Destinazioni - Comune
Tresivio
Luogo:
Tresivio (Sondrio)
Tresivio è un piccolo comune italiano che conta circa 2100 abitanti, situato in Valtellina, situato nella provincia di Sondrio, in Lombardia. Noto per la Santa Casa Lauretana, una traslazione di quella lauretana, è meta degli amanti delle passeggiate, che vengono sicuramente colpiti dalle peculiarità del paesino.
Geografia
Tresivio è un paese di poco meno di 2100 abitanti in Valtellina, un’ampia vallata longitudinale che si apre fra le Alpi Retiche (o versante solivo a nord) e le Orobie a sud. Nel fondo della valle scorre il fiume Adda, tributario del Lago Lario. Tresivio si trova sul versante retico della Valtellina, alla destra orografica dell’Adda, e il suo centro è attraversato dalla Strada Panoramica dei Castelli. Il Comune presenta una conformazione orografica piuttosto semplice, ma caratteristica: origina dal fondovalle e sale verso monte con due strutture morfologicamente molto interessanti quali la Rupe del Calvario e il Conoide della Fiorenza (un’antica città sepolta, nel Medioevo, da una frana; secondo la leggenda, in un’ora imprecisa verso il tramonto, si possono ancora sentire le campane della città suonare a festa). È attraversato da due torrenti: il Rhon, che segna il confine fra Tresivio e Ponte, e la Rogna, delimitante di Tresivio e Poggiridenti, entrambi affluenti dell’Adda. Tresivio è un paese eminentemente agricolo, molto ricco di vigneti (caratteristici quelli sotto la Santa Casa) e meleti. A monte del centro una strada che risale il versante, procedendo tra i vigneti, conduce alle frazioni di Piedo, S. Abbondio, alla contrada Masotti e all’ultima Sant’Antonio. Proseguendo si giunge poi a Prasomaso (1200 mslm) dove, proprio in merito alla mitezza del clima e alla purezza dell’aria filtrata dagli innumerevoli pini e abeti che circondano la zona, alla fine dell’800 venne costruito uno dei primi sanatori italiani per affetti da tubercolosi; dopo il 1970 venne adibito a colonia estiva, al giorno d’oggi è abbandonato. La strada indi sale sull’ampia spianata glaciale di Boirolo (1615 mslm), località divenuta ultimamente centro residenziale estivo dei tresiviaschi, caratteristica per la sua spettacolare veduta sulle Orobie e sulla valle dell’Adda. Proseguendo a piedi dal punto più alto di Boirolo (un prato disabitato chiamato “Sgiazza”, ultimamente italianizzato “Biazza” ma è meno usato), si arriva alla località Santo Stefano a 1800 mslm, teatro delle feste organizzate dagli Alpini (la più importante si svolge il giorno di Ferragosto, caratterizzata dal pranzo a base di polenta e salsicce e dalla lotteria comunale). Da qui si può partire per escursioni alla Corna Mara, Brutana e alla Vetta di Rhon.
Storia
Tresivio è un paese molto antico. I primi insediamenti nella zona risalgono a tempi remoti, confermate dal ritrovamento nel 1871, ai piedi della rupe del Calvario, precisamente nella Piazza Fontana (una piccola piazza non lontana dal centro vero e proprio del paese, caratteristica per la fontana di sasso che gorgoglia nel mezzo e che, nel periodo natalizio, diventa uno dei tanti scenari sparsi in tutto Tresivio di un presepe), di un’importante lapide dall’iscrizione nord-etrusca (taluni studiosi la considerano retica) e di numerosi reperti di origini romane. Il toponimo di “Tresivio” appare già citato in documenti risalenti all’XI secolo: nell’anno 1016 infatti è denominato “Trecive”, derivato dal latino “tres viae” - tre vie, e nel 1022 “Tresivi” (termine di dubbia origine, probabilmente lombardo-orientale dal significato greppia, mangiatoia). Durante l’età del Medioevo il paese visse un momento di particolare espansione e grandezza: era a capo di una vasta Pieve comprendente Montagna, Faedo, Pendolasco (l’antico nome dell’attuale Poggiridenti), Boffetto, Piateda, Sazzo, Ponte, Chiuro, Castionetto e Castello dell’Acqua. Il Vescovo di Como, che aveva notevoli possedimenti nella zona, era solito risiedere nel palazzo vescovile di Tresivio per tre mesi all’anno. Durante la Signoria dei Visconti e degli Sforza (1325-1500), Tresivio diventò capoluogo della Valtellina: era la sede del Tribunale Supremo della Valle e il Governatore ducale era tenuto ad andare a Tresivio per l’amministrazione corretta della giustizia in Valtellina. Proprio sulla rupe del Calvario, chiamata “Motta”, sorgevano il palazzo del marchese Malaspina, capitano generale della valle per conto dei Visconti, la chiesa parrocchiale, le chiesette di San Michele e San Giovanni Battista, il palazzo vescovile ed infine il castello. La traccia più antica relativa al castello risale però al 1046: esso apparteneva, come gli altri di pieve, al Vescovo di Como. Le terre di proprietà del catello erano mantenute a spese di tutti coloro che ne erano difesi e venivano chiamate comunemente “castra”. Le guerre fra le fazioni guelfe e ghibelline rovinarono Tresivio: nel 1437 venne praticamente distrutto dal signore locale appartenente alla fazione guelfa, Antonio Beccaria, durante la dura lotta contro Stefano di Pendolasco. Nel 1487, in occasione della seconda invasione dei Grigioni, venne saccheggiato il castello, e in seguito definitivamente distrutto (precisamente nel 1513). Oggi esistono ancora diversi resti dell'imponente maniero, sulla cima del colle dove sorge la seicentesca chiesetta dedicata a San Michele.
