Destinazioni - Comune
Fosdinovo
Luogo:
Fosdinovo (Massa-Carrara)
Fosdinovo (Fosdinòo nel dialetto della Lunigiana) è il capoluogo di un comune italiano di 48,63 km², con 12 frazioni e 5.054 abitanti in provincia di Massa e Carrara, porta della regione storica della Lunigiana e sita all'interno del bacino idrografico della Val di Magra.
Fin dalla Preistoria abitato, ebbe la sua epoca d'oro tra il XIV ed il XVIII secolo, quando fu capitale di un piccolo marchesato indipendente e retto dalla famiglia Malaspina, che hanno lasciate profonde tracce nell'architettura, nell'arte e nella cultura locale. Sempre nelle campagne e nei piccoli centri del fosdinovese si scrissero numerose pagine di Storia in merito agli scontri tra partigiani ed Alleati da un lato e forze tedesche dall'altro che culminarono nei rastrellamenti di fine novembre 1944 e negli ultimi scontri e bombardamenti del 23 aprile 1945.
Il comune è stato insignito nel 2014 della Bandiera arancione dal Touring Club Italiano ed è stato proclamato Borgo del Buon Vivere (in tutta la Toscana ce ne sono appena 10); nel 2015 rappresenterà la provincia di Massa e Carrara all'Expo di Milano. Fosdinovo è il settimo comune più popoloso e l'undicesimo più grande della sua provincia e dal 1971 la sua popolazione è in costante crescita. Nel censimento del 2011 la popolazione ha superato il valore fino a quel momento massimo, che risaliva al 1931.
Toponimo
"Fosdinovo" è il nome attuale del capoluogo dell'omonimo comune, ma nei primi secoli della sua storia esso veniva indicato con altre accezioni. In particolare, quando nel 1084 compare per la prima volta in un documento scritto (un atto di donazione del 22 marzo 1084, conservato all'Archivio Capitolare di Lucca), in quanto città natale del notaio, viene chiamato "Fosdenova".
Altro toponimo usato per tutto l'XI e il XII secolo nel codice Pelavicino, in alternanza con Fosdenova, fu "Faucenova", da "faux nova", foce nuova. Questo secondo toponimo sembra derivare dal fatto che Fosdinovo rappresenta un nuovo passaggio, un nuovo passo, una nuova foce, che dal mare si apre verso la Lunigiana interna e l'Appennino tosco-emiliano.
Nel 1324, ne' La vita di Castruccio Castracani di Nicolò Pagnini, il paese viene citato con un toponimo in latino (forse per la prima volta): Fosdenovum, dalla forma "fosdeum" del verbo "fodio" (scavare), ossia dall'attuale "fosso" . E proprio tale termine designa uno spazio rilevantissimo del paese, il Fosso, piazza da sempre centro di aggregazione e, dal XVIII secolo, anche area sportiva del paese.
E' tramite tale termine che il toponimo del paese passerà dal femminile al maschile, giungendo al più tardo "Fosdenovo" ed, infine, all'attuale Fosdinovo.
Geografia
Il territorio comunale di Fosdinovo si estende per quasi 50 km² e ospita una popolazione che supera i 5000 residenti, in grande crescita negli ultimi anni. È caratterizzato da una piccola fascia pianeggiante (dove è situata la frazione di Caniparola, dove l'altitudine oscilla tra i 20 ed i 30 metri sul livello del mare) che si insinua nella Provincia della Spezia, e da un'ampia area collinare, esposta sia verso la costa sia verso le vallate interne della Lunigiana, che culmina nelle cime del Monte Nebbione (691 m) e, sul confine orientale, sul monte La Pizza (951 m). È in questa seconda parte che sono situate Fosdinovo (550 m.s.l.m) e la sua corona di borghi collinari.
Il panorama di Fosdinovo offre nel lato sud una bellissima vista sulla valle del Magra, ricca di paesini e insenature, dove domina l'estuario del Magra. Ma anche la vista che si ha verso nord, dove svettano le Alpi Apuane, non è da meno: sembra che proprio vedendo esso, Dante, nel suo soggiorno fosdinovese, abbia avuto l'ispirazione per il suo Inferno.
Idrografia
Tutti i corsi d'acqua presenti nel territorio comunale fanno parte del Bacino idrografico del fiume Magra (Val di Magra). Quelli più rilevanti sono il torrente Isolone, che scorre nel sud-est del territorio, il torrente Calcandola, sul confine con Sarzana, ed il torrente Bardine, affluente di sinistra del torrente Aulella. Altri torrenti sono: il Fabiano, il Pesciola, il Tortiglia, il canale Padula ed il canale Capriola. Sono torrenti generalmente molto pescosi e principalmente ricchi di trote (in particolare, la trota fario).
Storia
La preistoria
Le tracce più antiche dell'uomo nel territorio di Fosdinovo non risalgono molto indietro nella preistoria, sebbene alcune grotte o ripari, soprattutto nella zona tra Marciaso e Tendola, possano essere state occupate come è documentato per aree limitrofe come la tecchia di Equi, con tracce dell'Homo neanderthalensis (Paleolitico medio) o nelle vicine grotte della Gabellaccia (Comune di Carrara) per il Neolitico (fino al III millennio a.C.). Fenomeno particolarmente significativo nella preistoria lunigianese sono le Statue stele, sculture antropomorfe, solitamente in arenaria, create (o rilavorate) in un lungo periodo di tempo, dal III millennio al VI secolo a.C. Il gruppo di stele ritrovate in Lunigiana può essere considerato il più omogeneo e significativo di tutta Europa. Solo una statua stele dell'età del ferro (gruppo C, chiamata “Fosdinovo 1”) proviene propriamente dal territorio fosdinovese, precisamente nella campagna in Via Boccognano. Tuttavia le nove statue stele di Pontevecchio (Località sita nel comune di Fivizzano) (tra le più antiche) furono trovate immediatamente fuori dal confine comunale attuale (a sole poche centinaia di metri), nella valle del Bardine a poca distanza da Marciaso.
Attorno alla metà del IV secolo a.C i Liguri Apuani oltrepassano il Magra e si stabiliscono nelle zone collinari della Lunigiana, della Garfagnana e della Versilia, quindi anche nell'area dove ora si estende il comune di Fosdinovo. I ritrovamenti fosdinovesi relativi a quella tarda età del ferro (IV-III secolo a.C.) sono di assoluta importanza, rappresentati dalla tomba di Ponzolo (tra Bibola e Ponzanello) e soprattutto dalla necropoli ligure di Monte Grosso (o Naverbona) di Pulica. Nel 2000 un ritrovamento fortuito ha permesso di individuare una tomba a cassetta litica di quello che è stato chiamato fin dall'inizio “Guerriero di Pulica”, grazie al ricco corredo militare datato alla metà del III secolo a.C.
L'età romana
Con la fondazione di Luni (177 a.C.) e la definitiva affermazione dell'occupazione romana, il territorio di Fosdinovo presentava un utilizzo agricolo con piccole fattorie prospicienti la piana costiera, come testimoniano i ritrovamenti archeologici nell'area del torrente Calcandola fin sotto Carignano, Paghezzana, la valle dell'Isolone fino a Caprognano. Per quanto riguarda l'area collinare e montana nessun dato ci permette di proporre interpretazioni solide, sebbene alcuni toponimi (come Fabiano, Ponzanello, Pulica, Marciaso) sembrerebbero suggerire un qualche tipo di insediamento o quantomeno sfruttamento delle risorse in età romana anche per aree più elevate.
Nulla sappiamo del destino di Fosdinovo durante l'epoca della crisi dell'Impero romano, del periodo goto e dell'epoca di Giustiniano.
Il medioevo
Se si eccettua la menzione di Pulica nel 700 circa e poi nel IX secolo circa, le prime attestazioni nella documentazione scritta dei centri del territorio comunale sono tutte da ricondurre all'XI e al XII secolo: Fosdinovo, Marciaso e Ponzanello sono citati quasi contemporaneamente ai loro castelli e testimoniano il fenomeno dell'incastellamento che andava avanzando in tutta la Lunigiana storica. A Fosdinovo si sviluppa in quest'epoca (XII secolo circa) un consorzio composto da alcuni signori locali, chiamati Dòmini (ovvero Signori) de Faucenova, ai quali si affiancano i Bianchi d'Erberia e il Vescovo lunense (tra cui il celebre e fosdinovese Buttafava (1224-26)). I Vescovi di Luni hanno rapporti di fedeltà anche con i Signori di Marciaso ed sono gli unici signori di Ponzanello (e li rimarranno fino all'avvento dei Malaspina). Per Fosdinovo il primo nobile citato è Gaforio, che nel 1124 è sostenitore del vescovo di Luni in una lite giudiziaria, mentre il castello e l'abitato sono già menzionati quarant'anni prima, nel 1084. La nascita di Faucenova, antico nome di Fosdinovo, è certamente legata al controllo di un nuovo valico, un nuovo passo, una nuova "foce", tra la zona costiera e le valli interne della Lunigiana. Chi sia il promotore di questa operazione e quali siano le motivazioni è ignoto e dibattuto: mentre alcuni sottolineano il ruolo vescovile di queste fondazioni, pur in accordo con la nobiltà locale, altri propongono un'azione indipendente dei signori poi conosciuti come Domini de' Faucenova, anche in concorrenza con la presenza vescovile.
