Destinazioni - Comune
Impruneta
Luogo:
Impruneta (Firenze)
Impruneta (detta comunemente L'Imprunéta, con l'articolo; pronuncia: /l impru'neta/) è un comune italiano di 14.778 abitanti della provincia di Firenze, in Toscana, celebre soprattutto per l'industria della terracotta (il cosiddetto cotto di Impruneta), per la tradizionale Fiera di S. Luca, che si svolge ogni anno alla metà di ottobre, e per la Festa dell'Uva, che si svolge ogni ultima domenica di settembre.
Le sue tradizioni risalgono all'epoca etrusca, successivamente la posizione geografica, le potenzialità del suolo e la relativa vicinanza da Firenze favorirono la nascita di un agglomerato romano.
Il santuario mariano che vi si trova è sicuramente uno dei fattori che hanno reso noto il comune. Notevole anche la piazza Buondelmonti che con i suoi loggiati della fine del Cinquecento ospita le principali feste cittadine. Il turismo svolge una parte importante nell'economia del comune.
Geografia fisica
Il territorio di Impruneta si estende sulle colline comprese tra il torrente Ema e il fiume Greve digradando verso Firenze. Qui la cerealicoltura si affianca, in modo promiscuo, a quella delle piante con alberi da frutto, alla viticoltura e alla olivicoltura.
Classificazione sismica: zona 3s (sismicità)
Classificazione climatica: zona E, 2186 GG
Diffusività atmosferica: bassa, Ibimet CNR 2002
Storia
“L’Impruneta è una Comunanza di dodici piccoli Borghi, situati in pochissima distanza l’uno dall’altro, o per meglio dire,raccolti quasi in un mucchio, sopra alcuni Colli, che sorgono in quella parte del Distretto, o come lo chiamano, Contado Fiorentino, che dal Fiume che lo bagna, prende il nome di Valdigreve; distante da Firenze poco più di sei miglia, andando verso scirocco”. Così scriveva Giovan Battista Casotti nelle sue Memorie Istoriche del 1714 avvalorando l’immagine idilliaca di un“aggruppamento di piccoli borghi brevidistanti” inseriti in una cornice diboschi di pino.
Ancora alla fine dell’800 un attento osservatore della realtà toscana come Guido Carocci descrive Impruneta come “una terra ampia, popolata, elegante” circondata da “una catena di poggi pittoreschi popolati di villaggi, di case e di signorili dimore”. È l’immagine forte,radicata nel tempo, di Impruneta.
La bellezza del paesaggio rappresenta la qualità innata e distintiva di questo territorio, ma è attraverso una fitta trama di avvenimenti, credenze religiose, manifestazioni di culto, tradizioni popolari – insieme anche alle risorse naturali ed al loro intelligente utilizzo da parte degli abitanti – che si definisce e si articola l’identità culturale e sociale di questo microcosmo.
Tracce di insediamenti etruschi e testimonianze archeologiche rinvenute all’Impruneta rimandano infatti ad un’origine remotadel paese, così come è certa la presenza romana testimoniata dai toponimi indicanti le località di Quintole, Valiano, Fabbiolle.
Ma è in epoca medievale che si afferma il ruolo sociale e civile di Impruneta, già a capo, dopo il Mille, di una delle settantadue leghe del contado di Firenze.
Dotata di uno statuto nel 1415, era governata dal Podestà e da un cosiglio formato da undici membri; la Lega, divenuta successivamente Potesteria del Galluzzo, fu divisa nel 1536 con un’ordinanza di Alessandro de’ Medici in quattro quartieri: Legnaia, Santa Margherita a Montici, Giogoli e Santa Maria all’Impruneta.
La successiva trasformazione della Potesteria in Comune, che portò alla separazione sia da Legnaia che da Casellina e Torri, definì 21 popoli nella nuova comunità del Galluzzo.
Dal gennaio 1929 Impruneta è comune autonomo.
Impruneta ha mantenuto nel tempo un forte legame con Firenze: dapprima residenza di campagna di nobili casate come Gherardini, Ricci, Rossi, Antinori, Corsini, poi luogo di villeggiatura per molte famiglie cittadine, oggi il paese e la sua campagna sono preferiti come residenza permanente grazie alla particolare posizione geografica, la facilità delle vie di comunicazione e le ottimali condizioni climatiche.
Non è un caso che all’interno delle singole imprese del cotto convivano oggi modelli di produzione tecnologicamente avanzati e antichi metodi di lavorazione. In effetti, la Civiltà del Cotto è fortemente legata alla tradizione e denota uno stretto rapporto con il territorio circostante e con Firenze in particolare.
Gli embrici della cupola di Santa Maria del Fiore del Brunelleschi, i materiali da costruzione delle ville medicee e di tanti palazzi signorili, le sculture dei Della Robbia rappresentano gli aspetti concreti del collegamento culturale tra il paese e la sua città.
Del resto, il vincolo con Firenze si manifestò fin dalle origini del borgo grazie al culto nato con il ritrovamento dell’Immagine della Madonna e la costruzione della chiesa in suo onore: la Pieve di Santa Maria, consacrata nel 1060 dal Cardinal Candida.
“Nostra Signora dell’Impruneta – ha scritto lo storico Franco Cardini – scende in una Firenze in crisi per stendere su di essa il suo manto protettore di grande, benevola, amorosa ma terribile Signora”. Le traslazioni, che si susseguirono nel corso dei secoli, rafforzarono il rapporto tra una città in crisi per fattori politico-sociali, economici naturali – carestie, calamità, epidemie – e duna comunità locale che all’espressione di questo culto trovava la propriaunità.
