Destinazioni - Comune

San Donato Val di Comino

Luogo: San Donato Val di Comino (Frosinone)
San Donato Val di Comino è un comune italiano di 2.107 abitanti della provincia di Frosinone nel Lazio. Fa parte del circuito turistico de I borghi più belli d'Italia, e nel 2004 ricevette la ”Bandiera Arancione”, del Touring Club Italiano per ospitalità e qualità degli eventi organizzati. Si trova all'interno del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Il paese è uno dei crocevia per il passaggio dal versante laziale a quello abruzzese tramite il valico Forca d'Acero. Geografia fisica Territorio Sul territorio comunale si trova la Forca d'Acero, un valico appenninico posto a 1.538 m s.l.m. sull'Appennino centrale lungo lo spartiacque appenninico primario tra Abruzzo e Lazio, e il Colle Nero, 1.991 m., un rilievo dei monti Marsicani. Lo sviluppo del paese è più accentuato verso ovest, per i seguenti fattori: L'orografia: lo sviluppo è avvenuto sul pendio meno ripido rispetto al pendio del vallone di Forca d'Acero. Il clima, essendo detto versante più riparato dai freddi venti che spirano da nord, lungo il vallone. Clima Classificazione climatica: zona E, 2333 GR/G Storia Le origini Secondo alcune fonti, da tempo variamente discusse, le sue origini sono da ricollegarsi alla storia di Cominium, un avamposto sannita, distrutto nel 293 a.C. dagli eserciti di Roma, che sarebbe stato ubicato nella Valle di Comino, in particolare nel territorio contrassegnato oggi dai comuni di Alvito, Vicalvi e, appunto, San Donato Val di Comino. Qui l'edificazione di un primo santuario dedicato al culto di San Donato appare coeva, o comunque di poco successiva, al 304, anno del martirio dell'allora vescovo di Arezzo. Il territorio cominese appartenne, in seguito, ai Longobardi, nell'ambito della cosiddetta Langobardia Minor. Secondo gli Scrittori di cose italiche, il primo documento noto che registra la presenza del toponimo del centro in oggetto (Ecclesiam Sancti Donati in territorio Cumino) risale al 778, anno della cessione fattane da Ildebrando, duca di Spoleto, al Monastero di San Vincenzo al Volturno. Le vicende successive sono legate agli esiti della battaglia del Garigliano del 915, da cui prese le mosse la migrazione delle popolazioni di quei territori che, partendo da Itri, si diressero verso i monti al confine tra Lazio e Abruzzo. Toponimo Nel dialetto locale è chiamato «Sande Renàte», come il santo patrono, con trasformazione della d intervocalica in r, secondo una tendenza abbastanza accentuata del dialetto sandonatese, o «Sandrënnàte». Nei paesi vicini, invece, è conosciuto come «Sandënàtë». Monumenti e luoghi d'interesse Torre medievale La torre, di dimensioni 5.40x5.40x12 di altezza, è isolata dalle restanti abitazioni e si erge nel punto più alto del borgo. Eretta su uno sperone roccioso, essa permette una visuale di buona parte della Valle di Comino e del territorio circostante. Non esistono accessi all'interno della torre dal piano terra, l'ipotesi di un accesso, posto ad un'altezza di circa 7 metri, sembra confermata dalla presenza a quel livello dello stipite destro dell'apertura inserito nello stesso cantonale e dalla discontinuità del muro con rattoppo effettuato successivamente. La collocazione, la mole e la posizione dei punti di osservazione ne fanno un organismo autonomo utile per controllare il valico di Forca d'Acero, offrendo anche, in passato, una sicura difesa a chi "l'abitava". La torre di San Donato, edificata ed orientata in base alla declinazione del sole, come una bussola, indica i quattro punti cardinali, la collocazione dell'Abbazia di Montecassino e la posizione della nostra stella nel giorno degli Equinozi e dei Solstizi. Il Santuario di San Donato Val di Comino In principio il Santuario fu eretto come piccola Abbazia benedettina dipendente dall'Abbazia di Montecassino. Il primo documento in cui viene nominato è del 778 d.c.; l'anno in cui il Duca di Spoleto, Ildebrando, concedeva la chiesa ed il territorio di San Donato al Monastero di San Vincenzo al Volturno. Dell'originale "aecclesia" non ci sono tracce, in quanto numerose modificazioni e ristrutturazioni hanno portato il Santuario all'aspetto attuale. La lunghezza dell'edificio è di 26 metri, la larghezza è di 12 metri e infine la cupola è di 18 metri di altezza, il Santuario è costituito da 3 navate, di cui la centrale contiene affreschi che rappresentano i momenti più significativi