Destinazioni - Comune

Santa Teresa di Riva

Luogo: Santa Teresa di Riva (Messina)
Santa Teresa di Riva è un comune italiano di 9.414 abitanti della provincia di Messina in Sicilia. Nel centro abitato esistono tre torri medievali di un certo interesse storico. Centro agricolo, commerciale e turistico specializzato nella produzione di agrumi: limone e verdello limone soprattutto, ma anche di vino, olio d'oliva, ortaggi, mandorle e frutta in genere; risulta presente, seppur ancora limitatamente, il florovivaismo. Allevamenti di bovini, ovini, caprini e suini. Scarsa è la presenza industriale. Sussistono piccole aziende artigianali dedite all'edilizia, alla lavorazione di legno e metalli, nonché frantoi dediti all'estrazione dell'olio d'oliva ricavato da oliveti locali. Abbastanza sviluppato il commercio al minuto con circa 300 attività commerciali, oggi in gravissima difficoltà a causa della crisi economica. Fin dal 1864 è sede di un importante mercato quindicinale, punto di riferimento di tutta la Sicilia orientale con circa 250 bancarelle. Comune pilota del comprensorio storico-turistico-monumentale della Valle d'Agrò che dista da Taormina solo 15 km. È altresì comune capofila dell'Unione dei Comuni delle Valli joniche dei Peloritani e del P.I.T. 13, fa parte del Distretto Turistico Taormina-Etna. Al momento l'economia locale si basa sul terziario, commercio, servizi e turismo balneare. È un comune topologicamente non connesso, essendo costituito da due componenti connesse, una comprendente un tratto di costa (il capoluogo comunale) e una nell'entroterra (le frazioni di Misserio e Fautarì). Geografia fisica Questa cittadina siciliana della riviera ionica della provincia di Messina, ha un'estensione di 8,13 km² circa ed è situata a 33 km a sud del capoluogo peloritano, a 15 km a nord di Taormina e a 60 km a nord di Catania. Si estende, a 6 metri sul livello del mare, per 4,3 km lungo il litorale, ed ha alle spalle una zona collinare ove crescono agrumeti, uliveti, vigneti e macchia mediterranea; è limitata a nord e a sud, rispettivamente da due corsi d'acqua: il Torrente Savoca e la Fiumara d'Agrò. Nel cuore del centro urbano, quartiere Portosalvo-Barracca, scorre il piccolo corso d'acqua chiamato Torrente Portosalvo, che nascendo dai rilievi collinari prossimi al centro storico di Savoca, sfocia dopo circa 3 chilometri nel Mare Ionio. Storia Antichità e alto Medioevo Le origini risalgono, secondo alcuni studiosi, al IX - VIII secolo prima di Cristo, allorquando colonizzatori fenici fondarono, sul litorale ove oggi sorge Santa Teresa di Riva, una piccola stazione commerciale che, successivamente, diede origine ad un piccolo centro abitato il quale, attorno al 400 a.C., ospitò una popolazione mista di indigeni Siculi, Fenici e Greci. Questi ultimi provenienti dalla vicina Naxos che, in quel periodo, subì la distruzione ad opera del tiranno Dionigi di Siracusa. Furono proprio i Greci a chiamare questo villaggio Phoinix, che significa Fenice, o meglio Villaggio di Fenici, Phoinix, che in epoca greca era sotto la giurisdizione della polis di Messana o Zancle. Nel 314 a.C., Phoinix, insieme a Messana, venne occupata dall'esercito del Tiranno siracusano Agatocle, che aveva intenzione di unificare sotto la sua corona tutta la Sicilia. La città di Phoinix è citata dallo storico Appiano di Alessandria vissuto nel II secolo d.C., il quale scrive che nell'agosto del 36 a.C. (durante le guerre civili romane per la successione a Gaio Giulio Cesare) vi si accampò per una notte l'esercito di Sesto Pompeo in attesa della battaglia contro Ottaviano; Appiano riferisce che la città in questione era poco a nord del Capo Argennum (oggi Capo S. Alessio), circa 2 km, proprio dove oggi sorgono i quartieri di Bolina, Barracca, Catalmo e Cantidati. Confermano quanto narrato numerosi ritrovamenti archeologici casuali (oggi non più visibili) verificatisi negli anni passati nel quartiere Bolina e nel quartiere Catalmo, proprio nei pressi dell'omonima antica torre, sono stati portati alla luce, durante lo scavo di alcuni pozzi, monete di età traianea, piccole scalinate in pietra o mattoni, vasellame domestico, pareti di piccole abitazioni. Lo storico e letterato prof. Giuseppe Caminiti (1914-2007), sindaco di S. Teresa dal 1962 al 1966, dichiara, nel suo libro "Storia di Santa Teresa di Riva" del 1996, di aver personalmente assistito al rinvenimento di resti di abitazioni costruite con mattoni d'argilla; detti ritrovamenti si verificarono nei quartieri Bolina e Catalmo durante i lavori di scavo per realizzare le fondamenta di edifici privati. Inoltre, riferisce il frate cappuccino p. Giampietro da S. Teresa (al secolo Giuseppe Rigano 1881-1950) che attorno al 1865, durante i lavori per la costruzione della stazione ferroviaria, ove oggi sorge il quartiere Torrevarata, fu scoperta un'antica necropoli in stile orientale che fu subito saccheggiata e distrutta dagli operai che la portarono casualmente alla luce. Questa necropoli constava di numerose tombe coperte da lastroni di pietra ed al loro interno contenevano, oltre agli scheletri, monili femminili e piccolo vasellame; questa caratteristica dimostra che questa necropoli non era "un semplice cimitero di guerra" ove i cadaveri vengono sepolti in modo frettoloso e disordinato, ma la necropoli di uno stabile e vicino centro abitato, Phoinix appunto, che sorgeva a circa 1 km di distanza. Tutte queste notizie sono riportate, con assoluta precisione, dal manoscritto inedito redatto dal summenzionato frate cappuccino nel 1936. Successivamente, verso il III-IV secolo d.C., forse a causa di un forte evento sismico o alluvionale, (è storicamente appurato che nel 374 d.C., nel 650 d.C. e nell'853 d.C. il messinese, o più in generale lo Stretto di Messina, venne interessato da violenti terremoti/maremoti) la cittadina di Phoinix scomparve dalla faccia della terra e dalla memoria degli uomini. Era il periodo della rovinosa e progressiva fine della egemonia romana nel Mar Mediterraneo e le invasioni barbariche e le scorrerie piratesche resero insicura la vita sul litorale, proprio per questo gli abitanti di Phoinix piuttosto che ricostruire il loro villaggio sul sito originario, preferirono abbandonarlo per dare vita a nuovi centri abitati più sicuri e difendibili poiché eretti sui monti circostanti. Attorno al IV-V secolo d.C. nacquero Pentefur (oggi Savoca), Palaionchorion (oggi Casalvecchio Siculo), Limen (oggi Limina) e Antillo. Poi arrivarono i Vandali, gli Ostrogoti, i Bizantini, gli Arabi e i Normanni. Basso Medioevo Fu re Ruggero il Normanno a fondare nel 1139 la Baronia di Savoca, "accozzando insieme molti villaggi saraceni" arroccati sui monti Peloritani, la Baronia di Savoca fu fino al 1812 feudo dell'Archimandrita di Messina. Fu altresì una potente città feudale che raggiunse l'apice del suo splendore tra l'inizio del XV secolo e la fine del XVIII. L'Antichissima Phoinix, ora chiamata Marina di Savoca era appunto sotto la giurisdizione politica e amministrativa della Terra di Savoca ed era divisa in tre grandi feudi; Camillo Camilliani, geografo e matematico fiorentino, nel 1584 la descriveva come una landa semi deserta, popolata da pochi agricoltori e pescatori, che la notte, per paura delle continue scorrerie dei pirati saraceni, tornavano al sicuro nella fortificata cittadina collinare di Savoca; questi pescatori, erano costretti a trascinarsi dietro le loro pesanti imbarcazioni, tale faticosa operazione avveniva attraverso il piccolo Torrente Porto Salvo ed il Vallone Buzzuratti, mediante robuste funi e carrucole di legno, le barche venivano trascinate via terra fin sotto l'abitato del quartiere San Rocco di Savoca, lì erano al sicuro dalle razzie dei pirati e dei briganti. Già nei primissimi anni del XVI secolo si stabilì nella Marina di Savoca la famiglia savocese dei Bucalo, che ebbe in concessione gratuita dall'Archimandrita di Messina Alfonso d'Aragona un'enorme porzione di litorale compresa tra il Torrente Savoca e il Torrente Porto Salvo. Detta contrada, situate alla destra del Torrente Savoca, iniziò ad essere coltivata con vigneti rigogliosi e orti ubertosi. Nel 1507 fu