È indubbio che fino all'inoltrato XIII secolo i Vescovi di Luni giochino un ruolo fondamentale in tutta l'area di Fosdinovo, così come in tutta la Bassa Lunigiana. Si andò però a frantumare l'idea di imporsi nella zona come vescovi-conti per l'opposizione subita da parte di una variegata nobiltà locale, in particolar modo dalla famiglia Malaspina, che, fin dal XII secolo, si erano erti come loro principali antagonisti in tutta la Val di Magra. Nel corso del XIV secolo si assisterà proprio alla definitiva transizione di Fosdinovo dal dominio instabile e debole dei Vescovi lunensi a quello saldo e assoluto dei Malaspina.
Nel 1306, Dante è ospite probabile anche dei Signori De La Musca, al tempo Domini di Fosdinovo, nel corso dell'intensa attività diplomatica profusa per le occorrenze della Pace di Castelnuovo, siglata dal Poeta il 6 ottobre del 1306 in nome dei Marchesi Malaspina con il Vescovo-Conte di Luni, Antonio Nuvolone a Camilla.
La Fosdinovo dei Malaspina: dall'egemonia al Marchesato (si veda anche Marchesi di Fosdinovo e Marchesato di Fosdinovo)
Il passaggio dai Domini ai Malaspina è graduale e fino al 1340 Spinetta Malaspina il Grande (1282-1352) non sarà effettivamente Signore di Fosdinovo, anche se già nel 1308 aveva poteri giurisdizionali. Egli era amico di Cangrande I della Scala, che lo aiutò militarmente nella feroce lotta che ebbe con il condottiero lucchese Castruccio Castracani dal 1317 al 1328, anno della morte del secondo. Proprio Castruccio a partire dal 1317 aveva occupato vari feudi della Lunigiana, tra cui Fosdinovo (centri come Giucano, Tendola e Gragnola si erano sottomessi spontaneamente) e nel 1320 Spinetta li riconquistò con l'aiuto del nobile veronese. Nel 1340 Spinetta acquista tutti i diritti dei nobili fosdinovesi e diventa signore incontrastato del feudo di Fosdinovo. Qui trasferisce la sua sede principale e provvede ad ampliare il castello di Fosdinovo (di cui il primo organismo è fatto risalire all'XI sec.) cedutogli dai vecchi Nobili di Fosdinovo, portandolo alle forme odierne. Nel 1343 conquista Tendola, paese che da allora è sempre sottostato a Fosdinovo (ancor oggi, fa parte del Comune di Fosdinovo). Non avendo legittimi eredi, indica come suoi successori Galeotto, Guglielmo e Gabriele, figli del fratello Azzolino con il titolo di Signori di Fosdinovo, Marciaso, Comano e le Terre dei Bianchi. Si spenge nel 1352, nella dimora fatta costruire da lui stesso a Fosdinovo. Data la prematura morte dei fratelli (Gabriele muore nel 1352 e Guglielmo nel 1361), a partire dal 1361 Galeotto (giudice illustre di Verona, legato agli Scaligeri) è unico Signore di Fosdinovo, Cavaliere, e, in virtù dell'investitura concessa dall'Imperatore Carlo IV di Lussemburgo nel 1355 (mentre era in viaggio verso Roma), primo Marchese di Fosdinovo. Muore pochi anni dopo (1367) e celebre è il Monumento funebre costruito in suo onore, conservato ne Duomo del paese. I suoi tre figli furono allevati dalla madre Argentina Grimaldi, nobildonna genovese.
La Fosdinovo dei Malaspina nel Tardo Medioevo
Dal 1367 detiene il potere Gabriele I Malaspina, il cui Marchesato è enigmaticamente avvolto nella nebbia. Si sa che si spense nel 1390 e, dopo tale evento, per tre anni vi fu un vuoto di potere che si riempì soltanto nel 1393. In questa data, infatti, i rimanenti figli di Galeotto si spartiscono il territorio conquistato dal prozio. A Spinetta II Malaspina (omonimo di Spinetta il Grande; il numero romano non dovrebbe esserci visto che il primo Spinetta non fu mai Marchese, ma viene messo per una questione di rispetto e reverenza nei suoi confronti) va il Feudo di Fosdinovo, mentre a Leonardo va il Feudo dI Castel dell'Aquila (Gragnola). La scissione si ricomporrà solo nel 1644, quando Gragnola tornerà sotto il territorio di Fosdinovo, per restarvi fino agli anni '80 del XX secolo (per maggiori informazioni, leggasi L'età contemporanea nella sezione Storia o la voce Gragnola).
Nel 1398 a Spinetta succede (dopo un breve periodo di reggenza da parte della seconda moglie Margherita Conti) Antonio Alberico I Malaspina, a cui nel 1441 si sottomettono i cittadini di Massa con un accordo a loro favorevole, per liberarsi dal dominio della Repubblica di Firenze. Con questa nuova annessione, nel 1442 il feudo imperiale di Fosdinovo diventa un piccolo Stato indipendente e così rimarrà fino al 1797, quando la geopolitica verrà stravolta dalla discesa in Italia di Napoleone Bonaparte.
In questi anni, i Malaspina di Fosdinovo, al di là della questione massese, hanno in realtà un ottimo rapporto con la Repubblica fiorentina e i due stati sono alleati nell'ostacolare l'espansione milanese dell'epoca.
Alberico muore nel 1445, lasciando ai suoi successori un feudo notevolmente accresciuto in quanto a estensione potenza. Il feudo venne nuovamente spartito nel 1467 (dopo un ventennio di vuoto di potere in cui i legittimi successori arrivarono anche a lottare fra loro per il possesso delle terre), fra quatto eredi: Jacopo Malaspina ottiene Massa ed il suo distretto; a Gabriele Malaspina vanno Fosdinovo, Olivola, Vallecchia e Robbiano; Casola e Gragnola vengono date a Leonardo Malaspina; infine ad un altro Spinetta vanno i territori posseduti a Verona ed ottenuti grazie agli Scaligeri. Jacopo riuscirà ad assoggettare anche Carrara, Moneta e Avenza. Gabriele. invece, è così il nuovo Marchese di Fosdinovo e vi regnerà fino al 1508, anno della sua morte.
In questa fase i possedimenti dei Malaspina di Fosdinovo occupano così, in tutto, circa metà dell'attuale provincia di Massa e Carrara (precisamente, la metà meridionale) e terre presso Verona.
Proprio in questi anni di notevole importanza politica, alcuni edifici di Fosdinovo cominciano a risentire del trascorrere del tempo: Gabriele II Malaspina restaura completamente il castello, dopo che nel 1468 aveva scritto che era quasi in uno stato di rudere; Francesco Malaspina, sacerdote presso Roma, nel 1466 lascia alla sua morte 100 ducati per restaurare la Chiesa di San Remigio e costruirvi l'altare di San Giovanni.
Gabriele II Malaspina, oltre che restaurare il castello, rinnova il Trattato di Pace con Firenze nel 1468 e dimostra nei primi anni del suo marchesato la sua politica filo-fiorentina: conquista subito Sarzana per poi cederla alla Repubblica toscana, mentre nel 1478, alla morte di Spinetta II marchese di Fivizzano, sostiene Firenze nella rivendicazione del feudo alto-lunigianese, in funzione anti-milanese.
Firenze dimostra la sua amicizia con Fosdinovo sostenendola nell'acquisizione di Ponzanello (1481), roccaforte prossima a Fosdinovo ma che fino a quel momento non era ancora stata conquistata dai Malaspina.
Successivamente, però, Gabriele II avrà anche degli attriti con Firenze e nel 1494 rivendica per se stesso Fivizzano.
Sempre sotto il suo marchesato, che chiude il Medioevo fosdinovese, si ha la fondazione della Compagnia dei Battuti (oggi dei Bianchi) e la costruzione dell'Oratorio dei Bianchi (1468), così come l'incendio che nel 1501 distrusse proprio l'Oratorio e l'archivio della prima Chiesa di San Remigio.
Età moderna: da Fosdinovo civitas imperialis alla crisi dinastica dei Malaspina
Successore di Gabriele II fu Lorenzo Malaspina (1508-1533), che dovette dividere per i primi anni il marchesato con suo fratello Galeotto II Malaspina (1508-1523) . Sotto il suo marchesato, nel 1529, l'imperatore Carlo V d'Asburgo concesse al Marchese di Fosdinovo la primogenitura dell'eredità: ciò mise fine alle lotte fratricide e alle spartizioni di terre che avevano contraddistinto fino a quel momento il Marchesato. Così, quando nel 1533 Lorenzo muore,il solo erede è il figlio primogenito Giuseppe Malaspina (1533-1565), sotto il quale si sa che a Fosdinovo c'erano 535 famiglie. Lorenzo donò al Duomo di Fosdinovo un fonte battesimale in marmo recintato da una balaustra.