della vita santo. Su alcune note, presenti sui registri parrocchiali, si deduce che le ricche decorazioni del "Tempio" furono realizzate dagli architetti Mastroianni di Roma, Cristoforo Bozzolini e Clemente Forzaretti di Milano nel 1780 circa. Nel 1859 vennero iniziati i lavori di costruzione del campanile adiacente, alto 17 metri, e vennero ultimati nel 1921. Nel 1915 fu eseguito il restauro del Santuario dall'artista Fiorini di Sora, guidato dal canonico Luigi Ippoliti, creatore dell'inno popolare dedicato a San Donato Vescovo e Martire. Il Santuario, è stato restaurato recentemente, effettuando un rinvigorimento dei colori degli affreschi e delle decorazioni interne, inoltre anche la facciata frontale è stata restaurata. La venerazione del Santo è la dimostrazione di un antico legame che univa il "Castrum Sancti Donati" con le terre di Toscana ed Umbria e che va avanti, dopo l'anno mille con donazioni feudali tra Arezzo e Capua. Porta Orologio (Porta a Greco) La Porta Orologio fu costruita nel 1200, spostando l'accesso alla cittadella fortificata "Castrum", verso il basso. A destra della porta principale, ancora oggi è possibile notare la primitiva porta, costruita intorno al seicento. Insieme alla Porta del Colle, la sua funzione principale, è quella di rispondere alle esigenze di difesa dell'abitato, perché dal Medioevo in poi, la popolazione cresceva e costruiva le proprie abitazioni lungo le mura preesistenti che venivano erette in modo tale da poter formare un'altra cinta muraria, proprio come gli anelli annuali di un albero. Il borgo medievale non è costituito da vere mura di difesa, come molte cittadine edificate in quei secoli. Gli spazi collettivi erano racchiusi e controllati da case che venivano costruite con una disposizione a schiera, l'una addossata all'altra e costituivano un efficace mezzo di protezione contro scorrerie e malviventi. Ancora oggi, nonostante le modificazioni avvenute nei secoli, è possibile leggere le cerchia murarie che compongono il nucleo originario del paese. Infine, sotto la Porta Orologio, sono presenti tre croci, scolpite nella pietra, che vengono attribuite a tre briganti che vennero impiccati nel XVI secolo dal Capitano Antino Tocco. Costui, aveva una milizia formata soprattutto da sandonatesi che maneggiavano bene l'armi, et sono coraggiosi, et combattono volentieri con questi tristi, quando s'incontrano con loro havendo con essi particolare odio, et inimicitia, per haver qualche volta li banditi ammazzati de la genti di San Donato. Arco di San Donato (Porta a Levante) Questa porta, permetteva l'accesso diretto al "Castrum", per le genti che provenivano dall'Abruzzo, tramite il valico Forca d'Acero e per coloro che ritornavano dal lavoro. Essa, è stata costruita rivolta verso Nord-Nord Est aprendosi su Via Pedicata, avendo così un controllo della località "Sbarra", "dogana" prima dell'accesso al nucleo abitato. L'arco ha una struttura a sesto acuto, costruzione tipica del Tardo gotico, non può che derivare dall'influenza dei Cantelmo che in quel periodo risiedevano in queste terre. Ancora oggi sono visibili le sedi in pietra dove venivano inseriti i perni utilizzati per aprire e chiudere la porta. Nel dialetto sandonatese questo posto, facente parte l'arco, viene chiamato "Glie Ammarieglie", ed è una zona molto apprezzata dai cittadini per svariati motivi: è un luogo "culto", perché in questo luogo il santo patrono, si "affaccia" per dare la benedizione al paese ed offre un punto panoramico per effettuare fotografie dall'alto al paese. Il Duomo Le origini del Duomo, dedicato a Santa Maria e San Marcello Papa, si perdono nel Medioevo quando il paese si estese a valle. Nel settecento la chiesa venne ampliata (la pianta diventa basilicale, la facciata viene limitata da lesene e colonne addossate ed il timpano Mistilineo sulla fascia centrale, raccordato alle ali da due volute) e impreziosita da decorazioni che evidenziano uno stile barocco sobrio ed elegante, da un artistico coro già lodato dal vescovo Colaianni nella sua visita pastorale del 1800 e da un pregiato organo a canne realizzato da Cesare Catarinozzi. Sotto l'altare maggiore, in un'urna di vetro, è custodito il corpo di Santa Costanza, una martire delle prime persecuzioni cristiane che l'agiografia vuole uccisa con un colpo di spada alla gola. Sepolta a Roma nelle Catacombe di San Callisto, nel 1756 i suoi resti vennero traslati nel Duomo. Da