Destinazioni - Comune

Pralormo

Luogo: Pralormo (Torino)
Pralormo (Pralòrm in piemontese) è un comune italiano di 1.923 abitanti (dati Istat al 31/12/2008) della provincia di Torino. Il paese si adagia su una collina situata in un'area di transizione tra le estreme propaggini del Pianalto e l'inizio del Roero. Il toponimo è la sintesi di due parole pratum ad ulmum, nome invalso probabilmente dalla tradizione longobarda di piantare piante (olmi, querce,etc.) in punti simbolici dell'abitato. L'ultimo esemplare monumentale occupava l'angolo posto tra via Carlo Morbelli e piazza Vittorio Emanuele II: fu abbattuto da un fulmine ad inizio Novecento (nella sala Consigliare sono custodite due fotografie originali dell'epoca incorniciate con la corteccia della pianta). Storia Numerose citazioni su Pralormo compaiono nel XIII secolo, ma è opinione di molti storici che l'origine sia più antica e che la località sia identificabile con la Predarolo citata nell'atto di donazione del 14 marzo 1065 nel quale Adelaide di Susa, figlia del marchese di Susa e conte di Torino Olderico Manfredo II, cedeva diverse terre al vescovo di Asti. Le vicende storiche più significative per la formazione dell'attuale centro storico di Pralormo sono concentrate nei secoli XIII e XIV, che coincidono con la pianificazione territoriale portata a compimento dall'allora potentissimo comune di Asti al fine di rendere sempre più sicure le vie del commercio dei mercanti astigiani verso l'Europa. All'inizio del Duecento Pralormo sembra essere suddiviso tra due importanti famiglie: i signori di Anterisio e i Desaya da un lato, che controllavano il settore da Ceresole a Stuerda fino al torrente Rioverde, e i Gorzano dall'altro, che estendevano loro influenza verso ovest fino al margine dei rilievi che si affacciano al torrente Rioverde. Dagli scarsi documenti rinvenuti si desume che il primo insediamento di Pralormo fosse localizzato a sud-est del paese, nella località dove oggi sorge il pilone votivo dedicato a San Donato, patrono della comunità. A testimonianza di ciò vi sono numerosi resti, anche umani, che attestano la presenza di un cimitero e dell'antico insediamento successivamente abbandonato e spostato verso l'attuale sito in conseguenza della guerra tra i signori di Biandrate e il comune di Asti. L'autorevole esperto di storia del Roero Baldassarre Molino sostiene l'ipotesi che il nuovo centro di Pralormo sia sorto contemporaneamente a quello di altri paesi quali Poirino, Canale, Montà, Buttigliera d'Asti attorno alla metà del Duecento. Nel 1276 come si desume da una convenzione con il comune di Asti, i Gorzano sembrano essere i soli signori del castello e del luogo di Pralormo. Tuttavia all'inizio del secolo XIV troviamo consignori del feudo di Pralormo i Pelletta e qualche decennio più avanti i Roero, famiglia che conserverà il feudo almeno in parte fino agli anni venti dell'Ottocento. Secondo il Guasco il 17 novembre 1339 Giovanni Secondo Paleologo Marchese di Monferrato e signore di Asti, investì del luogo Manfreacio (o Manfredo) Roero. Il feudo fu variamente ripartito fra diversi consignori: alle tre linee costituite dai figli di Manfreacio si aggiunsero altre famiglie che per brevi periodi godettero di porzioni anche minime di castello, giurisdizione, beni. I secoli XVI e XVII furono molto importanti nella storia del feudo perché alla famiglia dei Roero si affiancarono nuove famiglie: i Costa della Trinità e di Polonghera, i Petrina, i Dal Pozzo di Voghera, i Beraudo, e i Ferrero della Marmora. Tutto ciò dipese dal fatto che nel XVI secolo si estinsero due linee dei Roero la cui eredità spettò, in virtù di accordi matrimoniali, ai Costa di Arignano e di Polonghera e ai Costa della Trinità. Infatti nel 1574 Luciana e Caterina Roero ultime discendenti di Gerolamo Roero divisero l'eredità paterna. Questo atto rappresenta un momento importante della storia di Pralormo