È probabilmente proprio sotto l'impero di Carlo V d'Asburgo che Fosdinovo ottenne il prestigioso titolo di Civitas Imperialis: con esso Fosdinovo era legittimata a considerarsi in tutto e per tutto come una Città, un polo pulsante dell'Impero. All'epoca, nella zona, solo Sarzana (dal 1465) e La Spezia (dal 1506) godevano di tale titolo, mentre Massa l'avrebbe acquisito nel 1605 e Pontremoli ancor dopo, nel 1778. Fosdinovo fu dunque il primo polo di quella che oggi è la Provincia di Massa e Carrara e fregiarsi del titolo di Civitas Imperialis.
Il successore di Giuseppe fu (dopo un periodo di reggenza della madre Aloisia Doria, dal 1565 al 1573) Andrea Malaspina (1565-1610), dopo la rinuncia di Ippolito (morto nel 1625). Ippolito Malaspina, figlio di Giuseppe e la consorte Aloisia Doria (nobildonna genovese), intraprese infatti la carriera militare, iscrivendosi all'Ordine dei Cavalieri di Malta e diventando Ammiraglio, Balì di Napoli, Generale delle Galee pontificie, ed, infine, Gran Maestro dell'Ordine. Andrea Malaspina riformò nel 1577 gli Statuti del Comune (per maggiori informazioni, consultare la pagina Marchesato di Fosdinovo) e fece lastricare le vie interne di Fosdinovo nel 1582. Sempre sotto il suo marchesato è rifondata la Chiesa di San Remigio (posta sopra lo stesso sito della vecchia, ma in posizione sopraelevata tramite una scala in marmo di Carrara) e costruito l'Oratorio dei Rossi (1605), sede dell'altra Confraternita di Fosdinovo, quella dei Rossi o del SS. Sacramento. Entrambe le chiese (comunicanti internamente tra loro) sono costruite in gusto tardo-cinquecentesco, con maggior dinamismo nei marmi e ricerca dello stupore (il Duomo presenta colonne tortili negli altari laterali e centine spezzate, a cominciare dal portale d'ingresso, a indicare la loro falsa funzione strutturale). È in questo periodo che la Diocesi di Luni (di cui Fosdinovo faceva parte) venne divisa in 22 Vicari foranei: Fosdinovo ne rappresentava uno dei 22, ospitando un migliaio di fedeli, da cui dipendevano parecchie parrocchie (anche esterne al dominio dei Malaspina).
Nel 1610 divenne Marchese Giacomo (Jacopo) Malaspina, che la leggenda vorrebbe essere stato padre di una ragazza albina, Bianca Maria Aloisia, che si innamorò dello stalliere del castello. Quest'amore impossibile unito al suo essere albina, avrebbe spinto Giacomo all'uccisione dello stalliere e della figlia, murata viva con un cane e una testa di cinghiale. Al di là della leggenda, si sa che, insieme alla consorte Maria Grimaldi, si dedicava a feste ed eccessi e che arrivò ad accusare il figlio Andrea di tentato parricidio. Sotto il suo marchesato, però, è anche pur vero che fu ricostruito l'Oratorio dei Bianchi bruciato nel 1501 (1641-53), che il feudo di Gragnola tornò sotto il potere dei Malaspina di Fosdinovo (1644) e nel 1636 il Castello di Fosdinovo arrivò a contare ben 800 "fuochi".
Morì nel 1663 e divenne marchese di Fosdinovo il figlio Pasquale Malaspina, uno dei più importanti della storia del marchesato. Regnò per pochi anni, visto che la morte lo colse nel 1669, ma in pochi anni segnò la storia di Fosdinovo. Nel 1666 porta a termine la facciata dell'Oratorio dei Bianchi in marmo di Carrara. Sempre nello stesso anno riesce a farsi concedere dall'imperatore Leopoldo I d'Asburgo il diritto di battere moneta, che si tradusse in realtà a partire dal 1668 con la costruzione dell'edificio della Zecca, diretta dal genovese Tommaso Grandi (che rimase aperta e funzionante fino al 1677, producendo testoni e luigini d'argento, ma anche di altri materiali, tra cui l'oro). Oltre a Fosdinovo, il Marchese aprì una seconda zecca anche a Ponzanello.
Con questa concessione, Leopoldo sembra dare conferma del pensiero di Pasquale (esposta nella "Breve Informatione" allegata alla richiesta del privilegio), che considerava il feudo di Fosdinovo come il principale di tutta la casa Malaspina, sia per questioni demografiche che per la posizione geografica, e dunque il marchese di Fosdinovo il Primo della famiglia, col privilegio di legittimare figli naturali e nominare notai e dottori.
Morto precocemente e senza figli, succede a Pasquale il secondogenito Ippolito Malaspina, ma dopo soli due anni (1671) morirà anch'egli in un agguato organizzato dal terzogenito Ferdinando Malaspina, nei pressi della Zecca. L'agguato era stato organizzato da Ferdinando per entrare a sua volta in possesso del feudo, ma le cose non andarono così: una guardia di Ippolito, morto il suo signore, non scappò ma rispose sparando a Ferdinando. In questo modo, nell'agguato rimasero uccisi entrambi i fratelli di Pasquale e la famiglia Malaspina di Fosdinovo visse uno dei momenti più drammatici della sua esistenza, molto vicina all'estinzione. Ciò avrebbe portato Fosdinovo dentro l'orbita di uno dei tanti stati limitrofi, a cui il feudo faceva molta gola. Ogni speranza era ormai riposta in Cristina Adelaide Pallavicino di Franosa, vedova di Ippolito, che portava in grembo un bambino lasciatogli dal defunto marchese. Se fosse nata una bambina, Fosdinovo sarebbe presto caduta sotto l'influenza di un'altra famiglia, ma fortunatamente per i Malaspina di Fosdinovo nacque un maschio: Carlo Francesco Agostino Malaspina.
Luigini
I Marchesi di Fosdinovo furono tra i primi a coniare tale moneta, iniziando fin dal 1668 e protraendo tale pratica fino al 1678. Nella parte dritta della moneta vi era illustrato il busto della Marchesa consorte di Pasquale Malaspina, Maria Maddalena Centurione,variando solo leggermente le fattezze della principessa Anna Maria Luisa d'Orléans (colei che comparve nei primi luigini coniati in Francia). Nel 1668, ossia nel primo anno di vita della zecca, furono però coniate monete con ritratto sul dritto la figura di un feudatario, ossia Pasquale Malaspina stesso. Sul rovescio vi era generalmente inciso uno scudo a tre gigli con o senza lambello, anche se a volte tale motivo era alternato da un secondo: un'aquila bicipite caricata di scudetto con lo spino fiorito. L'ultima moneta battuta fu però una mezza lira con i ritratti della Marchesa reggente Cristina Pallavicino e del piccolo Carlo Francesco Agostino.
Le monete coniate a Ponzanello erano di simile fattura, anche se non ne sono state ritrovate con incise Pasquale Malaspina né l'aquila bicipite.
Il Settecento: dalla Villa Malaspina alla fine del Marchesato
Carlo Francesco Agostino Malaspina regnò a lungo, seppur i primi anni (1771-91) il marchesato fu retto da sua madre, per ovvie questioni anagrafiche. Morì nel 1722, non prima di aver iniziato la costruzione della Villa Malaspina a Caniparola, con l'idea di farne una dimora estiva e di villeggiatura e di creare un'alternativa alla sede ufficiale del Castello, la cui architettura e la cui forma, evidentemente militari, riflettevano un tempo ormai lontano ed erano ormai anacronistici. Sempre sotto il suo Marchesato, nel 1697, la parrocchia di Fosdinovo venne insignita del titolo di "perinsigne Prepositura", che fa ancor oggi del proprio parroco un prevosto.
Il suo successore fu Gabriele III Malaspina. Il suo marchesato durò fino al 1758 e vide la fine dei lavori alla Villa (1724) e la costruzione della strada maestra che ancora oggi collega Fosdinovo a Caniparola.