eretta una chiesetta dedicata al SS Crocifisso (che poi sarà dedicata alla Madonna del Carmelo), la prima in tutta la Marina di Savoca; fu attorno a detta chiesetta che sorse il primissimo nucleo urbano di quella che oggi è la cittadina di Santa Teresa di Riva. I Bucalo furono signori di questa enorme porzione di terreno per più di due secoli, generazione dopo generazione. Gli ultimi eredi di questa famiglia furono i sacerdoti Benedetto e Paolo Bucalo, i quali, nel 1708 lasciarono i loro averi per testamento ai Gesuiti, questi vi rimasero fino al 1767, anno in cui vennero cacciati dal governo borbonico, e, i loro averi vennero confiscati e venduti all'asta. Ne approfittò subito il Marchese Carrozza (originario di Milazzo) che acquistò con poco denaro questi beni confiscati e divenne proprietario di un latifondo che si estendeva, appunto, dal Torrente Savoca al Torrente Porto Salvo. Età moderna Solo verso la metà del XVIII secolo, quando la minaccia dei corsari barbareschi nel Mar Mediterraneo iniziò a venire meno, cominciarono a sorgere i primi insediamenti stabili sul litorale della Marina di Savoca. Vennero edificate case, qualche palazzo nobiliare, qualche chiesetta e alcuni opifici. Nel 1763, però, l'esistenza di questo piccolo centro abitato venne messa duramente a repentaglio da un violento tifone che seminò morte e distruzione per quelle contrade. Nonostante le avversità naturali, le borgate della Marina di Savoca risorsero lentamente, tanto che, verso il 1820, la Marina di Savoca era un fiorente centro agricolo, commerciale e artigianale, contava più di mille abitanti ed era in continua espansione grazie alla coltura della vite, del limone e del baco da seta. Nel 1810, sulla riva sinistra della Fiumara d'Agrò, venne stabilito un campo militare dell'Esercito britannico avente il compito di impedire possibili sbarchi e invasioni degli eserciti napoleonici che in quegli anni infiammavano l'Europa. Nel 1830, una nuova alluvione del Torrente Pagliara, seminò morte e distruzione nella borgata di Furci, spazzando via il quartiere Palmolio altrimenti detto Matrh'a Razia (Madonna delle Grazie), ma ormai gli insediamenti erano stabili e, di conseguenza, questa seconda terribile alluvione non rappresentò un insormontabile ostacolo al continuo sviluppo umano ed economico della Marina di Savoca. Nel 1840, don Antonio Russo Gatto (1809-1868), ricco commerciante messinese, costruì nella Marina di Savoca un opificio dedito alla lavorazione e al commercio degli agrumi e dei derivati di questi, nello stesso periodo sorsero due pastifici e due mercanti inglesi, don Giovanni Causton e don Giacomo Smith, nel quartiere Cantidati dal 1825 gestirono una rivendita di vini destinata all'esportazione del vino locale verso il Regno di Gran Bretagna. L'autonomia da Savoca (1820-1853) Lo sviluppo della Marina di Savoca era, però, soffocato dalla "amministrazione" savocese, gestita da una classe dirigente costituita da una nobiltà arrogante e reazionaria, che vessava i "Marinoti" con continui balzelli e soprusi di ogni genere. Il 23 luglio 1820, in occasione dei Moti Carbonari, i Marinoti - stanchi delle vessazioni - assalirono Savoca incendiando i "palazzi del potere" (municipio, carcere, giudicato e archivio) e le residenze di alcuni notabili dell'oligarchia savocese, tra cui quella dello stesso sindaco Domenico Scarcella. La rivolta era ordita da alcuni carbonari, capeggiati da Angelo Caminiti (1781-1855) che più di tutti si distinse nella lotta per l'autonomia. Da non dimenticare il contributo diplomatico apportato, a favore dell'autonomia comunale dall'Abate Antonino Garufi (1775-1842), costui, fratellastro di Angelo Caminiti, fu figura di grande rilievo nell'organizzazione ecclesiastica siciliana dei primi dell'Ottocento, la sua salma imbalsamata è oggi ancora esposta nella cripta dei cappuccini di Savoca. Gli anni che vanno dal 1820 al 1853 furono anni di scontri, tumulti, speranze e delusioni. Il 12 gennaio 1848, la Sicilia si solleva contro l'oppressore borbonico, autoproclamandosi indipendente e restaurando l'antico Parlamento Siciliano, Capo di Stato provvisorio fu Ruggero Settimo. L'esperienza indipendentista siciliana durò dolo 16 mesi, durante i quali, dal 1º gennaio 1849, la Marina di Savoca, con le sue borgate di Furci, Bucalo, Porto Salvo e Barracca, venne eretta a comune autonomo col nome di Bucalo. La sede municipale venne posta nel rione Sparagonà, nei pressi della Torre del Baglio, primo ed unico sindaco fu don Giuseppe Caminiti di Angelo (1814-1877). Purtroppo, come dicevamo, l'indipendenza della Sicilia durò poco più di un anno, i borboni ripresero, con inaudita violenza, il controllo dell'Isola; fatto ciò annullarono tutti gli atti normativi emanati dal Governo Secessionista dello Stato di Sicilia, sicché il neonato comune di Bucalo, dopo soli tre mesi di vita autonoma, venne soppresso, tornando sotto il controllo di Savoca. Ma c'è di più: il 30 marzo 1849, l'esercito borbonico, comandato dal generale Carlo Filangieri, principe di Satriano, dopo un bombardamento navale, per rappresaglia, mise a ferro e fuoco la Marina di Savoca, incendiando case, opifici, magazzini ed il municipio e abbattendo parzialmente la Torre del Baglio. Nonostante la traumatica esperienza, già dal 1849 riprese con maggior slancio la lotta dei Marinoti per l'autonomia. Il 17 marzo 1851, il Decurionato di Savoca deliberò (6 voti contro 4) di concedere, finalmente, l'autonomia comunale alle borgate rivierasche della Marina. Tra il 1852 e il 1853 vennero inoltrate al re due memorie per perorare la causa dell'autonomia comunale, la prima a firma di Giuseppe Caminiti (1814-1877), la seconda venne presentata dall'avv. Francesco Perroni Paladini. Il 1º luglio 1853 il re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone firmò il decreto che sancì la divisione tra Savoca e la sua Marina, i Marinoti - grati al loro re - battezzarono il novello comune "Santa Teresa" in onore di Maria Teresa d'Asburgo-Teschen, consorte di Ferdinando II. Dal 1854 a oggi - Storia del comune di Santa Teresa di Riva Il comune di Santa Teresa nasceva ufficialmente il 1º gennaio 1854, contava 2.400 abitanti, era inglobato nel Distretto di Castroreale e faceva parte del Circondario di Savoca. Il primo sindaco fu Vincenzo Gregorio dal 1854 al 1855. Nell'estate del 1854, il colera colpì duramente la città di Messina e quasi tutta la sua provincia, Santa Teresa non venne risparmiata, nel neonato comune, tra agosto e settembre 1854, si registrarono nove decessi cagionati da questa epidemia. Già nel febbraio 1855, Santa Teresa diventò capoluogo del Circondario di Savoca e, sostituendola, assurse a comune più importante della rivera ionica della Provincia di Messina; a Santa Teresa vennero stabilite la sede del Regio Giudicato e la prigione circondariale nella quale vennero reclusi anche dei detenuti politici in quanto "rivoluzionari antiborbonici" provenienti da tutta la Sicilia. In quegli anni, i sacerdoti don Antonino Castorina (1819-1905) e don Santi Trimarchi (1836-1899) aprirono le prime due scuole di Santa Teresa (una nel quartiere Bucalo e l'altra nel quartiere Furci), erano gratuite e si prefiggevano l'obiettivo di combattere l'imperante analfabetismo tra la popolazione; così, grazie all'iniziativa di questi due sacerdoti, i bambini del paese (appartenenti al ceto popolare) iniziarono ad imparare a leggere, scrivere e contare. Nel 1860, il generale Giuseppe Garibaldi sbarcava a Marsala dando inizio alla spedizione dei mille, poco tempo dopo ben 13 i giovani santateresini si unirono all'impresa (con in testa il dott. Antonino Caminiti (1836-1897) distinguendosi soprattutto nella Battaglia di Milazzo e nella Battaglia del Volturno; di questi 13 combattenti, alcuni riportarono ferite durante le varie battaglie, ma nessuno di loro perse la vita. Nel 1862, con l'Unità d'Italia, su iniziativa del Sindaco Bernardo Scarcella, fu aggiunto il suffisso "di Riva" per distinguere il centro in questione dall'omonimo centro della Sardegna; vennero istituite le caserme dei Carabinieri e della Guardia di Finanza; il paese divenne, altresì, sede di svariati uffici pubblici. Viene