Luogo - Area Archeologica
Museo delle Navi Romane di Nemi
Luogo:
Via del Tempio di Diana, 13, Nemi (Roma)
Il Museo venne costruito tra il 1933 e il 1939 per ospitare due gigantesche navi imperiali appartenute all'imperatore Caligola (37-41 d.C.) recuperate nelle acque del lago tra il 1929 e il 1931.
E' stato quindi il primo Museo in Italia e forse in Europa ad essere costruito in funzione del contenuto, due scafi dalle misure rispettivamente di m. 71,30 x 20 e m. 73 x 24, purtroppo distrutti insieme all'edificio durante un incendio nel 1944.
Riaperto nel 1953, il Museo venne nuovamente chiuso nel 1962 ed infine definitivamente riaperto nel 1988. Nel nuovo allestimento, tuttora in via di completamento, l'ala sinistra è dedicata alle navi, di cui sono esposti alcuni materiali, come la ricostruzione del tetto con tegole di bronzo, due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzerie di bordo originali o ricostruite (una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera).
Sono inoltre visibili due modelli delle navi in scala 1:5 e la ricostruzione in scala al vero dell'aposticcio di poppa della prima nave, su cui sono state posizionate le copie bronzee delle cassette con protomi ferine.
L'ala destra è dedicata al territorio dei Colli Albani; una sezione pre e protostorica espone materiali litici, reperti della media età del bronzo (XVI sec.a.C.) e dell'età del ferro (XI-VIII sec.a.C.), tra cui alcuni oggetti ceramici e macine in pietra provenienti dal villaggio palafitticolo "delle macine" rinvenuto sulle rive del Lago di Castel Gandolfo, corredi da necropoli di Ciampino, Colonna, Rocca di Papa, Lariano.
Una sezione è dedicata al popolamento del territorio albano in età repubblicana e imperiale, con particolare riguardo ai luoghi di culto; vi sono esposti materiali votivi provenienti da Velletri (S. Clemente) e dal Santuario di Diana a Nemi, tra cui i materiali provenienti dalla Collezione Ruspoli di Nemi.
Un tratto di basolato romano inglobato nel Museo (il clivus Virbii che da Ariccia conduceva al Santuario di Diana) separa quest'area da quella riservata alle mostre e alle esposizioni temporanee.
Attualmente ospita materiali ceramici provenienti dalle stipi votive di Satricum, Campoverde (Latina) e Ardea.
All'esterno del Museo è visibile il profilo ligneo della prima nave, che fa parte di un progetto di ricostruzione dello scafo, sponsorizzato dalla Fondazione Onlus Naves Nemorenses.
Santuario di Diana Nemorense
Immerso nel bosco che contorna il lago di Nemi, il santuario di Diana è un complesso archeologico di età ellenistica, organizzato su due piattaforme artificiali sorrette da terrazzamenti in muratura: la prima si sviluppa lungo tutto il lato sud del santuario, mentre la seconda occupa parzialmente il lato nord e quello est.
Il terrazzamento meridionale, caratterizzato da una serie di nicchie triangolari, sostiene la prima platea, mentre l'altro, innalzato superiormente a contenere la spinta della collina, presenta una serie di imponenti nicchie semicircolari. Il complesso archeologico comprendeva, nella zona nord-ovest, un portico con colonne recentemente messo in luce, che si sviluppava parallelamente al perimetro del santuario. Lungo il lato nord, addossate al muro di fondo del santuario, vi sono le cosiddette celle donarie, dalle quali provengono numerosi oggetti votivi (terrecotte, bronzi, monete), e nella zona ovest, sempre sulla prima platea, è il tempio. Le attività di scavo e ricerca sono oggi orientate a indagare la zona superiore della seconda terrazza.
E' stato quindi il primo Museo in Italia e forse in Europa ad essere costruito in funzione del contenuto, due scafi dalle misure rispettivamente di m. 71,30 x 20 e m. 73 x 24, purtroppo distrutti insieme all'edificio durante un incendio nel 1944.
Riaperto nel 1953, il Museo venne nuovamente chiuso nel 1962 ed infine definitivamente riaperto nel 1988. Nel nuovo allestimento, tuttora in via di completamento, l'ala sinistra è dedicata alle navi, di cui sono esposti alcuni materiali, come la ricostruzione del tetto con tegole di bronzo, due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzerie di bordo originali o ricostruite (una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera).
Sono inoltre visibili due modelli delle navi in scala 1:5 e la ricostruzione in scala al vero dell'aposticcio di poppa della prima nave, su cui sono state posizionate le copie bronzee delle cassette con protomi ferine.
L'ala destra è dedicata al territorio dei Colli Albani; una sezione pre e protostorica espone materiali litici, reperti della media età del bronzo (XVI sec.a.C.) e dell'età del ferro (XI-VIII sec.a.C.), tra cui alcuni oggetti ceramici e macine in pietra provenienti dal villaggio palafitticolo "delle macine" rinvenuto sulle rive del Lago di Castel Gandolfo, corredi da necropoli di Ciampino, Colonna, Rocca di Papa, Lariano.
Una sezione è dedicata al popolamento del territorio albano in età repubblicana e imperiale, con particolare riguardo ai luoghi di culto; vi sono esposti materiali votivi provenienti da Velletri (S. Clemente) e dal Santuario di Diana a Nemi, tra cui i materiali provenienti dalla Collezione Ruspoli di Nemi.
Un tratto di basolato romano inglobato nel Museo (il clivus Virbii che da Ariccia conduceva al Santuario di Diana) separa quest'area da quella riservata alle mostre e alle esposizioni temporanee.
Attualmente ospita materiali ceramici provenienti dalle stipi votive di Satricum, Campoverde (Latina) e Ardea.
All'esterno del Museo è visibile il profilo ligneo della prima nave, che fa parte di un progetto di ricostruzione dello scafo, sponsorizzato dalla Fondazione Onlus Naves Nemorenses.
Santuario di Diana Nemorense
Immerso nel bosco che contorna il lago di Nemi, il santuario di Diana è un complesso archeologico di età ellenistica, organizzato su due piattaforme artificiali sorrette da terrazzamenti in muratura: la prima si sviluppa lungo tutto il lato sud del santuario, mentre la seconda occupa parzialmente il lato nord e quello est.
Il terrazzamento meridionale, caratterizzato da una serie di nicchie triangolari, sostiene la prima platea, mentre l'altro, innalzato superiormente a contenere la spinta della collina, presenta una serie di imponenti nicchie semicircolari. Il complesso archeologico comprendeva, nella zona nord-ovest, un portico con colonne recentemente messo in luce, che si sviluppava parallelamente al perimetro del santuario. Lungo il lato nord, addossate al muro di fondo del santuario, vi sono le cosiddette celle donarie, dalle quali provengono numerosi oggetti votivi (terrecotte, bronzi, monete), e nella zona ovest, sempre sulla prima platea, è il tempio. Le attività di scavo e ricerca sono oggi orientate a indagare la zona superiore della seconda terrazza.