Dopo la distruzione del Castello, il centro della vita politica e religiosa del borgo si spostò dal Calvario alla contrada Romanasca, dove sorse la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo e trovarono posto anche i palazzi dei Guicciardi che, progressivamente, sostituirono i Beccaria nella Signoria del paese. Intanto di svilupparono le contrade di Borgo, Piazza, Foppa, San Tomaso (uno dei suoi nuclei più antichi) e Menatti. Nel Medioevo il territorio di Tresivio era genericamente denominato Tresivio Piano, corrispondente all’attuale territorio del comune di Piateda, e Tresivio Monte, di cui facevano parte, oltre a Tresivio e Acqua, anche Paiosa e Boffetto. Il 30 agosto 1427 avvenne la scissione fra il comune di Tresivio Piano e Tresivio Monte. Il 5 novembre 1473 la parte montana del comune di Tresivio veniva a formare un nuovo organismo indipendente chiamato “Monte dell’Acqua” o, più semplicemente, “Acqua”. Nel XVI secolo la Comunità di Acqua presentava un numero di famiglie superiore a quello del borgo. Seguirono alterne vicende di contrasti fra le due comunità, differenziate in riunioni e separazioni: riunione nel 1600, separazione nel 1603, riunione definitiva nel 1867. Durante tutto questo periodo Tresivio si dotò di statuti autonomi che regolavano la vita comunitaria dal punto di vista amministrativo, giudiziario ed economico. La copia conservata degli Statuti di Tresivio risale al 1678, ma esistono riferimenti documentati ad altri statuti risalenti al XIII secolo. Dal 1613 anche la comunità di Monte dell’Acqua si dotò di un proprio statuto che ne sanciva l’autonomia da Tresivio attraverso l’elezione di un proprio decano e di propri consiglieri. Con l’inizio della dominazione del Canton Grigioni (nel 1512), Tresivio perse il suo importante ruolo di capoluogo a favore di Sondrio, posto in un luogo più comodo per i trasporti, le comunicazioni, il passaggio di merci, l’ingrandimento dell’economia valtellinese e, non in ultimo, l’espansione fisica della città. Tresivio rimase però, fino verso il 1540, la sede del Vicario di Valle, che aveva le funzioni di giudice. Nel 1600 il paese si trovò coinvolto in prima persona nei difficili anni delle guerre di Valtellina incominciate con la rivolta contro i Grigioni, nel 19 luglio del 1620. Le guerre furono accompagnate da carestie ed epidemie tra cui la temibile peste del 1630. Per voto le comunità valtellinesi scelsero Tresivio per l’erezione di un santuario alla Vergine Maria: il 30 novembre 1646 veniva posta la prima pietra di quella che adesso è la Santa Casa, in seguito divenuta il simbolo della comunità nonché alla devozione dell’intera Valtellina alla Vergine Maria. La Santa Casa richiama quindi lo spiccato ruolo che Tresivio ebbe nella vita religiosa e civile del passato e, nonostante il declino manifestato durante la dominazione dei Grigioni, il paese, grazie al suo famoso Santuario, poté conservare un ruolo di rilievo nella storia valtellinese moderna.
Toponimo
Il nome di "Tresivio" deriva con tutta probabilità dal latino "tres viae", tre vie, per via dell'originario centro del paese in cui si incontravano le tre vie principali, dal quale poi si è sviluppato il paese moderno.
