Destinazioni - Comune
Avella
Luogo:
Avella (Avellino)
Avella è un comune italiano di 7.839 abitanti della provincia di Avellino in Campania. È famosa la coltivazione della nocciola, che prende il nome proprio da questo comune (in latino il nocciolo si chiama nux avellana, mentre in spagnolo, in portoghese e in occitano la nocciola è chiamata rispettivamente avellana , avelã e avelano).
Geografia
Situato nel cuore di una grande conca dell'Appennino Campano dominata dai massicci montuosi dei Picentini, è circondato a nord dai monti di Avella e a nord-est da Montevergine, entrambi parte della catena montuosa del Partenio; il Partenio è meta di pellegrinaggi per venerare la Madonna di Montevergine nel santuario benedettino del XII secolo, posto sul monte a 1270 m.
Il più importante corso d'acqua che passa per questo comune è il Clanio, oggi impoverito.
Il clima di Avella è semicontinentale, con inverni rigidi e piovosi, mentre in primavera e agli inizi autunnali sono frequenti brina e gelate; in estate la siccità predomina sul territorio con rare piogge e venti di ponente e di scirocco.
La vegetazione è ricca, con prevalenza di noccioleti che producono le pregiate "nocciole avellane" (il cui legno è citato da Gabriele D'Annunzio ne "I pastori"), ma di rilievo è anche la produzione di frutta e ortaggi.
Cenni archeologici e storici
L'antica Abella, il cui abitato in parte coincideva in età sannitica e romana con il più orientale dei due nuclei dell'attuale centro storico, era di rilievo, fra i centri medio-piccoli della Campania, anche se superata in importanza e grandezza dalla vicina Nola.
Si trova sulla via che collegava e collega tuttora la pianura Campana con la valle del Sabato e il Sannio Irpino, strada meno agevole della Via Appia (che utilizzava il valico di Arpaia); la posizione e la coltivazione della pregiata nux Abellana (nocciola)(da cui deriva la parola spagnola "avellana" con il significato di nocciola) costituivano una risorsa economica, alla quale si aggiungevano lo sfruttamento dei boschi e l'allevamento nelle zone più alte.
L'unico avvenimento storico di un certo rilievo di cui si sappia da fonti scritte è la fedeltà a Roma durante la guerra sociale (91 a.C.-89 a.C.) che fu punita nell'87 a.C. con la distruzione da parte dei sanniti che ancora occupavano Nola.
Dalla preistoria al VI secolo a.C.
Si sono reperite testimonianze di epoca preistorica: vasi e frammenti del periodo di transizione fra l'età del rame (eneolitico) e l'età del bronzo, intorno al 2000 a.C. Tuttavia tali ritrovamenti poco contribuiscono, data la loro scarsità e il modo casuale della loro scoperta, alla ricostruzione di quel periodo storico; si ha invece un quadro più organico, anche se tuttora assai lacunoso, del periodo intorno al 700 a.C., fase iniziale della colonizzazione greca lungo le coste della Campania, età che registrò vivaci scambi da un lato con gli etruschi insediatisi già prima a Capua e forse anche a Nola, e dall'altro con popolazioni italiche, nella fattispecie gli Osci. Di tutta la prima metà del VII secolo a.C. ci sono stati ritrovamenti solo sporadici di oggetti che provengono da un settore della necropoli in cui non è stata ancora possibile un'indagine scientifica.
Una oinocoe con decorazione geometrica, databile verso il 700 a.C., imita modelli corinzi ed è stata importata forse da Cuma, mentre un askos della stessa epoca, in uno stile geometrico di carattere assai diverso, proviene forse dalla Daunia, come altri vasi analoghi da Caudium (Montesarchio), Suessula (Cancello) e Pitecusa (Ischia).
Relativamente meglio conosciuto è invece il "periodo orientalizzante recente" (650 a.C.-545 a.C. circa), del quale è stato trovato un notevole numero di tombe sia nella necropoli a nord-est (località S. Paolino e zone attigue) sia ad ovest della città antica (località S. Nazzaro), mentre non si sa ancora nulla delle aree abitate (anche se ritrovamento fortuiti in località Campopiano potrebbero far pensare a nuclei sparsi). Le tombe finora note sono ad inumazione a fossa semplice e contenevano spesso ricchi corredi con ceramica locale e vasi importati. Contrariamente a quanto avviene nella vicina Nola, dove le ceramiche sono di gran lunga prevalenti, sono registrati in tale periodo il bucchero e le imitazioni di vasi corinzi, con le stesse forme che si sono trovate anche a Capua. Ciò che sembra confermare il carattere etrusco della città, ad Avella prevalgono i vasi d'impasto a superficie nerastre.