Il culto mariano spingeva alla mobilitazione di un’intera comunità sotto la protezione dei Buondelmonti, la quale, arroccata nel castello di Montebuoni sulla valle della Greve, lungo la strada per Roma,esercitò il dominio sul territorio ed il protettorato sulla Pieve anche dopo il suo inurbamento, seguito alla distruzione del castello da parte dell’esercito fiorentino nel 1135.
Le vicende dell’antica famiglia – narrate anche da Dante nella Divina Commedia – richiamano i noti avvenimenti storici che divisero la città Firenze nelle due fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini. Per 5 secoli, attraverso eventi anche drammatici come la morte di Buondelmonte e vicende di rilievo di personaggi come i pievani Stefano e Andrea, po i Arcivescovo di Firenze, i Buondelmonti legarono la propria storia politica locale con quella fiorentina.
Se le fonti dell’epoca permettono di ricostruire lastoria politica di Impruneta, non è così per quella “folla composta di pastori,guardiani, mercanti” che si muoveva con il bestiame in un flusso imponente,scandito dal ritmo delle stagioni. Che questi mercanti del bestiame passassero dall’Impruneta è comunque certo; del resto, il territorio si trovava al centro di importanti vie di comunicazione e transumanza: in primo luogo, la strada alta che attraversando il paese proseguiva per il Valdarno e la Maremma.
Le folle di viandanti e di mercanti che nel corso dei secoli sostarono nel paese favorirono la nascita di un importante mercato di bestiame, divenuto poi anche luogo di scambio di altre merci, fino ad assumere la fisionomia di una tradizionale Fiera che si ripete ogni anno.
Sebbene le sue origini non siano storicamente datate, si ritiene certo che la Fiera di San Luca, dal nome del patrono del paese, possa essere letta sia come momento di scambio commerciale, che come fenomeno di espressione religiosa per i numerosi pellegrinaggi legati al culto della Madonna.
La fama della Fiera crebbe nel tempo al punto di richiamare, dalla città e dai dintorni, folle di visitatori e non più soltanto mercanti e pellegrini, come testimoniato dalla nota incisione seicentesca di Jacques Callot e dai numerosi dipinti del Filippo Napoletano, del Brill e di tanti altri artisti minori.
La necessità di valorizzare i prodotti agricoli locali, ed il vino in particolare, favorì in tempi più recenti la nascita di un’altra manifestazione folcloristica: la Festa dell’Uva.
Nel 1926 i proprietari delle principali aziende e fattorie del paese e dei dintorni sostennero l’allestimento di carri allegorici che sfilando per le vie e le piazze del paese, presentavano scene di vita agreste.
All’interno di un clima politico e sociale che tendeva a celebrare i momenti di svago e di lavoro delle masse come esaltazione della forza e dell’ingegno dell’uomo, la Festa dell’Uva assunse ben presto importanza e notorietà, coinvolgendo nella sua realizzazione l’intero paese,suddiviso in quattro rioni.
I carri allegorici, ideati e costruiti dai rioni,vengono riproposti ancora oggi in forme molto originali e con tecniche sempre più moderne. Questa festa ha acquisito l’aspetto di una sagra paesana che, pur richiamando l’attenzione di spettatori fiorentini e suscitando notevole interesse nei turisti, resta in primo luogo fulcro di aggregazione sociale e di impegno lavorativo ed al tempo stesso ludico, per gli abitanti di Impruneta.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Santuario di Santa Maria ad Impruneta
Tutta la storia del paese è legata a questo santuario. Probabilmente in epoca etrusca (VI secolo a.C.) sul luogo era presente un santuario legato ad una divinità salutare. In epoca altomedievale nasce l'attuale basilica (1060 circa), in seguito al ritrovamento della sacra immagine della Madonna oggi conservata nel santuario (vedi sotto). L'edificazione del santuario fece anche nascere un gran movimento di pellegrini con conseguente sviluppo di un mercatale. Questo portò allo sviluppo di tutto l'abitato di Impruneta. A testimonianza di questi eventi sono rimasti i Loggiati del Pellegrino, situati a lato della basilica, e, come evento connotativo tradizionale, la Fiera di San Luca, rimasta per secoli una delle più importanti fiere di bestiame della Toscana, raffigurata in una famosa incisione di Jacques Callot.
La basilica è stata bombardata durante la seconda guerra mondiale e molte delle decorazioni che si potevano vedere all'inizio del secolo scorso (particolarmente il soffitto) sono andate perdute o sono ancora in corso di restauro.
La facciata è preceduta da un portico di Gherardo Silvani del 1634, costruito dai fiorentini in ringraziamento ad un intervento della Madonna che avrebbe debellato la peste, e dalla torre campanaria (XIII secolo). L'interno ad una navata conserva opere di notevole pregio tra cui una Natività del Passignano e una Vocazione di S.Pietro dell'Andrea di Jacopo da Empoli. Di fianco al presbiterio due edicole di Michelozzo e decorate da Luca della Robbia conservano le reliquie della Vera Croce, quella di destra, e l'immagine della Madonna (spesso velata), quella di sinistra, che la tradizione assegna a San Luca Evangelista, patrono del paese. In controfacciata ha ripreso il suo posto, da pochi anni, la ricca Cantoria del XVIII secolo che ospitava l'organo del XVI secolo.
Secondo la leggenda, il dipinto fu ritrovato in un campo sito sul monte oggi noto come Monte delle Sante Marie. Tale doveva essere in origine il luogo scelto per l'edificazione del santuario. In realtà, stando alla leggenda, tutti i tentativi di costruzione della chiesa venivano vanificati da crolli improvvisi. Si decise quindi di far decidere alla Madonna stessa dove far costruire il suo santuario. Quindi il dipinto fu posto su un carro trainato da due buoi senza conducente. Gli animali furono fatti partire dalla cima di detto monte e dove si fermarono fu deciso di costruire il santuario.