Monumenti e luoghi di interesse
Architetture religiose
Santa Casa Lauretana, via Santa Casa, Tresivio Centro
Chiesa Parrocchiale di SS Pietro e Paolo, P.zza SS Pietro e Paolo, Tresivio Centro
Chiesa di S. Giovanni, P.zza SS Santi Pietro e Paolo, Tresivio Centro
Chiesa del Calvario, via Calvario, Tresivio Centro (posta sulla Rupe del Calvario)
Chiesa di S. Tomaso, contrada S. Tomaso
Chiesa di S. Rocco, contrada di Piedo (attorno alla cui si sviluppa tutta la contrada, nel quale stretto dialetto è chiamata "Cè")
Chiesa di S. Abbondio, contrada di S. Abbondio
Chiesa di S. Antonio, contrada di S. Antonio
Chiesa di S. Stefano, Località S. Stefano
Santuario della Santa Casa
Molti pellegrini cattolici giungono a Tresivio per visitare il Santuario della Santa Casa Lauretana. Il Santuario è una tra le chiese più ampie della Valtellina ed è dedicato alla natività di Maria che ricorre l'8 settembre. Il Santuario della Santa Casa si trova nella zona centro di Tresivio; si staglia sulle pendici della montagna, quasi a simboleggiare quella casa sulla roccia, quella lucerna di evangelica memoria, ma nonostante la sua grandiosità ed imponenza, l’affascinante chiesa non è molto fuori dalla valle. I documenti testimoniano che in tale luogo già esisteva la chiesa di Santa Maria di Tronchedo. Le prime notizie risalgono al 1016, mentre nel 1094 la chiesa è già indicata come “baxilica”. Dal 1106 la chiesetta risulta essere dipendente dal Monastero di Sant’Abbondio di Como. Presumibilmente nella prima metà del XII secolo, presso questa chiesa si venne costituendo una piccola comunità monastica benedettina ospitata nella “domus” di proprietà della chiesa. Alla metà del Duecento venne meno la presenza diretta dei monaci benedettini, ma continuò ad esistere la chiesa di Santa Maria, dove nel 1440 il nobile Giovanni Beccaria fondò un beneficio con riserva del diritto di patronato. La devozione mariana, sempre viva fra gli abitanti di Tresivio è testimoniata anche dalla presenza di una antica confraternita denominata “schola Sanctae Mariae”, porterà alcuni secoli più tardi a costruire intorno e sopra la chiesa di Santa Maria di Tronchedo il santuario della Santa Casa. Nel 1600 il paese di Tresivio si trovò coinvolto nei difficili anni delle guerre di Valtellina iniziate con la rivolta contro i Grigioni del 19 luglio 1620. Le guerre furono accompagnate da carestie ed epidemie tra cui la terribile peste del 1630; ciò portò fra i compaesani una devozione alla Santa Maria Vergine ancora più profonda e sentita. Per voto, le comunità valtellinesi scelsero Tresivio per l’erezione ad un Santuario alla Madre di Gesù, per via della posizione centrale del paese nella valle e i luoghi favorevoli alla costruzione di un edificio imponente osservabile in più punti possibili. Nel 30 novembre 1646 veniva posta la prima pietra della Santa Casa. Nel corso dei secoli è divenuta il simbolo della comunità nonché della devozione valtellinese alla Vergine. L’edificio ha una struttura non molto usuale per la zona, costituita da un’aula con volta a botte, sul lato nord della quale si innestano volumi di epoca posteriore e di impostazione stilistica differente; il tutto risolto esternamente in un complesso ben compatto. Si tende dunque a distinguere nell’architettura del santuario due strutture distinte ed attribuibili a due differenti personalità artistiche, nonostante non siano stati tramandati né il nome del progettista iniziale, né di altri a lui successivi. La parte architettonicamente più interessante è quella posta a sud, cioè quella che comprende la facciata e si estende fino alla cupola. Non si hanno ipotesi riguardo all’architetto ideatore. Probabilmente l’architetto è da ricercare in ambienti colti, forse anche fuori dall’Italia; comunque egli volle conferire al singolare tempio mariano la grandiosità di una costruzione che doveva essere una specie di grande teca in muratura, un grande scrigno sfarzoso, ben visibile anche da lontano, a custodia e protezione di un altro edificio in essa contenuto: la Santa Casa di Nazareth. Di quest’ultimo piccolo edificio a pianta rettangolare, eretto sotto la cupola, fu benedetta la prima pietra nel 1701 dall’arciprete di Tresivio Ignazio Lazzaroni, ed è ancora visibile tutt’oggi. Esso riproduce la Basilica della Santa Casa di Loreto, della quale (si racconta) gli angeli avrebbero portato un mattone. Degli esterni, sono di particolare effetto la maestosa facciata barocca di chiara matrice transalpina, unica in tutt’Italia, e i fianchi volti a mattina e a sera. La