Destinazioni - Comune

Cortemilia

Luogo: Cortemilia (Cuneo)
Cortemilia (Cortmija in piemontese) è un comune italiano di 2.482 abitanti della provincia di Cuneo in Piemonte. Il comune fa parte della comunità montana Alta Langa e Langa delle Valli Bormida e Uzzone. Storia Preistoria ed Evo Antico Nell'area rurale che circonda il sito sono stati rinvenuti alcuni frammenti di manufatti attribuibili al paleolitico e strumenti del neolitico, come la parte anteriore di un'ascia in serpentino di mm 80 x 57 qui raffigurata ( collezione privata), a conferma della possibile esistenza nel luogo dove ora sorge Cortemilia, di "stazioni" (insediamenti più o meno temporanei) di popolazioni nel periodo che va dal VI al II millennio a.C. Il nucleo originario di Cortemilia è probabilmente di origine preromana e su di esso si innestò l'amministrazione consolare, anche se di tale processo non si hanno dirette testimonianze in documenti scritti. Alcune lapidi funerarie trovate nell'area anche oltre i limiti del territorio comunale, attestano tuttavia l'importanza che il sito doveva avere in epoca repubblicana a fini strategici ed economici. Nello stemma comunale è presente il nome Cohors Aemilia, che secondo un'ipotesi piuttosto accreditata farebbe riferimento al console, poi censore, Marco Emilio Scauro, al quale si deve la predisposizione del tracciato e la costruzione, dal 109 a.C., della Via Aemilia Scauri che congiungeva Luni a Vada Sabatia (Savona) e che toccava anche Acqui Terme con diramazioni varie, compresa una verso Alba. Si può ragionevolmente presumere in questa parte della Langa un preesistente villaggio di Liguri Statielli conquistato o romanizzato in forma pattizia nel periodo che va dalla fondazione di Aquae Statiellae (Acqui Terme), verso la metà del II secolo a.C., e quella di Alba Pompeia (intorno al 100 a.C.). Più riconosciuta e documentata, per l'attuale toponimo, è l'origine in Curtismilium, da curtis, vasta proprietà agricola autosufficiente di epoca tardoimperiale, nucleo primitivo della successiva struttura feudale. Medioevo Documenti cartacei dell'alto medioevo sanciscono il ruolo politico e mercantile del territorio di Cortemilia, per la collocazione alla confluenza di due valli e di almeno quattro direttrici di comunicazione: verso Alba e la pianura del Tanaro e del Po, lungo la Valle Bormida in direzione di Acqui e dell'alessandrino e verso la Liguria, raggiungibile anche per il valico appenninico del Carretto. Probabili, anche se non documentate, le invasioni e le occupazioni gotiche, longobardiche, dei Saraceni e degli Ungari, di cui forse è possibile trovare traccia in alcuni toponimi e nel fatto che Cortemilia fu inclusa nei territori detti del "Vasto" (dalla radice celtica wast, deserto, o luogo depredato, in latino vastus), poi anche "Guasto". La prima documentazione certa risale al X secolo (967) e precisamente al diploma con cui Ottone I assegnò Cortemilia (Curtemilia) e altre 15 "corti" del "Vasto" al marchese Aleramo. Un altro documento del 991, relativo all'istituzione dell'Abbazia di S. Quintino di Spigno, cita dieci mansi del territorio di Cortemilia (già così definito: "Cortemilia"). Nel secolo XI il territorio del "Vasto" confluì nel marchesato dell'aleramico Bonifacio del Vasto e dopo il 1125 Cortemilia fu trasmessa ad uno dei suoi figli, Bonifacio il Minore, rimasto senza figli maschi. Per buona parte del XIII secolo Cortemilia appartenne ai marchesi del Carretto di Savona, discendenti da un altro figlio di Bonifacio del Vasto, Enrico I Del Carretto. Documenti di storia francescana dei secoli XVI e XVII - di natura agiografica - riportano una sosta a Cortemilia di San Francesco d'Assisi nel 1213 e la sua fondazione diretta del Convento dei Frati Minori, imponente complesso che rivela il ruolo fondamentale dell'ordine francescano nell'urbanizzazione di Cortemilia. Secondo altri, invece, la fondazione sarebbe avvenuta in epoca successiva (metà del XIII secolo) per opera del predicatore minorita Guglielmo Rubone, poi beato. (Non esistono se non fragili e controversi indizi sulle origini cortemiliesi e persino sulla reale esistenza del personaggio ma la tradizione ecclesiastica e la memoria popolare sono in proposito piuttosto radicate; inoltre il cognome è presente, benché con varianti, in documenti dell'epoca). Agli inizi del XIII secolo risalgono i primi documenti certi sulla fondazione della Chiesa della Pieve (Sancta Maria de Plebe, ecclesia matrix), le cui origini però, come quelle di molte Pievi dell'Alta Italia potrebbero essere collocate molto più indietro, forse al V, VI secolo. La Pieve fu parrocchiale sino al 1585, data in cui, a causa della constatata inadeguatezza dell'edificio, il titolo venne trasferito alle due, preesistenti, chiese borghigiane di San Pantaleo e di San Michele Arcangelo. Occorre infine far menzione che, nell'area dell'attuale San Michele, sino al XVI secolo fu presente in Cortemilia anche un monastero benedettino che di quella chiesa era probabilmente titolare, ma che ebbe un ruolo meno incisivo dell'insediamento francescano. Può essere interessante osservare che le chiese di San Michele e del Convento francescano si fronteggiano quasi specularmente lungo