soppresso il Circondario di Santa Teresa e viene istituito il mandamento di Santa Teresa di Riva. Fino al 1863, il comune di Santa Teresa di Riva dipendeva ancora da Savoca per quel che riguarda gli affari spirituali e religiosi, tuttavia nel novembre di quell'anno, su iniziativa dell'allora sindaco Giovanni Crisafi, si diede corso anche all'autonomia delle chiese site in Santa Teresa dall'Arcipretura di Savoca; in quell'occasione il novello comune rivierasco ottenne la nomina del suo primo parroco: il Sacerdote Sebastiano Scarcella. Nel luglio 1864, si svolse a Santa Teresa la prima festa in onore della Madonna del Carmelo. Nel 1866, viene inaugurata la ferrovia Messina-Giardini Naxos, a Santa Teresa di Riva venne edificata una delle stazioni più importanti, tuttora in funzione. L'economia locale continuò a basarsi su agricoltura, pesca e commercio, ma l'Unità d'Italia non portò i vantaggi sperati durante l'invasione dei Mille, anzi provocò, più che altro, una lenta decadenza delle attività economiche da secoli radicate in Sicilia. A partire dal 1870, la coltura della vite, venne progressivamente sostituita da quella del limone; a tal fine, in quegli anni, sorsero numerosi opifici dediti alla commercializzazione ed alla lavorazione dei limoni locali. Nell'ultimo trentennio del XIX secolo, si assiste ad un ulteriore incremento demografico ed edilizio; si stabiliscono nel giovane comune ionico numerosissime famiglie, provenienti dai comuni collinari vicini, attirate dalle maggiori opportunità di lavoro; per questo motivo, è fondata nel 1876, la Società Operaia, la prima in tutta la Val d'Agrò. Nel 1879, a causa del grande aumento demografico, è costruito il primo cimitero cittadino. Nel 1881 si raggiunse quota 3.675 abitanti, venne ampliata la cinquecentesca Chiesa della Madonna del Carmelo, la quale, nel 1886, venne proclamata chiesa matrice, parrocchiale, metropolitana e arcipretale della città dall'Arcivescovo di Messina Giuseppe Guarino. Nel 1901, Santa Teresa di Riva raggiunse quota 5.061 abitanti, assurgendo a comune più popolato della riviera ionica della Provincia di Messina, nello stesso censimento Taormina contava 4.110 abitanti e Giardini Naxos 3.664; in quell'anno nacque la prima banda musicale cittadina. È proprio nell'ultimo cinquantennio del XIX secolo che alcune famiglie di facoltosi si trasferiscono a Santa Teresa, provenienti soprattutto da Savoca e Casalvecchio Siculo: in questi anni l'abitato si arricchisce di svariati eleganti palazzotti nobiliari, come La Villa Carrozza del 1870, la Villa Crisafulli del 1890, il Palazzo Salvo del 1850, il Palazzo Trimarchi del 1895, sito in Piazza del Carmine, il Palazzo Caminiti in Piazza Porto Salvo, solo per citarne alcuni. Nel 1903, per iniziativa del sindaco Francesco Paolo Caminiti, iniziano i lavori di costruzione della monumentale chiesa della Sacra Famiglia, a tutt'oggi ubicata nella zona centrale del paese. Il catastrofico terremoto del 1908 colpì anche Santa Teresa di Riva e causò il crollo di alcuni fabbricati, tra i quali, il campanile dell'antica chiesa della Madonna del Carmelo, ma nel paese non si registrarono morti. Fu proprio nei mesi successivi al catastrofico sisma che a Santa Teresa di Riva si trasferirono stabilmente alcune centinaia di superstiti messinesi che contribuirono a fare aumentare la popolazione residente. Nacquero nel corso del XX secolo numerose imprese industriali, oggi tutte estinte, come la "Citrica", che distillava dai limoni l'acido citrico; l'"Atelana", che produceva lana minerale isolante, la "CAET" che si dedicava alla produzione di pali in calcestruzzo e la "STAT" autolinee. Nel 1919 la popolosa borgata di Furci si separò dal comune di Santa Teresa di Riva, dando vita al comune di Furci Siculo. Durante il fascismo Santa Teresa di Riva conobbe un ulteriore incremento edilizio e demografico. Nel 1929 venne demolita la cinquecentesca chiesa madre della Madonna del Carmelo e, sullo stesso sito, si mise mano alla costruzione di quella attuale, che fu consacrata solennemente il 9 dicembre 1934. All'inizio degli anni 1930, un'epidemia di mal secco colpì i lussureggianti agrumeti santateresini, trasformandoli in poco tempo in lande desolate. Ma già dal 1935, iniziò la ripresa di queste coltivazioni e la produzione tornò a toccare i picchi registrati nei tempi migliori. Negli anni che vanno dal 1928 al 1948 il Comune di Savoca venne soppresso e fu relegato a semplice frazione del comune rivierasco di Santa Teresa di Riva, medesima sorte subì pure Casalvecchio Siculo tra il 1928 ed il 1939. In quegli anni anche il villaggio di Misserio venne inglobato nel territorio comunale santateresino di cui continua a farne parte. Durante la Seconda guerra mondiale, a Santa Teresa di Riva era distaccato un caposaldo tedesco, non mancarono gli episodi di violenza: nell'estate del 1943, nei pressi della chiesa di S.Maria di Porto Salvo, alcuni soldati tedeschi uccisero a sangue freddo un anziano cittadino che si era rifiutato di consegnare loro il suo asino. Le truppe britanniche intanto stavano completando l'invasione della Sicilia e, pur di raggiungere Messina prima degli Americani, erano pronti a radere al suolo la cittadina di Santa Teresa al fine di annientare tale caposaldo nemico. Per questo nel luglio del 1943 i santateresini abbandonarono in massa le proprie abitazioni e cercarono scampo sulle alture circostanti, sia per sfuggire alle violenze dei soldati nazisti che ai bombardamenti Alleati. Ma i tedeschi decisero ad agosto di abbandonare in fretta e furia Santa Teresa e tutta la Sicilia, fecero saltare alcuni ponti, abbatterono alcune civili abitazioni sul corso principale per sbarrare la strada agli invasori e raggiunsero frettolosamente il continente. Fu così che Santa Teresa venne risparmiata da un bombardamento a tappeto alleato, non altrettanto si può dire di Messina, Taormina, Randazzo e Barcellona Pozzo di Gotto. Gli Alleati occuparono Santa Teresa il 17 agosto 1943, trovando una città deserta. Dopo aver preso possesso dei punti nevralgici della cittadina, nominarono sindaco provvisorio il già podestà Angelo Trimarchi (1906-1983), caso più unico che raro nella Sicilia occupata di quel periodo. Subito dopo, si diressero verso Messina, la quale venne conquistata senza particolari difficoltà. Le truppe britanniche costituirono a Santa Teresa un importante caposaldo e dopo avere requisito la Chiesa della Sacra Famiglia, la trasformarono in ospedale militare. Nel dicembre 1945 un violento nubifragio causò il deragliamento di un treno che riportava a casa soldati siciliani prigionieri nei campi di prigionia nazisti, l'incidente avvenne nel quartiere Bolina e si contarono 18 morti e 21 feriti, in quella sciagurata occasione tutti in paese si distinsero per coraggio e per la solidarietà verso i feriti. Fu proprio nell'anno scolastico 1942/1943 che a Santa Teresa di Riva venne aperta una sezione del Liceo classico, fu il primo istituto superiore ad essere aperto nella riviera ionica messinese. Nel secondo dopoguerra, nonostante la massiccia emigrazione, si assiste ad un aumento della popolazione residente, nascono in questi anni nuove borgate, la cittadina si arricchisce di vari edifici pubblici, divenendo sede di scuole medie e di un Liceo classico. Nel 1952, si demolì la vecchia chiesa di Santa Maria di Porto Salvo, del 1765, al suo posto vi si costruì l'attuale grande chiesa parrocchiale, inaugurata nel febbraio 1958. Il 26 novembre 1958, Santa Teresa di Riva veniva messa in ginocchio da una poderosa alluvione del Torrente Savoca che, rompendo gli argini, allagò per 7 giorni il quartiere Bucalo, danneggiò il Santuario di Santa Maria del Carmelo, abbatté alcune case e cagionò la morte di un'anziana donna. Gli anni settanta del XX secolo hanno visto la crisi della fiorente coltura del limone e la chiusura di quasi tutte le industrie, ma hanno conosciuto un sostenuto sviluppo urbanistico-edilizio che per certi versi continua tuttora. A partire dal 1970, viene costruito il lungomare cittadino, lungo circa 3,5 km. Dal 1970, la cittadina di Santa Teresa di Riva ha gradualmente abbandonato la sua vocazione prettamente