Le "olle a bombarda", di solito con quattro prese spesso unite da un cordoncino, sono come in gran parte dell'Italia centro-meridionale la forma più frequente della ceramica comune; fra i vasi da tavola sono particolarmente caratteristiche le coppe a due anse, le coppe su alto piede a trafori circolari, le tazze con ansa cornuta, gli askoi, le anfore con collo a clessidra ed abbastanza frequenti le brocche, in parte con bocca trilobata. Il motivo decorativo più tipico, che ricorre soprattutto sulle coppe e sulle anfore, è una lambda a rilievo, mentre in altre forme la decorazione è incisa o impressa con la rotella dentata; tra gli oggetti di ornamento personale in bronzo o in ferro le fibule sono dei tipi più diffusi in Campania e mentre nelle tombe maschili prevale quella ad arco insellato con ghiande sui lati, in quelle femminili è comune l'arco semplice, talvolta a navicella, con staffa allungata.
Fra gli oggetti importati ci sono innanzitutto vasi di bucchero, di forme diffuse a Capua e Nola, coppe in impasto a superficie bruna-rossastra molto curata con decorazione impressa a rotella, anch'essi comuni nei centri etruschi della Campania, dei balsamari (ariballwi e bombiliwi) che imitano tipi corinzi nella forma e nella decorazione, ed un ariallos globulare corinzio del primo quarto del VI secolo a.C.
Abella era un centro ad economia sostanzialmente agricola in cui sopravviveva la cultura locale, la quale, per le forme più tipiche della ceramica d'impasto era strettamente affine a quella subito a Nord, a Caudium (Montesarchio), il che potrebbe far pensare a rapporti molto stretti e anche di parentela etnica fra le popolazioni dell'alta valle del Clanis, in cui si trovava Abella, e della valle Caudina.
Dal IV al I secolo a.C.
Molte meno notizie si hanno invece per il periodo successivo, e fino agli inizi del V secolo a.C., per il quale solo alcuni oggetti d'importazione greca, tra i quali delle tazze ioniche prodotte a Velia dopo il 540 a.C., o etrusca dimostrano che la vita è continuata. Un corredo isolato della prima metà del V secolo comprende esclusivamente vasi d'argilla figulina, in parte con decorazione a figure nere, che non si distingue in niente da quanto è attestato contemporaneamente a Nola, a Capua ed in altri centri ormai etruschizzati della Campania.
Nel periodo successivo Abella era, come il resto della regione, sotto l'egemonia sannitica e più tardi, assunse carattere di Città, come dimostrano i resti di abitazioni trovati a Nord dell'anfiteatro. L'area urbana, di circa 25 ettari di estensione (la metà circa di Pompei), occupava una zona leggermente sopraelevata a Sud della fuoriuscita del fiume dalle montagne e abbastanza interessata dal riporto dalle alluvioni, che hanno esercitato anche nell'antichità effetti devastanti tutt'intorno; l'impianto urbanistico ortogonale, che è pervenuto in parte, sembra essere stato regolarizzato dopo la distruzione dell'87 a.C. Le mura hanno un tracciato ad andamento regolare per tutta la metà orientale e la sola parte ben conservata, incorporata nell'anfiteatro, è in opera cementizia con paramento in opus incertum, con blocchetti irregolari di varie dimensioni, per cui può essere datata dopo la seconda guerra punica, che interessò più direttamente la vicina Nola, e quindi al II secolo a.C.
Di un santuario fuori della città, ad occidente, nella zona di S. Candida, è testimonianza un deposito votivo con statuette di terracotta e ceramica a vernice nera, solo in parte esplorato. Come le fondazioni delle case, anche le tombe del periodo sannitico finora messe in luce sono per lo più in grandi blocchi di tufo uniti senza malta e generalmente del tipo a cassa. Quelle del IV secolo a.C. inoltrato hanno dato in parte ricchi corredi con vasi a vernice nera ed altri a figure rosse. Di questi si sono voluti attribuire alcuni del gruppo del pittore delle Danaidi ad officine avellane, ma non è per il momento possibile confermare tale ipotesi, sia perché provengono da scavi eseguiti nel secolo scorso senza controllo scientifico, sia perché ad Avella e a Nola quel che si sa è ancora troppo poco per attribuire all'uno o all'altro centro tale produzione.