l'asse della via Vittorio Alfieri, il cui tracciato segnava il confine tra la parte di spettanza signorile (Castello) e il borgo, come a formare due poli opposti lungo l'antica cinta muraria del nucleo più strettamente medioevale di Cortemilia. Altri importanti manufatti testimoniano la fioritura economica e urbana del XIII e XIV secolo, quando Cortemilia si presentava probabilmente come una forte cittadina, raccolta attorno all'altura centrale sulla quale si ergeva il castello, di cui rimangono importanti vestigia murarie e un'imponente torre cilindrica. Vi erano altri castelli e fortificazioni: uno alla Castella, verso l'abitato di Bergolo, identificabile con il "Bricco delle Forche", da cui si possono agevolmente osservare sia la Valle Bormida che la Valle Uzzone; un altro, detto del Cheronzio, forse situato dove ora si trova la Cascina di Monte Oliveto, si trovava su un poggio sovrastante la chiesa della Pieve e il torrente che gli dava il nome, oggi Rio della Madonna; altri due sorgevano sulle alture di Castel Martino, non lontano dall'abitato di Castino. Tra i secoli XIII e XIV a Cortemilia operò una Zecca, che su ordine dei Marchesi del Carretto, coniò diverse monete di pregio, d'oro e d'argento. Alcune di esse vengono tuttora riprodotte. Il "Marchesano" di Oddone del Carretto, di seguito presentato nella riproduzione corrente. Per alcuni secoli la popolazione si distribuì in sette borghi: oltre a San Michele e San Pantaleo, che traggono il loro nome dalle rispettive parrocchiali, posti l'uno sulla riva sinistra e l'altro sulla riva destra della Bormida, esisteva il borgo del Cheronzio, oggi detto della Pieve, e quello di San Paolo (San Po'), ai piedi della cosiddetta salita di Castino (muntà 'd Càstu). Verso il 1850 vi era ancora in piedi una chiesetta, poi abbattuta. Dalla parte opposta, lungo il versante che costeggia l'Uzzone, era il borgo detto dei Prati e Palazzi, posto oltre l'antica porta di Uzzone, corrispondente all'attuale Piazza Savona (gli anziani cortemiliesi ricordano bene l'espressione n s'la po'rta per indicare in passato Piazza Savona). Lungo la Valle Bormida e sul versante della collina di Bergolo si trovava il borgo delle Chiappelle. L'ultimo borgo citato, le Braide, è di difficile localizzazione, anche se il nome, di origine longobarda, identifica un terreno fertile e redditizio per l'agricoltura e, quindi, probabilmente in pianura. Dal 1322 fin verso la fine del Cinquecento tenne il feudo di Cortemilia la famiglia Scarampi, costanti feudatari di diversi principi. In questi secoli si verificò probabilmente una crisi economica, demografica e politica di Cortemilia, che tra l'altro potrebbe essere stata colpita e decimata nella popolazione dalla spaventosa epidemia di peste che flagellò l'Italia nel 1348. Età moderna e contemporanea Con l'interramento del porto di Savona da parte dei Genovesi (1528), i commerci tra la Liguria e l'entroterra piemontese, di cui Cortemilia era un importante centro, languirono e la cittadina fu tagliata fuori dalle rotte mercantili. Del coinvolgimento territoriale di Cortemilia nelle guerre tra Carlo V e Francesco I, concluse con la pace di Cateau Cambrésis del 1559, vi è testimonianza nella lapide che ricorda la morte, avvenuta nel 1540, dell'ufficiale del presidio spagnolo, Alvaro Medrano de Calagura (o Calaruega), murata nel Chiostro del Convento Francescano. Una pestilenza nel 1530 e una grave inondazione nel 1584, delle molte che la zona subì da parte della Bormida e dell'Uzzone, fecero contrarre ulteriormente il numero degli abitanti. Nel 1630 il castello subì gravi danni da parte delle truppe francesi e nel 1636 da quelle austriache. Un'ulteriore pestilenza ridusse ancora la popolazione, che si concentrò da quel momento nei soli due borghi di San Michele e San Pantaleo. Una stampa, di pregevole fattura e molto diffusa in Cortemilia, realizzata su lastra di rame nel 1675 dal noto incisore e cartografo Giovanni Tomaso Borgonio per essere inserita successivamente nel cosiddetto Theatrum Sabaudiae, pubblicato ad Amsterdam nel 1682, presenta la cittadina (Curtismilium) come essa era nel XVII secolo, ancora circondata da mura e baluardi, ma con il castello ormai diroccato. Unita alle sorti dei Savoia, Cortemilia mantenne un ruolo secondario, anche se non del tutto marginale, nelle vicende storiche, politiche ed economiche degli ultimi tre secoli, ad esempio come centro di produzione e commercio della seta, del legname, del vino, del bestiame. Fiere e mercati, istituiti sin dal Medioevo e molto frequentati ancora oggi, testimoniano una vocazione mercantile mantenuta nel tempo, nonostante le difficoltà dei collegamenti viari, solo recentemente migliorati. Non marginale anche la funzione di centro amministrativo, giudiziario e culturale, che Cortemilia ha ricoperto sino a pochi decenni fa e che per certi aspetti ancora ricopre nell'area dell'Alta Langa. Cortemilia ha ampliato, a partire dall'ultimo dopoguerra, il proprio tessuto urbano, estendendosi soprattutto lungo le direttrici viarie principali. Monumenti Del castello, in origine forse già parte dell'insediamento romano in materiale ligneo, e successivamente ampliato e progressivamente fortificato, posto