacium-Squillace e Cassiodoro, Frama Sud, Chiaravalle Centrale, 1976
(LA) Pius Bonifacius Gams, Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Leipzig 1931, p. 927
(LA) Konrad Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi, vol. 1, pp. 461–462; vol. 2, p. 241; vol. 3, p. 303; vol. 4, p. 321
(FR) Charles-Louis Richard et Jean Joseph Giraud, Bibliothèque sacrée, ou Dictionnaire universel historique, dogmatique, canonique, géographique et chronologique des sciences ecclésiastiques, Paris: Boiste fils ainé, 1825, vol. XXIV, pp. 237–239
"Squillace". In: Vincenzio d'Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili, e prelatizie (nullius) del regno delle due Sicilie, Napoli: Ranucci, 1848, pp. 652–656
Gaetano Moroni, "SQUILLACE". In: Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia: Tipografia Emiliana, 1854, Vol. LXIX, pp. 167–171
(EN) Squillace in Catholic Encyclopedia, Encyclopedia Press, 1917.
Voci correlate
Concattedrale di Santa Maria Assunta (Squillace)
Castello di Squillace
Cassiodoro
Guglielmo Pepe
Florestano Pepe
Damiano Assanti
Famiglia Borgia
Vivarium
Stazione di Squillace
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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