La Madonna di Impruneta fu molto cara ai fiorentini e sono documentate molte traslazioni dell'immagine a Firenze fin dal XV secolo. Addirittura, nel 1711, fu proclamata compatrona della città di Firenze e dell'arcidiocesi, nonché liberatrice della Toscana dai flagelli che l'avevano colpita. L'immagine è stata restaurata pesantemente, (in pratica ridipinta) da Ignazio Hugford nel 1758. Notevoli anche i chiostri e l'annesso Museo del Tesoro di Santa Maria dell'Impruneta.
Altre architetture religiose
'Chiesa di San Miniato a Quintole': La chiesa è situata nel pressi della quinta pietra miliare della variante della via Cassia-Adrianea e risulta citata quale possesso della pieve di Impruneta in una bolla di papa Adriano IV del 29 novembre 1156. Per il mantenimento dell'esercito fiorentino, il rettore Ugolino Alberti, nel 1260 si impegnò a pagare solamente 4 staia di grano ma successivamente le rendite della chiesa furono migliori visto che tra il 1276 e il 1303 la chiesa venne chiamata a pagare tra le 3 lire e 6 soldi e 4 lire e 6 soldi di decima. Ancora meglio andò nel 1314 quando la chiesa fu la beneficiaria di un testamento. Nel 1336 una tale Nente rimase vedova e decise di farsi suora e lo fece direttamente nelle mani dell'allora rettore Dono, ma la cosa suscitò scandalo tra i parrocchiani e il progetto saltò. Insieme al progetto salto alche il prete a cui fu imposto di scambiare il suo ruolo con il rettore della chiesa di Santo Stefano a Lucignano, e anche al nuovo rettore venne proibito di avere contatti con la donna. Nel XV secolo la chiesa venne elevata a prioria e in quell'occasione venne costruita la casa canonica. Nel 1519 il patronato passò alla famiglia Rossi che fece realizzare per la chiesa tre altari, che nel 1575 in occasione della visita apostolica furono trovati in buono stato. Come molte chiese della provincia di Firenze venne soppressa nel 1986 e annessa al Santuario imprunetino. Esternamente appare circondata da un portico e l'interno ha una pianta a croce latina. Il portale di accesso è di epoca romanica. È stata più volte trasformata nel corso dei secoli, e poche tracce restano dell'edificio medievale. All'interno, nel braccio sinistro dl transetto, conserva un frammento di affresco trecentesco raffigurante la Madonna col Bambino.
Chiesa di San Lorenzo alle Rose':' La prima testimonianza scritta riferibile a quest'edificio è contenuta in un documento dell'11 febbraio 1120 da cui risulta che fosse di patronato dell'ordine Camaldolese. Successivamente venne concessa alla pieve di Impruneta con una bolla di papa Adriano IV del 1156. Nel 1260 il suo rettore si impegna a pagare solo 3 staia di grano per il mantenimento dell'esercito fiorentino, una tassazione così esigua potrebbe far pensare che le condizioni economiche della chiesa fossero disagiate ma non è così. Nonostante che il suo territorio fosse stato pesantemente danneggiato dai ghibellini in seguito alla battaglia di Montaperti, nel 1277 non venne esentata dal pagamento della decima ammontante a 4 lire e 6 soldi; alla fine del XIII secolo la chiesa venne nuovamente confermata quale dipendenza della pieve imprunetina ma il suo imponibile scese a 3 lire annuali. Dal 1323 la chiesa era anche la sede per le riunioni dei capifamiglia della zona ma nonostante ciò il patronato non spettava ad essi ma era diviso tra il pievano dell'Impruneta, l'abate di Camaldoli e la famiglia de'Rossi e furono proprio questi patroni che elessero comunemente nel 1324 il nuovo rettore nella persona di prete Benuccio di Baccuccio, il quale durante il suo governo intraprese una prima ricostruzione dell'edificio. Nei secoli successivi il patronato passò alla famiglia Gherardini, i quali nel 1757 finanziarono il completo rifacimento in stile barocco della chiesa e a ricordo tale data venne scolpita nel portale. Pesantemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale è stat riaperta la culto nel 1957 e alla fine del XX secolo è stata restaurata. Presenta una semplice facciata a capanna preceduta da un portico su colonne toscane L'interno, ad unica navata è a pianta rettangolare, appare nella veste datole dopo i restauri del XVI secolo. In quell'occasione furono realizzate aggiunte e rifacimenti, infatti sono stati innalzati gli altari laterali e un altare in pietra ha sostituito quello in legno. Dietro l'altare maggiore è custodita una Annunciazione attribuita al Maestro di Serumido, artista fiorentino del primo cinquecento. Sull'altare laterale di destra è posto un dipinto raffigurante San Nicola di Bari, opera di Andrea Boscoli nel 1596. Su quello di sinistra è custodita una tela attribuita a Francesco Curradi, rappresentante i Santi Domenico e Caterina, aperta al centro e in cui era posta la Madonna col Bambino di Taddeo Gaddi, che in seguito è stata poi collocata nella cappella laterale a sinistra del presbiterio.
Chiesa di San Michele a Nizzano: Si tratta di una suggestiva chiesa di campagna dall'architettura semplice di impronta barocca. Si segnala il caratteristico campanile a vela. A fianco della chiesa una fila di cipressi incornicia il piccolo cimitero.
