Destinazioni - Comune
Vanzone con San Carlo
Luogo:
Vanzone con San Carlo (Verbano-Cusio-Ossola)
Vanzone con San Carlo (Vanzon e San Carl in piemontese, Vanzun in dialetto ossolano) è un comune di 443 abitanti della provincia del Verbano Cusio Ossola.
Geografia
Il comune è situato a circa metà della Valle Anzasca, sul lato sinistro dell'Anza, un torrente che scorre rispetto al comune in un profondo canalone. Il doppio toponimo rileva che storicamente non si trattava di un'unica unità amministrativa: Vanzone e San Carlo d'Ossola, la cui unificazione risale al 1865. Il capoluogo ha sede a Vanzone, anticamente detto Avanzone o Vantionum, la cui etimologia risale ad una leggenda secondo cui il comune venne sempre risparmiato, avanzato, superato, dalle epidemie che storicamente si succedevano. L'ultima in ordine di tempo è la Spagnola del 1920, che fece diverse vittime ad Antrona Schieranco e a Calasca-Castiglione comune precedente Vanzone, e a Ceppo Morelli, comune successivo. Vanzone anche in questa occasione denunciò nessun decesso. Più a valle di trova San Carlo, un tempo chiamato Ciola o Civola.
Storia
Questi luoghi iniziarono ad ospitare insediamenti umani già in epoca romana. Lo testimoniano numerosi reperti databili attorno al I secolo d.C., rinvenuti in seguito a scavi archeologici di fine Ottocento.
Durante il Medioevo, le vicende che hanno caratterizzato Vanzone e San Carlo sono del tutto simili a quelle degli altri centri dell'intero territorio dell'Ossola: in un primo tempo feudo posto sotto la signoria vescovile, passato poi al comune di Novara, e successivamente, nel 1381 possesso visconteo.
Fino al 1433 il comune dipese, in ambito religioso, dalla chiesa di Bannio Anzino, finché non ottenne il diritto di costituirsi parrocchia autonoma. L'oratorio dell'Annunziata svolse funzioni parrocchiali fino alla metà del XVII secolo; all'interno di questa chiesa è conservata una serie di affreschi molto interessanti risalenti al XV secolo.
Tra il 1642 e il 1649 venne edificata l'odierna parrocchia di Santa Caterina, ricordata per il grande portale ligneo scolpito, mentre l'altare maggiore è opera dei fratelli Pozzi. Alla parrocchiale di San Carlo si accede da una scalinata imponente: nella chiesa va segnalato l'ottimo barocco espresso dagli intagli lignei dell'altare maggiore.
Una miniera d'oro e le sue fonti termali
Nel territorio a circa 1.500 m s.l.m. È presente una miniera d'oro, abbandonata nei primi anni del novecento, nota come la miniera dei Cani, dal nome del celebre condottiero Facino Cane. Nella galleria è presente una sorgente di acqua minerale, ricca soprattutto di ferro e di arsenico. Quest'acqua arsenicata ha caratteristiche curative e terapeutiche, conosciute fin dal Medioevo, ottima per le cure di diverse patologie, come le malattie della pelle ma anche per curare lo stress con impacchi di fango.
La fonte è soprannominata “dei Cani”, si pensa, in memoria del celebre condottiero ducale di Arbetolo Visconti, Facino (Bonifacio) Cane che, insieme alla sua famiglia, intraprese attività di estrazione nelle miniere in questione nel XIV secolo, oppure è denominata acqua “Vanzonis". Secondo analisi chimiche svolte nel 1962, le acque erano definite di origine meteorica, fredde, minerali ipotoniche solfato-arsenicali-ferruginose-alluminose con tracce ponderabili di manganese, rame, zinco, nichel e cobalto. Queste fonti sono utili per trattare affezioni cutanee, molto estese, croniche o recidivanti scarsamente sensibili alla terapia tradizionale, come la Psoriasi a chiazze o diffusa, l'Eczema atopico cronico dell'adulto, gli Eczemi localizzati, le Neurodermiti, le Prurigo e molte altre patologie degli apparati locomotore, circolatorio e ginecologico. Alcuni reputano la scoperta delle sorgenti, erroneamente, a un certo Giovanni Albasini che in realtà scoprì le acque di Bognanco, in tutt'altra valle. Non si conosce con certezza chi abbia trovato per la prima volta le acque: senza alcun dubbio, si tratta di una scoperta antichissima.