in posizione dominante sulla confluenza delle valli Bormida ed Uzzone, rimangono ruderi imponenti e suggestivi, come una muraglia rivolta a sud-est e scandita all'interno da 20 arcate, resti di palazzi e di quelli che dovevano essere il fossato e l'ingresso. La torre circolare, che misura attualmente 30,3 m di altezza e circa 26 di circonferenza, doveva in origine superare i 40 m; un'altra poderosa struttura a ferro di cavallo difendeva l'area sul versante nord. A partire dal XIII secolo si fanno più numerosi e più importanti i monumenti di interesse storico: la Pieve, di impianto romanico, conserva una notevole abside, resa preziosa all'esterno da archi pensili con figure in bassorilievo, un bel campanile che mantiene intatta la forma originaria, ed all'interno un pregevole bassorilievo che potrebbe risalire ad epoche anteriori al 1200. Esso raffigura la Vergine con Bambino in trono, in posizione frontale e ieratica, tra Santi monaci e circondata da simboli, anche complessi, del cristianesimo altomedievale. Databile al XIII secolo, anzi, secondo la leggenda, fondato dal santo assisiate, il convento francescano, imponente complesso monumentale ha una bella chiesa ad una sola navata, che testimonia una prima fase romanico-gotica ed un ampliamento barocco portato a termine all'inizio del XVIII secolo ed oggetto recente di un accurato restauro. Durante i lavori di rifacimento del pavimento, poi ricostruito esattamente secondo la tipologia originaria, sono state individuate 21 "cappelle" funerarie, in sette file di tre, con volta cilindrica, tutte sigillate, che occupano completamente lo spazio sotto il suolo della sezione barocca. Secondo i documenti esistenti in tali tombe collettive venivano inumati, oltre ai frati, anche i membri delle confraternite, i defunti delle famiglie aristocratiche locali ed altre persone con particolari benemerenze e privilegi, e ciò sino a quando la legislazione napoleonica proibì la sepoltura nelle chiese. In ogni caso, la chiesa, che ospita alcune notevoli tracce di dipinti murali di fattura arcaica e conserva uno straordinario frammento di pittura gotica ascrivibile agli anni quaranta del XIV secolo, e l'attiguo e ampio recinto del chiostro testimoniano il ruolo determinante dei Frati Minori Francescani nell'economia e nella cultura locali a partire dal XIII secolo. L'antico centro storico, corrispondente in linea di massima all'attuale piazza Oscar Molinari e alle zone limitrofe, contiene alcuni documenti importanti: colonne e capitelli di tipologia romanica nella prima parte dei portici di via Dante Alighieri, seguiti da archi ogivali; l'edificio della Pretura, del XIV secolo, restaurato dopo l'alluvione del 1994, che ospita la Biblioteca Civica e il centro direzionale dell'Ecomuseo dei Terrazzamenti e della Vite e moderne sale per convegni. Reca bifore di ascendenza gotica, al pianterreno locali con volte in ciottoli ed altre testimonianze medioevali. Merita un cenno a parte la lapide in marmo del 1910, posta sullo spigolo della Pretura verso Via Dante Alighieri, sulla quale sono riportati i livelli delle inondazioni documentate di Cortemilia, conseguenti alle rovinose alluvioni causate da Bormida e Uzzone, le più cospicue delle quali risalgono agli anni 1878 e 1900. La Casa Molinari, sull'angolo nord della piazza omonima, presenta sul portone d'ingresso un affresco (Madonna con Bambino) forse del XV secolo ed un bassorilievo del tardo XV secolo con l'Annunciazione. Sul lato della stessa Casa Molinari prospiciente Via Alfieri, un pregevole portale di arenaria, di fattura rinascimentale (XV/XVI secolo) in due medaglioni posti ai lati dell'arco, raffigura, secondo autorevoli interpretazioni, gli imperatori romani Servio Sulpicio Galba, a sinistra, e Nerone a destra. Altri manufatti di pregio sono sparsi qua e là nel tessuto urbano di Cortemilia, alcuni di notevole interesse, come due episodi di scultura, uno raffigurante San Bernardino da Siena, l'altro l' Annunciazione, attualmente collocati nella Piazza della Rinascita della Valle Bormida. Di antica origine anche le due chiese parrocchiali di San Pantaleo e di San Michele, site nei borghi omonimi, divisi dal fiume Bormida: frequentemente restaurate, conservano opere artistiche di pregio. La parrocchiale di San Michele, pressoché totalmente ricostruita tra il 1878 e il 1885 su progetto dell'architetto doglianese Giovanni Battista Schellino ospita tra l'altro un interessante ciclo pittorico di Rodolfo Morgari (San Francesco che riceve le stimmate e Santa Margherita Maria Alacoque in contemplazione del Sacro Cuore di Gesù), mentre il San Michele della volta del presbiterio è opera del nipote, Luigi Morgari. Due importanti gruppi processionali in legno e stucchi policromi, detti localmente "I giudei" appartenenti all'antica Confraternita dei Penitenti Rossi (Batù Ross) sono tornati ad essere ospitati nella loro chiesa confraternitale, la recentemente restaurata Santa Trinità, di rimpetto alla Parrocchiale ed attualmente sede della sezione cortemiliese del Museo Diocesano di Alba, dove è esposta anche una storica reliquia, quella della Santa Spina, molto venerata sino a pochi decenni or sono. Il più antico dei due gruppi, detti