Chiesa di San Lorenzo a Colline: Di questa antica e graziosa chiesa si hanno notizie sin dal 1156. Nel secolo XIII ne ebbero patronato i Rossi d'Oltrarno e i Buondelmonti; la protezione passò in seguito ai Capitani di Parte e poi al Granducato. La chiesa custodisce al suo interno un magnifico polittico di Lorenzo di Niccolò, avente in mezzo la Madonna in trono col Bambino e ai lati i Ss. Nicola di Bari, Lorenzo, Michele Arcangelo e Giuliano.
Chiesa di San Pietro in Jerusalem':' La prima menzione della chiesa si trova in un bolla di papa Adriano IV del 29 novembre 1156 quando viene confermata al pievano di santa Maria in Pineta, successivamente una eclessia de S.Irsoleo si trova citata nel 1204 quale dipendenza dei monaci vallombrosani. Sono rimasti i nomi di alcuni suoi rettori come Dato Chiari che il 7 agosto 1260 si impegnò a pagare 2 staia di grano per il mantenimento dell'esercito fiorentino e Francesco documentato come parroco nel periodo compreso tra il 2 agosto 1287 e il 26 ottobre 1304, e fu lui a pagare le decime annuali calcolate in 6 lire e 10 soldi. In una bolla del 1291 di papa Niccolò IV al pievano dell'Impruneta risulta citata la ecclesiam Sancti Petri in Ierusalem cum omnibus suis pertinentiis. In seguito il patronato della chiesa passò alla famiglia Gherardini. Risulta che il 17 febbraio 1373 tale Giorgio Guicciardini lasciasse dei beni per poter costruire un altare, che il 16 giugno 1374 Rossellino dei Gherardini di Montagliari nel testamento dispose che fossero effettuate delle messe e che 17 maggio 1383 fosse già stata costruita la cappella di San Niccolò. Nel XV secolo vennero costruite le cappelle laterali e la scarsella. Nel 1534, dopo i danni subiti durante l'assedio degli Imperiali, la chiesa venne restaurata a spese di Antonio di Tommaso Gherardini di Montagliari ma un fulmine colpì il campanile il 25 maggio 1564 provocando il crollo di quest'ultimo che sfondò il tetto appena ricostruito. Nel 1710 la chiesa e gli annessi erano in totale rovina ma in seguito le cose dovettero migliorare visto che nei primi anni del XIX secolo venne ricostruito il campanile prendendo a modello quello della chiesa di San Lorenzo a Firenze. Nuovi danni la chiesa li subì col terremoto del 18 maggio 1895 quando crollò una parte della facciata, la tribuna si spaccò in più punti e il campanile fu danneggiato nella parte superiore. Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1967, la chiesa è stata completamente restaurata sotto la guida degli architetti Guido Morozzi e Leonardo Savioli. Dell'originaria costruzione mantiene solo poche tracce riscontrabili nella facciata e nel fianco meridionale. Lungo la fiancata settentrionale, in origine si doveva sviluppare un chiostro al quale si accedeva da un portale, allargato in epoca recente. L'interno ad unica navata presenta una copertura a capriate lignee e le pareti laterali sono stonacate. Le opere d'arte qui conservate sono una tela seicentesca raffigurante la Madonna col Bambino, e una tavola, pure seicentesca, con il Miracolo di San Pietro.
Chiesa di San Stefano a Pozzolatico':' La località Pozzolatico era già abitata in epoca romana, come dimostrano dei ritrovamenti archeologici nella zona ma l'edificio sacro è nominato per la prima volta nel 1156 quando viene confermato a Ugo pievano di Impruneta con una bolla di papa Adriano IV. Successivamente viene ricordata in data 26 luglio 1256 quando il vescovo di Firenze Giovanni dei Mangiadori, patrono della chiesa, nominò Pace quale rettore; il suo rettorato fu di breve durata tanto che nel 1260 il rettore era Ciapperone di Zaglia il quale promise 6 staia di grano per il mantenimento dell'esercito fiorentino. La chiesa venne confermata quale dipendenza della pieve di Impruneta nel 1291 da papa Niccolò IV. Tra il 1276 e il 1303 la chiesa non venne esentata dal pagamento della decime e risulta che il suo imponibile fosse di 6 lire annue. Nel 1322 il patronato della chiesa spettava al popolo e sempre in quell'anno vi fu rogato un atto di Balia. Nonostante la distanza fino al 1415 il suo territorio faceva parte della Lega di Montespertoli, ma in quell'anno venne costituita la Comunità del Galluzzo e ne divenne parte; sempre in quel periodo nel suo territorio esisteva uno spedale situato in via Buia e intitolato a San Jacopo. Nel 1671 si fecero dei lavori di ristrutturazione che portarono alla costruzione della casa canonica, evento ricordato da una lapide in facciata. In seguito il patronato passò alla famiglia Ricci che nel 1735 finanziò il restauro visto che la chiesa era in pessimo stato; finiti i lavori venne riconsacrata il 5 giugno 1737 con la doppia invocazione ai santi Stefano e Caterina. Poco tempo dopo, nel 1769, anche la loggia della Compagnia venne restaurata in quanto minacciava rovina. Il 18 maggio 1895 un forte terremoto sconvolse tutta la zona a sud di Firenze e anche la chiesa venne danneggiata:« La chiesa fu tutta attraversata da profondi crepaci. La volta della cappella maggiore fu sconquassata, resa cadente quella a crociera della sagrestia e compromesse assai quelle delle due antiche cappelle laterali. Tutti gli stucchi di carattere barocco che adornavano la chiesa caddero o rimasero profondamente lesi. Il campanile, bella torre di costruzione medioevale, si disgregò profondamente e dové essere demolito fino alla metà » Prontamente restaurata venne riaperta al culto. Altri restauri vennero svolti tra il 1966 e il 1988. Madonna col Bambino, Jacopo del Casentino All'esterno spicca soprattutto la torre campanaria che nella parte inferiore mantiene ancora l'originale paramento murario di epoca romanica. La facciata si presenta intonacata e molto semplice, sopra il portale è murato uno stemma in pietra. All'interno ad aula unica con altri laterali in pietra serena sono custodite diverse opere d'arte quali un Martirio di Santo Stefano, copia dell'omonimo quadro di Pietro da Cortona, una Madonna col Bambino attribuita a Jacopo del Casentino inquadrata in una tela di Giovanni Martinelli del 1647; una Madonna col Bambino e San Giovanni tra i santi Cosma e Damiano di Alessandro Allori datata 1582 e un Estasi di Santa Caterina de' Ricci realizzata dalla bottega di Jacopo Vignali. Da segnalare la cappella dei conti de Larderel. Da un portale situato sulla destra della facciata si accede ad un piccolo chiostro definito su tre lati da un portico con archi in laterizio. In questa zona sono conservate due lastre sepolcrali del XIV secolo, una delle quali in marmo intarsiato.
