La Rimini di Fellini in 8 tappe e 1/2
Benché il grande Maestro non abbia mai girato un film nella sua Rimini, la capitale della Riviera Romagnola – città di antiche origini gallo-celtiche – ne ha profondamente ispirato l’immaginario, segnandone i ricordi più belli, che troviamo riavvolti nella bobina cinematografica di Amarcord (“Mi ricordo”, in dialetto romagnolo) e nell’opera autobiografica La mia Rimini.
Sulle tracce di Federico Fellini ViaggiArt vi guida alla scoperta di una Rimini inedita in 8 tappe e ½, per citare il Maestro, onirica e sospesa come la scena di un film, raccontata attraverso i suoi occhi e i suoi luoghi.
“Faccio un film alla stessa maniera in cui vivo un sogno”.
(Federico Fellini)
Prima tappa Castel Sismondo, noto anche come Rocca Malatestiana, è simbolo del potere dei Malatesta sulla città e colpisce per la mole e le fortificazioni che lo cingono. Lo stesso Fellini racconta di quella volta in cui, ancora ragazzino, scappò di casa per intrufolarsi nel grande circo che proprio di fronte aveva issato il suo tendone. Ne nacque l’amore eterno dichiarato ne I clowns.
Oltrepassata Piazza Cavour, centro della vita cittadina fin dal Medioevo, punto di ritrovo e sede di mercato, incontriamo lo storico Cinema Fulgor, dove il regista vide il suo primo film, Maciste all’inferno, sulle ginocchia del padre. Fellini collaborò col Fulgor nella produzione di locandine pubblicitarie in cambio della possibilità di assistere gratuitamente agli spettacoli.
Proseguendo verso la Chiesa dei Servi, che sappiamo esser stata oggetto di scommesse e goliardie giovanili, arriviamo al celebre Ponte di Augusto e Tiberio, uno dei monumenti simbolo di Rimini. Costruito in pietra d’Istria, presenta alcune lastre con iscrizioni latine e due tacche somiglianti all’impronta di piedi caprini sulla balaustra lato monte, dettaglio che lo assimila alla leggendaria categoria di “Ponte del Diavolo”.
Oltre il Ponte si dispone l’antico Borgo San Giuliano, al quale il regista era particolarmente legato. Le sue stradine e piazzette sono un esempio di edilizia popolare dal sapore medievale. L’orgoglio “borghigiano” è legato alla sua memoria, che rivive ogni due anni nella tipica “Festa de Borg”. Oggi le osterie e le cantine degli anni ’50 si sono trasformate in ristoranti e locali raffinati, dove ci fermiamo volentieri per il pranzo.
Dopo pranzo, proprio come il regista, ci concediamo anche noi una bella passeggiata lungo il Porto canale, col mare davanti e la città a fare da set cinematografico, fino a raggiungere una tappa obbligata: quel Grand Hotel “favola della ricchezza” dove Fellini, ormai famoso, amava tornare e ritrovare lo stesso tavolo di sempre. Il grande Parco verde che si spalanca di fronte è un omaggio al suo ricordo.
Infine, tornando in centro su Corso d’Augusto – teatro di quel “passeggino fatto di ammiccamenti e brevi risate” – visitiamo il Duomo, Tempio Malatestiano, che nella sua incompletezza rappresenta un gioiello del Rinascimento riminese e uno dei monumenti più significativi del Quattrocento italiano. Fellini, che nel palazzo di fronte disegnava caricature assieme all’amico Bonini nella bottega “FeBo”, ci entrava d’estate “quando non c’era nessuno: i sedili di marmo erano freschi; le tombe, i vescovi e i cavalieri medioevali vegliavano, protettivi e un poco sinistri, nell’ombra”.
L’ultima “mezza-tappa” sulle tracce di Fellini è il Cimitero Monumentale dove il Maestro riposa con la moglie, Giulietta Masina, celebrato da un’opera d’arte del grande scultore Arnaldo Pomodoro.
Concludiamo così questo viaggio alla scoperta della Rimini che racconta Fellini dopo essersi lasciata raccontare da lui.
Eliana Iorfida