allora, l'ultima Domenica di Agosto di ogni anno, i sandonatesi festeggiano Santa Costanza con la Novena, una solenne processione, fuochi d'artificio, un mercatino dedicato ai cocci ed alle cipolle e con un particolare menù sempre a base di cipolle. Le mura poligonali di San Fedele In tempi antichi la zona di San Fedele potrebbe essere stata interessata dal culto della dea Mefite. Ciò sarebbe confermato da alcuni elementi caratterizzanti: il primo è senza dubbio la fonte. La dea mefite era una divinità italica il cui culto era collegato con gli inferi, con le esalazioni sulfuree, (che sono presenti nella zona) e con le fonti. Il secondo elemento è dato dal ritrovamento di una piccola colonna, situata nella chiesa del Santuario di Canneto, su cui è incisa una scritta, che è stata interpretata come segue: "Numerio Satrio Stabilione, liberto di Numerio, e Publio Pomponio Salvio, liberto di Publio, fecero dono a Mefite". Infine l'ultimo elemento è dato dal ritrovamento di un reperto archeologico, conservato nel museo della civiltà contadina di San Donato. Il reperto presenta un ritratto femminile, parzialmente sfigurato, che suggerisce l'ipotesi di un neofita cristiano che si presume abbia voluto cancellare materialmente il culto pagano dalla zona. Si ritiene che le mura siano i resti della cinta muraria di Cominium, importante città sannita distrutta dai Romani nel 293 d.c. La Roccia dei Tedeschi La Roccia dei Tedeschi, (1214 metri) uno spuntone che si staglia dai lati di Monte Pizzutto (la montagna che si erge al di sopra di San Donato), era una postazione militare utilizzata dall'esercito tedesco in ritirata, in previsione di una sconfitta maturata sul fronte di Cassino, interessato dalla Linea Gustav. I cunicoli e le torrette di avvistamento erano stati realizzati dagli scalpellini sandonatesi rastrellati dalle piazze del paese, e il loro lavoro veniva barattato in cambio del pasto. Con lo sbarco ad Anzio e la caduta del Fronte di Cassino, le truppe tedesche cominciarono la ritirata verso Roma, utilizzando la Via Casilina. Invece nella Valle di Comino, in aiuto arrivarono truppe neozelandesi e fortunatamente dopo circa 10 giorni, i tedeschi iniziarono a ritirarsi verso nord, lasciando armi, munizioni e suppellettili. Nel centro della rupe, lungo una frattura, è presente un ciliegio, piantato lì in memoria di quei soldati. Il luogo può essere raggiunto attraverso un sentiero realizzato dal CAI di San Donato Val di Comino Le miniere di ferro di San Donato Val di Comino Nel 1774 sulle montagne della Valle di Comino venne individuata una grande quantità di materie prime. In quegli anni, alle pendici del massiccio del Monte Meta, fu rinvenuto materiale roccioso ricco di ossido di ferro, in seguito a degli scavi effettuati. Nel 1852, Re Ferdinando II di Borbone, potenziò la ricerca mineraria, per poter colmare i bisogni di materie prime e metalli nei suoi stabilimenti di artiglieria.Nella primavera del 1852, una commissione di tecnici, rinvenne nelle montagne grandi quantità di limonite (sesquiossido di ferro) e di bauxite. Una volta che veniva estratto, il materiale veniva portato a (Capolavalle), l'attuale Piazza Carlo Coletti, grazie a dei cestoni che venivano trasportati da quadrupedi. Anche le donne partecipavano al trasporto dei minerali, portavano la limonite in testa o sulle spalle dentro cesti di vimini. Non appena il materiale giungeva in piazza, veniva pesato e pagato agli operai e successivamente veniva trasportato alla "ferriera" di Atina dove veniva lavorato. Le materie prime vennero estratte fino al 1860. In seguito all'Unità d'Italia, sia le miniere, che la "ferriera" di Atina, vennero definitivamente abbandonate. La pietra di San Bernardino o "dello scandalo" Fin da tempi antichi era abitudine per ogni cittadino che vantasse un credito, di provare a recuperarlo grazie ad una persona, pagata per tormentare il debitore, per ricordargli di restituire il dovuto. A metà di Via maggiore, vicino all'ingresso di Via Rua, è collocata una pietra, detta di "San Bernardino" o "pietra dello scandalo", dove sedeva per alcune ore a seconda della quantità di denaro da restituire, il debitore insolvente che con il gesto effettuato, ammetteva il proprio fallimento. Bernardino, in realtà "beato" e non "santo", nacque a Feltre nel 1439. Dedicò la sua vita a difendere i deboli contro l'usura, percorrendo l'Italia settentrionale molte volte, a piedi nudi, contro le