Luogo - Monumento
Museo Nazionale di Castello Pandone
Luogo:
Via Tre Cappelle, snc, Venafro (Isernia)
Il percorso museale ha inizio con le più antiche testimonianze pittoriche molisane, i frammenti di affresco del VII secolo da Santa Maria delle Monache di Isernia, e prosegue con opere medievali quali l’affresco con i Santi Bartolomeo e Michele dalla chiesa di San Michele di Roccaravindola e la scultura trecentesca della Madonna con Bambino da Santa Maria della Strada di Matrice.
Il polittico con scene della Passione di Cristo, realizzato in alabastro nel XV secolo da una bottega inglese di Nottingham, è indicativo di una committenza esigente, tutt’altro che estranea all’internazionalità del gusto, ruotante intorno alla chiesa dell’Annunziata di Venafro e all’importante Confraternita dei Flagellanti.
Opere prodotte a Napoli per il Molise o da artisti molisani formatisi a Napoli nel Sei e Settecento sono state poste ‘in dialogo’ nel percorso museale con dipinti provenienti da importanti musei statali: Museo Nazionale di Capodimonte e Museo Nazionale di San Martino, Napoli; Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini, Roma; Palazzo Reale, Caserta.
Scaturisce un itinerario nella pittura centro-meridionale al cui interno è possibile notare la Madonna con Bambino e santi dalla Chiesa del Carmine di Venafro, che il raro pittore napoletano Simone Papa, allievo di Belisario Corenzio, firmò e datò 1612 influenzato dalla pittura tardo manierista e dal realismo caravaggesco. Raccoglie disegni e stampe appartenenti a famiglie di artisti provenienti dal centro molisano di Oratino – i Brunetti, i Falocco, seguaci di Francesco Solimena – la collezione di Giacomo e Nicola Giuliani, di cui viene esposta una selezione illustrante disegni di soggetti sacri decorazioni per edifici civili e arredi.
Spicca la qualità del San Sebastiano curato da Irene, proveniente dalla Chiesa Parrocchiale di Gildone, del caravaggesco Giuseppe Di Guido, in precedenza detto “Maestro di Fontanarosa”, che si esalta nel confronto con l’Andata al Calvario di Pacecco De Rosa, (Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli), in cui il realismo caravaggesco – che ispirò anche due suoi maestri, Massimo Stanzione e Filippo Vitale - si coniuga con il classicismo emiliano e romano. Di quest’ultima linea culturale De Rosa fu il più convinto seguace, essendosi accostato al bolognese Domenichino, attivo a Napoli fin dal 1631.
Per la pittura della fine del Seicento e del Settecento due artisti napoletani furono punto di riferimento per l’Italia e l’Europa. Uno è Luca Giordano, che, dopo l’iniziale influenza del naturalismo di Ribera, attraversò la penisola per studiare le opere di Pietro da Cortona, Tiziano, Veronese ed elaborò un proprio linguaggio pittorico vivace e rutilante, fluido fino quasi alla dissolvenza formale e luministica. All’ambito di questo maestro è attribuito Pan e la ninfa Siringa (Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli). L’altro è Francesco Solimena, che sviluppò uno stile tra il naturalismo e il barocco di Giovanni Lanfranco e Mattia Preti, concreto e definito come nella Madonna con Bambino della Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini di Roma, ove è quella saldezza formale ricorrente in pale d’altare e decorazioni scenografiche. Con i due citati protagonisti della scena pittorica si confrontarono inevitabilmente gli altri artisti, interpretandone le novità e diffondendole nei diversi territori. Per il Settecento spiccano per qualità a Venafro la Madonna con Bambino e san Nicola da Tolentino, dalla Chiesa di Sant’Agostino in Venafro, opera di Nicola Maria Rossi, molto influenzato da Solimena, oppure i Misteri del Rosario di un Seguace di Francesco De Mura, dalla Chiesa di Sant’Agostino in Venafro. A suggerire il gusto per la pittura di genere, che probabilmente caratterizzò le dimore della nobiltà napoletana in Molise, sono state esposte nature morte di Gaetano Cusati (Museo Nazionale di San Martino, Napoli), che contribuì a evolvere tali soggetti dal naturalismo al barocco, e Baldassarre De Caro (Palazzo Reale, Caserta), dai densi bagliori e ombre che riflettono l’influsso di Solimena.