nei documenti "casse della Passione", l' Ecce Homo è presumibilmente di epoca tardo barocca; dell'altro, la Flagellazione, sono documentati (Archivio Parrocchiale di San Michele) l'epoca di esecuzione - 1836/37 - il materiale (legno di tiglio) e gli autori, gli scultori savonesi Giacomo ed Antonio Brilla, quasi certamente autori anche del Cristo deposto dalla croce, già nella chiesa di San Rocco. (Cimitero). Nell'agosto 2012 è stato portato a termine con ottimi risultati - restauratrici Paola Galliano, Monica Siri, Ingrid Zaffiri - il difficile recupero di affreschi del XVII secolo che, a causa del precedente lungo periodo di abbandono e impropri interventi, tra cui rozze ridipinture e imbiancature, si ritenevano irrimediabilmente compromessi. Nella Parrocchiale di San Pantaleo è visibile, tra l'altro, un crocifisso ligneo del Quattrocento. Nel borgo omonimo alcuni edifici signorili mostrano, come l'imponente Palazzo Racca (già proprietà dei conti Luda), Casa Quaglia, Palazzo Rabino in via Cavour, l'antica e solida opulenza della borghesia locale nel XVIII e XIX secolo. Economia Agricoltura Benché buona parte dell'economia locale si basi sull'attività commerciale, artigianale ed industriale di qualità, l'agricoltura è uno dei principali fattori economici di Cortemilia ed è da tempo orientata verso la produzione di nocciole, nella varietà pregiata "Tonda Gentile delle Langhe" IGP, squisito ingrediente di molte produzioni dolciarie, anche industriali, di consumo europeo, nonché di molti piatti della cucina locale. Alla lavorazione della nocciola si dedicano alcune fiorenti e rinomate imprese di Cortemilia, che fa parte di associazioni nazionali per la promozione dei prodotti e dei luoghi di interesse turistico ed eno-gastronomico, come l'Associazione Città della Nocciola, i Borghi Autentici d'Italia ed altre. Tutti gli anni, alla fine d'agosto, si tiene, con un'elevatissima partecipazione di pubblico delle più svariate provenienze, la Sagra della Nocciola, giunta nel 2012 alla 58ª edizione. Qualitativamente pregiata la produzione vitivinicola, nell'ambito del dolcetto e del moscato. L'Ecomuseo dei Terrazzamenti e della Vite, che ha una delle sue sedi nella recentemente restaurata Cascina di Monte Oliveto, presso la Pieve, elabora e mette in atto molteplici iniziative di carattere culturale, educativo e di promozione locale. Nell'ambito della produzione vitivinicola il Dolcetto è il vitigno maggiormente diffuso sui terrazzamenti cortemiliesi. Il terrazzamento permette di creare uno straordinario microclima e il vino che ne deriva è di grandissimo pregio. Nel Dolcetto che si produce a Cortemilia la componente organolettica risulta essere veramente unica, tipico il profumo fruttato. Il colore è un rosso rubino molto intenso. Sui terrazzamenti sfruttando l'escursione termica estiva elevata si possono produrre ottimi vini bianchi, anche in questo caso con una matrice olfattiva davvero eccezionale. Artigianato Al momento l'economia locale sta elaborando strategie alternative per la valorizzazione delle proprie specificità e potenzialità dai punti di vista artistico, paesistico, eno-gastronomico, dell'artigianato di qualità, anche grazie all'impegno di diverse Associazioni che agiscono sul territorio. Cortemilia ospita diversi laboratori artigianali vocati alla produzione di qualità sia in ambito alimentare sia in altri campi, tra cui spicca quello dell'ebanisteria e della lavorazione della "pietra di langa", materiale di grande pregio di cui si sta estendendo l'utilizzo su vasta scala nell'edilizia e dell'arredo urbano. Commercio e turismo Caratterizzata da una spiccata vocazione commerciale -in dipendenza della propria collocazione geografica - Cortemilia ospita da tempo immemorabile due Fiere annuali, una "dell'Ascensione", che si tiene nel giorno della ricorrenza religiosa (il 1º maggio nel 2008, il 21 maggio nel 2009) e l'altra "di Santa Caterina", nella ricorrenza che fa memoria della martire cristiana del III secolo, il 25 novembre. Tipiche sin dal Medioevo delle società rurali europee le Fiere esercitavano un forte richiamo per il commercio di ogni genere di prodotto, specialmente quelli dell'agricoltura (nel caso di Santa Caterina, terminando tradizionalmente l'annata agraria poco prima, l'11 novembre, San Martino), del bestiame, dei panni e di molto altro. Conservatesi nella tradizione locale, pur avendo visto modificate naturalmente le caratteristiche dei prodotti offerti, ancor oggi, specie quella invernale, richiamano molti venditori e un fitto pubblico. Cortemilia è anche sede di un mercato settimanale e di numerosi eventi distribuiti durante l'anno, a partire dal Carnevale dell'Orso di Piume, l' International Music Competition (concorso musicale che si svolge tra settembre ed ottobre), concerti, rappresentazioni teatrali. Cortemilia è dotata di alcuni ristoranti tipici, raffinati alberghi, resorts di prestigio, accoglienti bed and breakfast, strutture agrituristiche, Recentemente nell'ambito della manifestazione, con la partecipazione della Coldiretti e dell'Ecomuseo dei Terrazzamenti, la Fiera di Santa Caterina promuove i prodotti tipici del territorio, con specifica attenzione a quelli biologici, primari o trasformati, dell'erboristeria e dell'artigianato locale. Seguono alcune immagini dell'edizione 2008 della Fiera di Santa Caterina: Evoluzione demografica Abitanti censiti Etnie e Minoranze Straniere Secondo i dati ISTAT al 1º gennaio 2011 la popolazione straniera residente era di 291 persone, rappresentando l'11,9% della popolazione residente (in aumento di 11 unità rispetto al 31 dicembre 2009). Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Romania 80 3,22% Albania 63 2,53% Macedonia 35 1,41% Svizzera 31 1,25% Marocco 26 1,05% Amministrazione Sindaco: Graziano Carlo Maestro Vicesindaco: Roberto Bodrito Giunta: Armando Secondino Rolando, Patrone Vincenzo, Crema Fiorenzo. Pallapugno Dalla fine dell'Ottocento fino agli anni cinquanta Novecento, il pallone elastico (oggi pallapugno, italianizzando il termine piemontese, balon a pugn, che ha sempre indicato questo sport) è stato lo svago principale di gran parte della popolazione maschile di Cortemilia, giovani e meno giovane. Stando ai racconti dei vecchi, vi erano almeno una ventina di luoghi diversi di Cortemilia - strade, piazze, frazioni campestri, poi due famosi cortili d'albergo, la "Corona Grossa" e "da Cigliuti" - dove si praticava questo gioco, sia - in due piazze - nella sua forma classica, "alla lunga", che poi troverà la sua consacrazione sportiva negli sferisteri, sia, soprattutto, nei modi "alla pantalera" e "al tetto", i quali necessitano di spazi meno ampi. La pallapugno, però, non era soltanto un fatto sportivo. Era molto di più, come ben sintetizzava la studentessa cortemiliese Luisella Garbero nella sua tesi di laurea La pallapugno e la pantalera a Cortemilia: un'indagine etnolinguistica. Per Cortemilia e per tutti i paesi di Langa - scriveva la Garbero - «...la pallapugno non era solo un semplice evento agonistico, sia pure importante, ma faceva parte integrante della vita del paese. Essa era divertimento, era passione, era sentimento, era vita». Il più celebre giocatore cortemiliese degli inizi è stato Luigi Robba, "Massimino" (1886). Erculeo, potente sia in battuta che al ricaccio, conseguì molte vittorie nei primi due decenni del Novecento. Stranamente, non partecipò mai ai campionati italiani, istituiti nel 1912, quando lui era al massimo della forma, in grado certamente di competere (in tornei molte volte li sconfisse) coi migliori giocatori italiani dell'epoca: Fuseri, primo campione d'Italia, Dompé, Del Piano, Maggiorino, Cigliutti, Balera eccetera. Concluse la sua carriera sportiva in modo davvero singolare. Sconfitto, in un torneo a Santo Stefano Belbo, da avversari certamente inferiori ma…molto più giovani (siamo nel 1927, Massimino aveva 41 anni), sulla via del ritorno verso Cortemilia fermò il calesse sul quale viaggiava e, dopo aver ammucchiato tutti gli indumenti di gioco sul ciglio della strada, vi diede fuoco, ripromettendosi di non giocare mai più. Altri bravi giocatori cortemiliesi di quegli anni furono Ludovico Pace, Giuseppe Bemer, Riccardo Grassi, Domenico Negro "Minot" e il dottor Giovanni Carena (1895) il quale durante gli anni universitari a Torino, giocò più volte con Riccardo Fuseri. Un cenno anche a Domenico Pallavicino (1906) e Aurelio Molinari (1909), il quale, avendo quasi sempre come spalla Angelo Rugo (1906), vinse parecchi tornei e partecipò anche ad alcuni campionati di 2ª categoria (l'attuale serie B). Molto noti anche alcuni giocatori dell'immediato circondario cortemiliese. Ricordiamo Dario Vassallo (1893) di Pezzolo, Francesco Reggio Ciò cru (1883) di Castino, Giuseppe Serafino, Gepot (1913) di Bergolo, che coi suoi fratelli Paolon e Gigiot e altri compaesani formò una squadra di pantalera praticamente imbattibile, specialmente quando si giocava sulla piccola piazza del paese. La grande tradizione bergolese proseguirà poi in anni a noi più vicini con i terzini Renzo Grasso, Elio Serafino e Giancarlo Grasso (per quest'ultimo quattro titoli italiani), e col battitore mancino Sergio Viglione (1942), due scudetti in serie B ed il merito non piccolo di essere stato, nel 1982, il primo capitano della rinata Pallonistica cortemiliese. Da ricordare anche Pierino Ravina Piru (1926) di Levice e Aurelio Defilippi (1932) di Castino. Entrambi in un modo o nell'altro, sono legati al più grande giocatore di pallone di sempre, Felice Bertola, nato nel 1944 a Gottasecca e vincitore di ben 12 campionati. Piru fu, in pratica, il primo maestro del giocatore di Gottasecca, col quale vinse nel 1960 il campionato di serie C. Defilippi, invece, proprio con Bertola che gli faceva da spalla, diventò campione d'Italia nel 1963 e nel 1964. Tornando a Cortemilia, dopo molti anni di quasi silenzio (nelle strade non si giocava più, per ovvi motivi: solo la passione di Bastian Marascio, che ogni anno organizzava nel vecchio sferisterio un bel torneo alla pantalera, riusciva a tener viva una sia pur esile fiammella), la svolta avviene nel 1981, quando il commendator Francesco Dezani, presidente della Federazione, incarica il campione di Monesiglio Carlo Balocco e il cortemiliese Lalo Bruna, insegnante di educazione motoria nelle scuole elementari del paese e allenatore di atletica, di tentare un non facile rilancio della