avverse condizioni atmosferiche, l'odio di usurai e degli ebrei e contro le guerre. Arco dei Francesi Il passato ci ha lasciato numerosi racconti sulla "Rua" come il vicolo che ospitava la guarnigione dell'esercito francese che nel 1799 controllava l'ingresso al paese. L'abate Carlo Coletti, nonché sindaco di San Donato nel 1800 scriveva: "Li perfidi francesi in poco tempo occuparono la fortezza e tutto il Regno; dove arrivavano piantavano un albero che chiamavano della Libertà con coccarda francese dà capo. Nel primo anno fecero delle imposizioni di miglioria alla Città.Terre,principi e danarosi,con contribuzioni di grani, vini ed ogni altro commestibile e con ciò cominciò l’Anarchia che sembrava una Babilonia…e per l’orrore della morte, chi fuggiva in un luogo chi in un altro e questo paese si era ripieno di forestieri che fuggivano le straggi e la morte. Finalmente arrivarono gli eserciti Moscoviti, Turchi, Inglesi, tutti a favore del nostro Re, ed uniti con le masse paesane, li discacciarono da questo Regno…ora li nostri hanno liberata Roma, la Romagna e tutta l’Italia, e godiamo la quiete e pace che il Signore ce la coservi". Durante l'invasione, il comandante francese insieme ai suoi soldati, decise di occupare il santuario di San Donato per trasformarlo in una caserma. Non prendendo in considerazione i divieti dell'abate Coletti, l'ufficiale entrò lo stesso nel santuario con a seguito i suoi soldati. Per questo, venne colpito dal male epilettico, detto anche "male di San Donato" e cadde in ginocchio davanti alla statua del santo. Ripresosi, riconobbe il peccato commesso, e in gran fretta decise di lasciare il Santuario assieme ai suoi militari, rendendo i dovuti onori al santo. Arco delle origini Il vicolo, con le sue travi in legno, resta ancora oggi uno dei più suggestivi dell'intero centro storico. Le immagini presenti sotto l'arco sono dedicate alla fondazione dell'antica cittadina. Un trittico, dipinto sul legno dall'artista locale Luciano Tocci, illustra le origini "altomedioevali" del borgo: dalla primitiva "ecclesia", al possesso longobardo del duca Ildebrando di Spoleto, fino al duecentesco "Castrum Sancti Donati" dei conti d'Aquino. A sovrastare le immagini, che raffigurano la costruzione del borgo, c'è l'immagine di San Donato d'Arezzo, il patrono del paese, Vescovo e Martire durante le prime persecuzioni cristiane (IV secolo). Il passaggio coperto è stato restaurato nel 1998. Vicolo Marozzi Il Vicolo Marozzi, prende il nome da una delle prime famiglie che popolarono San Donato, proveniente da Sant'Urbano, "civitas" cominense dell'alto medioevo che sorgeva a metà tra la signoria di Alvito e San Donato. In questi vicoli è predominante l'architettura medievale: ogni passaggio è collegato con altri passaggi da piccoli porticati, e da scalette ripide. La forma tortuosa ed angusta del vicolo è data da due motivi: il primo, è per dare riparo alle abitazione, spezzando così impeto del vento gelido, il secondo, la costituzione delle abitazioni, l'une addossate alle altre, offriva miglior protezione contro assedi all'interno delle mura del castello. Grazie alle strade strette e labirintiche, gli aggressori venivano facilmente colpiti da oggetti contundenti o da acqua bollente che gli abitanti gettavano dalle proprie abitazioni. Cannesse Cannesse è l’agglomerato più antico, che componeva il primo nucleo di case sorte attorno alla Rocca e al Santuario; L'agglomerato, risale all’epoca dell’incastellamento, quando i “nuovi” cittadini cominciarono a costruire le proprie abitazioni a ridosso del "Castrum", lungo i percorsi principali , mulattiere e tratturi, (il toponimo deriva da case-annesse) creando così un organismo compatto, il borgo medievale. La morfologia del posto, a forma di ciambellone, dà il senso di un posto isolato, chiuso in se stesso e quindi ci fa capire anche la vita che vi si conduceva e delle possibilità difensive, che venivano applicate sfruttando la composizione del luogo. Lo sviluppo del borgo è più accentuato verso Ovest (Cannesse) per vari fattori :orografico, perché il pendio è meno ripido rispetto al Vallone Forca d'Acero, climatico, perché è più riparato dai venti freddi che spirano dal Nord e per la presenza di tratturi. Buona parte di questo vicolo, passa esternamente al paese e conduce ad una primitiva Porta Castello, rivolta a Maestro in direzione del centro abitato di Alvito. Piazza Giustino Qudrari, anticamente chiamata (Piazza Tolosa) Il largario adiacente il Duomo, chiamato anticamente Piazza Tolosa, fu intitolato del sindaco Cav. Carlo Coletti allo studioso Giustino Quadrari due anni dopo la sua morte (1871) Giustino era molto vicino alla Corte Borbonica di Ferdinando II, un suo estimatore, ebbe cariche molto importanti: fu Presidente della Reale Biblioteca Borbonica, Professore di Storia dei Concili (Storia delle Religioni) all’Università di Napoli e Membro del Consiglio Generale della Pubblica Istruzione. Dotato di un'intelligenza molto curiosa ed acuta, di tenace memoria, era un grande studioso ed esperto di archeologia sacra, papirologia e paleografia, inoltre fu anche l’interprete dei “papiri ercolanensi”. Il Quadrari fu molto legato alla Corte Borbonica e, alla morte di Ferdinando II (1859), ne lesse l'"elogio funebre" (edita poi a Napoli nel 1859) nelle esequie celebrate all'Università al Gesù Vecchio. Il tema era “Viginti anni et novem annis regnavit, et fecit rectum coram Domino”. Nel 1861, grazie al Regno d’Italia, Giustino Quadrari lascia la sconfitta Napoli per ritornare nel suo paese natio, San Donato Val di Comino. Durante la sua permanenza a Napoli, si interessò anche di far restaurare e di rimettere a nuovo la sua antica casa paterna in Piazza Tolosa, ora Piazza Giustino Quadrari. Essa è situata nelle adiacenze della Chiesa di Santa Maria e Marcello. Il palazzo venne edificato e restaurato dalle brave ed oneste maestranze sandonatesi, in stile settecentesco di scuola vanvitelliana, su progetto di un architetto napoletano e si presenta, ancora oggi, come un gran bel palazzo signorile. All'interno, lungo la parete dello scalone, si trovano epigrafi di epoca romana rinvenute nel territorio di San Donato, le quali, hanno destato molto interesse per gli studiosi come il Solin ed il Mommsen, che durante la sua visita del 1876 le registrò nel suo famoso ed importante C.I.L. (Catalogo Iscrizioni Latine). Il Convento dei Francescani Le prime notizie che citano il Convento, risalgono al XIV secolo, esso fu sovvenzionato e costruito dalla famiglia Ricci, la stessa di Fra Tommaso, frate sandonatese prossimo alla beatificazione, e ancora oggi venerato e studiato. Il Concento fu dedicato alla Santissima Concezione. Con la bolla "Instaurandae regularis disciplinae", il Papa Innocenzo X, nel 1652 ordinò la sua chiusura e soltanto due anni più tardi venne riaperto e concesso ai Carmelitani della Congregazione di Mantova. All'interno di questa struttura, vivevano sei monaci, quattro laici e due sacerdoti, che si dedicavano alle attività religiose, artigianali e ai lavori agricoli . Avevano una proprietà che si estendeva per circa 500 ettari di terra che delimitarono attraverso la costruzione di mura di cinta, che sono tutt'ora visibili nei dintorni di Via Chiaie. Con la confisca dei beni degli Enti Ecclesiastici da parte di Gioacchino Murat, nel 1808, i Carmelitani Scalzi furono costretti ad abbandonare il convento che fu venduto all'asta e acquistato dal cavalier Giovanni Tempesta. La chiesa, le cui origini risalgono al 1300, fu dedicata alla Madoona del Carmine e a Sant'Antonio soltanto nel 1870. Successivamente la Confraternita del santissimo Rosario acquistò la chiesa e solo più tardi divenne parrocchia. Nel 1872, su richiesta di alcuni genitori e del sindaco di allora, Carlo Coletti, un'ala del convento fu trasformata in Scuola di Architettura. Nell'estate del 1878, vi soggiornò anche la Principessa Anna Carolina Bonaparte, su invito di Quintino Fabrizio, medico legale, molto noto nel Regno di Napoli. Nella parte interna ila chiesa presenta un chiostro con volta a crociera con arcate parzialmente tamponate. Architetture religiose Santuario di San Donato Vescovo e Martire Chiesa di Santa Maria e San Marcello (Duomo) Chiesa della Madonna del Carmine e Sant'Antonio (Convento) Chiesa di San Rocco Chiesa della Cappelletta Chiesa della Serola Chiesa del Divino Amore Aree naturali Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise Società Evoluzione demografica Abitanti censiti Cultura Persone legate a San Donato Val di Comino Giustino Quadrari (1802-1871), archeologo e filologo, nato e vissuto a San Donato Val di Comino; Luigi Cellucci, scrittore, nato a San Donato Val di Comino 1876; Teatro d'estate Da anni, la manifestazione vede l'alternarsi di diverse compagnie nazionali. Quando le sceneggiature sono relativamente piccole, gli artisti si esibiscono in uno spazio