agricola per abbracciarne una commerciale e turistica; purtroppo, mentre il commercio ha registrato un notevole incremento, la stessa cosa non può dirsi del turismo; Santa Teresa di Riva, nonostante la vicinanza di Taormina, le bellezze paesaggistiche e storiche, il limpido mare e la vasta spiaggia, non è ancora diventato un centro turistico nel vero senso del termine. Proprio nel periodo di tempo compreso tra il 1970 ed il 2000, si è assistito ad un vivace (alle volte disordinato) incremento urbanistico e demografico. Sono nate nuove borgate in zone che poco prima erano aperta campagna; è aumentata la popolazione, tale aumento è dovuto allo spopolamento dei vicini centri collinari (un tempo fiorenti e popolosi) di Savoca, Casalvecchio Siculo, Antillo, Forza d'Agrò e Limina. Nel volgere di tre decenni, è quasi scomparsa l'agrumicoltura, volano dell'economia locale, gli agrumeti, nella stragrande maggioranza dei casi, sono abbandonati diventando bersaglio di speculazioni edilizie. A tutt'oggi a S.Teresa di Riva, dimorano più di 10.000 persone (anche se ufficialmente i residenti anagrafici sono circa 9.414); considerevole è la presenza degli stranieri (4,1% della popolazione totale): rumeni, ucraini, cinesi e nordafricani convivono pacificamente con la popolazione locale nonostante la virulenta carenza occupazionale e il drammatico rallentamento dello sviluppo economico di questa cittadina, dovuto ad un'endemica miopia politico-amministrativa. Nel centro jonico hanno sede tre licei (classico, scientifico e pedagogico), l'ufficio del Giudice di Pace, la stazione Ferroviaria, il comando dell'Arma dei Carabinieri, lo sportello catastale, il 118, l'INPS, il Centro per l'Impiego, è stata soppressa la caserma della Guardia di Finanza ed è stata spostata la sede ASL nel vicino comune di Sant'Alessio Siculo. La cittadina di Santa Teresa di Riva è il capoluogo del Vicariato di San Basilio Magno, uno dei 16 vicariati in cui è suddivisa l'Arcidiocesi di Messina; di detto vicariato fanno parte i comuni della Valle d'Agrò. Ha sede un'emittente radiofonica: Europa Radio. Dal 2002 S. Teresa di Riva è gemellata con la cittadina francese di Fuveau. Nel 2006, la cittadina di Santa Teresa di Riva è diventata il capoluogo dell'Unione dei Comuni delle Valli joniche dei Peloritani. Padre Giampietro Rigano (1881-1950) È grazie alle ricerche ed agli scritti di p. Giampietro da Santa Teresa che veniamo a sapere di molte notizie inedite su Santa Teresa di Riva. Per tale motivo appare utile fornire alcune notizie biografiche su questo religioso e storico locale. Padre Giampietro, al secolo Giuseppe Rìgano, nacque a Santa Teresa di Riva il 21 marzo 1881. I genitori, Carmelo Rìgano ed Angela Irrera erano entrambi agricoltori, Giuseppe era il primo di otto figli. Condusse i primi studi a Savoca (proprio presso il convento dei Cappuccini) e il 12 maggio 1898 intraprese il noviziato nel Convento di San Marco d'Alunzio. Nel 1902 vestì l’abito Cappuccino e il 27 settembre 1903 venne ordinato sacerdote a Palermo. Tra le sue principali occupazioni si annovera la cura dei malati: fu, per tanti anni, Cappellano dell'Ospedale "Piemonte" di Messina. Nel corso della sua esistenza, dedicata all’amore del prossimo, trovò anche il tempo di dedicarsi alla ricerca di notizie storiche sulla sua terra, rivelando spiccate doti di erudito e di storico-archivista. Tra i suoi scritti si annoverano: Raccolta di notizie sulla Santa Religione Cattolica e su altri avvenimenti in Santa Teresa di Riva e suoi dintorni (1936); Tradizioni e credenze nella Sicilia Nord Orientale (1938); numerose altre sue opere storiche sono ancora inedite e vengono custodite dagli eredi. Nel 1942 fu cofondatore della congregazione cittadina delle Carmelitane. Morì a Messina il 7 febbraio 1950 e riposa nel cimitero di Santa Teresa di Riva. Nel 2012, l'amministrazione comunale gli ha intitolato solennemente una via del centro storico. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Santuario di Santa Maria del Carmelo (Chiesa Matrice) Il Santuario di Santa Maria del Carmelo è la chiesa matrice e sede dell'arcipretura della città di Santa Teresa di Riva e del Vicariato di San Basilio Magno. L'attuale edificio sacro (ricostruito nel 1929) è stato eretto sull'area precedentemente occupata da un'antica chiesa del 1507. Accanto alla chiesa, sorge il pregevole edificio adibito a canonica, edificato nel 1933, anch'esso in stile neo-romanico, a due elevazioni fuori terra. Conserva al suo interno dei pregevoli affreschi raffiguranti scene della Sacra Scrittura dipinti dai coniugi Elena ed Antonino Garufi nel 1947 ed alcune tele ottocentesche. Il primo piano è adibito ad abitazione del parroco. È l'unica chiesa del centro storico di Santa Teresa di Riva ad essere dotata di campanile, edificato nel 1933 dalla ditta Maccarrone di Acireale. Dall'ottobre 2014 è retto dall'Arciprete di Santa Teresa di Riva don Fabrizio Subba. Il territorio parrocchiale si estende sui quartieri di Bucalo, Sparagonà e Fiorentino, e sulle borgate di Quartarello, San Gaetano e Giardino. Il numero dei fedeli ammonta a circa 2.000 abitanti. Chiesa parrocchiale della Sacra Famiglia La chiesa, che si trova al centro della cittadina jonica, è ad unica grande navata in stile barocco con soffitto ligneo. Pregevole è l'altare maggiore, del 1934, di marmo intarsiato policromo in stile barocco. Di sommo interesse è il seicentesco altare laterale del Santissimo Sacramento, anch'esso in stile barocco dotato di un interessante tronetto per l'esposizione eucaristica, questo prezioso manufatto venne qui collocato nel 1950, proveniente dalla cinquecentesca chiesa (ormai in rovina) di Gesù e Maria di Savoca. Nella facciata principale si può ammirare una vetrata raffigurante la Sacra Famiglia. I lavori per la costruzione di questo edificio sacro iniziarono nel 1903, per iniziativa del sindaco del tempo Francesco Paolo Caminiti e si conclusero nel marzo 1934; detti lavori vennero finanziati solo col contributo del popolo santateresino. Il terreno su cui sorge l'edificio sacro era stato donato nel 1902 dal sac. Francesco Moschella e dalla di lui sorella suor Gaetana Moschella. Nell'estate del 1943 venne requisita dalla truppe d'occupazione inglesi e adibita ad ospedale militare. Da non dimenticare tra le altre opere di pregio: l'Icona della Sacra Famiglia proveniente dalla Cella di San Giorgio a Kausokalivia dei monaci ortodossi del Monte Athos in Grecia ed il crocifisso ligneo proveniente dalla chiesa S. Maria Assunta di Nizza di Sicilia, che giganteggia nell'abside. Sopra l'altare laterale è collocata una grande tela ad olio, dipinta dal pittore e architetto santateresino Giuseppe Bonarrigo nel 2008, raffigurante le "Nozze di Cana". Degni di nota sono, infine, due complessi statuari, il primo raffigura la Sacra Famiglia e venne donato nel 1903 dall'allora Sindaco Francesco Paolo Caminiti; il secondo, raffigurante i santi Cosma e Damiano, venne scolpito nel 1927; detta scultura, ogni anno alla fine di settembre, viene portata in processione solenne per le vie della città. È stata eretta a parrocchia dall'arcivescovo di Messina Angelo Paino il 21 novembre 1945, fino ad allora era una chiesa succursale della parrocchia S. Maria del Carmelo, popolarmente conosciuta soprattutto come "'a Cappella", topos spesso poi riferito all'intero quartiere, che si vuole usualmente riferito dalla ex casermetta dei carabinieri sino a tutto il Borgo Marino; e spesso gli abitanti per estensione "cappelloti". La parrocchia, con 2400 abitanti, si estende sui quartieri di Borgo Marino-Macello, Sacra Famiglia, Torrevarata, Pozzo Lazzaro, Landro e Casalotto. Dal settembre 2011 è parroco il sacerdote don Gennaro Currò. Chiesa parrocchiale Santa Maria di Porto Salvo È ubicata nella zona meridionale del paese, nel quartiere Ciumaredda Porto Salvo. Nel 1763, un bastimento mercantile, in navigazione dinnanzi allo specchio di mare antistante a Santa Teresa di Riva, incappava in una poderosa tempesta di scirocco e levante. Il capitano della nave, temendo per la propria vita e per quella dei suoi marinai, affidò la sua preghiera disperata alla Santa Vergine di Porto