per due motivazioni:la prima è che in esso sono contenuti preziosi dati sulla storia del paese e delle cascine che facevano parte della divisione ereditaria, la seconda è che da qui iniziarono innumerevoli trasmissioni ereditarie e alienazioni che portarono nel feudo nuove famiglie. Infatti il 15 novembre 1679 Cristina Broglia, vedova di Giorgio Maria Costa della Trinità, cedette un terzo del feudo a Giacomo Beraudo che ne fu investito nel maggio del 1680. Giacomo Beraudo, presidente del senato, ottenne il 20 gennaio 1680 la concessione del titolo comitale per la porzione di giurisdizione da lui acquisita sul luogo. Sempre nel 1679 Felice Ferrero della Marmora acquistò dal cognato Francesco Costanzo di Polonghera la restante terza parte del e del castello. Nella storia del paese si possono identificare due importanti figure storiche appartenenti rispettivamente al XVIII e al XIX: il cardinale Giovanni Battista Roero e il conte Carlo Beraudo di Pralormo. Il primo nato ad Asti nel 1684 fu vescovo di Acqui dal 1727 fino al 1744 anno in cui venne nominato arcivescovo di Torino. Raggiunse l'apice della carriera ecclesiastica con l'elezione al cardinalato nel 1756. A testimonianza della operosa attività di Giovanni Battista Roero rimangono tra le varie opere fatte realizzare a Torino la facciata della chiesa di S. Teresa dei Carmelitani Scalzi. Il conte Carlo Beraudo di Pralormo ricoprì un ruolo importante nella grande storia della prima metà del XIX secolo. Iniziò la sua carriera nella legazione sarda di Berlino (1814 – 1817) e di Parigi (1820 – 1821). Fu ministro plenipotenziario a Parigi e a Vienna e per i meriti acquisiti ricoprì il ruolo di ministro delle finanze; successivamente fu ministro dell'interno del Carlo Alberto di Savoia. Nominato senatore nel 1848, negoziò con l'Austria la pace di Milano nel 1849. Nel 1850 si ritirò a vita privata e gli venne conferita l'onorificenza del collare dell'Annunziata e la dignità di Ministro di Stato. A quest'ultimo si deve l'unificazione della proprietà del feudo intorno al 1830, quando acquistò dai Roero e dai La Marmora le altre due parti. Monumenti Parrocchiale di San Donato La fisionomia del paese è fortemente caratterizzata dalla Parrocchiale di San Donato, edificata nel 1931-1932 dove sorgevano la precedente canonica e l'antica confraternita di San Bernardino. Nell'abside si conserva il trittico di Jacopino Longo raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Giacomo e Donato (1546). Il quadro venne rubato da ignoti nel marzo del 1997, ma nel dicembre 2000 venne riconsegnato alla nostra comunità dal Comando dei Carabinieri di Savigliano. Di particolare interesse è l'organo a canne costruito per l'antica parrocchiale nel 1898 dall'organaro Antonio Mola e la Pietà con un angelo opera di Carlo Giuseppe Plura degli anni 1715-1720 circa, in legno scolpito e dipinto, restaurata negli anni 2007-2009 da Luisa Mensi, Torino. La nuova chiesa parrocchiale, resasi necessaria per sopperire alla scarsa capienza e ai numerosi problemi strutturali di quella più antica, nacque dalla volontà dell'allora parroco don Teobaldo Massasso e dagli enormi sacrifici di tutti Pralormesi. Circa questi ultimi si ricorda che tutti contribuirono come poterono: chi portando sabbia e ghiaia dal torrente Rioverde, chi scavando le fondamenta e, per finire, chi donando il ricavo dei commerci domestici. Poco distante si trova l'antica parrocchiale costruita tra la fine del XVII e i primi anni del XVIII secolo, attualmente in parziale stato di abbandono. Castello Beraudo di Pralormo Poco distante si trova il Castello Beraudo di Pralormo, la cui prima costruzione risale al XIII secolo come parte del sistema di fortificazioni di questa zona del Piemonte contesa tra Asti e i Biandrate. Lo possedettero i Gorzano, i Pelletta e dopo la definitiva vittoria di Asti, Manfredo Roero ed i suoi discendenti. Nel 1680 Giacomo