Chiesa di San Martino a Bagnolo: La chiesa di San Martino a Bagnolo ha carattere seicentesco ma è ricordata fin dal 1076 come dipendente della pieve di Santa Maria, sotto il patronato prima di alcuni nobili longobardi, poi della famiglia Buondelmonti.
Chiesa di San Pietro a Montebuoni':' Già menzionata come San Pietro "de muliere mala" nel 1156, la chiesa fu retta dai Buondelmonti, poi dai Capitani di Parte e infine dallo stesso Granduca di Toscana. Ricostruita quasi certamente nel Trecento, oggi non conserva i lineamenti originari per i notevoli interventi successivi. Divenne prioria nel 1518. La presenza del fonte battesimale diede sempre più importanza alla piccola chiesa. Conserva all'interno una trecentesca Madonna col Bambino di Lorenzo Bicci.
Architetture civili
Villa Corsini a Mezzomonte':' In questo luogo era esistita una fattoria fortificata sin da un'epoca molto antica, da alcuni datata intorno all'anno Mille, quando la proprietà apparteneva alla famiglia dei Buondelmonti. Di quell'epoca restano solo alcune mura, tra le quali quella meridionale dove si possono ancora riconoscere alcune merli incorporati nella parete. Nel Trecento venne costruita una prima abitazione signorile dalla famiglia Barducci Ottavanti, con un'architettura quadrangolare con cortile centrale, edificata con blocchi di "pietra forte", in mezzo a una collina (a "mezzo monte", da cui il nome). Lorenzo il Magnifico la acquistò nel 1480, ma la tenne solo due anni: Messer Bernardo del Nero la acquistò infatti nel 1482. Passata in seguito in eredità alla famiglia Ridolfi, essi la vendettero ai Panciatichi, che per primi iniziarono una vasta opera di trasformazione della villa in senso rinascimentale, verso il 1580. La villa da allora si staglia compatta sul panorama delle colline del Chianti, con una torretta rialzata (forse un retaggio dell'edificio trecentesco) e con le tipiche finestre inquadrate da cornici grigie che risaltano sull'intonaco bianco. Successivamente venne acquistata dal futuro cardinale Giovan Carlo de' Medici, fratello del granduca Ferdinando II, quando il rampollo di casa Medici aveva appena diciotto anni, nel 1629. A lui di deve la gran parte della decorazione interna della villa, affrescata da alcuni dei più importanti artisti fiorentini dell'epoca. Fu infatti realizzata una galleria decorata da affreschi e ampliato il lato dell'edificio verso Impruneta, dove esistono ancora alcuni soffitti intagliati dell'epoca. Anche il giardino sul lato est si è mantenuto grosso modo secondo lo schema decorativo realizzato in quel periodo. Nel 1644, il Cardinale Carlo de' Medici vendette la villa al Marchese Bartolomeo Corsini, figlio del senatore Neri Corsini, e da allora continua ad essere nel patrimonio dell'antica famiglia fiorentina. I Corsini realizzarono gran parte dei giardini, ed oggi, dopo essere stata accuratamente restaurata, è abitualmente abitata da alcuni discendenti, i quali aprono la loro villa per ricevimenti e altre manifestazioni speciali.
Villa di Larderel':' è una costruzione risalente alla seconda metà del Trecento situata a Pozzolatico di Impruneta. Nel sec. XVI apparteneva alla nobile famiglia fiorentina dei Ricci. Nel 1869 divenne la dimora della contessa di Mirafiori e di Fontanafredda, la famosa Bella Rosina che proprio nella cappella della villa si era unita in matrimonio morganatico con il re Vittorio Emanuele II. Nel 1837, con il passaggio di proprietà ai conti de Larderel, la villa venne ristrutturata sia all’interno che all’esterno. Nel 1872 vi fu celebrato il matrimonio fra Bianca Enrichetta de Larderel e il figlio del re Vittorio Emanuele II e della Bella Rosina, il conte Emanuele Alberto Guerrieri di Mirafiori. Nel Novecento divenne la dimora di Francesca Bertini, famosa attrice del cinema muto. Il corpo centrale, addossato alla villa, fu costruito negli anni Trenta dall'allora proprietaria Gioventù Italiana del Littorio. L'8 giugno 1949 il Ministero dei Lavori Pubblici approvò il progetto di trasformazione e completamento dell'ex Collegio GIL e l'intera struttura fu utilizzata per soddisfare le esigenze della Pro Infanzia Mutilata (divenuta poi Centro di Riabilitazione della Fondazione Pro Juventute Don Gnocchi) che vi fece ingresso il 1º ottobre 1951. È stato centro di riabilitazione fino alla fine degli anni Novanta. Nella parte antica sono visibili ambienti con stucchi ed affreschi. La facciata è settecentesca. Attorno alla villa vi sono giardini che comprendono un cottage (in decadenza) e un laghetto artificiale.