Significative sono però le importazioni da Cuma, da Capua e, caso raro nella Campania vera e propria, da Paestum, mentre i vasi di officine attiche sono pervenuti così come anche in altre città della Campania e del Sannio, evidentemente tramite Neapolis. Di un certo interesse sono anche delle coppe biansate di bronzo di un tipo non ancora noto in altri centri Campani. Altri oggetti di bronzo, quali le fibule ed i cinturoni con ganci ornati da palmette fanno parte del costume femminile e maschile Sannitico.
Nella necropoli di S. Nazzaro è stato trovato un gruppo di tombe a camera a più deposizioni i cui corredi, suppostamente di famiglie delle classi agiate, si differenziano da quelli delle sepolture precedenti per la prevalenza di balsamari fusiformi per lo più in terracotta, ma in qualche caso anche di alabastro e di provenienza egiziana, e per la presenza di strigili, che sono testimonianza della sostituzione dell'ideologia del banchetto prevalente prima nel rito funebre con gli ideali efebici in un periodo in cui di passo con l'affermazione dell'egemonia di Roma in Campania e le oligarchie locali coinvolte anche nelle attività commerciali derivanti dall'espansione romana in oriente tengono ad aggiornarsi nell'adorazione delle concezioni e mode di provenienza greca.
Avella romana
Ad una comunque assai discutibile introduzione di terminologie romane anche nelle istituzioni, che in una civitas federata come Abella rimasero fino al termine della guerra sociale quelle osco-sannitiche, si è potuto pensare a proposito del senatus menzionato nel Cippus Abellanus, un trattato fra Avella e Nola relativo ad un santuario di Ercole di proprietà comune, che è uno dei più importanti documenti in lingua osca.
Non molto dopo la distruzione, viene dedotta ad Abella, così come a Nola ed a Pompei, una colonia da parte di Silla. Ne è testimonianza la spartizione dei terreni da attribuire ai coloni (centuriazione) nella parte in pianura del territorio che non è altro che la continuazione di quella dei territorio nolano e di cui si sono conservate alcune delle vie principali e tracce di altro. Sono infatti riconoscibili ed in parte ricostruibili tre decumani in direzione Est-Ovest e otto Cardines in direzione Nord-Sud che delimitavano quadrati di m 715 per lato (centuriae) costituiti da cento particelle da due iugeri, anche se le quote singole erano in quest'epoca alquanto superiori a tale misura, mentre le vie principali della città ed anche quelle di collegamento con altri centri conservavano un orientamento diverso.
Nella città sorsero fin dall'età tardo-repubblicana edifici pubblici e furono ricostruiti quelli privati, anche se in qualche area periferica quale quella attigua all'anfiteatro subentrarono degli orti al posto di abitazioni, il che è da mettere in rapporto con l'accentrazione sempre maggiore della popolazione, specie in un centro senza grandi attività economiche oltre l'agricoltura e l'allevamento, nelle ville rustiche del territorio che erano i centri di latifondi gestiti con l'impiego degli schiavi.
Tra questi edifici il meglio noto è l'anfiteatro, eretto in opus reticulatum di tufo forse non molto dopo la deduzione della colonia, come quello di Pompei, di cui ricalca all'incirca le dimensioni. Fu appoggiato all'angolo sud-orientale delle mura ed in parte al pendio naturale, e solo la parte meridionale poggia su grosse costruzioni a volta, mentre l'arena si trova sotto il livello circostante. Sono ben conservati i due vomitorii principali nell'asse maggiore dell'ellisse (itinera magna) con ambienti laterali, e il podio che divideva la curva dall'arena, e dei sedili in tufo dell'ima cavea interrotti in corrispondenza dell'asse minore da podii (tribunali); è rimasto abbastanza per permettere la ricostruzione. Un'immagine schematica dell'edificio è pervenuta sul fianco di una base onoraria di età imperiale. Nel tardo impero fu iniziata la costruzione di stalle nel podio, poi rimasta interrotta dagli eventi che precipitarono con la dissoluzione dell'impero romano d'Occidente.
Nella zona del "Santissimo" sono conservate imponenti costruzioni a volta di un edificio probabilmente pubblico che era forse in rapporto con la piazza del foro che vari indizi fanno supporre nelle vicinanze della chiesa di S. Pietro.