facciata principale, che si erge imponente sulla valle, presenta due piani sovrapposti, orizzontalmente ben distinti dalla linea incisiva dei cornicioni. Entrambi i piani risultavano verticalmente scanditi da lesene che, dipinte in verde, si evidenziano sul fondo chiaro delle pareti. Ad ogni piano la superficie della facciata risulta ripartita in cinque zone di cui la centrale, più ampia, è dominata nella parte inferiore del pregevole portale in pietra verde di Tresivio, scolpito da Gian Maria Tamagnino di Bormio, con l’ausilio di Giuseppe Colturi, nel 1754, e con i battenti in rame sbalzato di Giacomo Bichler. “IN PORTIS FILIAE SION” è la scritta incisa sul maestoso portale come se l’invito ad entrare nel Tempio fosse esteso non solo a tutta la Valle, ma anche ai viaggiatori o ai visitatori. Ad esso si accede, distintamente da destra e da sinistra, salendo due eleganti scalinate, addossate alla facciata e tra loro simmetriche. Gli interspazi della facciata, simmetricamente disposti, sono alleggeriti da nicchie incorniciate, al cui interno sono dipinte immagini di Santi, cui sono sovrapposte finestre o false finestre rettangolari. Nel piano superiore dell’edificio le nicchie risultano sovrapposte alle finestrature. Solo centralmente, al di sopra del portale, due finestre arcuate preludono al sovrastante frontone ad arco che, unitamente alle torrette poligonali poste alle due estremità dell’edificio, conclude lo sviluppo verticale della facciata. Anche sui lati a est e a ovest le lesene dipinte scandiscono verticalmente spazi alquanto allungati, al cui interno si dispongono ordinatamente nicchie e finestre. Su entrambi i lati dell’edificio tra la terza e la quinta lesena, si trovano i due portali laterali ai quali si accede mediante scale a doppia rampa. All’altezza della quinta lesena si conclude, formando una pianta quasi quadrata, la parte più antica del Santuario. Un documento 1752 afferma che il progetto originario prevedeva la presenza di quattro campanili laterali; nella composizione altre due torrette avrebbero quindi dovuto controbilanciare sugli spigoli a nord le due già presenti in facciata. Ciò non può confermare che solo in un secondo periodo si pensò ad un ampiamente, che di fatto portò quasi a raddoppiare il volume iniziale aggiungendo, secondo un disegno che risulta comunque complessivamente armonioso, la zona presbiterale, il transetto con cupola e tiburio ed il campanile. La presenza di queste nuove parti ha indubbiamente modificato in maniera profonda l’iconografia iniziale: soprattutto la chiesa ha perso il suo impianto ad aula per assumere la pianta a croce e lo slancio verticale del corpo iniziale è stato mitigato dalla presenza dei nuovi volumi. Questa costruzione interna è riproduzione del santo sacello nazareno venerato all’interno della basilica di Loreto. A pianta rettangolare, il tempietto ha le pareti dipinte in entrambi i lati, interno ed esterno, a simulare mattoni e pietre. Nel loro insieme i lati corrono a dare forma superiormente ad una volta a botte, dipinta ad immagine di un notturno cielo stellato. Sull’altare, posto nel lato di settentrione, è situata la nicchia che ospita il simulacro della Beata Vergine simile a quello presente nella cittadina marchigiana, il cui volto dai lineamenti dolcissimi è nero. Inoltre ori, lampade e candelabri preziosi, tavolette dipinte come ex voto di grazie ricevute, sculture di notevole fatture e quattro reliquiari in legno pregiato intarsiato, costituiscono nel loro insieme un vero e proprio tesoro che la devozione popolare le ha affidato fin dai secoli passati. La Santa Casa dovette tuttavia essere chiusa al culto intorno anni ottanta a causa di gravi problemi statici delle strutture. L’accesso alla reverenza popolare al tempietto fu aperto di nuovo soltanto nel 2001, dopo l’ultimazione di complicati lavori di consolidamento. Finalmente la venerati effigie tornò ad essere il punto di riferimento della devozione mariana non solo per i fedeli della zona, ma anche per quelli provenienti numerosi dall’Italia e dall’estero.
Società
Evoluzione demografica
Abitanti censiti
Persone legate a Tresivio
Famiglia dei Guicciardi
Famiglia dei Gianoli
Famiglia dei Menatti
Famiglia dei Besta
Enrico Besta (1884-1952) giurista storico del diritto.
Amministrazione
Note
^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2010.
^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012.
Bibliografia
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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