pallapugno nella capitale della nocciola. Grazie alla competenza di questi due istruttori - e alla coraggiosa politica societaria di dirigenti lungimiranti - in pochi anni avviene il "miracolo". Cortemilia si risveglia dal coma in cui era precipitata e diventa, nel giro di un decennio, una delle "capitali" del balon, capace di vincere, dal 1984 al 2000, ben 23 scudetti, in tutte le categorie, per di più sempre con giocatori locali, "allevati" nel suo splendido vivaio. Qualche nome e qualche data. Stefano Dogliotti, che porta a Cortemilia i primi due scudetti della sua storia: juniores nel 1984, serie B nel 1986 (vincerà, nel 1997, anche il campionato di serie A, giocando per Spigno); Riccardo Molinari, di Scaletta Uzzone, primo in B a Cortemilia nel 1988 e poi due volte campione d'Italia (1991 e 1992) con Alba; Flavio Dotta, cairese originario di Castelletto Uzzone, 1988 vinse lo scudetto in serie B con spalla Marco Canaparo di Cravanzana, campione d'Italia nel 1993 a Cortemilia (con lui giocavano Valter Belmonte, Elio Bonino, Fabrizio Cerrato e la riserva Alessandro Garbero). E poi ancora: Luca Dogliotti, Alberto Muratore, Oscar Giribaldi, di Gorzegno, finalista in serie A nel 2007, i suoi compaesani (ma sempre "cortemiliesi" di scuola pallonistica) Cristian Giribaldi, Ivan e Diego Montanaro, Stefano Leone; Luigino Molinari, di Castelletto Uzzone; Stefano Busca, di Lequio Berria. Tutti, ancora oggi, protagonisti dei campionati maggiori. Poi, a partire dal 2001, di nuovo qualche anno di crisi, acuita dalla caduta della rete d'appoggio dello sferisterio. Ora si è ripartiti (2008), con uno sferisterio rimesso a nuovo e due squadre - una in C2 (Enzo Patrone, Massimo Balocco, Simone Vinotto, Paolo Moraglio, Simone Negri), l'altra nei promozionali - due squadre una di giovani e l'altra di "giovanissimi" che consentono alla pallapugno cortemiliese di restare in vita nonostante le mille difficoltà. Un commosso e affettuoso ricordo per quattro grandi presidenti della Pallonistica cortemiliese, morti tutti, per un tragico e assurdo gioco del destino, praticamente sul campo, due molto giovani, gli altri in età appena più matura: Tonino Minetto, Luigino Vassallo, Dario Mollea e Gianni Revelli. Se, nonostante molte difficoltà, si continua con fiducia, lo si fa anche per loro. La pallapugno è sport popolare e storico per eccellenza. Nel libretto della Cenerentola, la famosa opera lirica del pesarese Gioachino Rossini, un passaggio affidato a Dandini, nel lieto finale dell'opera, così dice: Gastronomia La "Nocciola Tonda Gentile" delle Langhe è il prodotto principe del territorio cortemiliese, dove raggiunge standard qualitativi di tutto rilievo: resa agronomica, dimensioni, peso, qualità organolettiche ottimali. La nocciola, lavorata professionalmente da alcune aziende specializzate del settore con sede in Cortemilia (Caffa, Marchisio, Canova), entra in molte produzioni dolciarie di pregio di grandi industrie piemontesi, ma è anche ingrediente di molte specialità locali, a partire dalla famosa "torta di nocciole" di cui esistono varie versioni, con farina di grano e semola o con solo sfarinato di gherigli, con aggiunta di cacao, aromi, liquori. È un dolce prelibato, offerto dalle rinomate pasticcerie locali e accompagnato dalla "nocciola tostata", irresistibile accompagnamento di aperitivi, o dalla "nocciola zuccherata", nel suo bianco mantello cristallino, festoso snack da sgranocchiare in compagnia. La nocciola entra ormai di diritto anche in numerosi specialità "salate" come condimento di tajarin e come morbido e delicato accompagnamento a carni rosse, pollame, cacciagione, e ancora in granella su prelibate e sottili fette di lardo. A Cortemilia è grande la scelta e la qualità dei vini, fra cui primeggiano il "Dolcetto dei Terrazzamenti", varietà locale del Dolcetto d'Alba, le barbere, i moscati. Formaggi, anche stagionati, di latte ovino e caprino, offerti con miele di castagno e mostarda (detta anche cugnà, un composto di marmellata di mosto d'uva, fichi, noci, mele, pere spezie), salumi di alta qualità, tra cui i pregevoli "filetti baciati", e la griva, antica e gustosa specialità locale a base di carni di maiale, arricchiscono l'invitante panorama gastronomico di questa Langa aspra e amichevole. La Sacra Spina di Cortemilia . Una tradizione, attestata da documenti settecenteschi, riporta che nel 1095 un pio cavaliere di Cortemilia, feudatario di un vasto territorio compreso tra le valli Belbo e Bormida, partì per la Prima Crociata. Nel 1099 al seguito dell’esercito di Goffredo di Buglione, questo cavaliere combatté per la conquista di Gerusalemme. Dopo un anno passato nella Città Santa, si mise sulla via del ritorno in patria. Nel 1100 il cavaliere era a Costantinopoli, dove intendeva rendere omaggio alle Sante reliquie di Cristo conservate nel Palazzo imperiale. Qui, in qualche modo, si impossessò di tre spine e lasciò la capitale dell’Impero bizantino. Il cavaliere s’imbarcò su una nave genovese, ma durante il viaggio la nave fu attaccata dai pirati e cadde prigioniero. Allora fece un voto: qualora fosse stato liberato, avrebbe costruito una cappella per custodire le Sacre Spine, nel primo villaggio del suo feudo sul