contornato dalla Chiesa di Santa Maria e San Marcello e da un palazzo settecentesco, in Piazza Giustino Quadrari. Invece, quando la compagnia teatrale porta con sé una grande sceneggiatura, gli artisti si esibiscono in Piazza Cavour, molto più ampia dell'altra piazza. Negli ultimi anni, si è deciso di dare maggiore spazio agli spettacoli comici. Negli anni, alla manifestazione hanno partecipato attori famosi, tra cui: Lello Arena, Enrico Brignano, Giobbe Covatta, Luigi De Filippo, Paolo Ferrari, Pippo Franco, Nino Frassica, Oreste Lionello, Anna Mazzamauro e Dado. Economia Turismo La natura incontaminata, le strutture ricettive,la posizione strategica rispetto a Roma, Napoli ed i centri naturalistici della Ciociaria, fanno del paese un centro turistico del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Agricoltura Il territorio comunale è luogo di produzione di alcuni vini regolamentati dal disciplinare Atina DOC. Artigianato Un tempo a San Donato erano fiorenti le attività artigianali: lavorazione della pietra, del legno e del ferro. Gli scalpellini incominciavano la loro attività, che veniva tramandata di padre in figlio, dopo un lungo e intenso periodo di apprendistato; visibili segni dell'arte degli scalpellini si possono ammirare sui portali, sugli stipiti e sui capitelli finemente lavorati. Verso la fine del 1800, l'arte degli scalpellini si estrinsecò nella costruzione di eleganti tombe gentilizie; nel 1900 nella realizzazione di fontane che furono sistemate nelle zone più popolose della cittadina, in angoli riparati o in nicchie appositamente costruite. Dopo la Seconda guerra mondiale molti scalpellini lavorarono alla ricostruzione dell'Abbazia di Montecassino, successivamente, per carenza di commissioni, una folta rappresentanza di essi emigrò oltreoceano, soprattutto negli Stati Uniti; possiamo trovare loro opere anche in Francia. Importante era anche la fabbricazione di mobili in noce lavorati e intarsiati finemente da abili falegnami e la produzione di oggetti in ferro battuto: lampadari, cancelli,batacchi e ringhiere. Fra le attività artigianali completamente scomparse si ricorda la lavorazione di stoffe di lana cardata e colorata. Tradizioni culinarie Nelle abitazioni di un tempo, gli spazi erano angusti, in un angolo il forno per cuocere il pane, il focolare dove dalla catena sotto la cappa pendeva il paiolo di rame quasi sempre pieno di patate, un tavolo, poche sedie di paglia, scranno, "l'arca" dove si conservava il pane; il tutto era illuminato fino al 1916 con lumi a petrolio, a olio e candele. Gelosamente custoditi erano l'olio e il vino, il tesoro della campagna sandonatese. Nell'alimentazione, il pane di grano era un lusso, si mangiava pane rosso mescolato con la segale insieme a fichi di stagione, la carne compariva di rado, ma non mancavano il vino, la polenta e le verdure. Scarseggiava il sale, che veniva barattato con le uova di gallina che ognuno all'epoca aveva sotto casa, in una piccola stalla. A Natale si festeggiava a "ciamm'llitt'" (ciambelline di varia forma fatte con farine e patate lesse) e "Cr'spelle", a capodanno, tradizionali erano le "Cic'r'cchiata" ( palline di pasta frolla coperte di miele) e (chicchi di granturco bolliti e conditi ad insalata), alla Befana (fichi secchi, noci, uova sode e castagne) e a Pasqua (ciambellone di pane bianco con nuova sode modellato a forma di bambola) e frittata. Ad Agosto con i festeggiamenti patronali: "abbacchio ala brace" alla festa di San Donato e "spezzatino con le cipolle" a Santa Costanza. Eventi Festeggiamenti in onore di San Donato Vescovo e Martire Le origini di questa festa si perdono nel medoevo (VIII secolo d.C.), quando il territorio era sotto il possesso del Ducato Longobardo di Spoleto. Nel 1574 l'umanista Giulio Prudentio scriveva: "Nel dì di San Donato poche sono le casate che non facciano apparecchi per quanti dalla Terra o forastieri vorranno andare a mangiarvi, et quello se reputa più honorato più ne accoglie. Pare a loro che quanto più spendono, più se li accresca d'ogni bene et di sanità: officio veramente laudabile da persone caritative, timorate de Dio et che amano il prossimo". Il Santo viene festeggiato con una solenne processione tra le vie del Borgo medievale, con spettacoli musicale e fuochi d'artificio. Una fiaccolata nella notte tra il 6 e il 7 di Agosto, notte della vigilia, accompagna i pellegrini che faranno la lunga veglia nel santuario. Essi