La storia dei tentativi di utilizzazione delle fonti è lunga e travagliata. Colui che diede un formidabile impulso per la loro valorizzazione, agli inizi del Novecento, fu l'allora medico condotto di Vanzone Attilio Bianchi, il quale costituì nel 1909 un'apposita società con sede a Stresa, denominata “Società Miniere ed Acque arsenicali”, scrivendo un opuscolo dicendo che in Vanzone sarebbe stato aperto un “Kurhaus” per la cura delle malattie cutanee, nervose, anemiche e di nevriti, per mezzo di bagni e fanghi. E così avvenne. Sei anni dopo, infatti, le cure si svolgevano presso l'albergo Regina di Vanzone, dove l'acqua veniva portata interamente a spalla dalle donne, in recipienti di vetro e legno, dai 1473 metri delle miniere ai quasi 700 del paese. La sua società ottenne numerosi riconoscimenti alle Esposizioni di Milano, Firenze, Roma, Parigi, Anversa. L'acqua fu persino imbottigliata e commercializzata in bottigliette per uso domestico, ma non ci fu il boom sperato, mentre si sviluppavano velocemente le località termali (con acque simili a quelle del paese anzaschino) di Levico, Vetriolo e Roncegno che nel frattempo, con la vittoria della prima guerra mondiale, vennero annesse all'Italia facendo decadere l'importanza dell'uso della sorgente vanzonese.
Nel periodo fra le due guerre ci fu un interessamento da parte della società Ceretti, la quale acquistò (tutt'oggi di sua proprietà) dei terreni in località Campaccio, dove ebbe l'intenzione di costruire delle vere e proprie strutture per la cura termale. Ma con lo scoppio della seconda guerra mondiale tutto si azzerò e ci riprovò, solo nel 1961, il farmacista di Vanzone Piero Fabris che fondò la “S.p.A. Terme del Monterosa” grazie anche al sostegno della Comunità Montana. Solo allora si mise in atto un progetto ambizioso: canalizzare la sorgente fino al paese. Anche il progresso sembrò dalla loro parte: infatti, in commercio, si trovavano tubi in PVC che risolvevano il problema della corrosione da parte dell'acqua altamente acida (pH 2,5 circa). Così si acquistarono i tubi e si fecero gli scavi, ma non si riuscì a compiere l'opera per il fallimento della società e l'immatura scomparsa di Fabris.
Soltanto nel 1979, ritornò in auge l'idea delle terme. La Comunità Montana promosse un simposio a Macugnaga dal titolo “Le miniere d'oro e le acque arsenico-ferrugginose della Valle Anzasca” per “prendere in considerazione la possibilità di avviare prospezioni atte a saggiare la redditività estrattiva” dell'oro e “lo sfruttamento terapeutico delle acque”. Proprio da questo convegno si materializzò il futuro del Comune di Vanzone con San Carlo che con la delibera n° 76 del 18.12.1980, volle esprimere la volontà di pervenire alla valorizzazione delle “acque dei Cani”.
La Regione richiese delle analisi sulle fonti (presiedute dal Prof. Giorgio Leigheb, attuale Direttore della Clinica Dermatologica di Novara) per avere una valutazione certa in termini chimico-terapeutici, ma questa non portò esiti che potessero essere comparati alle analisi degli anni sessanta, siccome una frana ostruiva il passaggio e di conseguenza la sorgente pura. Con un contributo della Regione Piemonte si riuscì a togliere di mezzo le macerie. A quel punto, si fecero nuove analisi, sia sulle acque sia sui fanghi presenti, questa volta da parte dell'Università di Pavia, che confermò sostanzialmente i valori delle precedenti e sottolineò un forte incremento nella mineralizzazione totale delle acque. Nel 1994 cominciarono i rapporti con il Ministero della Salute, il quale, solo nel 2004, decretò che l'acqua era idonea ad uso in campo clinico. Le autorizzazioni ministeriali attualmente in possesso del comune anzaschino sono relative alle cure in ambito dermatologico e per le malattie dell'apparato locomotore. Un dato veramente rilevante sono le conclusioni delle recenti analisi dell'Università di Pavia (2005) che hanno evidenziato, nell'acqua, ben 65 elementi metallici: le fonti di Vanzone con San Carlo sono le più ricche di minerali al mondo, un primato assoluto.