Dopo un anno di reggenza da parte della Marchesa e moglie di secondo letto Isabella Orsucci, successe a Gabriele III, Carlo Emanuele, Marchese colto e raffinato. Il suo Marchesato fu all'insegna del mecenatismo e del finanziamento alla cultura: sostenuto anche dalla consorte Eugenia Pinelli, nobildonna genovese, ingrandì enormemente le biblioteche del Castello, restaurò ed ampliò nel 1770 l'antico teatro di Fosdinovo e lo munì di palchetti in legno intarsiato, sostenne e patrocinò la creazione di compagnie teatrali, si accerchiò di uomini illustri e di intellettuali. In aggiunta a tutto questo, ebbe un occhio di riguardo anche per lo sport in un'epoca ancora così lontana da ogni forma di evento sportivo propriamente moderno: realizzò poco all'esterno delle vecchie mura un'arena per giocarvi al pallone fiorentino (1789), luogo che oggi è conosciuto come Il Fosso. L'arena sarà poi adattata a pista di pattinaggio a rotelle e poi a balera, piazza, parcheggio, area per gli spettacoli e le sagre...fino a diventare un'area polifunzionale a cielo aperto.
Nel 1797, il marchese di Fosdinovo, dopo le prime vittorie di Napoleone Bonaparte contro gli Austriaci, aderì favorevolmente all'abolizione dei feudi imperiali imposta dal corso con il decreto del 2 luglio 1797, rinunciando alla podestà sovrana sulle terre che per secoli erano appartenute alla sua famiglia e dando vita alla nuova Municipalità fosdinovese. Successivamente, però, Carlo Emanuele decise di riprendere il potere nel feudo, forse dopo aver assistito ad un corso degli eventi che non si aspettava, e attuò un duro processo contro i rivoluzionari. Nel 1802, però, con la riorganizzazione della Repubblica Cisalpina, fu emanato un mandato di cattura ai suoi danni e fu costretto a scappare a Pisa, dove morì esule nel 1808.
Facendo un breve e riassuntivo excursus su quest'epoca, tra la fine del XV e il XVIII secolo, sotto il dominio dei Malaspina, il borgo visse dunque un periodo di fioritura e una notevole crescita demografica, superando i 1.500 abitanti all'interno delle mura. I Malaspina ne fecero infatti una civitas imperialis e dotarono il borgo di monumenti e chiese (oratorio dei Bianchi e dei Rossi, chiesa parrocchiale di San Remigio, palazzo all'interno del castello Malaspina). Sottoposti alla diretta protezione imperiale, i marchesi Fosdinovo, appartenenti ai Malaspina del ramo dello Spino fiorito, acquistarono l'ufficio ereditario di Vicari imperiali per i feudi in Italia, titolo periodicamente confermato (a partire dal 1529, con la concessione della primogenitura dell'ereditarietà), ed ampliarono il dominio estendendosi sulle terre vicine con i castelli e le residenze di Gragnola (1644), Viano, Castel dell'Aquila, Pulica, Belvedere e Caniparola. Nel 1554 Fosdinovo contava 535 famiglie residenti mentre Gragnola 130. Con la concessione imperiale del 10 aprile 1666, Pasquale Malaspina aprì persino una zecca operante fino al 1680 e che produsse soprattutto testoni e luigini d'argento ad imitazione di quelli francesi di Dombes. L'ultimo marchese sovrano fu Carlo Emanuele Malaspina, che dopo varie vicissitudini, lascia definitivamente il feudo fosdinovese nel 1802, anno della fine del marchesato dei Malaspina e vero spartiacque della storia di Fosdinovo.
Il Risorgimento: dal Ducato di Modena al Regno d'Italia
A seguito della Restaurazione, Fosdinovo perde anche a livello ufficiale la sua indipendenza secolare e la famiglia che dal 1340 era unica signora del paese e delle terre vicine, Passa sotto il controllo degli Estensi del Ducato di Modena, che ne fanno subito la Capitale della Lunigiana Estense. Gli Estensi sembrano avere un occhio di riguardo per il nuovo centro e in questi anni viene costruita la nuova Piazza del Mercato (oggi Piazza Matteotti, 1829-31) presso il Duomo, viene ristrutturato il palazzo comunale, viene completata la strada che da Caniparola va a Tendola passando per Fosdinovo e viene dotata di nuova pavimentazione all'interno del borgo.
Nel 1833 la parrocchia di Fosdinovo (ossia la sola Fosdinovo e la campagna limitrofa) contava 1448 abitanti ed il comune (comprensivo di Gragnola) 4848 anime (numero sostanzialmente simile a quello odierno, seppur ubicata in modo molto differente rispetto ad adesso, preferendo la parte alta del territorio (Fosdinovo e Gragnola) e non la parte pianeggiante (ossia Caniparola, come avviene negli ultimi decenni); inoltre tra il 1833 e ora c'è stata l'importante cessione territoriale di Gragnola, che quindi mette in luce come la popolazione sia in realtà aumentata nella parte restante).
Il Castello Malaspina fu in quegli anni comprato dagli Estensi (anche per evitare che venisse usato come cava di materiale) e venduto all'Ospedale di Fosdinovo. Negli anni risorgimentali fu occupato dai Gesuiti di Massa nel periodo estivo. Nel 1866 (già dopo la nascita del Regno d'Italia) Carlo Malaspina (discendente dei Malaspina dello Spino Fiorito) lo comprò dall'Ospedale per 14 mila lire imperiali.
Nel 1848, intanto, Fosdinovo, a seguito dei moti Risorgimentali, si stacca dal resto del Ducato, e aderisce al Granducato di Toscana, per poi andare a far parte del Regno d'Italia dal 1861 in poi.
Dall'Unità d'Italia al Secondo Conflitto Mondiale
Nel 1870 il viaggiatore inglese J. A. Simons è in soggiorno a Fosdinovo e racconta di un castello ridotto a poco più che un rudere, ma vede anche all'opera i lavori di restauro. Essi culmineranno nel 1882 con gli affreschi del pittore fiorentino Gaetano Bianchi, in stile giottesco.
Mentre i Malaspina ricostruiscono il Castello, vero simbolo dell'antica e gloriosa civitas imperialis, già dal 1865 è accertata l'esistenza a Fosdinovo di una setta chiamata "Congiura". Essa aveva il suo fulcro presso gli operai delle miniere di lignite di Caniparola e proclamava idee socialiggianti. Fosdinovo, dunque, fin dai primi anni dell'Unità d'Italia, manifesta quei caratteri tipici della Lunigiana e per i quali era considerata da molti un "pericoloso covo" di repubblicani.
Nel 1920 la Lunigiana fu colpita da un terribile terremoto, che rase al suolo Fivizzano. A Fosdinovo esso portò al crollo delle mura meridionali del paese (quelle che perimetravano Il Fosso), che furono in parte ricostruite nel 1928-29.
Il 15 luglio del 1921 a Tendola fu ucciso Gino Procuranti, fascista, e per rappresaglia il giorno dopo due camion fascisti entrarono in Fosdinovo terrorizzando la popolazione e devastando il circolo socialista, la casa del comune e di altri simpatizzanti dei sovversivi, tra cui il parroco
Suo malgrado, Fosdinovo dovrà cedere negli anni successivi al Fascismo e verrà catapultata anch'essa all'interno della Seconda Guerra Mondiale.
La Resistenza: dall'Armistizio all'autunno del 1944
Tra il 25 luglio e l'8 settembre del 1943 a Fosdinovo, come in tutta la Lunigiana, iniziò a crescere la preoccupazione perché, a fronte della caduta di Benito Mussolini, numerose truppe tedesche occupavano sempre più fittamente la zona, impossessandosi tra le altre cose dell'aeroporto di Luni e dei fortini in cemento armato di Ponte Isolone (località presso Caniparola). Quella preoccupazione si rivelò ben motivata dopo l'8 settembre e l'armistizio annunciato da Pietro Badoglio, che però provocò qui, come in molte altre parti d'Italia, guerra, morti e distruzione.
Fu fin dai primi giorni del 1944 che si può parlare di Resistenza fosdinovese. Alcuni nomi dei primi partigiani di Fosdinovo sono i fratelli Tusini (Turiddo e Vilermo), il soldato meridionale Franco Gelido e il diciannovenne Lido Galletto, che di lì a poco avrebbe assunto il nome di battaglia "Orti" e sarebbe stato a capo dell'omonimo gruppo, con base nei dintorni di Gignago, nei pressi dei vecchi mulini posti sulle rive del torrente Isolone. Altri gruppi si costituirono poi a Bardine di Cecina e a Paghezzana. In tutti gli abitati di Fosdinovo, si delineò subito una stretta collaborazione tra popolazione civile e partigiani.
Per tutto il 1944 il gruppo Orti fu il più importante del fosdinovese e collaborò con gli altri della zona del carrarese e del lunense. A maggio dello stesso anno alcuni gruppi di partigiani assaltarono Forte Bastione, fortezza militare ottocentesca costruita sul Monte Bastione, nel comune di Fosdinovo e a confine col comune di Castelnuovo Magra. Esso era infatti stato occupato da reparti tedeschi nei mesi precedenti. A luglio, invece, si costituì il Comitato di Liberazione Nazionale di Fosdinovo, promosso da Dante Piccioli (a cui oggi è dedicata la Biblioteca civica del paese) e costituito dal Presidente Amilcare Raffo, il Segretario Biagio Antonio Lunardelli, Antonio Nello Armanini (che sarebbe divenuto negli anni seguenti sindaco di Fosdinovo), Don Florindo Bonomi (vicecurato del paese, a cui oggi è dedicato l'Istituto scolastico di Fosdinovo e Caniparola) e Amerigo Spadoni.