Nel territorio sono forse provenienti da ville rustiche, ubicate in collina ed in parte lungo le strade che uscivano dalla città e con quelle della centuriazione, vari monumenti funerari di età tardo-repubblicana e del I secolo dell'impero, evidentemente di famiglie dell'Ordo (notabilatu) e di altre che possedevano terreni. La loro tipologia trova riscontro in quella che troviamo contemporaneamente nelle necropoli di altre città campane, quali Pozzuoli, Cuma, Capua, Pompei e prevale lo schema di un corpo quadrato con o senza camera sepolcrale e sormontato da un'edicola o da un piano superiore circolare o poligonale, terminato da una cuspide, mentre il tipo circolare con camera circolare è un'eccezione relativamente antica.
Nel monumento con edicola nel recinto del campo sportivo è stata trovata anche la testa, ritratto del defunto, in calcare locale, dell'inizio dell'età imperiale. Nel tardo impero, Abella parrebbe essersi gradualmente dissolta come città in seguito alle invasioni, quali quella di Alarico che distrusse Nola. Un'imago clipeata relativo ad un personaggio eminente dell'antico centro, Lucio Sitrio Modesto, è murata da tempo sulla facciata della chiesa di S. Pietro. La tipologia della decorazione e l'iscrizione rimandano al massimo all'epoca tiberiana.
Testimonianze di un edificio di culto cristiano di carattere cimiteriale sono in località S. Paolino, forse costruito o restaurato quando costui era vescovo di Nola ed anche la chiesa di S. Pietro attorno alla quale si creò uno dei nuclei dell'abitato medioevale, risale forse ad epoca tardo-antica.
Aspetti naturalistici
Avella sorge in prossimità del Montevergine, in mezzo ai cosiddetti "Monti di Avella".
Fenomeni carsici superficiali sono particolarmente diffusi nel quadrilatero Baiano-Lauro-Monteforte-Quadrelle e nella zona collinare di Roccarainola, con formazioni caratteristiche quali doline, campi solcati, lapies. Tra le maggiori formazioni di profondità nella zona di Avella, le tre grotte delle Camerelle di Pianura, degli Sportiglioni e di S. Michele.
Grotte e rifugi montani
La Grotta delle Camerelle di Pianura è fra le tre la più importante dal punto di vista speleologico.
Origine simile a quella delle Camerelle, ha la non lontana Grotta degli Sportiglioni, sviluppata per oltre 120 metri nel M. Spadafora. Si articola in una direzione 0-E, associata a un'altra N-S, con due ampie sale comunicanti con un grosso corridoio, ambedue riccamente concrezionate. Al suolo sono ben evidenti grossi blocchi di roccia, dovuti al crollo degli strati formanti la volta, mentre l'originaria morfologia appare obliterata dall'azione incrostante delle acque di percolazione, con forme addolcite e invecchiate.
La Grotta di S. Michele, infine, nascosta dalla ricca vegetazione della parte mediana del Vallone delle Fontanelle, domina il corso del Clanio e la città di Avella, risultando conosciuta fin dall'antichità; resti pittorici ne testimoniano l'uso secolare a culto a partire almeno dal XIII secolo, con spiccate caratteristiche di cultura a base popolare. Altre formazioni speleologiche sono presenti nella zona di Roccarainola, ove si apre l'imponente bocca della Grotta omonima, sovrastante la parte più antica dell'abitato.
Del versante meridionale di Monte Fellino occorre ricordare il Riparo di Fellino, stazione preistorica del paleolitico superiore, distrutta irrimediabilmente da una cava, e la Grotta Nuova di Fellino, ancora intatta allorché ebbe a subire identica sorte.
Flora
Alle quote più basse del Partenio, la coltura predominante è quella dei noccioli (Corylus avellana), che in alcune zone forma ancora popolamenti spontanei di non indifferente entità. Nei noccioleti, qua e là, si osservano anche piante di noce, ciliegio, pesco e pero, mentre, lungo le strade, sono frequenti il pioppo nero, il platano, il biancospino, il sambuco.
Immediatamente a monte dei coltivi, con i quali spesso si compenetrano, subentrano, prima l'olivo, e poi, fino ai 1000 metri circa, estesi boschi di castagno. Nel sottobosco predominano le graminacee, cui si affiancano poche ranuncolacee ed orchideacee. Tra le piante di taglia più elevata, sempre piuttosto sporadiche, Pteridium aquilinum e Daphne laureola preferiscono le stazioni più ombrose, nelle quali sono spesso presenti anche l'edera e Clematis vitalba, insieme a Vinca major. Nelle zone più illuminate sono frequenti Helleborus foetidus, Rubus ulmifolius, Crataegus monogyna e Cytisus scoparius.