Nell'autunno 2006 sono terminati i lavori di canalizzazione delle acque che oggi arrivano in paese, nella casa “del Dottore”, donazione di Gabriele Garbagni, già scuola elementare, ora adibita a centro termale sperimentale, con la presenza di tre vasche per i fanghi.
Si pongono ora problemi logistici per la gestione della piccola struttura: direzione sanitaria, servizio medico specialistico, personale addetto, convenzione con il servizio sanitario nazionale.
Una strada individuata qualche anno fa avrebbe portato a uno stretto legame con la scuola di specializzazione in dermatologia e venerologia dell'Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”. L'obiettivo era il convenzionamento, affinché gli specializzandi avrebbero potuto, per un periodo del loro iter formativo, seguire in loco le attività balneo termali e la fango terapia. Si sarebbe potuto in tal modo anche continuare la ricerca scientifica relativa all'efficacia clinica dei trattamenti balneo e fango terapici.
L'altra opzione attualmente allo studio è la collaborazione con privati che possano investire loro capitali ed energie nella gestione del centro.
Nel mese di luglio 2011, il Comune di Vanzone con San Carlo ha affidato a uno studio tecnico l'incarico di redigere uno studio di fattibilità per la messa a bando della gestione del centro termale sperimentale e l'eventuale successiva costruzione di un nuovo centro termale posto in un'area già vincolata a tale scopo dal PRG.
Siti di interesse
Chiesa parrocchiale
Prima fra le “ricchezze” vanzonesi è la chiesa parrocchiale di Santa Caterina d'Alessandria, terminata nel 1649, per la costruzione della quale furono spese centomila lire. L'edificio è monumento nazionale, in stile basilicale con due matronei. All'interno si possono ammirare: l'altare maggiore in marmi policromi, l'artistico tabernacolo con cupola sorretta da otto colonnine, adorno da sei angeli e un Cristo risorto in bronzo, la statua di Santa Caterina, una scultura in marmo di Carrara raffigurante l'Ultima Cena, la balaustra dell'altare del Sacro Cuore, il pulpito in noce scolpito, l'organo tubolare a millequattrocento canne. All'ingresso si può ammirare l'artistica porta in noce massiccio con scolpito, nelle due formelle centrali, il martirio di Santa Caterina. Si ricorda, inoltre, la presenza nella chiesa di una Santa Spina che si ritiene appartenere alla corona di Cristo che indossò durante la crocifissione. Questa insigne reliquia fu donata alla parrocchiale dal Signor Giovanni Bartolomeo Gardellino di Bannio il 14 aprile 1721, come risulta dal rogito del notaio Francesco Maria Ferrini. Il Gardellino l'ebbe dal vescovo di Terracina, Monsignor Bernardo Maria Conti. Fu anticamente riconosciuta dal Cancelliere Bernardo Castellini della Curia Vescovile di Novara, con rogito del 4 maggio 1721, reggendo la diocesi Monsignor Giberto Borromeo. Della Santa Spina si fece un primo solenne trasporto nel 1759 e si celebrò il primo centenario della donazione nel luglio 1821. In passato, questa reliquia veniva esposta a richiesta dei fedeli che avessero in casa un familiare in fin di vita, allo scopo di chiedere al Cielo di lasciarlo morire ponendo fine a lunghe sofferenze.
Casa parrocchiale
La casa parrocchiale si trova su un piano rialzato di fronte alla chiesa di Santa Caterina. Si può ritenere contemporanea alla costruzione della chiesa parrocchiale nel 1642. È una costruzione con un loggiato a portico retto da colonne di pietra con tre archi inferiori che sostengono sei archetti superiori. Sono da osservare e rilevare i due stemmi vescovili dipinti sulla facciata sud della casa.