Il polittico con scene della Passione di Cristo, realizzato in alabastro nel XV secolo da una bottega inglese di Nottingham, è indicativo di una committenza esigente, tutt’altro che estranea all’internazionalità del gusto, ruotante intorno alla chiesa dell’Annunziata di Venafro e all’importante Confraternita dei Flagellanti.
Opere prodotte a Napoli per il Molise o da artisti molisani formatisi a Napoli nel Sei e Settecento sono state poste ‘in dialogo’ nel percorso museale con dipinti provenienti da importanti musei statali: Museo Nazionale di Capodimonte e Museo Nazionale di San Martino, Napoli; Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini, Roma; Palazzo Reale, Caserta.
Scaturisce un itinerario nella pittura centro-meridionale al cui interno è possibile notare la Madonna con Bambino e santi dalla Chiesa del Carmine di Venafro, che il raro pittore napoletano Simone Papa, allievo di Belisario Corenzio, firmò e datò 1612 influenzato dalla pittura tardo manierista e dal realismo caravaggesco. Raccoglie disegni e stampe appartenenti a famiglie di artisti provenienti dal centro molisano di Oratino – i Brunetti, i Falocco, seguaci di Francesco Solimena – la collezione di Giacomo e Nicola Giuliani, di cui viene esposta una selezione illustrante disegni di soggetti sacri decorazioni per edifici civili e arredi.
Spicca la qualità del San Sebastiano curato da Irene, proveniente dalla Chiesa Parrocchiale di Gildone, del caravaggesco Giuseppe Di Guido, in precedenza detto “Maestro di Fontanarosa”, che si esalta nel confronto con l’Andata al Calvario di Pacecco De Rosa, (Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli), in cui il realismo caravaggesco – che ispirò anche due suoi maestri, Massimo Stanzione e Filippo Vitale - si coniuga con il classicismo emiliano e romano. Di quest’ultima linea culturale De Rosa fu il più convinto seguace, essendosi accostato al bolognese Domenichino, attivo a Napoli fin dal 1631.
Per la pittura della fine del Seicento e del Settecento due artisti napoletani furono punto di riferimento per l’Italia e l’Europa. Uno è Luca Giordano, che, dopo l’iniziale influenza del naturalismo di Ribera, attraversò la penisola per studiare le opere di Pietro da Cortona, Tiziano, Veronese ed elaborò un proprio linguaggio pittorico vivace e rutilante, fluido fino quasi alla dissolvenza formale e luministica. All’ambito di questo maestro è attribuito Pan e la ninfa Siringa (Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli). L’altro è Francesco Solimena, che sviluppò uno stile tra il naturalismo e il barocco di Giovanni Lanfranco e Mattia Preti, concreto e definito come nella Madonna con Bambino della Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini di Roma, ove è quella saldezza formale ricorrente in pale d’altare e decorazioni scenografiche. Con i due citati protagonisti della scena pittorica si confrontarono inevitabilmente gli altri artisti, interpretandone le novità e diffondendole nei diversi territori. Per il Settecento spiccano per qualità a Venafro la Madonna con Bambino e san Nicola da Tolentino, dalla Chiesa di Sant’Agostino in Venafro, opera di Nicola Maria Rossi, molto influenzato da Solimena, oppure i Misteri del Rosario di un Seguace di Francesco De Mura, dalla Chiesa di Sant’Agostino in Venafro. A suggerire il gusto per la pittura di genere, che probabilmente caratterizzò le dimore della nobiltà napoletana in Molise, sono state esposte nature morte di Gaetano Cusati (Museo Nazionale di San Martino, Napoli), che contribuì a evolvere tali soggetti dal naturalismo al barocco, e Baldassarre De Caro (Palazzo Reale, Caserta), dai densi bagliori e ombre che riflettono l’influsso di Solimena.