Scuola Elementare Ferdinando Paolieri':' L'edificio viene commissionato dal podestà dell'Impruneta, Lelio Botti, all'ingegner Ferdinando Pietramellara. Un primo progetto viene presentato alla locale commissione il 20 marzo del 1930; nel giugno del 1930 questo riceve il parere favorevole del Genio civile ma non quello del Ministero dei Lavori Pubblici che richiede sostanziali modifiche all'impianto. Nell'ottobre del 1931 il progettista produce nuovi elaborati grafici che tengono conto delle richieste del ministero, approvati nel marzo successivo; ulteriori elaborati, riguardanti esclusivamente i fronti, vengono presentati nel settembre del 1932. Tra il 1932 ed il 1933 vengono definiti i capitolati, poi rivisti a seguito delle modifiche apportate. I lavori, avviati nell'estate del 1933, sono eseguiti dall'impresa Oddo Frati: a seguito di divergenze sopraggiunte con il progettista, il contratto viene rescisso e i lavori interrotti. Il cantiere viene riaperto nell'ottobre del 1934 e i lavori sono eseguiti dall'impresa Nervi e Bartoli. La nuova scuola è collaudata nel novembre del 1936 e ufficialmente inaugurata nel settembre dell'anno successivo.
Cimitero americano dei Falciani':' Iniziato a costruire nel 1949, quando vi vengono seppellite le prime salme, viene completato nel 1959 e ufficialmente inaugurato nel 1961. Gli architetti McKim, Mead e White di New York vengono incaricati della progettazione del cimitero e del memoriale, mentre gli architetti paesaggisti Clarke e Rapuano provvedono alla sistemazione delle aree verdi. Particolare dell'area cimiteriale. Il cimitero occupa una superficie di 28 ettari che in parte si estende nel territorio comunale di Impruneta, in località Falciani, e la restante parte ricade sotto l'amministrazione del comune di San Casciano Val di Pesa, in località Scopeti.
Aree naturali
Le Terme di Firenze, nonostante il nome, si trovano nella frazione dei Falciani. Le sorgenti, quattro in tutto, sorgono all'interno di un parco inserito nell'ambito di una casa di cura privata:
Fonte Antica (Acqua Cassia). Sgorga a circa 15 °C
Fonte Celeste. Sgorga a circa 12 °C
Pozzo N° 1. Sgorga a circa 12-13 °C
Pozzo N° 2. Sgorga a circa 12-13 °C
Sono quindi tutte fredde e di tipo salso-bromo-iodico-sulfurea.
Vi è inoltre una piscina termale che è alimentata dalle medesime sorgenti che danno all'acqua il caratteristico odore.
Società
Evoluzione demografica
Abitanti censiti
Etnie e minoranze straniere
Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2010 la popolazione straniera residente era di 1.444 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano:
Albania 334 2,24%
Romania 238 1,60%
Filippine 159 1,07%
Cultura
Persone legate a Impruneta
Accursio':' conosciuto anche come Accorso da Bagnolo e in latino Accursius (Impruneta, 1184 – Bologna, 1263), è stato un giurista e glossatore italiano, rappresentante della scuola di Bologna, allievo di Azzone. Fu il padre di Francesco d'Accorso e Accursia. Il sarcofago di Accursio e di suo figlio Francesco d'Accorso, si trova a Bologna. Fu autore di una raccolta di circa 97.000 glosse, all'intero testo del Corpus iuris civilis, chiamata la Glossa ordinaria o magistralis o Magna glossa, fondamento del diritto comune europeo. Il lavoro eccezionale compiuto su tutto il corpo del testo costituì la sintesi ideale della scuola dei glossatori. Il lavoro di Accursio può essere considerato come una risposta concreta alla crisi che attraversava il movimento in quel periodo: all'incapacità di offrire contributi originali si affiancarono difficoltà di carattere tecnico. Molto spesso, infatti, i testi delle glosse finivano per fondersi al testo originale; in altri casi invece diversi strati di glosse marginali, opera di diversi maestri, finivano per sovrapporsi, rendendo incomprensibile la lettura. Come ci ricorda Azzone, nel proemio alla sua Summa Codicis, in molti casi la giustapposizione di appunti era dovuta alla maggior praticità del metodo, rispetto ad una totale riproduzione dei testi originari. La Magna glossa è sintesi efficace di tutto il lavoro compiuto nelle scuole italiane dell'XI e XII secolo; tacciata di scarsa originalità, va invece considerata massimamente per la capacità dell'autore di vagliare criticamente un'opera sconfinata, per poi orientarne l'utilizzo e coordinarlo in un unico testo. Le caratteristiche della Magna Glossa ne decretarono il successo sia negli Studi, che tra i pratici. La sua apparizione è collegata al fenomeno della "Serrata delle Glosse"; gli ultimi spunti vitali del movimento confluirono nella successiva generazione di Commentatori. L'invenzione della stampa ne accelerò la diffusione. In Germania, nel XV secolo, con la creazione del Reichskammergericht (Tribunale camerale del Reich, 1495), la glossa ebbe riconoscimento ufficiale, divenendo l'unico strumento di interpretazione del corpus.