Per tutta l'estate del 1944 fino a metà settembre il Castello di Fosdinovo fu occupato dall'esercito tedesco.
Intanto il 17 agosto a Bardine di San Terenzo, piccolo paesino a nord di Fosdinovo, nel comune di Fivizzano, sedici soldati tedeschi dell'SS furono uccisi da una banda di partigiani carrarini, stanziati nelle montagne a confine tra Fosdinovo e Fivizzano. Per rappresaglia, il 19 agosto 1944 furono rastrellate e fucilate 107 persone nella località di Valla. per lo più donne e bambini. Gli abitanti di Bardine furono risparmiati ma in compenso furono impiccate con del filo spinato e seviziate a morte altre 53 persone (per raggiungere la cifra di 160, pari a dieci volte 16), ostaggi versiliesi rastrellati pochi giorni prima a Sant'Anna di Stazzema (il 12 luglio, giorno in cui i tedeschi compirono un autentico eccidio, uccidendo nel paesino della provincia lucchese 560 abitanti).
Pochi giorni prima, il 3 agosto 1944, si era compiuta un'altra strage. L'intero paese di Marciaso fu minato e fatto saltare in aria, causando la morte di 5 persone anziane e di un ferito da guerra, oltre che la distruzione di una parte del borgo e dei resti dell'antico castello, come rappresaglia per conseguenza di scontri tra SS e partigiani.
Il 20 agosto 1944, sempre nel clima di terrore e distruzione che si andava respirando in quell'estate, furono uccisi i due partigiani fratelli Ugo e Arrigo Buriassi, collaboratori del gruppo Orti, a Paghezzana.
Proprio in quel periodo così orribile, si consumò il più alto tributo del clero fosdinovese alla Resistenza, col sacrificio di Don Florindo Bonomi, vicecurato della Parrocchia di San Remigio di Fosdinovo e membro del Comitato di Liberazione Nazionale. Il suo orientamento anti-fascista non era mai stato un segreto e fu arrestato una prima volta a inizio agosto 1944 dalle Brigate Nere di Carrara, per poi essere rilasciato sotto richiesta del Vescovo Monsignor Sismondo. Dopo un mese fu nuovamente ricatturato, questa volta dalle SS tedesche, per poi essere torturato per settimane, gettato in una strada di Gragnola e finito con un colpo alla nuca (16 settembre 1944).
Il 19 settembre del 1944 la formazione Orti partecipò e aderì alla costituzione della Brigata Garibaldi "Ugo Muccini" di Sarzana, comandata da Piero Galantini "Federico" e con Commissario Politico Paolino Ranieri "Andrea". Il comando della Brigata fu posto nel paese di Canepari e anche altri paesi del fosdinovese ospitarono altri distaccamenti. La Orti trasferì il Comando a Giucano e cambiò nome in Distaccamento "Ubaldo Cheirasco".
A fine ottobre (27-29 ottobre) il Distaccamento occupò Fosdinovo e lo sminò evitando quella che sarebbe stata una parziale distruzione del borgo. Ciò indusse i tedeschi a riconoscere la formazione partigiana come forza militare (ciò si ripeterà il 10 novembre a Carrara), con la quale trattare. Quindi accettarono lo sgombero del territorio fino all'Aurelia e se ne andarono la mattina del 28, scortati dai partigiani. Questi eventi, unite ad altre notizie positive che arrivavano da tutta la Linea Gotica occidentale, illusero i partigiani e le popolazioni, facendo loro credere che la guerra fosse prossima all'epilogo. A novembre, dopo un autunno favorevolissimo alle forze liberatrici, colmo di attacchi andati a buon fine e vittorie sui nazifascisti, tutte le Brigate della zona erano ormai pronte all'attacco finale, che sarebbe dovuto avvenire in tal modo: gli Alleati avrebbero dovuto sferrare l'ultimo assalto frontalmente, mentre mille partigiani avrebbero dovuto accerchiare i nemici da dietro per prenderli tra due fuochi. Ma proprio quando tutto sembrava pronto, gli Alleati rinunciarono all'attacco, mandando a morire decine di partigiani. La questione è ancora avvolta nel mistero e ignote rimangono le ragioni che spinsero gli Alleati a non sferrare l'attacco che, probabilmente, avrebbe portato alla fine della guerra in Italia alla fine del 1944.
La Resistenza: Novembre 1944 tra rastrellamenti ed eroismo
Il colpo mancato dell'autunno del 1944 provocò morte, distruzione, sfiducia nei confronti degli Alleati, disillusione nei confronti di una Liberazione che tardava ad arrivare, fughe da parte di molti partigiani verso le zone dell'Italia ormai libere. Il 13 novembre Harold Alexander, Generale britannico, espose via radio il "Proclama" con cui ufficializzava la posticipazione dell'attacco finale alle primavera del 1945 e ordinava alle Brigate partigiane di continuare solo l'attività di spionaggio e sabotaggio, cessando ogni operazione militare propriamente detta. Questo mentre gli alti comandi tedeschi avevano appena proclamato "Il settimana di lotta alle bande" nel Nord Italia, che vide circa dieci mila soldati circondare la bassa Val di Magra e avviare le operazioni di rastrellamento. Si iniziò con Sarzana, il 29 novembre, e si terminò con Massa, il 2 dicembre.
Intanto il 28 novembre il Comando della Brigata "Il Carrara" informava i distaccamenti presenti a Viano, Pulica e Fosdinovo che aveva notato spostamenti sospetti di soldati tedeschi nei pressi di Campiglione. La staffetta Tullio Battaglia partì per avvertire i comandi del Distaccamento "Cheirasco", affidato a Giuseppe Pagni "Beppe", e della Brigata "Muccini". "Il Carrara" ci aveva visto giusto ed infatti la mattina seguente un numero ingente di soldati tedeschi risalì il crinale di Fosdinovo da nord con l'obiettivo di uccidere, catturare o spingere a valle i partigiani. A sud, lungo la Via Cisa e Aurelia da Ponzano Magra ad Avenza di Carrara, c'era infatti un intero allineamento di postazioni tedesche pronte a colpire i fuggiaschi con degli MG 42. Non essendo impreparati, i partigiani fosdinovesi riuscirono a sostenere lo scontro nella prima giornata di guerra, ma iniziarono presto a sbandarsi, data la differenza di armamenti. La Brigata "Muccini" decise ben presto di effettuare lo sganciamento, uscendo da Canepari e dirigendosi verso la Val d'Isolone per poi risalire il crinale della Spolverina e varcare il fronte sulle Alpi Apuane. Il gruppo di Orti coprì eroicamente il transito a Gignago dei Distaccamenti, subendo il cannoneggiamento delle batterie navali e antiaeree poste a Punta Bianca e che portarono morte e distruzione tra le file dei partigiani e dei civili. Nei due giorni di aspra resistenza al nemico caddero i seguenti partigiani: Enzo Meneghini, Valdo Buriassi, Rufinengo Tenerani, Oriano Musso, Vittorio Spigno, Ferruccio Matelli e la staffetta Giuseppe Baudone. Tutti i loro nomi sono indelebilmente scolpiti su una lapide posta a Caprognano. La copertura eroica compiuta dallo storico gruppo permise alla Brigata Garibaldi "Ugo Muccini" (composta ormai da mille partigiani senza più munizioni) di varcare la linea del fronte con un seguito di qualche centinaio di civili.
Tra il 29 ed il 30 novembre il rastrellamento causò ingenti perdite sia tra i partigiani che tra i civili (il cui numero era ultimamente aumentato nel fosdinovese a seguito della fuga in quest'area dei tanti sfollati delle vicine "zone nere"). La Resistenza fosdinovese proseguì nelle settimane successive grazie all'azione dei pochi partigiani rimasti, coordinati da quello che rimaneva della Brigata "Muccini". Durante l'inverno, comunque, la Brigata si ricostituì e riuscì anche a riassumere la grandezza che possedeva prima del rastrellamento.
La Resistenza: la Liberazione
Gli Alleati decisero, finalmente, di riavanzare nell'aprile del 1945. L'avanzata in Lunigiana fu complicata, lunga ed ardua, sempre guidata dai partigiani della zona. Seguì due direzioni: la Via Aurelia (passando per Molicciara, Caniparola, Sarzana e arrivando infine a La Spezia) e il crinale che da Castelpoggio arriva fino a Fosdinovo. Fu all'interno di questa seconda direttrice che si consumarono gli scontri più feroci e sanguigni, tra il 442° RCT "Nisei" (reggimento formato da americani d'origine nipponica) e le ultime resistenze tedesche. Nei pressi della Foce di Pulica e sul Monte Nebbione si arrivò addirittura all'arma bianca e al combattimento corpo a corpo.