quale avesse posto piede. Le preghiere del cavaliere furono esaudite. I pirati furono attaccati in mare aperto da una nave genovese ed i prigionieri furono liberati. In tal modo egli raggiunse il porto di Genova e da qui s’imbarcò per Savona, città vicina ai suoi possedimenti. In breve raggiunse Montechiaro d'Acqui, il primo villaggio dei suoi feudi e diede ordine di costruire una cappella votiva, nella quale depose le tre spine portate da Costantinopoli. Dopo la morte del cavaliere, la cappella delle Sacre Spine fu trasformata in una chiesa che ogni anno, nel periodo pasquale, diventò meta di pellegrinaggi da tutti i territori circostanti. Nel secoli seguenti crebbe il disappunto degli abitanti di Cortemilia, che reclamavano il possesso delle reliquie in virtù del fatto che il cavaliere era originario di codesta città. Nel 1542 il vescovo di Acqui, per dirimere le controversie tra gli abitanti di Cortemilia e quelli di Montechiaro sul possesso delle tre Sacre Spine, decise che una di queste fosse donata a Cortemilia, dove fu portata con solenne processione, ponendo fine a secolari discordie. La Spina è oggi conservata nella sezione di Cortemilia del Museo Diocesano di Alba, collocato nella Chiesa Confraternitale della Santissima Trinità (detta localmente "dei Batu Ross") nella Piazza Don Demetrio Castelli, di fronte alla Parrocchiale di San Michele Arcangelo. Dal luglio 2012 una serie di otto illustrazioni di Severino Baraldi stampate su pietra, dedicate alla leggenda della Sacra Spina di Cortemilia e Montechiaro d'Acqui, sono esposte in modo permanente in via Cavour, sulla base di un "progetto museale a cielo aperto" a cura di Giordano Berti e Letizia Rivetti. Nella di Cortemilia A Cortemilia, al suo Castello e a quelli di Borgomale e Bergolo è legata una leggenda popolare che ha per protagonista Nella, infelice eroina di una storia d'amore contrastato. Tale leggenda è nota a molti perché il prof. Giuseppe Bottero, insegnante nelle Scuole Tecniche e Ginnasiali di Cortemilia ne ricavò il dramma storico Nella di Cortemilia, edito in Cortemilia nel 1915 dalla Tipografia Editrice Fratelli Miretti. L'opera teatrale (che è forse essa stessa all'origine della "leggenda") è divenuta patrimonio culturale del paese ed ha avuto notevole fortuna locale e frequenti rappresentazioni sino ai giorni nostri. La storia ha un antefatto: mentre il cavaliere Olderico è lontano per le crociate la moglie Adelaide, che attende un figlio, viene fatta oggetto di turpi attenzioni da parte del cognato Lionello che essa sdegnosamente respinge, venendo per questo reclusa nel castello di Borgomale. Qui partorirà una bambina a cui sarà dato il nome di Stefanella, poi chiamata semplicemente Nella. Adelaide muore e la bambina viene affidata alla famiglia di un gastaldo che vive nel Borgo della Pieve dove cresce in grazia, purezza e leggiadria convinta di una propria umile origine. Di lei si innamora il giovane e prode cavaliere Oldrado, figlio del bieco Lionello, il quale però tenta di ostacolare l'amore dei due giovani, facendo rinchiudere la fanciulla in un'altra cupa fortezza vicina. Preso però dal rimorso della doppia malvagità compiuta verso madre e figlia, consigliato dal Padre Superiore del Convento francescano, libera Nella ed acconsente al matrimonio. Mentre si sta preparando la festa in gaudio e letizia, sopraggiunge una delle tante terribili inondazioni della Bormida e dell'Uzzone e la povera Nella è in grave pericolo di esser travolta dalle acque turbinose nella sua piccola casa del Borgo della Pieve. Benché l'innamorato tenti disperatamente di raggiungerla sfidando le onde impetuose dei fiumi in piena, essa alla fine è trascinata via dalla corrente rapinosa e muore prima che Oldrado possa salvarla, gettando l'amato e tutto il paese di Cortemilia nel lutto più profondo. Tradizione Tra il 1844 e il 1845 fu parroco di San Michele (subito dopo l'assegnazione delle due parrocchie ad un Arciprete ciascuna, rispetto all'unico sacerdote sino ad allora operante) Mons. Andrea Formica, che divenne Vescovo di Cuneo una ventina d'anni dopo. Tra la gente del paese circolava uno scherzoso proverbio: «Pòvra Curtmija, cumandà da'n Can, da 'n Gat e na Furmia!» (Povera Cortemilia, governata da un Cane, un Gatto e una Formica) Cane e Gatti, cognomi molto diffusi ancor oggi, erano probabilmente sindaco e vicesindaco dell'epoca. Nella tradizione popolare del territorio circostante i cortemiliesi venivano talora definiti spèlacrìst, espressione non proprio lusinghiera (spellatori di Cristo!) che voleva sottintendere la tendenza dei nostri antichi mercanti ad approfittare, con pochi scrupoli, di una vasta quanto ingenua clientela. La probabile origine del nomignolo (straninòm) sta forse anche nei due gruppi processionali, dell' Ecce Homo e della Flagellazione gelosamente custoditi per molto tempo, e recentemente tornati, nella Chiesa confraternitale dei Battuti Rossi, la Santissima Trinità, oggi sede della sezione cortemiliese del Museo Diocesano di Alba e molto ammirati (forse anche invidiati) nei paesi del circondario. Il potagé «T.S. Biolley, in Torino, contrada della Palma - oggi via Viotti - continua a tenere il suo negozio ben provvisto di rame