Tempio Malatestiano (Duomo)
Rinnovato completamente sotto la signoria di Sigismondo Pandolfo Malatesta, col contributo di artisti come Leon Battista Alberti, Matteo de' Pasti, Agostino di Duccio e Piero della Francesca, è l'opera chiave del Rinascimento riminese, oltre che una delle più significative del Quattrocento italiano. Sotto la signoria di Sigismondo Pandolfo Malatesta, nel 1447, fu realizzata una cappella dedicata a San Sigismondo, patrono del committente, che volle tale edificio unicamente come sepolcro suo ed enorme monumento celebrativo della sua casata attraverso un'iconografia pagana: da qui la denominazione Tempio, massima espressione di una raffinata cultura neoplatonica e idealistica. Durante la Seconda Guerra Mondiale l'edificio subì molti danni, tanto da far esclamare a Ezra Pound, nel suo Canto LXXII, "Rimini arsa e Forlì distrutta". L'esterno fu progettato da Leon Battista Alberti alcuni anni dopo l'avvio dei lavori all'interno. L'involucro marmoreo, incompiuta, prevedeva nella parte bassa della facciata una tripartizione con archi inquadrati da semicolonne composite e nella parte superiore un frontone con arco al centro. La mancanza dell'arco rende invece la facciata un semplice elemento medievale a capanna. Le fiancate sono composte da una sequenza di archi su pilastri ispirati al Colosseo e all'Arco di Augusto. L'interno fu mantenuto ad aula unica, aggiungendo alcune profonde cappelle laterali incorniciate da arcate a sesto acuto. proprio come in un tempio pagano le sei cappelle laterali sono intitolate alle Arti Liberali, allo Zodiaco, ai Giochi dei Bambini, alle Sibille e ai Profeti. Due ulteriori cappelle sono dedicate ai sepolcri di Sigismondo (Cappella delle Virtù) e Isotta (Cappella degli Angeli). Complessi rimandi tematici ed estetici si incrociano tra le cappelle opposte.