Ferdinando Paolieri':' Giovanissimo si dedicò alla pittura, nella scia dei macchiaioli, esponendo anche a Berlino, ma presto si volse alla scrittura, rimanendo estraneo alle mode letterarie dell'epoca, e proseguendo sul solco tracciato da Renato Fucini, senza apportarvi le innovazioni di Giovanni Papini o Curzio Malaparte.[1] Nel 1913 fondò a Siena assieme a Federigo Tozzi e Domenico Giuliotti il settimanale di ispirazione cattolica La Torre. Fu l'ultimo cantore della Maremma, allora selvaggia, abitata da butteri, cacciatori, briganti. Coperta di boschi intricati e di paludi e canneti. Lì e all'Isola del Giglio, all'Impruneta ambientò le sue storie di cui sono protagonisti bracconieri, doganieri e contrabbandieri, guardiani di faro, butteri, briganti, contadini illetterati ma sapienti, ergastolani in fuga dai bagni penali delle Isole toscane (Elba, Pianosa). Il suo linguaggio è semplice e al tempo stesso prezioso, in un italiano perfetto. Per lunghi anni tenne la rubrica letteraria de La Nazione di Firenze. Fu anche autore teatrale, anche in collaborazione con Giovacchino Forzano e librettista di operette.
Marianna Maltoni':' maestra nella scuola elementare di San Gersolè (Impruneta). Il suo metodo didattico era teso a fare una scuola dell'oggettività, con un procedimento di rielaborazione dell'ambiente di vita, dopo la necessaria osservazione degli eventi, escludendo il modello di scuola inculcata dall'educatore. Nella scuola ex-rurale di San Gersolè, frazione del comune dell'Impruneta, Maria Maltoni, diplomata nel 1910 presso la Scuola Normale Margherita di Savoia a Ravenna, insegnò dal 1920 fino al 1956, per un periodo di trentasei anni di attività. Si cominciò a conoscere la sua scuola negli anni della seconda guerra mondiale, grazie all'interessamento di Francesco Bettini, ispettore capo della Pubblica Istruzione, animatore pedagogico-didattico che pubblicò vari articoli e un volumetto[2] sull'opera di Maria Maltoni[3]. Nel 1943 Maria Maltoni entrò nel Partito d'Azione clandestino, dove incontrò Ernesto Codignola che, nel 1944, insieme alla moglie Anna Maria, fondò la Scuola-Città Pestalozzi, una nuova esperienza scolastica della quale Maria Maltoni parlò con Francesco Bettini nel 1945[4]. La maestra Maltoni conobbe anche Tristano Codignola, figlio di Ernesto, Piero Calamandrei, Margherita Fasolo, pedagogista e collaboratrice di Ernesto Codignola, Raffaello Ramat, Enzo Enriques Agnoletti, Emilio Cecchi, Alessandro Parronchi, Giovanni Michelucci. Grazie all'interessamento di Michelucci, organizzò a Firenze, nel 1949, una mostra di disegni dei ragazzi di San Gersolè che riscosse un grande successo, anche dopo il servizio di Oriana Fallaci intitolato "Aria di San Gersolè" ne Il Mattino dell'Italia centrale, 7 giugno 1949, che produsse un caso, del quale si occuparono le terze pagine[5]. La frazione di San Gersolè era considerata l'ultimo asilo dei sogni[6], lo stereotipo [...] che coglieva solo la bellezza del paesaggio di pagliai e di uliveti[7]. In realtà il lavoro rurale cominciava ad essere sostituito dai pendolari che svolgevano la loro opera fuori del paese.
Nel 1949 uscirono I diari di San Gersolè, una antologia di disegni e di brani tratti dai quaderni dei ragazzi, che esponevano con chiarezza e precisione artigianale le osservazioni sulla natura e sul mondo contadino. Nel 1963 i Diari, pubblicati col nome di Quaderni di San Gersolè, furono editi da Einaudi e presentati da Italo Calvino[8]; ogni brano in questo libro era corredato da due illustrazioni. Nei Quaderni si dà spazio ai mestieri del carbonaio, del pecoraio, del barbiere, ci sono descrizioni di momenti di vita quotidiana, con l'episodio dell'uccisione del maiale, quello dell'addestramento del cane da caccia, quello del taglio del fieno ed altri. Nella rivista Il Ponte, 1956, n. 7, pagg. 1203-1218, Piero Calamandrei introdusse alcuni brani dei diari, seguiti da un commento della Maltoni. Alcuni di questi brani raccontano l'atteggiamento dei ragazzi di fronte ad un nuovo stile di vita, che consisteva nel passaggio dai giochi nei campi con l'osservazione degli animali, all'abitudine, che iniziava a prendere campo, di dedicare un certo tempo ai programmi televisivi. La Biblioteca Comunale dell'Impruneta, nel fondo Maria Maltoni, conserva circa 1500 quaderni, più di mille disegni e seicento pagine del Giornale di San Gersolè.
Luigi Tirinnanzi':' medico condotto ha sanato i corpi degli Imprunetini per più di sessanta anni: scheda.