Salvo affinché non fossero travolti e spazzati via dal tifone. La preghiera venne ascoltata, e inspiegabilmente, la nave si trovò fuori dal pericolo. Al fine di ringraziare la Madonna per la grazia ricevuta, due anni dopo, il capitano del mercantile, sul litorale antistante allo specchio d'acqua in cui il miracolo si era verificato, fece innalzare una chiesetta dedicandola a Santa Maria di Porto Salvo. Il terreno su cui venne edificata la chiesetta era di proprietà di Pietro Ardoino La Rocca conte di Quintana e Marchese di Roccalumera e Floresta, per cui, quest'ultimo ne divenne il proprietario. Nel 1854, divenuto il comune di Santa Teresa autonomo da Savoca, la chiesa divenne di diritto pubblico venendo altresì ampliata. Con bolla dell'Arcivescovo di Messina Giuseppe Guarino, datata 18 agosto 1886, la chiesa di S.Maria di Porto Salvo fu resa filiare della chiesa parrocchiale ed arcipretale della Madonna del Carmelo sita nel quartiere Bucalo. Nei primi anni trenta ci si rese conto che la vecchia chiesetta settecentesca non era più adatta alle esigenze della popolazione in continua crescita; si mise mano al progetto per l'edificazione dell'attuale chiesa parrocchiale che venne redatto, nel 1932 dall'ing. Vincenzo Salvadore (1890-1974) (all'epoca Podestà di Messina), professionista santateresino conosciuto e stimato anche a livello nazionale. Purtroppo a causa di varie peripezie e dell'inizio della seconda guerra mondiale, i lavori di costruzione partirono solo nel 1952. Nel frattempo, il 31 dicembre 1942, la chiesetta era stata eretta a parrocchia autonoma dall'arcivescovo Angelo Paino e don Paolo D'Agostino (1915-2007) (cappellano gia dal dal 1939) ne divenne il parroco fino al 1948. Come appena detto, l'attuale edificio sacro venne edificato, su progetto dell'ing. Salvadore, vicino al sito ove sorgeva la vecchia chiesetta del 1765, su un terreno di circa 1.000 m² venduto dalle sig.re Carmela Caminiti, Maria e Giovanna Velardi nel 1947. La nuova chiesa di Portosalvo venne solennemente consacrata l'11 febbraio 1958, alla presenza delle più alte cariche religiose, civili e militari. È di stile neo-romanico a croce latina con unica navata. Conserva al suo interno un pregevole mosaico, realizzato sul catino dell'abside, raffigurante Cristo Pantocratore, eseguito nel 1995 dalla ditta Mosaici e Vetrate d'Arte Michele Mellini di Firenze. Detto mosaico ha ricoperto il preesistente affresco dell'Incoronazione della Vergine Maria dipinto da Ignazio Pagano nel 1958 e danneggiato dall'umidità. Da non dimenticare la pregevole statua in legno e cartapesta della Madonna di Porto Salvo scolpita a metà del XIX secolo da ignoto autore leccese. Di grande espressività risulta il grande Crocifisso ligneo che troneggia nell'abside sopra l'altare principale, è del 1840 circa. La chiesa conserva altresì quattro grandi e pregevoli tele ad olio eseguite dall'artista santateresino arch. Giuseppe Bonarrigo, la prima, del 2008, raffigura Santa Teresa d'Avila, la seconda, del 2009, raffigura santa Maria tra i santi messinesi (san Placido, santa Eustochia e sant'Annibale Maria di Francia) con sullo sfondo un panorama del porto e della città di Messina; la terza, del 2013, rappresenta santa Lucia da Siracusa in carcere; la quarta del 2014, riproduce l'apparizione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque. Pregevole risulta l'altare marmoreo laterale dedicato a Santa Maria di Porto Salvo che ospita l'ottocentesco simulacro mariano; questo altare, ideato dal parroco don Roberto Romeo è stato inaugurato il 16 novembre 2013. La chiesa conserva pure un antico quadro, della seconda metà del XIX secolo, che raffigura santa Maria di Porto Salvo. Tale quadro, la terza domenica di novembre viene portato dai fedeli in processione fino alla vicina spiaggia per invocare la protezione divina su tutti i marinai. Degni di nota risultano: la statua della Madonna Addolorata, l'Ecce Homo ed il Cristo Morto; tali simulacri (detti anche "varette"), realizzati nella prima metà del XIX secolo, vengono portati in processione in occasione del venerdì Santo. L'edificio sacro è stato oggetto di un importante intervento di restauro tra il 2006 ed il 2007; si è infatti proceduto al rifacimento del tetto e degli interni, nonché degli intonaci esterni. Nel 2012 è stato effettuato il rifacimento del prospetto principale, con la rimozione dell'ampio orologio installato sopra l'ingresso principale e la successiva installazione del monogramma mariano, opera in terracotta realizzata dall'artista Domenico Salemi da Savoca. Il 29 luglio 2012, dopo 54 anni dalla sua consacrazione, alla presenza del Vescovo di Messina Calogero La Piana, del clero locale e delle autorità civili e militari cittadine, si è svolta la solenne dedicazione del tempio a Santa Maria di Porto Salvo, di tale importante evento ne conserva memoria una lapide marmorea incisa per l'occasione. La parrocchia di Porto Salvo, è retta dal novembre 2006 da don Roberto Romeo da Nizza di Sicilia. Con 5.000 anime, è la più vasta e popolosa di S.Teresa di Riva, ricomprendendo i quartieri di Ciumaredda, Porto Salvo, Pozzo Lazzaro, Barracca, Bolina, Catalmo e Cantidati. Chiesa parrocchiale di San Vito Martire (a Misserio) Situata nella frazione collinare di Misserio, è stata costruita nel 1706 dal capomastro Girolamo Conte da Roccalumera. Pregevole l'altare maggiore in marmo policromo realizzato da tal S. Seminara nel 1898. Nel 1911, l'edificio venne ampliato a spese degli abitanti di Misserio. Divenne parrocchia autonoma nel 1924, venendo separata dall'Arcipretura di Casalvecchio Siculo. Nel 1956 viene restaurato il prospetto esterno, che assume la forma che ancora oggi presenta. Nel 1968 è stata scoperta, nel sottosuolo della chiesa, un'antica cripta ove, nel Settecento, trovavano sepoltura i sacerdoti ed i notabili di Misserio, questa cripta è stata restaurata, assieme alla chiesa, dalla Sovrintendenza ai beni artistici nel 2004 ed è attualmente visitabile. La chiesa conserva altresì sei affreschi a lunetta realizzati nel 1981 dall'artista locale Antonino Ucchino. Il territorio parrocchiale si estende sulle frazioni santateresine di Misserio e Fautarì, sulla frazione casalvetina di San Carlo e su quella furcese di Artale. Il parroco è dal 2006 don Carmelo Mantarro da Misserio. Le altre chiese Chiesa del Sacro Cuore di Gesù e Istituto delle Ancelle Riparatrici. Complesso religioso ubicato nel quartiere Torrevarata. Il terreno su cui vennero edificati detta chiesa e l'annesso istituto religioso appartenne, fino agli inizi del XX secolo, alla facoltosa famiglia Muscolino-Lo Re di Casalvecchio Siculo. I componenti di questa ricca famiglia risiedevano a Messina e perirono quasi tutti, vittime del Terremoto del 1908; unica superstite, erede del vasto patrimonio famigliare, rimase la pia donna Paolina Muscolino, che abbracciò la Congregazione delle Ancelle Riparatrici del Sacro Cuore di Gesù (fondata nel 1918 dal Servo di Dio Antonio Celona) e trasferì ad essa tutte le sue sostanze. Attorno al 1920, la congregazione diede inizio alla costruzione del convento, di un orfanotrofio (il primo a S. Teresa di Riva) e della chiesa del Sacro Cuore, che vennero inaugurati l'8 dicembre 1922. La chiesa è a navata unica ed in stile moderno, quindi non racchiude in sé opere di elevato pregio artistico. Dopo il 1971 è stata oggetto di interventi di restauro che ne hanno modificato gli interni ed il prospetto. Questo edificio sacro ha una grande valenza per la città di Santa Teresa di Riva poiché, nell'attiguo istituto maturò la sua vocazione e visse Suor Maria Alfonsa di Gesù Bambino (1937-1994) che il 17 marzo 2009 è stata proclamata Serva di Dio; a conclusione del processo diocesano di canonizzazione. Qualche decennio fa, l'orfanotrofio è stato trasformato in Liceo psico-pedagogico paritario, naturalmente gestito dalle Ancelle Riparatrici. Dipende dalla chiesa parrocchiale di S. Maria di Porto Salvo. Chiesa della Madonna delle Grazie nella frazione collinare di Fautarì del 1707. È filiale della chiesa parrocchiale di San Vito, nella vicina Misserio. Chiesa di San Gaetano del 1746 che sorge nell'omonima frazione, la chiesa