Nelle zone più aride, a substrato più profondo, primeggiano nello strato arboreo l'ornello (Fraxinus ornus), il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il carpino bianco (Carpinus betulus), con numerosi aceri (Acer obtusatum, Acer monspessulanum, Acer lobelii) e Salix caprea.
In stazioni edaficamente povere e in forme degradate è individuabile qua e là il bosco a roverella (Quercus pubescens). Individui arbustivi del leccio (Quercus ilex) si abbarbicano tra fessure rocciose e non mancano, sui versanti più assolati folte zone a lecceto.
Una volta raggiunta la quota di circa 1000 metri si entra nel dominio del faggio, i cui boschi non sono mai molti ricchi di entità nei diversi livelli di vegetazione. Lo strato arboreo è quasi sempre di faggio puro, salvo nelle stazioni meno elevate e più umide, ove è mescolato all'ontano napoletano (Alnus cordata). Nel sottobosco l'agrifoglio, Daphne laureola, Rubus hirtus, Sorbus aucuparia.
Anche la regione al di sopra dei faggi è ricca di vegetazione, quasi sempre bassa ed erbacea. Nelle zone di vetta a rocce affioranti, battute spesso dai venti si riscontrano Allium flavum, Bromus erectus, Thymus striatus, Phleum ambiguum, Festuca ovina, Saxifraga porophylla, Saxifraga aizoon, Sedum rupestre, Sedum acre, Sedum album. Notevole la presenza di Sesleria apennina e Edraianthus graminifolius, specie illiriche di evidente valenza transadriatica.
Infine, la vegetazione dei pascoli montani, da Campo Maggiore a Campo di Summonte per citare i più ampi, ove i fitti prati si ricoprono d'estate di bianchi asfodeli (Asphodelus albus, Asphodelus lutea) e cerasti (Cerastium tomentosum), e radi e rigogliosi tassibarbassi (Verbascum thapsus).
Fauna
Insetti
Le specie di insetti che il naturalista dell'Ottocento Costa enumera del Partenio sono molto numerose, con coleotteri e imenotteri, per i quali ultimi scrive testualmente: «Non vi à forse regione del regno la quale sotto questo rapporto star possa a confronto de' Partenii».
Il Partenio ospita specie tipicamente appenniniche, quali la locusta Tettigonia cantans e l'acridide Stenobotrus appenninus tra gli ortotteri, oppure, tra gli scarabeidi, Mimela junii e Homaloplia nocolosi.
Artropodi
Nel campo degli artropodi in genere è ricca e specializzata la fauna della Grotta degli Sportiglioni, ove finora, sono state riscontrati i seguenti quattro endemiti: Rhizoglyphus sportilionensis (acaro), Haplophthalmus mengei legrecai (isopode), Bathisciola partenii (coleottero) e Disparrhopalites patrizii (collembolo).
Si tratta di animali di piccole o piccolissime dimensioni, spesso saprofagi, legati tra di loro in un complesso sistema ecologico alimentato dal materiale organico fluitato o diversamente introdotto dall'esterno, come l'abbondante deposito di guano rinnovato dai sempre meno numerosi pipistrelli che ivi si annidano, di giorno nei periodi di caldo, e per interi mesi durante il letargo invernale.
Uccelli
Nella composizione avifaunistica si riscontra un'alta densità di insettivori, specialmente di picchi.
Un primo, sommario elenco degli uccelli più comuni del complesso del Partenio, e segnatamente delle sue quote più alte, comprende il corvo imperiale, lo sparviero, il picchio rosso maggiore, il codirosso spazzacamino, il calandro, il picchio muratore, il rampichino, la cincia mora, la cinciarella, la cinciallegra, la capinera, la tordela.
Rettili e anfibi
Numerosi gli anfibi e i rettili presenti nel Partenio: la salamandra pezzata, abbastanza rara ma presente in varie zone in prossimità di piccole raccolte di acqua, la rana greca, legata ai corsi d'acqua di media e alta quota, il rospo comune, ormai raro, il rospo smeraldino, molto comune; l'emidattilo verrucoso, quasi domestico, il geco, forse presente verso Cicciano, nell'abitato, il ramarro e la lucertola campestre, comune e comunissima, la lucertola muraiola, estremamente localizzata in media e alta quota, vicino a sorgenti di acqua, la luscengola, presente al di sopra dei 4-500 metri, in radure erbose; tra i serpenti, la biscia dal collare, il colubro di Esculapio, la coronella austriaca, il biacco, il cervone, l'aspide, tutti abbastanza comuni, meno il cervone.