Beraudo acquisì il terzo del castello posto verso sud e venne investito del titolo di conte dalla reggente Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours. Nel 1730 circa venne edificata la cappella dall'architetto Galletti, poi sopraelevata con un bel salone affrescato. Ma è da attribuire al conte Carlo Beraudo la ristrutturazione dell'intero edificio, affidata nel 1840 all'architetto di corte Ernesto Melano. In quest'opera di ammodernamento vennero aboliti il fossato ed il ponte levatoio, costruiti il portico d'ingresso, un grandioso scalone e venne coperto il cortile centrale, trasformato in salone a doppia altezza. In quella stessa epoca il piccolo giardino di rose, sul lato sud citato già nel XVI sec. venne trasformato in parco all'inglese ad opera dell'architetto Xavier Kurten. Sul finire del secolo il nipote del ministro fece edificare l'Orangerie, la grandiosa cascina e la serra in vetro e ferro opera dei fratelli Lefevre di Parigi. Tuttora abitato dalla Famiglia Beraudo, il Castello è visitabile con un percorso guidato. Torre di segnalazione Nel mezzo del percorso panoramico che collega le due costruzioni sorge la Torre di segnalazione del XIII secolo, successivamente trasformata in torre campanaria. e in tempi moderni in torre dell'orologio. È curioso sapere che il primo orologio montato sull'edificio risale al dicembre 1749 quando il sindaco e la comunità decisero di acquistarne uno. Nella compravendita intervenne il Conte Beraudo il quale riuscì a trovare un orologio “di seconda mano”, peraltro in ottimo stato e “a poco prezzo”. L'orologio proveniva dai Padri della Certosa di Collegno, che avevano deciso di disfarsene perché troppo rumoroso per le esigenze del convento. Santuario della Beata Vergine della Spina Vi è poi il Santuario della Beata Vergine della Spina: secondo la tradizione venne eretto dopo che un'immagine della Vergine dipinta su un pilone e graffiata ad un occhio da uno spino, emise sangue. I primi cenni storici si ricavano dalla relazione della visita pastorale del vescovo di Asti monsignor Domenico della Rovere effettuata nel 1585. In essa si parla di gran concorso di popolo a motivo dei molti miracoli operati e si descrivono due altari presso i quali si celebrava la Messa. Da un bollettino parrocchiale, redatto da don Carlo Pressenda rettore del Santuario nel 1925, si apprende che l'altare maggiore fu costruito nel 1632. La chiesa fu custodita da diversi ordini religiosi che abitarono nell'attiguo monastero, di cui si possono citare i Trinitari (1639-1652), i Cistercensi (1681-1797). L'edificio del monastero venne costruito a metà del Seicento su terreni donati da Gaspare Petrina, signore del luogo. Dal 1797 al 1833 il monastero appartenne ad un certo Giuseppe Farò di Torino. Nel 1833 fu acquistato dai marchesi Ferrero della Marmora. Nel 1877 don Elia Francesco, in riconoscenza per l'ottenuta guarigione da una lunga malattia, risanò la Chiesa affidando il rinnovo delle pitture interne a un famoso pittore della zona, Felice Barucco, che dipinse le figure ai lati quadro della Beata Vergine e le volte. All'inizio del Novecento il monastero passò alle figlie di San Filippo. Sono da attribuire a don Rodolfo Piglione i lavori di restauro che modificarono sensibilmente la facciata del santuario a cui vennero aggiunti i due campanili e il piccolo portico, inoltre venne abbattuta la cupola conica posta sul campanile cilindrico. Dal 1991 la proprietà è delle monache adoratrici del Cottolengo. La festa della Beata Vergine della Spina si celebra il 15 agosto con la solennità dell'Assunta. L'acqua Le Peschiere L'acqua a Pralormo prende forma nelle Peschiere: diffuse in tutto il Pianalto, sono concentrate verso i comuni di Carmagnola, Poirino, Pralormo, fra la statale Torino Alba e il Rio Secco. Questi bacini artificiali o semiartificiali, per lo più collocati nei pressi delle cascine e delle borgate, nascono