Il 23 aprile 1945 Fosdinovo fu infine liberata, ma anche nell'ultimo giorno di guerra totale si consumò una tragedia. Gli Alleati in quella giornata giunsero nei pressi del paese dalla strada che porta a Carrara, insediandosi a Forte Bastione per bombardare da quella posizione quello che si pensava essere l'ultimo importante presidio di forze tedesche nella zona: il Castello Malaspina. Il bombardamento ferì profondamente sia il castello che la parte nord-orientale del borgo (la Torre Malaspina fu completamente distrutta). E non servì assolutamente a nulla, visto che in realtà i tedeschi erano ormai pochissimi ed erano già in fuga. Fu un altro eroe fosdinovese a salvare il resto del paese ed i suoi abitanti: Ivaldo Bonotti. Egli si incamminò verso Forte Bastione, incurante delle bombe che gli volavano sopra la testa e che cadevano in prossimità di dove camminava, per avvisare gli Alleati che Fosdinovo era ormai "libera". Ed intanto si consumò l'ultima ferita al borgo: i tedeschi fuggiaschi fecero saltare in aria la Porta Genovese o Porta di Sotto, per coprirsi la ritirata.
Due giorni dopo, il 25 aprile, la Liberazione sarebbe giunta anche nel Nord d'Italia, senza che gli Alleati trovassero più serie resistenze da parte tedesca.
L'età contemporanea: dal dopoguerra al Duemila
Negli anni successivi la popolazione di Fosdinovo e le prime amministrazioni che si succedettero dovettero fare i conti con gli ingenti danni da guerra ed una disoccupazione dilagante. Il Piano Marshall indubbiamente finanziò la ricostruzione e in una Marciaso quasi completamente distrutta risiedette e contribuì alla sua ricostruzione una comunità americana di mormoni (ricordati oggi come i "Quaccheri di Marciaso"). I lavori iniziarono subito, ma solo il Castello fu ristrutturato in tempi abbastanza veloci (fu completato nei primi anni Sessanta), mentre per alcune opere i lavori si conclusero solamente a fine secolo.
Negli anni Settanta, finita l'emergenza, si asfaltarono un alto numero di strade che da Fosdinovo portavano e ancora portano alle frazioni e fuori comune; alcune furono rese Provinciali e addirittura la strada che da Caniparola porta a Fosdinovo per poi proseguire in direzione di Tendola e Fivizzano divenne Statale (la strada statale 446 di Fosdinovo). così come quella che da Fosdinovo porta a Carrara (la strada statale 446 dir di Fosdinovo). Esse passarono sotto la gestione provinciale nel 2001.
Sempre dagli anni Settanta in avanti si crearono e ampliarono le prime strutture sprotive (lo stadio da calcio di Fosdinovo e il campo da tennis della Torretta di Fosdinovo), per iniziativa della Pro Loco e del suo presidente dott. Lorenzo Torri.
Storia, collocazione geografica e prodotti enogastronomici eccellenti contribuirono tutti a rendere Fosdinovo una meta ambita e ricercata sia da parte dei turisti che dei villeggianti e che indussero alla fioritura di numerose attività ricettive. Il culmine di tale processo si ebbe dai tardi anni Settanta alla prima metà degli anni Novanta, quando Fosdinovo ospitò i ritiri di numerose e blasonate società calcistiche come il Cagliari di Gigi Riva, la Fiorentina di Giancarlo Antognoni, l'Inter, la Lucchese e altre squadre minori.
Intanto, nel 1983 gli abitanti di Gragnola e Cortila (fino ad allora exclavi del comune di Fosdinovo nel comune di Fivizzano), tramite un referendum consultivo, si dimostrarono favorevoli ad un passaggio dal comune di Fosdinovo a quello di Fivizzano e dopo breve tempo tale passaggio ebbe luogo. Con una popolazione (all'epoca) maggiore di 900 abitanti (Gragnola rappresentava il centro abitato più rilevante del comune, dopo il solo capoluogo), tale cessione ebbe grandi ripercussioni nella demografia dei due comuni e attenuò sia il costante calo demografico del comune di Fivizzano che l'importante crescita demografica iniziata negli anni '70 del comune di Fosdinovo per il decennio degli anni '80.
Nel 2014 Fosdinovo è stato insignito del prestigioso riconoscimento della Bandiera arancione dal Touring Club Italiano ed è stato proclamato Borgo del Buon Vivere (in tutta la Toscana ce ne sono appena 10); nel 2015 rappresenterà la provincia di Massa e Carrara all'Expo di Milano.
Monumenti e luoghi d'interesse
Edifici civili
Castello Malaspina, il castello più grande, più importante e meglio conservato della Lunigiana, ed uno dei più importanti e meglio conservati dell'intera Italia. Eretto attorno al 1340 da Spinetta Malaspina il Grande, ampliando un primo nucleo già esistente da prima del 1200, è il simbolo di secolare saldezza del paese. Al suo interno, fra saloni, cunicoli, prigioni e trabocchetti più volte si incontra lo stemma di famiglia, lo Spino Fiorito, assieme ad arazzi e affreschi di notevole pregio e arredamenti ben conservati. L’alto camminamento fra i merli ghibellini permette di ammirare un ampio panorama: lo sguardo si perde fra le Alpi Apuane da un lato e il mare dall’altro. Ha base quadrangolare con cortile centrale. Sopra la Porta d'ingresso vi è un bassorilievo in marmo con gli emblemi dei Malaspina e Della Scala (famiglia di cui fece parte il celeberrimo Cangrande I della Scala), famiglie amiche e imparentate fra loro. Eccetto un Ecce Homo nella cosiddetta Cameretta di Dante, tutti gli affreschi del Castello furono eseguiti da Gaetano Bianchi nel 1882 in stile giottiano.
Villa Malaspina. Costruita e portata all'attuale forma nel 1724 a Caniparola dal marchese Gabriele III Malapina,portando a termine il progetto di Carlo Agostino Malaspina. Presenta splendidi affreschi su volte e pareti ed uno dei giardini all'italiana più belli della Lunigiana. Il salone principale fu affrescato dal piacentino Antonio Contestabile
Teatro. Di fronte all’ingresso del castello, in un edificio risalente al 1200, una lapide sull’architrave della porta testimonia l’esistenza di un antico teatro, restaurato ed ampliato nel 1770 da Carlo Emanuele Malaspina, con palchetti in legno intarsiato. L'antico teatro risaliva, molto probabilmente, al XIII-XIV secolo
Antica Zecca Marchionale. In quella che oggi è l’abitazione sita al n° 19 di v. Papiriana, tra il 1668 ed il 1680, venivano coniate le monete (luigini e testoni d’oro, d’argento e di leghe minori) del feudo di Fosdinovo. In quegli anni Pasquale Malaspina ottenne tale diritto a conferma dell’importanza del paese, essendoci solo tre zecche in tutta la Lunigiana. Il conio per le monete oggi si trova nella Sala delle Armi del Castello; nella Sala del Trono sono presenti alcune monete (luigini) battute dalla zecca; la zecca vera e propria si trova oggi nella Torre Malaspina, luogo adibito recentemente ad ufficio turistico (dopo il restauro ultimato nel 2001)
Torre Malaspina o Torre Malaspiniana, presso il Castello Malaspina, Piazza Sauxillanges e la Porta di Sopra. Bombardata dagli americani durante l'ultima fase della Seconda Guerra Mondiale, il 23 aprile 1945, fu ricostruita e ristrutturata nel corso degli anni Novanta per essere ultimata nel 2001. Da allora fu adibita a ufficio turistico e a sala riunioni (sia per le assemblee comunali che per quelle organizzate da cittadini privati).
Biblioteca civica "Dante Piccioli", presso Piazza Matteotti, nei pressi del Duomo e della sede comunale. Presenta un portico a piano terra ed un piano soprastante che svolge la funzione di biblioteca. È in restauro.
Porta di Sopra, presso la Torre Malaspina ed il Castello
Porta di Sotto (o Porta Genovese), presso il Palancà (fatta saltare in aria dai tedeschi durante l'ultima fase della Seconda Guerra Mondiale, il 23 aprile 1945)
Il Fosso. Costruito nel 1789 da Carlo Emanuele Malaspina come luogo per giocarvi al pallone fiorentino e trasformato poi in pista da pattinaggio. Il muro che lo perimetra (le mura meriodionali del paese) crollò nel 1920 (a causa del terremoto che rase al suolo la vicina Fivizzano) e fu ricostruito nel biennio 1928-29
La Torretta. Parco giochi per bambini, fornito di campo da tennis e area pic-nic. Nella zona terminale sono presenti una piccola e antica torre di vedetta e un oratorio fondato nel 1612 da P.Antonio Moneta
Edifici sacri
Chiesa di San Remigio. Eretta su ciò che rimaneva di una piccola chiesa costruita verso la metà del 1200, ha un aspetto tardo-cinquecentesco. Nel 1729 lo scultore Giovanni Baratta realizzò due nuovi altare nel Duomo di Fosdinovo. Presenta altari in marmo, il monumento funebre di Galeotto Malaspina (1367), la statua di S.Remigio (secondo XIV secolo), un bellissimo bassorilievo dello scultore Baratta (la Madonna del Suffragio), l’organo dei Serassi (XVIII secolo) e il fonte battesimale della prima metà del 1500.