Martina Stella':' Nata a Impruneta (FI) il 28 novembre 1984, vive a Roma dall'età di 17 anni. Studia recitazione fin da bambina e nel 1998-99 frequenta il corso di recitazione della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, diretta dal regista Giuseppe Ferlito. A Febbraio del 2001, a soli 16 anni, debutta con successo di pubblico e critica ne L'ultimo bacio, regia di Gabriele Muccino. Seguono altri lavori per il grande schermo: Nemmeno in un sogno, regia di Gianluca Greco, Un amore perfetto, regia di Valerio Andrei, e Amnèsia, diretto da Gabriele Salvatores. Nella stagione 2002-2003 debutta a teatro, interpretando il ruolo di Clementina nel musical diretto da Pietro Garinei, Aggiungi un posto a tavola, con Giulio Scarpati. Ritorna a lavorare a teatro nel 2006 in Romeo e Giulietta, ma si ritira dopo poche repliche. Successivamente recita soprattutto in varie fiction tv: Augusto, Le stagioni del cuore, L'amore e la guerra, con Daniele Liotti, e La freccia nera, con Riccardo Scamarcio, dove per la prima volta appare senza veli[senza fonte]. Dopo aver girato la miniserie tv di Rai Uno, Le ragazze di San Frediano, interpreta il film tv Piper, diretto da Carlo Vanzina, in onda il 10 maggio 2007 su Canale 5. Ritorna a lavorare per il cinema con i film K. Il bandito (2007), regia di Martin Donovan, Il mattino ha l'oro in bocca, regia di Francesco Patierno, e ' giugno del 2009 posa nuda per la rivista Playboy[1]. Dal 20 gennaio 2010, per quattro puntate, affianca Francesco Facchinetti ne Il più grande (italiano di tutti i tempi), in onda su Rai 2. Nell'estate 2011, è nella miniserie TV Angeli e diamanti, in onda su Canale 5. Nell'autunno del 2011 ha debuttato nella serie televisiva Tutti pazzi per amore 3, interpretando Elisa, cugina di Monica (Carlotta Natoli) e fidanzata di Giampaolo (Ricky Memphis). La serie è andata in onda a partire dal 6 novembre 2011 su Rai Uno alle 21.10.
Cucina
Si racconta che il famoso Peposo alla fornacina, ovvero uno stracotto abbondantemente pepato e piatto tipico della cucina fiorentina, sia nato proprio ad Impruneta. Gli operari, al mattino, accendevano le fornaci e mettevano a cuocere per ore ed ore un bel pezzo di manzo, la lunga cottura conferiva (e conferisce) una straordinaria morbidezza. Si dice che venisse offerto al Brunelleschi, quando soventemente si recava alle fornaci per seguire la realizzazioni del cotto da lui cammissionato.
Eventi
La Festa dell'Uva è una gara tra rioni che si svolge l'ultima domenica di settembre. Nata nel 1926, richiama spettatori da tutta la Toscana. I quattro rioni in cui è diviso il comune (Fornaci, Sante Marie, S.Antonio e Pallò) presentano dei carri costruiti durante tutto il mese di settembre, con i quali vengono celebrati la vendemmia, l'uva ed il vino. Molto alto è il numero dei figuranti impegnati nelle coreografie che accompagnano le complesse macchine sceniche, e molte sono anche le persone che disegnano e cuciono i costumi per la sfilata dei carri. Durante il mese dei lavori i rionali si ritrovano tutte le sere a cena "al carro" dove mangiano, bevono vino e cantano le canzoni rionali.
In ottobre, in occasione dell'onomastico di San Luca Evangelista, santo protettore di Impruneta, una fiera è organizzata per festeggiare il santo.
Economia
Olio, vino e cotto sono i prodotti che più caratterizzano la produzione locale.
Agricoltura
Gli oli e i vini, IGT e DOCG, prodotti in questa zona, frutto dell'esperienza millenaria, del clima e delle caratteristiche del territorio, hanno riscosso successo anche all'estero.
Artigianato
Il cotto ha qui una tradizione secolare; ne è prova che anche il Brunelleschi lo utilizzò per la sua cupola. L'attività è specializzata lungo due direttrici principali:
Industriale: con la produzione di pavimenti e laterizi per abitazioni a cui si affianca la nuova produzione di pareti ventilate e dei nuovi impasti in cui resine e quarzi si legano in modo innovativo alla tradizionale argilla.
Artigianale: orci, vasi e oggetti di arredo creati con tecniche artigiane secondo la tradizione locale
La fortuna e fama della terracotta dell'impruneta è dovuta a una concomitanza di fattori quali la qualità dell'argilla, la presenza di importanti boschi che, in principio, erano la fonte di combustile delle varie fornaci e la fortunata posizione geografica, importante crocevia tra Firenze, Arezzo e Siena. Da un documento del 23 marzo 1308 si apprende dell'esistenza, già allora, di una corporazione di 23 orciolai e mezzinai riunitasi con l'obiettivo di proteggere e controllare la qualità del prodotto.
Amministrazione
Gemellaggi
L'Impruneta è gemellata con:
Prachatice, Repubblica Ceca;
Bellerive, Francia;
Hadamar, Germania;
Sport
Calcio
La principale squadra di calcio della città è l'A.S.D. Atletico Impruneta 2012 Calcio che milita nel girone H toscano di 2ª Categoria. È nata nel 2012.
Nella stagione 2012/2013 ha militato nel girone C fiorentino di 3ª Categoria.
Note
^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2010.
^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF) in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente, 1 marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012.
^ Cfr. la voce Impruneta, l' del Dizionario d'ortografia e di pronunzia: [1].
^ Bilancio demografico anno 2007, dati ISTAT
^ Fondazione Don Gnocchi Onlus, La Fondazione Don Gnocchi a Firenze : ieri, oggi, domani : accanto alla vita, sempre, Italia, Fondazione Don Gnocchi, 2009.
^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012.
Bibliografia
Terme e Sorgenti di Toscana di Erio Rosetti e Luca Valenti (ed. Le Lettere) 1997
Comune di Impruneta
Fabbrica Impruneta
Voci correlate
Santuario di Santa Maria ad Impruneta
Falciani
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Collegamenti esterni
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