Mammiferi
Fra i mammiferi selvatici del Partenio ci sono il riccio, una o due specie di toporagni (Crocidura sp. e forse Neomys fodiens lungo l'alto Clanio), la talpa, alcune specie di pipistrelli (finora accertate otto, il ghiro, il quercino, il moscardino, il topo campagnolo comune, il topo selvatico, il topolino domestico, il ratto dei tetti, quasi certamente il ratto delle chiaviche. Più verso la pianura, ad occidente, l'arvicola acquatica lungo i corsi d'acqua di pianura, la volpe, la donnola, la puzzola, la faina, la martora, il tasso.
Le specie in via di estinzione sono quattro: il tasso, la martora, la faina e la puzzola. È ricordo ancora vivo l'esistenza in un passato non lontano del lupo, del gatto selvatico (forse ancora presente), del cinghiale e della lepre.
Monumenti e luoghi d'interesse
Chiesa dei Santi Martiri Nazario e Celso
In quella che ora si chiama Via Raffaello Sanzio, in Località San Nazzaro in Avella, quasi di fronte ad un mausoleo romano, si trova la diroccata chiesetta intitolata ai Santi Martiri Nazario e Celso.
Costruita probabilmente tra IX secolo e XI secolo, esisteva già nell'anno 1087 perché è citata in un documento di cessione di un terreno donato dal signore avellano Aldoyno Franco al monastero di San Sebastiano di Napoli, che confinava con uno della chiesa di San Nazzaro di Avella. Inoltre, il titolo di questa chiesa compare insieme a quello di San Romano in diversi documenti del XII secolo.
Nel libro delle Sante Visite della Diocesi di Nola si legge che nell'anno 1615 il Vescovo G. B. Lancellotti vi fece visita insieme al parroco di San Romano G. N. Bruno e al suo beneficiario Scipione Barba.
Il Canonico Alfredo Maietta, sacerdote di S. Paolo Bel Sito, le cui iniziali sono riprodotte sul cancelletto d'entrata, nel 1899 ne finanziò i lavori di ripristino e il 28 luglio dello stesso anno fu riaperta ai fedeli. Inoltre commissionò le statue dei Santi Nazario e Celso a Lecce, ma non gli riuscirà di vederle realizzate perché muore nel 1909.
Dopo questa morte la chiesetta viene aperta solo di rado e i fedeli si riducono progressivamente. Per primo crolla il soffitto a botte e successivamente le mura perimetrali ad eccezione dell'abside, che ancora oggi resiste, conservando degli affreschi risalenti al XVIII secolo. Al centro è ancora visibile la figura della Madonna con in braccio il bambino, tra S. Pietro e S. Giovanni Battista. La Chiesa oggi è un rudere, a causa dello stato di abbandono in cui versa da tanti anni.
Siti archeologici
Antiquarium di Avella, in via Francesco De Sanctis
Area archeologica della necropoli monumentale di Avella, in Via Tombe romane
Area archeologica dell'Anfiteatro di Avella, in Via dell'Anfiteatro
Società
Evoluzione demografica
Abitanti censiti
Cittadini stranieri
Al 31 dicembre 2008 nel comune di Avella risultano residenti 131 cittadini stranieri. I gruppi più numerosi sono quelli di:
Ucraina 35
Romania 34
Polonia 33
Marocco 13
fonte Istat
Collegamenti
Avella è raggiunbile in treno per mezzo della Circumvesuviana Napoli-Baiano
Amministrazione
Altre informazioni amministrative
Il comune fa parte della Comunità montana Partenio - Vallo di Lauro.
Note
^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2010.
^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF) in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente, 1 marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012.
^ A. Palmentieri, La necropoli romana monumentale di Abella. diffusione del tipo di tomba ‘a Conocchia' in Campania, in Roma y las provincias: modelo y difusiòn, ed. T. Nogales, I. Rodà, II, Roma 2011
^ A. Palmentieri, Avella e l'imago clipeata di Lucio Sitrio Modesto: un'indagine preliminare, Annali dell'Istituto di studi storici', 24, 2009, 21-45
^ “I Signori di Avella dall'XI al XIII secolo” di P. Colucci
^ Statistiche I.Stat ISTAT URL consultato in data 28-12-2012.
Voci correlate
Comunità montana Vallo di Lauro e Baianese
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Collegamenti esterni
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