dalla necessità di raccogliere la maggior quantità d'acqua piovana e di scolo possibile da destinare all'irrigazione e all'abbeveramento degli animali. Pralormo come quasi tutti i comuni dell'altipiano è caratterizzato dalla mancanza di torrenti e dall'isolamento dalle acque superficiali scendenti dalla catena alpina. Il carattere argilloso della nostra terra rossa permette la creazione di questi invasi caratterizzati da un'ottima tenuta: attualmente vengono utilizzate per l'irrigazione ma ancor più che nel passato per l'allevamento delle tinche, funzione da cui deriva il nome peschiera. La superficie delle peschiere che si prestano all'irrigazione varia circa da 4.000 a 10.000 m2, mentre per le loro dimensioni solo due bacini della zona escono dall'ordinario e vanno considerati a parte: il lago della Spina e quello di Ternavasso. Per la loro realizzazione si sfruttavano anche depressioni naturali che venivano sbarrate sui restanti lati. La profondità media non supera i 2,50-3,00 m perché se da una parte favorisce una maggiore raccolta d'acqua per l'irrigazione dall'altra una maggiore profondità danneggia l'allevamento delle tinche. Lago della Spina Vi è il Lago della Spina che mutua il suo nome dal omonimo Santuario della Spina. I primi lavori per la realizzazione del lago iniziarono nel 1827 per iniziativa del conte Vincenzo Sebastiano Beraudo, purtroppo queste prime opere andarono perse. Nonostante ciò l'ambizioso progetto di creare un bacino artificiale per l'irrigazione dei prati circostanti non venne abbandonato e qualche anno più tardi per iniziativa del conte Carlo Beraudo e del Marchese Ferrero della Marmora, consignore di Pralormo, si ricominciarono i lavori. La direzione di questi venne affidata all'ingegnere idraulico Cavaliere Barabino, che realizzò un'opera di enorme prestigio non solo per le dimensioni, ma anche per l'ingegnoso meccanismo d'irrigazione di cui dotò l'invaso. Infatti realizzò un sistema di irrigazione che tramite un galleggiante raccoglieva solo l'acqua più superficiale “più fertile”, evitando di tagliare la diga tutte le volte che fosse necessario irrigare. Il bacino ha una superficie di 120 giornate piemontesi di terra ed è posto nella valle del Rio Torto; l'argine è di 20 m d'altezza, 50 m di larghezza alla base e 300 m di lunghezza. Nel lago confluiscono le acque del rio Torto e del Rissarasco che un tempo venivano convogliate attraverso un tunnel in muratura oggi non più utilizzato. Dopo l'alluvione del 1994 e i danneggiamenti alla diga in terra battuta, il livello del bacino viene mantenuto basso. Tuttavia il lago e tutti boschi che lo circondano costituiscono un patrimonio ambientale preziosissimo, che valorizza il territorio. Nel 1994 venne nominato un Commissario per la messa in sicurezza dell'invaso: gli interventi per la realizzazione degli organi di scarico, per il consolidamento del corpo diga e per la riapertura delle gallerie di adduzione sono iniziati nel dicembre 2008 e si concluderanno nella primavera del 2010. La terra Il terreno argilloso dalla particolare colorazione rossastra, non risulta adatto solamente alla realizzazione di peschiere per la sua impermeabilità: si è rivelato da sempre un ottimo materiale per la fabbricazione di mattoni, al punto che tale attività ha da diversi decenni assunto risvolti industriali. Si trovano cenni storici sulla presenza di fornaci “domestiche” anche in un atto di vendita del 1342 fra i consignori di Pralormo, in cui fra i vari beni e possedimenti viene citata una fornace, con la relativa argilla e gli edifici necessari per la cottura dei mattoni. Questa fornace deve essere stata molto importante e soprattutto devono esservi stati cotti mattoni per così tanto tempo da lasciare traccia nella toponomastica; infatti in località Carpeneto (probabile luogo di ubicazione della fornace) ancor oggi si trova una zona denominata “furnasa”. Lo stesso Castello