Oratorio dei Bianchi o della SS. Annunziata. Nel 1468 la confraternita francescana dei Disciplinati edificò in questo luogo un piccolo oratorio dove custodire la trecentesca statua lignea dell’Annunziata. Nel 1501 un incendio la distrusse ma si salvò miracolosamente la preziosa statua lignea alla quale avevano dedicato la chiesa. Fu ricostruita tra il 1648 ed il 1653, con forma basilicale ad abside quadrata. Nel 1666 fu fornita di una facciata in marmo di Carrara da Pasquale Malaspina e nel 1673 fu consacrata dal Vescovo di Luni Prospero Spinola. Nel 1982 la statua lignea dell'Annunziata venne restaurata dalle Belle Arti di Pisa e nel 2002 fu ultimato anche il restauro dell'Oratorio
Oratorio dei Rossi o del SS. Sacramento. Costruito nel 1605, è così chiamato per il colore della cappa della confraternita che fa riferimento a questo tempio cristiano. Presenta un altare maggiore in stile barocco con uno straordinario Volto Santo ed un notevole crocefisso ligneo del “Cristo agonizzante” del XVII secolo.
Monumento funebre di Galeotto Malaspina nella Chiesa di San Remigio
Oratorio dell'Opera di Marciaso (Marciaso)
Oratorio di Santa Maria di Pulica (Pulica)
Piazze
Palancà. Luogo prossimo alla Porta di Sotto, ove sorgeva una fortificazione composta da pali fissi in terra e successivamente da assi (nel dialetto fosdinovese, "planca" / "palanca" significa "tavola"). Da qui si può salire e penetrare nel borgo tramire Via Mazzini o Via Gramsci.
Piazza Matteotti. Costruita nel 1829-31 come nuova piazza del Mercato. Un lato di essa è porticato e ivi affaccia la Biblioteca civica, gli altri due sono chiusi e il quarto è aperto alla strada. È nei pressi della Chiesa di San Remigio e della sede comunale.
Piazza Garibaldi con Monumento ai Caduti. Si trova nel crocevia tra Via Roma e Via Mazzini, prossima ad uno splendido punto panoramico, che dà su tutta la Val di Magra.
Piazza Sauxillanges, già Piazza Dante. Dedicata al paese francese gemellato con Fosdinovo, in essa trova luogo una fontana, oltre che la Torre Malaspina (adibita a ufficio turistico e a spazio per le riunioni comunali e non). Nei suoi pressi vi è l'accesso al Castello e la Porta di Sopra. Da essa o dai suoi pressi partono Via Castiglione, Via Papiriana e Via Rocca.
Camposanto Vecchio. Cimitero del paese fino al 1838, ora è una piazza sita dietro il Duomo e un vero punto panoramico. Da essa si dilunga Via Costa Fredda
Piazza Cairoli. Piazza-parcheggio che collega le due vie parallele Mazzini e Gramsci.
Vie principali
Via Roma. Via principale del borgo e quella più attiva dal punto di vista commerciale. Parte da Piazza Matteotti, dove affacciano la Biblioteca civica, il Duomo e la sede del Comune, per giungere fino all'incrocio con Via Gramsci e Via Mazzini, dove vi è Piazza Garibaldi ed uno splendido punto panoramico su tutta la Val di Magra. Sempre su di essa si affaccia l'Oratorio dei Bianchi.
Via Papiriana. Via che porta da Piazza Sauxillanges, dove affacciano la Porta di Sopra, il Castello e la Torre Malaspina, a Piazza Matteotti. Su di essa trovavano posto l'antico teatro e l'antica zecca (nel Largo Vatteroni) e si affaccia l'Oratorio dei Rossi.
Via Mazzini. Via che costeggia il muro del Fosso, partendo da Piazza Garibaldi fino a giungere al Palancà, dove vi era la Porta di Sotto. È collegata a metà percorso a Via Gramsci da Piazza Cairoli. Dal lato delle mura, vi sono due terrazze (detti "terrazzini") (uno adattato ad area lettura, l'altro bucato da una rampa di scale che permette al passante di scendere ed arrivare al Fosso), ricavate dal taglio ad altezza strada delle antiche torri di vedetta.
Via Gramsci. Via parallela a Via Mazzini, ma più ripida ed interna.
Via Rocca. La via, tra quelle interne alle mura, più antica, stretta e sopraelevata. È parallela a Via Papiriana ed è collegata ad essa più volte (spesso tramite scale, per supplire alla differente quota d'altezza). Termina alle spalle del Duomo, dove si può scendere sempre tramite scale in Camposanto Vecchio
Via Costa Fredda. Via che si dilunga dietro la Chiesa di San Remigio, nel nord del paese
Via Castiglione. Via che perimetra le antiche mura del primo nucleo di Fosdinovo, abitato da fuggiaschi di Luni
Società
Evoluzione demografica
Abitanti censiti La popolazione del comune di Fosdinovo, all'Unità d'Italia, ammontava a 4181 abitanti, distribuiti soprattutto nel capoluogo e a Gragnola,ed in generale in tutto il versante collinare, mentre molto meno numerosa era la popolazione nella parte pianeggiante del comune, ossia a Caniparola.
Crebbe molto nella prima decade del Regno e rimase in crescita fino al Censimento del 1931, quando raggiunse quasi i 5000 abitanti (4932), manifestando un primo e leggero calo in quello intermedio del 1936.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale e la fine del Regno d'Italia, il Censimento del 1951 diede la misura del crollo demografico del comune lunigianese, facendo registrare il risultato più modesto di sempre: 4170 abitanti, ancor meno del dato del 1861, fino a quel momento il peggiore.
Il crollo però non si arginò ma anzi si ampliò nei decenni successivi, tanto che nel 1971 la popolazione fosdinovese era ormai quasi i 3/5 di quella ante-guerra, registrando il dato record di 3206 abitanti (il peggior dato di tutta la sua storia).
Gli anni '70, però, finalmente videro la fine della fuga dalla campagna alle città (conseguente alla decelerazione dell'industrializzazione) e, allo stesso tempo, cominciò anche una rivalutazione di Fosdinovo per ragioni turistiche, paesaggistiche ed ambientali. Sono questi gli anni in cui Fosdinovo cominciò a venire scelto da squadre di calcio come il Cagliari, la Fiorentina o l'Inter, come sede di ritiro estivo. Nel Censimento del 1981 si ha dunque la prima espansione demografica post-guerra, segnando un incoraggiando 3617 (dato superiore sia al dato del 1971 che a quello del 1961).
Negli anni '80 avvennero fenomeni contrastanti e rilevanti: da un lato, nel 1983, i paesi di Gragnola e Cortila (fino ad allora exclavi fosdinovesi nel comune di Fivizzano) furono ceduti al comune fivizzanese dopo un referendum consultivo tenuto nelle due entità territoriali; dall'altro, nel corso degli anni '80 si continuarono a registrare i favorevoli trend del decennio precedente e si rafforzò l'urbanizzazione di Caniparola, che da quel momento non si sarebbe più arrestata. Caniparola, polo pianeggiante in un comune collinare, diventa da quel momento il fulcro economico del territorio, legandosi a doppio filo con l'economia vicina, forte e in rapida ascesa di Sarzana. Per capire quanto crebbe Caniparola in quegli anni, si noti come nel Censimento del 1991 la popolazione di Fosdinovo crebbe più di 300 unità, seppure Gragnola e Cortila rappresentassero nel 1983 una popolazione di circa un migliaio di abitanti.
Nel 2001, finalmente, la popolazione varcò nuovamente le 4000 unità (4379), mostrando nel decennio 1991-2001 un tasso di crescita demografico superiore alle due cifre (caso unico in quel decennio in Lunigiana, insieme a Licciana Nardi; tra i due, però, fu comunque Fosdinovo a crescere di più); mentre nel 2011, per la prima volta, superò anche la quota, fino a quel momento tabù, di 5000 persone (5054), espandendosi demograficamente nel decennio 2001-2011 sempre con un tasso di crescita molto alto e sempre superiore alle due cifre (12,3 % tra il 2001 ed il 2007).
In questi ultimi anni continua la crescita di Caniparola, rimane all'incirca costante la popolazione di Fosdinovo, mentre diminuisce la popolazione del resto delle frazioni. La crescita della prima e la sostanziale tenuta del secondo riescono però a contrastare il fenomeno inverso e, anzi, a portare il comune verso numeri sempre più alti.