e di varii metalli, di stufe in ghisa colle loro marmitte, utensili di cucina, cassie e griglie da potager, placche tubi alari (brandé), mortai, poggiuoli inferriate ornati ruote girelle oggetti di manifatture ecc., come pure stufe eleganti ad uso di appartamenti combinate con tubi e piastre, placche per la rarefazione dell aria e l'economia del combustibile. Il suddetto s'incarica pure della formazione di qualunque modello di ghisa fina e suscettibile alla lima. Ogni cosa all ingrosso e al minuto ed a prezzi discreti». Il potagé fu per almeno due secoli un elemento fondamentale della cucina delle case popolari, prevalentemente nei centri abitati più o meno grandi, come Cortemilia. Fu un primo modello di quelle che sarebbero poi diventate le "cucine economiche", per la cottura dei cibi in ambito famigliare. L'"economicità" consisteva nel ridotto e più razionale uso del combustibile, braci, carbone di legna o minerale che veniva in tal modo sfruttato al meglio delle sue potenzialità. Quasi sempre il potagé era ricavato nel vano di una finestra, che poteva restare aperta (in periodo estivo) o chiusa durante il suo uso, in quanto quel genere di cottura non produceva fumo. Si formava un doppio ripiano dove erano murate le "casse" in ghisa, a tronco di piramide rovesciata, di diverse dimensioni, con griglia di fondo. Nel ripiano inferiore c'erano le prese d'aria per ciascuna cassa. Per cuocere o riscaldare i cibi si riempiva per tre quarti la cassa con braci e carbonella, vi si sistemava sopra la pentola o la padella e poi si sventolava sotto con un soffietto o un ventilabro fatto con penne di gallina o di tacchino. Il sistema era efficace e, specialmente in periodo estivo, permetteva cotture sufficientemente rapide ed omogenee dei cibi, appunto in modo "economico". Le braci, a cui si poteva aggiungere carbone o carbonella, potevano essere prodotte da un focolare domestico o imprestate e scambiate con i vicini. Nei caseggiati popolari il "fuoco" era un bene comune, e non si negava a nessuno, come l'acqua. Proverbio legato al fuoco " Chi u i'a d'bzögn d'r feu c'u sporza u dì", Chi ha bisogno del fuoco porga il dito (per appendervi il braciere), ossia aspettare sempre che i favori vengano richiesti, non farli di propria iniziativa. Modo di dire: «Truvè 'r gatt n's'er potagé», cioè: trovare il gatto sul focolare, trovare la casa fredda ed ancora il fuoco da accendere e il cibo da cuocere, segno di pigrizia e trascuratezza. Persone legate a Cortemilia Ileana Ghione (1931-2005): attrice Progetto Eden Per il 2008 il Comune di Cortemilia ha partecipato al Progetto Comunitario "Eden 2008 - Destinazione di eccellenza per il patrimonio immateriale" presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per lo Sviluppo e la Competitività del Turismo" ed ha ottenuto una segnalazione tra i 30 migliori progetti presentati, per l'Ecomuseo dei Terrazzamenti e della Vite, oltre che per altre iniziative nei settori dell'energia, della raccolta differenziata dei rifiuti e del riciclaggio, e della valorizzazione del patrimonio culturale. Galleria fotografica Note ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2010. ^ Statuto della Comunità Montana Alta Langa. URL consultato il 22 luglio 2011. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012. ^ Cfr. Le Sacre Spine in Piemonte ^ Gazzetta Piemontese dell'8 novembre 1831 - in Google Libri. Bibliografia Comune di Cortemilia - Archivio Storico. Archivio Parrocchiale della parrocchia di San Michele in Cortemilia. Archivio Parrocchiale della parrocchia di San Pantaleo in Cortemilia. Gazzetta Piemontese. Varie annate. Mons. Georges Du Cange, et al., Glossarium mediæ et infimæ latinitatis, Niort: Paris. L. Favre, 1883-1887. Giuseppe Canonica, La Zecca di Cortemilia dei Marchesi del Carretto, Carmagnola, Libreria editrice J. Clava, 1914. Giuseppe Luigi Martina, Cortemilia e le sue Langhe, Saggio Storico, Torino, Audasso, 1955. Braida, Gianangelo, Cortemilia e le Langhe nei tempi antichi: ricerche storiche, Savigliano, Tipografia Bressa, 1877. Goffredo Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino, G. Maspero, 1836/1840. Antonio Rolandi e Marcella De benedetti, Tracce di architettura spontanea nelle Langhe dal sec. XVII al secolo XIX, Cuneo, Liprandi, 1999. Giovanna Galante Garrone, Studi e ricerche sul gotico pittorico in Basso Piemonte, Saggi presso editori vari. Lucia Carle (a cura di), Pezzolo valle Uzzone. La storia, l'identità, il territorio, con testi di Silvia Belforte, Carla Canonica, Paolo Cornaglia, Giovanni Destefanis, Carlo Dottor, Loredana Fracchia, Gianmaria Mezzano, Teresa Pochettino, Manuela Roatta e fotografie di Carlo Dottor (anno e luogo di pubblicazione?). Anna Maria Molinari, Il Castello di Cortemilia. Archeologia e storia, tesi di Laurea presso l'Università di Pavia (anno e luogo di pubblicazione?). Giuseppe Bottero, Nella di Cortemilia. Dramma Storico, Cortemilia, Tipografia Editrice Fratelli Miretti, 1915. La Langa tra Bormida e Uzzone. Così antica, così attuale, Umberto Soletti Editore, 2008. Voci correlate Alfieri (famiglia) Altri progetti Commons contiene immagini o altri file su Cortemilia
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