sfileranno tra i vicoli del centro storico, fino ad arrivare in una piazzetta sottostante il campanile del Santuario; il concerto bandistico viene interrotto e con la piazza immersa nel buio, dopo aver spento le luminarie, e gremita di gente, inizia la magia, il "Caput Lucis": fuochi pirotecnici vengono fatti esplodere dalla sommità del campanile, sovrastando ed illuminando il paese dall'alto. La caratteristica dei fuochi d'artificio, è quella di poter essere visti da qualunque angolazione del paese, anche dalla piazza principale. Oggi, come in passato, numerosi sono i pellegrini provenienti da Monte San Giovanni Campano. Nei primi anni del '900, una settimana prima della festa arrivavano in piazza Laurenzana (oggi Piazza Matteotti), glie Car'sieglie (La girandola), la veduta il tiro a segno. Di fronte al santuario, gli ambulanti disponevano santini, devozioni, organetti, spillette, specchi e trombette. Le vie del paese erano illuminate con archi di luce ad acetilene. Contemporaneamente, osterie e negozi aggiustavano i tavoli e la merce da esporre e i gelatai si procuravano la neve dalla montagna poiché non avevano ghiaccio. Negli anni '20 del (XX secolo) il costo della festa si aggirava intorno alle L. 15.000. Tornando a noi, anche nelle scorse edizioni, delle antiche tradizioni è rimasto praticamente tutto immutato, come la novena, l'arrivo dei pellegrini, il giorno della vigilia, l'inno popolare, la veglia notturna, il rito della vestizione del Santo fatto dalla confraternita, la processione per i vicoli del borgo medioevale, eccetera. A tutto ciò aggiungeteci i più classici fuochi pirotecnici, lo spettacolo bandistico e mostra di fotografie d'epoca, di pittura sacra, spettacolo di burattini, musica e poesia. Festeggiamenti in onore di Santa Costanza compatrona di San donato Val di Comino Nel 1756 furono portati a San Donato Val di Comino i resti di Santa Costanza, una alle prime martiri cristiane uccisa giovanissima con un colpo di spada alla gola per non aver voluto rinnegare il cristianesimo. Accolta con onori regali, la santa fu subito innalzata a compatrona della cittadina. Santa Costanza protegge dalle "febbri". Festa suggestiva ricca di atmosfera, gusto per la ricerca storica. Santa Costanza festeggiata soprattutto dai giovani e dalle zitelle (dette "cipolle") con la rievocazione in costume, giochi popolari del 1700 e 1800, la veglia notturna, e il settecentesco "Mercatino di Santa Costanza" dedicato ai cocci e alle cipolle, l'antico menù della festa riproposto in alcune locande ricostruite lungo Via Duomo, fuochi d'artificio, concerti musicali ed una solenne processione dove è portata in trionfo da 12 paggi in abito settecentesco. Da non perdere è nel Duomo è il solenne rito di apertura della novena. La santa viene festeggiata l'ultima Domenica di Agosto. C'è da precisare che Santa Costanza in realtà non esiste, nel senso che non esiste nel Libro dei Santi. A queste reliquie portate a San Donato, venne dato il nome di "Costanza" per il semplice motivo che sopra la tomba c'era l'incisione "Costanza in fidem". La cosa certa è che sono i resti di una giovane ragazza, questo è stato confermato dall'ultima perizia medico legale effettuata diversi anni fa, custodita negli archivi parrocchiali. Il fatto che non sia una "santa ufficiale" lo dimostra il fatto che la festa è variabile, mentre le feste indicate nel libro dei santi sono fisse (San Donato da Arezzo si festeggia sempre e comunque il 7 di Agosto). Sul perché si sia scelta come compatrona, forse sei sentiva il bisogno di avere una santa più popolana rispetto "all'austero San Donato". Il culto della martire cristiana non è mai venuto meno anche se verso la fine degli anni Novanta del 1900 risultava notevolmente affievolito. Di conseguenza, l'allora parroco don Giuseppe Siciliano, con la collaborazione di Luca Leone e Rosanna Tempesta, decise di ripristinarlo in tutta la sua solennità. Arte contemporanea Nei locali settecenteschi dell'antico municipio, si allestiscono mostre d'arte di livello internazionale, offrendo spunti sia agli addetti ai lavori che ai più giovani, ai quali è data la possibilità di scoprire le opere di grandi artisti finora custodite nei musei. Hanno trovato giusta collocazione le opere di Kandinsky, Picasso, De Chirico, Guttuso, Merz, Salvatore Fiume, Matta, Renato Marino Mazzacurati, Giovanni Omiccioli, Renzo Vespignani, Mino Maccari, Schifano, Boetti, Castellani, Pistoletto, Fabro, Jannis