di San Gaetano fu edificata dalla facoltosa famiglia savocese degli Scarcella (a cui ancora appartiene) ospita al suo interno le tombe dei proprietari ma versa in uno stato di totale abbandono. In passato vi venivano celebrate la Santa Messa e altre funzioni religiose; poi nel 1944, venne chiusa al pubblico. Solo nell'ultimo periodo, per iniziativa dell'Arciprete don Gennaro Currò, di concerto coi proprietari, la chiesa, viene di tanto in tanto riaperta e vi viene celebrata la Santa Messa. È filiale della Chiesa parrocchiale della Madonna del Carmelo Chiesa di San Sebastiano che sorge nel quartiere Cantidati. Edificata verso la fine del secolo XVIII dalla ricca famiglia Pugliatti, originaria di Savoca. Dipende dalla chiesa parrocchiale di S. Maria di Porto Salvo. Chiesa della Madonna del Rosario, del 1891, sorge a breve distanza da quella di San Sebastiano; venne edificata dal facoltoso notaio savocese don Carmelo Salvadore (1842-1927). Ospita al suo interno un complesso statuario raffigurante la Madonna di Pompei anch'esso risalente al 1891. Dipende dalla chiesa parrocchiale di S. Maria di Porto Salvo. Architetture civili Villa Crisafulli-Ragno - Palazzo della Cultura venne edificata verso il 1890, in stile neo-classico, dal facoltoso avvocato savocese Francesco Antonio Crisafulli-Trimarchi (1836-1904), divenne poi residenza del figlio on. Michele Crisafulli Mondìo, dal quale poi passò in eredità alla famiglia del senatore Luigi Ragno. Sorge al centro della città, è un palazzo signorile con annesso un grande parco ricco di vegetazione. È stata acquistata nel 2002 dall'amministrazione comunale, allora guidata dal sindaco Antonino Bartolotta, ed interamente restaurata. Nel 2008 è stata ribattezzata palazzo della Cultura, da allora ospita altresì la biblioteca comunale e la sede di alcune associazioni culturali e di volontariato. Fino al novembre 2012 è stata la sede dell'Unione dei Comuni delle Valli joniche dei Peloritani, trasferitasi poi a Sant'Alessio Siculo. Dal gennaio 2013, per iniziativa del sindaco Cateno De Luca, il Palazzo della Cultura - Villa Crisafulli Ragno ospita altresì le adunanze del consiglio comunale di Santa Teresa di Riva. Villa Carrozza, risale al 1870, sorge sulla via Roma nel quartiere Torrevarata, in mezzo ad un parco, è in stile liberty. Recentemente, i discendenti dei marchesi Carrozza hanno provveduto a venderla. Attualmente è in restauro. Palazzo Caminiti del 1850 sorge nel mezzo del quartiere Bucalo, sul Corso Regina Margherita quasi all'incrocio di via Sparagonà, è in stile neo-classico, tra il 1867 e il 1907 fu sede del municipio e della pretura di Santa Teresa di Riva. Venne edificato dal patriota santateresino Angelo Caminiti (1781-1855) e attualmente appartiene, in parte, ai discendenti della famiglia Caminiti. Palazzo D'Alcontres-Ilardi. È del 1843, sorge nel quartiere Porto Salvo, sul corso F. Crispi angolo via Savoca. È di fattura prettamente ottocentesca e, presenta nel mezzo della facciata un grande portale d'ingresso ad arco decorato con pietre bugnate. Venne edificato da Giuseppe D'Alcontres conte di Quintana nel bel mezzo della sua tenuta, proprio accanto alla vecchia chiesetta del 1765 di S.Maria di Portosalvo. Nella seconda metà dell'Ottocento, i D'Alcontres lo vendettero a Giuseppe Calabrò da Casalvecchio Siculo che fu costretto a rivenderlo ai primi del XX secolo. Venne acquistato dall'armatore Ernesto Ilardi, i cui eredi, nel 1973, lo rivendettero agli attuali proprietari. Oggi appartiene alla famiglia Caliri. Palazzina Atelana sorge in via Sparagonà, è in stile liberty e venne costruita nel 1920. Palazzo Scarcella. Antico casale di campagna, sorge nei pressi della frazione San Gaetano. Venne edificato dalla facoltosa famiglia savocese degli Scarcella verso il 1740, come residenza di campagna. È stato lasciato per decenni in stato di completo abbandono. È a due elevazioni fuori terra e, dopo il recente restauro, è attualmente adibito a bed end breakfast. Nelle immediate vicinanze sorge la chiesetta di San Gaetano del 1746. Nel quartiere Sparagonà, di fronte alla Torre del Baglio, esistono le rovine dell'antica residenza delle facoltose famiglie Garufi e Caminiti. Tale edificio a due o tre elevazioni, risalente forse agli inizi del Settecento ospitò nel 1849 la prima sede del neonato comune di Bucalo antesignano di quello che nel 1854 fu l'odierno comune di Santa Teresa di Riva. Quest'imponente edificio, devastato insieme alla vicina Torre, nel 1849, da un cannoneggiamento navale borbonico, non risorse più, ed oggi ne rimangono i miseri resti. Nel quartiere Fiorentino sono presenti alcuni antichi pozzi ed un acquedotto del secolo XIX. Nella parte alta del quartiere Sparagonà esistono tre agglomerati di case, attraversati da un vicolo stretto, risalenti alla metà del secolo XIX. Degni di nota sono anche l'antico centro storico della frazione Misserio e la piccola e panoramica frazione di Fautarì. Caratteristico è il quartiere del Macello, oggi chiamato Borgo Marino, di chiara origine ottocentesca, si trova quasi nel centro del paese ed è caratterizzato dagli stretti vicoli che si intersecano ad angolo retto e dalle antiche abitazioni, abitate un tempo da pescatori "sciabbacoti" Architetture militari La torre dei Saraceni Sorge nel quartiere Bucalo, accanto alla chiesa matrice della Madonna del Carmelo. A dispetto del nome, non è stata edificata dai Saraceni, ma a difesa contro le loro scorrerie. Secondo recenti studi, la sua costruzione risale al 1295 circa. Ha forma cilindrica ed ha annessa una palazzina merlata risalente allo stesso periodo. La palazzina ha due piani fuori terra, la torre ne ha tre. Recenti studi condotti dallo storico locale Salvatore Coglitore hanno appurato l'esistenza sia sotto la torre che sotto la palazzina, di due piani interrati, di cui uno accessibile e l'altro pieno di detriti alluvionali risalenti alle alluvioni del Torrente Savoca del 1934 e 1958. Si evince, dunque, che questo edificio durante il Medioevo doveva essere veramente maestoso ed imponente, superando i 15 metri di altezza. La torre e l'annessa palazzina furono, fino al 1503 circa, dimora estiva e balneare dell'Archimandrita di Messina, signore feudale di queste terre, l'alto prelato, infatti, vi soggiornava per qualche giorno l'anno, insieme alla sua corte, quando, in periodi di riposo, decideva di concedersi bagni di mare e di sole. Dopo il 1503, l'Archimandrita Alfonso d'Aragona, la concesse assieme alla piana circostante alla famiglia savocese dei Bucalo che, l'ampliarono e vi edificarono accanto una chiesetta e, la utilizzarono come residenza e come punto di difesa contro la scorrerie dei pirati Saraceni. Durante questo periodo, la torre dei Saraceni aveva una certa importanza nel territorio; tanto è vero che, il 12 agosto 1695, al suo interno venne stipulato l'atto che separava il villaggio di Pagliara dall'amministrazione di Savoca e lo proclamava comune autonomo. Il casato dei Bucalo possedette quest'edificio fino al 1708, quando gli ultimi eredi, Benedetto e Paolo, lo donarono, per testamento, ai Gesuiti che lo tennero, adibendolo ad ospizio, fino al 1767, anno in cui furono scacciati dai Borboni; quindi passò ai marchesi Carrozza che l'ebbero in proprietà fino al 1892. Nel 1849, questo complesso edilizio (come anche la vicina Torre del Baglio) fu danneggiato dalle cannonate borboniche per ordine del generale Carlo Filangieri, principe di Satriano, al termine del cruento Assedio di Messina del 1848/49. Dopo qualche decennio di totale abbandono, nel 1892, la Torre di Saraceni venne acquistata dall'ing. Giuseppe Pelleri che provvide a restaurarla, ma tale intervento ne mutò i connotati originari infatti ancora oggi presenta i caratteri e lo stile derivanti dal restauro del 1895. Fino al tutto il Settecento, la torre di Saraceni era collegata alla torre del Baglio, distante circa 500 metri, tramite una galleria sotterranea. Oggi la torre e la palazzina annessa sono circondate da un grazioso villino, danno sulla piazza del Carmelo e sono in buone condizioni di conservazione, tanto da essere adibite a civile abitazione. Proprietari sono ancora, in parte, i