La densità demografica nel 2011 era di 103,8 ab/km², valore ben più alto della media lunigianese (58 ab/km²), ma più basso di quello provinciale (175 ab/km²) che è quasi in linea con quello nazionale. In Lunigiana solo Aulla, Villafranca in Lunigiana e Podenzana presentano valori più alti. Nella Provincia, è dunque il settimo comune più densamente abitato (Massa, Carrara e Montignoso sono i soli tre comuni della Provincia di Massa e Carrara a non far parte della Lunigiana e tutti e tre superano in questo senso Fosdinovo), così come è il settimo comune per abitanti (in questo senso, lo superano però i tre comuni non lunigianesi, Aulla, Fivizzano e Pontremoli).
Dati statistici socio-economici
Fosdinovo presenta un tasso di capitale umano (laureati+diplomati) superiore alla media lunigianese e alla media provinciale, in linea con quella regionale.
Nel decennio 1991-2001 il comune di Fosdinovo ha visto un boom edilizio, con la costruzione di molte case (il 14,6% in più, contro una media lunigianese, provinciale e regionale che vedeva da un 6 ad un 8% in più), per ragioni turistiche (sono molte le persone, italiane e non, che decidono di costruirsi una seconda casa nel comune, oppure che ristrutturano edifici preesistenti per il medesimo motivo). Tale crescita ha interessato una buona parte della Lunigiana, per esempio Licciana Nardi, Aulla e Pontremoli.
Fosdinovo è il comune lunigianese dove le case, in media, costano di più al metro quadro (circa 550 € in più rispetto alla media): ciò è dovuto alla sua posizione più a valle, che risente degli influssi dei comuni costieri confinanti.
Nel decennio 1991-2001 Fosdinovo crebbe a livello demografico del 10,9 %, primato nella Lunigiana. Il valore è molto significativo, soprattutto tenendo conto che nello stesso periodo la Lunigiana invece decrebbe del 2.4 %, la Provincia del 1,3 % e la Toscana dello 0,9 %. Si pensi anche che nello stesso decennio Zeri, Fivizzano e Bagnone (comuni lunigianesi) persero popolazione con un tasso superiore alle due cifre.
A inizio millennio, la popolazione era distribuita in tal modo: il 70% viveva nei centri abitati, il 10 % nei nuclei abitati ed il 20% in case sparse. Questi dati mostrano che, rispetto al resto della Lunigiana e, ancor di più, rispetto al resto della Provincia e della Regione, non sono pochi gli abitanti di Fosdinovo che prediligono ancora la scelta di vivere in case immerse nella natura o comunque staccate dai centri insediativi (per dare un'idea, nella Lunigiana di inizio millennio il 77% degli abitanti viveva nei centri, in Provincia il 92 % ed in Regione l'89 %).
La fascia d'età più presente nella Fosdinovo di inizio millennio era quella compresa tra i 40 ed i 44 anni d'età, che rappresentava il 9% della popolazione totale.
Nel 2007 il comune di Fosdinovo risultava essere il secondo più giovane della Lunigiana, dopo il solo comune di Podenzana. L'età media era infatti di 45,3 anni, contro una media di 48,1 e punte di 55,7 (Zeri). Il dato è ancor più rilevante se si pensa che fino al 2001 Fosdinovo era il quarto (era superato da Aulla e da Licciana Nardi, oltre che da Podenzana), che in 6 anni l'età media lunigianese è aumentata di 0,7 anni e che nello stesso periodo a Fosdinovo è aumentata solo di 0,1 anni. L'età media era inferiore anche al dato provinciale, che risultava essere di 45,6.
Nel 2005 a Fosdinovo c'erano 2159 famiglie con una media di 2,2 membri a famiglia, in perfetta media lunigianese e provinciale, e nessuna convivenza (come a Filattiera, Tresana e Zeri).
Il numero di celibi o nubili è leggermente maggiore del dato riferito alla Provincia e abbastanza maggiore di quello riferito alla Lunigiana, il numero dei coniugati è maggiore di entrambi i dati; ci sono anche più divorziati, ma ci sono molti meno vedovi ( rispetto al resto della Provincia e ancor più rispetto al resto della Lunigiana).
Rispetto ai dati riferiti alla Lunigiana e alla Provincia, ci sono meno stranieri a Fosdinovo: il 3,3 % della popolazione contro una media lunigianese e provinciale del 4%. Rispetto ad un comune simile per popolazione come Villafranca in Lunigiana, ne ha meno della metà (visto che in questo comune l'incidenza è del 7,2%).
Marocchini e albanesi: queste erano nel 2006 le prime due minoranze etniche presenti nel territorio fosdinovese. Seguono britannici, rumeni e cinesi.
A inizio millennio il numero di laureati e diplomati era nella media provinciale (rispetto a quella regionale, invece, ci sono un po' più diplomati e un po' meno laureati), superiore alla media lunigianese (i laureati rappresentavano il 6,7% della popolazione, contro una media lunigianese del 5%). C'erano anche meno analfabeti che nel resto della Provincia e della Regione (lo 0,6 % contro lo 0,7% e lo 0,8%).
Nel 2004 Fosdinovo era il comune dove circolava il più alto tasso di mezzi in lunigiana: 76,6 ogni 100 abitanti, contro una media del 70,1. Anche il dato provinciale è inferiore, arrestandosi a 74,8. In particolare, Fosdinovo aveva il più alto tasso di motocicli (532 in totale), in valori assoluti secondo solo alla più popolosa Aulla.
Nel 2005 era il secondo comune più ricco della Provincia, dopo Pontremoli. Infatti, in media, si registravano redditi piuttosto alti.
Servizi
Servizi fondamentali
Il borgo di Fosdinovo presenta l'ufficio turistico presso Piazza Sauxillanges, la caserma dei Carabinieri presso Piazza Matteotti, l'ufficio dei vigili urbani lungo Via Papiriana, la farmacia lungo Via Roma, l'ambulatorio in posizione contigua, la Posta ed una banca con bancomat in Via Mazzini, un'edicola, due botteghe, tre bar (uno dei tre nella Torretta, poco fuori il borgo), tre bed-breakfast ed un ristorante. Un distributore di benzina e diesel si trova poco fuori il borgo, sotto il Castello.
Altri servizi
Sempre all'interno del borgo vi sono un'oreficeria, un negozio di tessuti ricamati a mano, degli uffici commerciali ed una ferramenta.
Aree lettura o Reading Areas
Sono disseminate all'interno del borgo di Fosdinovo. Sono aree generalmente quiete, consoni alla lettura. Sono dotate di panchine e illuminazione (garantita sempre in almeno tre aree). Si trovano in: Camposanto Vecchio, Piazza Sauxillanges, nel terrazzino presso Piazza Garibaldi in Via Mazzini e prima della Porta di Sopra, leggermente fuori le mura (unica area non illuminata nelle ore notturne).
Free Wi-Fi
È presente un'area con Wi-Fi gratutito e disponibile 24 ore su 24. Si trova presso la Torre Malaspina in Piazza Sauxillanges. È accessibile anche dall'esterno della Torre, nell'area lettura contigua. Negli orari di apertura al pubblico, l'ufficio turistico sito nella Torre mette gratuitamente a disposizione dei turisti un dispositivo informatico.
Cultura
Istruzione
Fosdinovo è sede dell'Istituto scolastico statale Don Florindo Bonomi (1918-1944, parroco di Fosdinovo durante la Resistenza e membro fondatore del C.L.N. di Fosdinovo), consistente di materne, elementari e medie, con distaccamento a Caniparola.
Le scuole elementare e medie di Fosdinovo sono situate nel grande edificio a due piani costruito nel dopoguerra presso Il Fosso. È provvisto di molte aule, atrio centrale, vari spazi verdi ed esterni, segreteria, servizi igienici e grande aula per la mensa interna. A pochi metri da essa, posto di fronte al Fosso, vi è un grande polivalente con piano terra e piano interrato con spazi e materiale per l'attività fisica, un'impalcatura usata per le rappresentazioni teatrali e servizi igienici. Esso è usato nelle ore di educazione fisica sia per il laboratorio teatrale che tradizionalmente viene svolto dalle classi quinta elementare e medie a conclusione dell'anno scolastico.
Le materne di Fosdinovo erano situate in località La Palazzina fino che un recente evento sismico ne ha danneggiato la struttura interna. In attesa della sua ristrutturazione o di cambiamento di sede, attualmente i bambini delle materne vanno a scuola in una struttura prefabbricata posta recentemente nel vecchio campo da calcio a sette, divenuto poi parcheggio, in località Il Prato.
A Caniparola le scuole sono situate presso l'Arco di Caniparola, non distante dalla Villa Malaspina. Materne ed elementari e medie, anche in questo caso, sono localizzate in strutture diverse e staccate, seppur ravvicinate. Godono della vicinanza di una grande palestra usata nelle ore di educaz