Torre di Battiggio
La torre di Battiggio, detta "dei Cani" è monumento nazionale ed è costruita in pietre locali squadrate: una caratteristica della Valle Anzasca. La torre è stata recentemente ristrutturata, ricostruendo per intero la parte alta della muratura e il tetto crollati: i suoi quattro piani sono adibiti a ecomuseo, sede di mostre ed eventi temporanei. Non è conosciuta la data di edificazione e nemmeno il motivo della sua presenza: si può pensare che servisse come rifugio momentaneo a qualche signorotto del luogo oppure a deposito sicuro per la conservazione di derrate alimentari che dovevano essere distribuite in valle. Giovanni Battista Fantonetti, nel suo volume del 1836 assicura di aver visto scolpito l'anno 1408 sull'architrave di una finestra ora rovinata. Secondo la tradizione, questa torre fu il deposito dei tesori della famiglia di Facino Cane, che sfruttò le miniere d'oro della vallata e batté anche moneta. Leggende non ne mancano: si dice ci sia un collegamento sotterraneo con la torre di Lancino. Forse fu il luogo dove venivano trattenuti i nemici dei "Cani".
Complesso Giacchetti
Riveste particolare interesse l'unico mulino del comune visitabile, chiamato “Mulin ad Giachet”, “Complesso Giacchetti”, dal nome della famiglia proprietaria. È affascinante per l'insieme dei meccanismi, tuttora utilizzabili, per la lavorazione dei prodotti agricoli coltivati in loco. Esso è concentrato in due costruzioni in muratura che si trovano sul Rio Roletto, tra le frazioni Roletto e Ronchi Fuori: nella costruzione più piccola si trova un mulino per cereali con ruota idraulica orizzontale, mentre in quella più grande sono collocate una molazza per lo schiacciamento dei gherigli di noce, un camino per riscaldare la pasta di noci, un torchio a vite azionato a mano per ricavare l'olio di noce o il sidro dalla spremitura delle mele, una molazza per schiacciare le fibre di canapa e separarle dalle parti legnose.
Ponte Pertuso
Opera di pregio è inoltre il cosiddetto “Punt Partus”, ponte Pertuso, sull'Anza, definito “romano” per la sua tipica costruzione ad arco. Ma di romano non ha niente a che vedere poiché venne costruito nel 1537 dai Borromeo per unire le due sponde, probabilmente sostituendo un ponte di legno precedente.
La latteria turnaria
Particolare è anche il piccolo museo della lavorazione del latte, sito in Vanzone, in passato sede di latteria turnaria, il quale conserva al proprio interno molti strumenti per la lavorazione del latte e dei formaggi.
Altri siti di interesse storico
Altri siti di interesse sono: la chiesa della SS. Annunziata (Vanzone), la chiesa di San Carlo, l'oratorio di Santa Lucia e San Ignazio da Loyola (Roletto), l'oratorio di San Giuseppe (Ronchi Dentro), l'oratorio della Madonna d'Oropa (Valeggio), l'oratorio dei Santi Giulio e Filippo (Pianezza), la chiesetta di S. Michele, datata 1720, recentemente restaurata ed affrescata.
Escursionismo alpino
Interessante meta turistica è il rifugio Lamè in Valle Anzasca, raggiungibile da Vanzone, posto a 2422 m s.l.m. con 6 posti letto di proprietà della Pro Loco di Vanzone.
Persone legate a Vanzone con San Carlo
Carlo Bossone, pittore
Botti Giuseppe, egittologo
Bruno Zanin, attore e scrittore
Evoluzione demografica
Abitanti censiti
Amministrazione
Collegamenti esterni
Sito istituzionale
Sito ufficiale delle Acque dei Cani
Note
^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2010.
^ Rifugio Lamè
^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012.
Bibliografia
Il Piemonte paese per paese - Ed. Bonechi - 1993
Vanzone con San Carlo – Divagazioni Itineranti, Giovanni Forgia, 1997