discendenti della famiglia Pelleri. La Torre del Baglio È situata nel quartiere Sparagonà, ed è in condizioni di degrado. Ha forma quadrata ed è a due elevazioni fuori terra separate tra loro mediante una volta cieca. Prende il nome dal fatto che si trovava nel bel mezzo di un antico quartiere di case, "u bagghiu", tra loro accomunate da un grande cortile. Non si conosce con precisione l'epoca della sua edificazione. Probabilmente, venne edificata nei primissimi anni del XVI secolo dalla nobile famiglia savocese dei Bucalo, che, nel 1503, aveva ricevuto, in concessione perpetua dall'Archimandrita di Savoca, le terre circostanti detta torre. Antichi riveli, del XVI secolo, certificano che questo manufatto difensivo, nel 1593, risultava appartenere a Crisafulli Antonina, vedova di Binidittu Buculo, abitatrice della Terra di Savoca che in contrada Sparagonà, possedeva oltre a detta torre, un grande vigneto. Verso la prima metà del Seicento si trova tra le proprietà di Santoro Crisafulli (1570-1636), nobile savocese, che fu, tra il 1611 e il 1620, Giudice della Regia Gran Corte e Luogotenente dello Strategoto di Messina. Dalla fine del Settecento appartenne alla famiglia di Angelo Caminiti (1781-1855), fautore dell'autonomia comunale della Marina di Savoca, che abitava in un palazzotto attiguo alla torre del baglio, oggi non più esistente. La torre non venne risparmiata dal cannoneggiamento borbonico del 30 marzo 1849, che la distrusse parzialmente e mandò in totale rovina i palazzotto attiguo. Oggi la torre appartiene alla famiglia Pagliuca di Scaletta Zanclea. La Torre di Catalmo Sorge nell'omonimo quartiere (al confine col comune di Savoca) ed è in discrete condizioni di conservazione, è a pianta quadrata a due elevazioni. Si erge nel bel mezzo del sito in cui anticamente era situata la cittadina di Phoinix e non si esclude che sia sorta sulle basi di un più antico manufatto di epoca greco-romana. Recenti studi archivistici condotti dallo storico locale Santo Lombardo hanno fatto emergere alcune interessanti notizie sull'origine di questo antico edificio difensivo. La Torre di Catalmo venne edificata nel 1506 dal facoltoso costruttore savocese don Pietro Trimarchi, probabilmente, la stessa persona che pochi anni prima aveva ristutturato la chiesa madre di Savoca. Verso la fine del XV secolo, a Savoca, un'annosa controversia contrapponeva la facoltosa famiglia del suddetto don Pietro Trimarchi a quella di don Paolo Storiali. Tale controversia aveva come oggetto delle beghe di confine tra i fondi dei succitati personaggi. Non essendo stata la lite risolta secondo i canoni del diritto, si passò facilmente alle vie di fatto e i contendenti vennero alle armi. Nel 1494, i Trimarchi assalirono la casa degli Storiali, intenzionati ad uccidere don Paolo ed il fratello Giovanni, ma non vi riuscirono; non molto tempo dopo, furono gli Storiali a tentare di uccidere don Pietro, ma neanche loro riuscirono a portare a termine il loro progetto criminoso. Per cercare di scampare a questa faida, don Pietro Trimarchi decise di lasciare l'alto di Savoca e trasferirsi nella quasi disabitata Marina, lì costruì una grande fattoria, a difesa della quale eresse detta Torre ed un recinto di mura merlate. Proprio per questo motivo, nel XVI secolo la Torre di Catalmo era nominata "Torre Trimarchi". Le antiche cronache, specificano che don Pietro Trimarchi edificò tali opere difensive non solo contro le scorrerie dei Corsari barbareschi, ma anche contro i possibili agguati del suo acerrimo nemico don Paolo Storiali. Fino a tutto il XVIII secolo fu una torre militare di grande importanza strategica, in costante contatto con il vicino Castello di Pentefur. Verso la fine del XVIII secolo, venendo meno la minaccia dei pirati, perse le sue peculiarità strategico-difensive. Infine, è importante sottolineare che, la Torre di Catalmo, è stata erroneamente appellata, da alcuni storici locali, come Torre Sollima; detta torre non ha nulla a che vedere con la torre in questione, essendo la Torre Sollima ubicata in località Locadi. Oggi risulta essere monumento nazionale e fino al 1970 era adibita a civile abitazione. La Torre Avarna Oggi ne sopravvivono solo miseri resti. Con molta probabilità risaliva alla fine del XII secolo. Era a pianta circolare e a due piani, con finestre e feritoie, sulla sommità era collocata una colubrina rivolta verso il mare. Si ergeva nel quartiere Bolina, nel sito su cui era situato l'antico centro abitato di Phoinix. Era posta in costante comunicazione visiva col Castello di Sant'Alessio Siculo e con quello di Pentefur. Si chiamava così perché situata nel feudo del Duca Avarna. Già ai primi del secolo XIX era in rovina e, venne demolita quasi del tutto nel 1839. In questo sito, sempre nel 1839, eseguendo degli scavi, si rinvennero un mezzo busto in marmo, vasellame di terracotta, armi, monete d'età romana ed altro. Nelle vicinanze si trova la Casa Torre degli Avarna, risalente al XVI secolo. La Casa-Torre degli Avarna Altresì detta "Torre Bolina" o "Casa-Fortezza di Bolina"; è ubicata nelle immediate vicinanze della suddetta Torre Avarna. Venne eretta dalla famiglia Avarna nel XVI secolo e aveva funzione difensiva più che di avvistamento. È alta circa 20 metri e consta di due piani. Al piano terra c'erano due accessi, sovrastati da una piattabanda e da un arco a tutto sesto, costruiti in mattoni; nella parte centrale della facciata si nota una piccola finestra. Al secondo piano fanno bella mostra due pregevoli balconi, con ringhiere in ferro battuto, sorretti da robuste mensole di pietra. Purtroppo, i due citati archi al piano terra, nel corso del XX secolo, sono stati demoliti e sostituiti da due saracinesche. La Torre Varata Oggi non più esistente, si ergeva, altissima, nei pressi dell'omonimo quartiere cui diede il nome. Era una torre militare integrata nel sistema difensivo della riviera. Aveva forma cilindrica a due elevazioni e sulla sommità era dotata di columbrina. Quando nel 1870 venne demolita era in stato di sfacelo, il tifone del 1763 l'aveva pericolosamente incrinata, quasi al punto di cadere, da qui il termine siciliano "varata" Società Evoluzione demografica Santa Teresa di Riva è il decimo comune più popoloso tra quelli ricadenti nella Provincia di Messina. Dai registri dell'Ufficio Anagrafe risultano abitare, al 30 giugno 2012, 9.414 abitanti, ripartiti in 4.312 famiglie. Tuttavia i residenti effettivi sono poco più di 10.000. Nel territorio comunale sono state censite, nell'anno 2001, 5.289 abitazioni. Il tasso di crescita demografica relativo al periodo 1981-2006 è pari a +12,1. Secondo i dati risultanti dal Censimento del 2011, a Santa Teresa di Riva risiedono 1.204 giovani (pari al 19% della popolazione); 6.266 adulti (pari al 67% della popolazione) e 1.826 anziani (12% della popolazione), tra questi, due hanno superato la soglia dei 100 anni ed altri 25 hanno un'età compresa tra i 95 ed i 99 anni. L'età media della popolazione residente è pari a 43 anni. Il tasso di natalità è pari al 6,9%; il tasso di mortalità è pari al 9,8%. Gli abitanti di Santa Teresa di Riva sono detti Santateresini, in lingua siciliana, Santatirisoti; anticamente erano detti Marinoti. Abitanti censiti Etnie e minoranze straniere Nell'anno 2011, risultano residenti, nel comune di Santa Teresa di Riva, 380 stranieri, pari al 4,1% della popolazione totale. L'etnia maggiormente rappresentata è quella dei Rumeni (43% degli stranieri); al secondo posto ci sono gli Ucraini (8,7% della popolazione straniera residente) seguiti dai Cinesi (8,4% della popolazione straniera residente). Suddetta tabella contiene solo la popolazione straniera relativa alle tre etnie maggiormente presenti (227 unità), delle restanti 153 unità fanno parte Russi, Marocchini, Tunisini e Polacchi. Eventi, tradizioni e folclore La festa patronale in onore di Santa Maria del Carmelo, celebrata il 16 luglio di ogni anno, è senza dubbio la tradizione locale più antica; in quanto le sue origini risalgono al XVIII secolo. In occasione di tale evento viene portato in processione per le vie del paese il simulacro ligneo della Madonna del Carmelo, la prima edizione