aveva all'interno una fornace di cui rimane traccia in una controversia tra i consignori. Oggetto della lite l'eccessiva vicinanza della medesima ad un pagliaio, con il conseguente pericolo di incendi. Sovente piccole fornaci “domestiche” venivano costruite direttamente sui siti dove si volevano erigere case o altri edifici. Manifestazioni Il parco del castello di Pralormo, in sé di grande interesse storico e paesaggistico essendo stato progettato dall'architetto di corte Xavier Kurten artefice dei più importanti giardini delle residenze sabaude, ospita da alcuni anni una nutrita fioritura di tulipani. L'importanza della manifestazione è accresciuta dalla sua eccezionalità: Messer Tulipano è infatti l'unico parco storico dedicato ai tulipani in Italia. La comunità di Pralormo festeggia la Madonna della Spina in occasione della solennità dell'Assunta e San Donato, Patrono di Pralormo. La prima ricorrenza si svolge con la processione che parte dal lago della Spina e termina al Santuario con la celebrazione della Santa Messa. Questa festa è particolarmente sentita dai Pralormesi che da secoli affidano le loro paure e speranze a questa Madonna. A testimonianza di ciò ci sono i numerosi ex voto e una targa apposta il 1º gennaio 1995 dalla comunità per lo scampato pericolo del crollo della diga del lago, durante l'alluvione del novembre del 1994. La festa di San Donato si svolge in due momenti: il 7 agosto si celebra la festa religiosa con la processione della statua del santo fino al pilone del Santo omonimo posto fuori dal paese, mentre durante il primo lunedì di settembre e la domenica precedente si svolge la parte laica della festa con la corsa del carro e la fiera di San Donato. A Pralormo, come in altri paesi del Piemonte, è usanza far correre il carro in occasione della festa patronale La tradizione vuole che sia un carro di legno a quattro ruote trainato da buoi ma con il passare del tempo è stato modernizzato e adatto alle varie realtà locali. Il principale scopo della corsa del carro era quello di raccogliere fondi per le necessità della Chiesa dedicata al Santo Patrono. Con il tempo a questo primo aspetto se ne aggiunsero altri quali la processione per le vie del paese, la recita degli stranot e l'incanto del cappello. Si fa riferimento alla corsa del carro a Pralormo da almeno un paio di secoli e Mons. Conti Pietro Giuseppe nel su libro “Avventure di un parroco nella diocesi di Asti” del 1903 riferisce di aver trovato citazioni del carro nell'archivio parrocchiale dell'epoca risalenti al 1734. Gli stranot sono poesie dialettali i cui contenuti o inneggiano le azioni buone e beffeggiano quelle meno buone di quanti sono preposti alla gestione del bene comune. L'incanto del cappello, altra peculiarità del carro di Pralormo e di pochi altri nella zona, ricorda le “badie” o compagnie virili, un tempo molto in voga nei paesi. La conquista del cappello tramite incanto conferiva a chi ne veniva in possesso, potere, autorità e immunità e lo incoronava “Re della festa”. Evoluzione demografica Abitanti censiti Amministrazione Note ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2010. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012. Bibliografia O.APPENDINO, Il Santuario e il monastero della Beata Vergine della Spina, Pralormo,1995 O. APPENDINO, Quando a Pralormo salvò dai tedeschi 60 ostaggi, Gazzetta d'Asti del 10/11/2000 E. BARBERO, Ricerche storico giuridiche sui Roero di Pralormo, tesi di laurea 1996-1997 B. MOLINO, I castelli scomparsi, in “Pralormo Vivo”, Pralormo 1993, (2º semestre) pp2–3 P.G. CONTI, Avventure di un parroco della diocesi di Asti, Torino, 1904 A.A. V.V., Studi geografici su Torino e il Piemonte, Torino,1954 A.A. V.V., Il Piemonte paese per paese, Firenze 2003 Altri progetti Commons contiene immagini o altri file su Pralormo
Immagine descrittiva - c
Risparmia sul tuo hotel - hotelscombined.it

Cosa vedere