Al-Mantiah, crocevia di popoli
Sulla costa infuocata dai tramonti del Basso Tirreno cosentino si affaccia un borgo il cui nome evoca un tempo antico, quando tra i vicoli si parlava l’arabo, dai mercati saliva l’odore di spezie lontane e gli emiri d’Oriente governavano buona parte della “Gran Terra” magnogreca.
Al-Mantiah (“La Rocca”), odierna Amantea, racconta ai visitatori storie di popoli che si intrecciano e culture che si arricchiscono, in un dialogo tuttora vivace tra vecchi e nuovi approdi sul suo litorale di ghiaia scura.
Quando la cultura viene dal mare
La storia di Amantea parte da lontano, ce lo svelano i resti archeologici della frazione di Campora San Giovanni, oggi porto turistico della città, e il rincorrersi dei toponimi nel tempo, dalla crotoniate Clampetia alla fondazione bizantina della città fortificata di Nepetia, l’attuale centro storico.
Eppure Amantea, che nel dialetto locale suona proprio “Mantia” o “A’ Mantia” reca scolpita nel nome la roccia viva da cui prese forma la prima fortificazione, divenuta vero e proprio Castello, i cui ruderi dominano oggi un panorama mozzafiato. Da quassù, tra l’846 e l’886, l’emiro As-Simsim (Cincimo) reggeva l’emirato di Amantea, piccola enclave musulmana di Calabria.
Memorie di quel tempo affascinante, la stele funeraria rinvenuta nel Palazzo delle Clarisse, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, e i resti dell’ex Chiesa di S. Francesco d’Assisi, sede di una comunità basiliana di rito greco sorta, verosimilmente, sul sito dell’antica moschea ai piedi della rocca.
E se in Calabria la storia viene (anche) dal mare, proprio come le sue onde incessanti porta con sé nuovi volti e nuove favole da raccontare. Così un bel giorno Amantea vede approdare sulle sue coste Giulio Vita, calabro-venezuelano “di ritorno”, e la compagna illustratrice Sara Fratini, e diventa ufficialmente “guarimba”, porto sicuro.
Dal 2012 vede infatti nascere l’omonimo Film Festival, “La Guarimba”, divenuto ormai patrocinio MiBACT, e con esso una straordinaria macchina creativa, solidale, che racconta storie di emigrazione e immigrazione, mette in piedi laboratori, suggerisce nuove forme di integrazione e accoglienza.
Cornice naturale degli eventi, il Parco della Grotta, ovvero il grande antro che si apre nel cuore del centro storico e che, nell’antichità, quando il mare lambiva le Mura di Cinta, fungeva da ricovero per velieri e mercantili.
Eliana Iorfida