Kounellis e tanti altri. La direzione è a cura della signora Anna Cautilli, mentre lo spirito che anima questa importanti mostre, inteso nella sua accezione di progettualità, è inteso come un viaggio dell'occhio visionario attraverso il tempo più recente fra tutte le valenze di relazioni linguistiche. È come una rete a maglia stretta gettata nel mare degli accadimenti per ritrovare l'occasione di un pensiero che tesse per rendere visibile tutte le unità esemplari di energia: un percorso visivo che attraversa modelli operativi ed estetici dei grandi maestri esemplari. Tempo libero Il paese offre molte opportunità di svago e divertimento tra le quali: Escursioni naturalistiche e visita al Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise Visite guidate nel centro storico Percorsi in bici Sci da fondo a Forca d'Acero Impianti sportivi con un campo da calcio scelto da numerose squadre professionistiche per i loro ritiri, tennis, calcetto, pallavolo, ed una piscina immersa nella più verde campagna. Voli in deltaplano Piscina "Titilla Village" La piscina "Titilla Village", incastonata tra i monti del Parco Nazionale d'Abruzzo, offre ai suoi ospiti uno spazio piacevole, divertente, ricco di colori. La piscina viene pulita ogni giorno, i lettini e le sdraie permettono di prendere il sole con vista sulle montagne e di godersi, a bordo piscina, il piacere delle tranquille giornate estive di montagna. Inoltre la piscina è attrezzata con un campo da tennis e un campo da calcetto a 5 in erba sintetica e un campetto da pallavolo. Essa è frequentata da molta gente di ogni età, proveniente anche dai paesi limitrofi e anche da società sportive, come il Frosinone Calcio, che vengono a svolgere la preparazione precampionato in questo paese, potendo usufruire anche della piscina. Cinema Carmen (film 1945) L'estate era torrida, nelle stradine bracciate e polverose, i bambini correvano alla rinfusa inseguendo una diligenza nei pressi della "cappelletta". In questi brevi fotogrammi, in quest'esempio di "cinema" nel cinema, il sogno di una generazione di bambini, quelli cresciuti in quel lontano 1942 che vedeva San Donato e soprattutto le sue montagne, trasformati in un incredibile suggestivo "set" cinematografico. Dietro la macchina da presa il regista Christian-Jaque, davanti, due grandi star del cinema francese: Viviane Romance e Jean Marais. La pellicola era quella «Carmen», coprodotta da italiani e francesi, in virtù della conquista della Francia fatta da Hitler e Mussolini. In quei mesi infatti, molti film vennero girati negli stabilimenti della "Vittorina" a Nizza (ad esempio "Amanti perduti di Marcel Carné, La maschera sul cuore di Abel Gance), Altri invece in Italia, utilizzando i moderni studi di Cinecittà per gli interni e i dintorni di Roma per gli esterni. Ma aldilà della storia del suo personaggio..."La Sigaraia di Siviglia che conduce alla rovina Don Josè e lo tradisce per amore di un torero"... quel che resta nella memoria sono i giorni frenetici e allegri del "dietro le quinte" con Jean Marais che bacia la bellissima Viviane Romance in piazza Carlo Coletti, gli stalloni della cavalleria militare che scappano da Castelluccio tornando docilmente nelle stalle di Corso Mazzini, le comparse arruolate per le strade, le botte tra sandonatesi ed alvitani per la scelta della controfigura della protagonista, la proiezione del film in anteprima nella sala di P'ppin'M'rinda in Via Regina Elena. Il film, prodotto dalla Scalera Film, dalla Invicta e dalla francese Discina, fu distribuito nelle sale due anni più tardi, nel 1944. In Francia invece uscì al termine del conflitto bellico. Amministrazione Nel 1927, a seguito del riordino delle Circoscrizioni Provinciali stabilito dal regio decreto N°1 del 2 gennaio 1927, per volontà del governo fascista, quando venne istituita la provincia di Frosinone, San Donato Val di Comino passò dalla provincia di Caserta a quella di Frosinone. Fa parte della Comunità Montana "Valle di Comino" Gemellaggi Newton (Massachusetts) Greccio (RI)Trasacco (AQ) Note Voci correlate Valle di Comino Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise Terra di Lavoro Altri progetti Commons contiene immagini o altri file su San Donato Val di Comino Collegamenti esterni Sito istituzionale del Comune di San Donato Val di Comino Sito di San Donato Val di Comino (non ufficiale)
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