ufficialmente documentata di tale festa risale al 1888, tuttavia appare appurata l'esistenza della festa già nel 1864. In occasione della solenne celebrazione eucaristica del 16 luglio 2011, tenutasi nella chiesa della Madonna del Carmelo, alla presenza dell'arcivescovo di Messina mons. Calogero La Piana, del vicario foraneo don Gennaro Currò, del parroco pro tempore, il compianto don Salvatore Mercurio, del clero locale, delle autorità civili, militari e del popolo tutto, l'allora sindaco, dott. Alberto Morabito, ha conferito, simbolicamente, alla Beata Vergine del Carmelo le chiavi di Santa Teresa di Riva. Da allora, tale solenne cerimonia di affidamento della città alla Santa Vergine è diventata una consuetudine che si ripeterà ogni anno. La terza domenica di luglio, a Misserio si festeggia la Madonna del Carmelo. La festa in onore di Santa Maria di Porto Salvo si tiene la prima domenica di agosto di ogni anno. Per tale occasione si offre una suggestiva processione a mare, nel pomeriggio del primo sabato di agosto, il simulacro della Vergine viene adagiato su una grande barca a remi che, raggiungendo il mare, percorre tutto il litorale del paese seguita da una moltitudine di barche gremite da fedeli e devoti, ma anche da curiosi e turisti, senza contare la folla che segue la processione dalla spiaggia. Il giorno successivo, la domenica sera, l'antico simulacro ottocentesco di S.Maria di Porto Salvo, portato in processione a spalla da decine di devoti, fa il giro delle vie del centro storico di S.Teresa di Riva. Sempre in occasione di questa festa, ha luogo, altresì, il Palio marinaro della riviera jonica, gara di velocità tra barche a remi di legno, organizzata dall'AVIS Valle d'Agrò e dalla parrocchia di Porto Salvo. Festa dei Santi Cosma e Damiano. L'ultima domenica di settembre, vengono festeggiati nella parrocchia della Sacra Famiglia, i Santi Cosma e Damiano. In occasione di detta festa, il complesso statuario dei Santi Medici viene portato in processione sulle principali strade della città di Santa Teresa di Riva. La prima edizione della festa si tenne nel 1928 su iniziativa del sac. Gaetano Maccarrone. Processione delle Varette. Nel 2012, ad iniziativa dell'allora arciprete don Gennaro Currò e del sacerdote don Roberto Romeo, è stata ripresa la vecchia tradizione, caduta in disuso da decenni, della Processione delle Varette in occasione del Venerdì Santo. La mesta processione si svolge nelle ore serali; accompagnate da fiaccole, sfilano per il corso principale della città, potate a spalla dai fedeli, le statue della Madonna Addolorata, dell'Ecce Homo, del Cristo Morto e, naturalmente, del Santissimo Crocifisso. Palio cittadino. Dal 1994, tra il primo e il 15 luglio di ogni anno, si disputa il "Palio cittadino S.Maria del Carmelo", kermesse sportiva che vede fronteggiarsi, mediante molteplici competizioni, i quartieri di Santa Teresa di Riva. Notte Bianca. Dal 2006 l'amministrazione comunale organizza, con la collaborazione di alcune associazioni cittadine, la "Notte bianca di Riva" che si svolge a metà agosto e richiama migliaia di persone da tutta la Sicilia orientale incassando ogni anno un grande successo. Dopo la sospensione negli anni 2010 e 2011, sabato 18 agosto 2012, si è tenuta la "Notte bianca di Santa Teresa di Riva - Nessun dorma" che ha riscosso grande successo, registrando di più di ventimila presenze. Stesso grande successo hanno riscosso le edizioni della notte bianca del 2013 e del 2014. Il Carnevale della Valle d'Agrò, manifestazione che vede la sfilata di grandi carri allegorici realizzati in loco seguiti da una moltitudine di persone. Dal 2013 si tiene anche il Carnevale Estivo, con i carri allegorici sfilati nei giorni del Carnevale precedente. Mercato quindicinale del mercoledì. Nato come fiera agricola del bestiame, fin dalle origini ha sempre avuto un grande rilievo in tutta la Sicilia orientale. Iniziò a svolgersi, probabilmente, nel XVIII secolo. A partire dal luglio 1864, si svolse con cadenza regolare annuale in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna del Carmelo. Per i primi anni si tenne nelle vicinanze della Chiesa del Carmine nel quartiere Bucalo. Visto il grande incremento economico, il consiglio comunale santateresino, su iniziativa dell'allora sindaco Luigi Trischitta, il 26 ottobre 1883, deliberò che la fiera annuale divenisse mensile, tenendosi sempre a Bucalo. Nel 1932, su iniziativa del Podestà pro tempore, ing. Francesco Rìgano, la fiera venne ufficialmente denominata "Fiera di Santa Teresa di Riva", divenne quindicinale e venne spostata sulla spiaggia antistante ai quartieri Borgo Marino e Pozzo Lazzaro. Negli anni sessanta perse progressivamente il suo carattere agro-pastorale mantenendo quello del commercio al dettaglio di alimentari, abbigliamento, arredi e piccoli elettrodomestici. Dopo la costruzione del Lungomare, venne spostata nel quartiere Torrevarata, per poi trovare, nel 1999, la definitiva collocazione nell'attuale piazza Mercato sulla riva sinistra del Torrente Agrò. Cultura Istruzione Scuola Elementare Felice Muscolino, Corso F. Crispi (Direzione didattica). Scuola Elementare Michele Trimarchi, via Santi Spadaro. Scuola Elementare Barracca, via Torrente Agrò. Scuola Elementare Cantidati, via Savoca. Scuola Elementare Giuseppe Carpenzano, via Sparagonà. Scuola Media Statale Lionello Petri, via Fratelli Lo Schiavo (Istituto comprensivo). Liceo Classico Statale Enrico Trimarchi, via Lungomare - Piazza Municipio. Liceo Scientifico Statale Carmelo Caminiti, via Lungomare - Piazza Municipio. Liceo Socio-psicopedagogico paritario Sacro Cuore di Gesù, delle Ancelle Riparatrici, via Antonino Celona. Biblioteche Palazzo della Cultura, Biblioteca Comunale e Polo Congressi, corso F. Crispi. Teatro Teatro Val d'Agrò, via V.E. Orlando, quartiere Bolina. Auditorium delle Ancelle Riparatrici, via Antonino Celona, quartiere Torrevarata. Cinema Cinema Graziani, Corso Regina Margherita, attivo dal 1936 e chiuso dal 2004, è uno dei più antichi cine-teatri della Provincia di Messina. Cucina I piatti tipici del territorio di Santa Teresa di Riva sono quelli della tradizione siciliana e messinese, si ricordino: U piscistoccu a' ghiotta. Si tratta del pesce stocco (merluzzo essiccato proveniente dal Mare del Nord) cucinato con abbondante olio extra vergine d'oliva, concentrato di pomodoro, olive bianche e nere, capperi, peperoncino, patate, sedano. È il tipico piatto della tradizione messinese. A carni i' crastu 'nfurnata. La carne di pecora o di castrato al forno. Questo è un piatto tipico della cucina della riviera ionica della provincia di Messina non essendo conosciuto nelle altre zone della Sicilia. È un piatto di origine greca, importato in queste contrade dai coloni greci che giunsero in Sicilia più di 2600 anni fa. Elemento base è la carne di un ovino adulto che viene cucinato senza essere sezionato dopo essere stato eviscerato e scuoiato. Le cavità interne vengono poi riempite con aromi vegetali in grande quantità, (rosmarino, salvia, origano, timo, aglio, pepe nero,); quindi si procede ad infornare l'intero animale nel forno a legna adagiandolo su delle tegole di terracotta, senza adoperare teglie. Dopo una cottura di circa 3 ore la carne viene servita con un contorno di cipolla cruda affogata in aceto. Il periodo migliore per gustare a carni 'nfurnata va da giugno a settembre. Questo è il piatto tipico delle feste estive, e se ne consuma in grande quantità in occasione delle feste patronali che si tengono ogni estate nei paesi della riviera ionica della provincia di Messina. Ancora oggi si usa un antico modo di dire "iessiri vistutu i' carni 'nfurnata" per intendere una persona vestita elegantemente che si appresta a recarsi ad un banchetto di gala o più semplicemente ad una festa. Involtini di pesce spada Arancino Piduni Focaccia alla messinese Granita Pasta alla Norma Caponata Parmigiana di melanzane Pasta con le sarde Macco di fave Pignolata glassata Cannolo Persone legate a Santa Teresa di Riva Carmelo Pugliatti, (1789-1854), accademico e ginecologo. Giovanni Krymi, (1794-1854), sace
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