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Travagliato

Luogo: Travagliato (Brescia)
Travagliato (Traaiàt in lingua lombarda, variante bresciana) è un comune di 13 769 abitanti della provincia di Brescia situato a sud-ovest del capoluogo, in Lombardia. Chiamata la Cittadella del cavallo, ospita annualmente tra aprile e maggio la fiera Travagliatocavalli ed alcune feste secondarie. Geografia fisica Il territorio comunale ha un'estensione di circa 17 chilometri quadrati. Storia Il nome del comune segnala la presenza di tre strade, o più semplicemente come aggettivo Travagliato, di difficile realizzazione. Per i veneziani della Serenissima il comune era Travaleado poi Travajado e adesso Travagliato. Il paese fu un vicus varius comprovato dai documenti del periodo medioevale anteriore al Mille, nei quali si leggono i nomi di Treviade e di Tiviado. La parte iniziale dei nomi (Tre, Tri) è una contaminazione dal latino tres (= tre), o inter (= fra), e può dimostrare che il paese è sorto alla confluenza d vie vicinali, o fra vie vicinali. La parte terminale ade (= ado), nell'alto medioevo si dava a tutti i paese di origine rurale. Il cambio del nome da Treviade in Travaleado è visibile dai documenti del XIV secolo. Il nome attuale è nato dalle sventure subite dal paese nel corso dei secoli: devastazioni, stragi ed epidemie procurate dalla stessa posizione, priva di difese naturali su vie di transito di indubbia importanza. Di questa opinione era il doge Leonardo Loredan quando il 31 dicembre 1512 faceva stilare, sul privilegio concesso alla terra di Travajado, queste parole: "essere la Terra sul passo (= passaggio) et propinquo alla città, veramente loco d'ogni travaglio". Dal 2001 Travagliato si può vantare del titolo di città. Monumenti e luoghi di interesse Architetture religiose Chiesa Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Le origini di questa chiesa si perdono nel tempo ma si possono collegare con l'ingresso dei monaci benedettini nel territorio di Travagliato. Infatti i monaci del monastero di S. Faustino Maggiore di Brescia e quelli di S. Pietro in Monte Ursino di Serle presero possesso delle terre in Travagliato rispettivamente nei secoli IX e XI. La chiesa fu costruita ove si trova tuttora. L'edificio attuale, pur trasformato dalle numerose ricostruzioni avvenute nel corso degli anni, è inserita in maniera impropria tra gli edifici circostanti e anche al grande spazio della piazza con la Torre Civica alla quale volge le spalle. Non si tratta di un errore: più semplicemente l'evoluzione della chiesa e della piazza hanno seguito vie differenti. Nel 1053 la Chiese di Treviade, nome antico di Travagliato, porta il nome di S. Pietro ed è citata per la prima volta nei documenti dell'epoca. Per trovare altre citazioni della chiesa bisogna giungere nel periodo visconteo (1329-1426). Solo in anni abbastanza recenti, nel corso del penultimo restauro del tetto, è finalmente uscito il nome dell'autore dell'architettura; infatti tra la volta e il tetto si legge: L'edificio attuale fu riedificato nei primi anni del secolo XVIII ed era giunto alla fine dei lavori nel 1713 con il completamento del tetto. L'architettura barocca della chiesa viene ripetuta sia all'esterno che in particolare all'interno di essa. Tale sistema decorativo non viene rispettato per quanto riguarda la facciata in cotto. Essa è ben distinta dal resto della struttura ed è un'opera non finita ma assai ricca di particolari. L'interno, più che l'esterno, rende onore all'immagine unitaria del tempio anche se nelle forme attuali degli altari si giunge fino al tardo Ottocento. La logica degli affreschi passa da una decorazione di tipo Settecentesca a una Neoclassica, ad una Ottocentesca fino a quella Barocca. I sei altari laterali in marmo policromo, tre per parte, sono inseriti in altrettante brevi cappelle con arco d'ingresso altissimo che è lo stesso motivo che domina la struttura del presbiterio dominato da una finta cupola nella quale è affrescata la scena della Gloria dei Santi Pietro e Paolo in Paradiso.Il primo altare, di cui si conosce l'origine, venne eretto nel 1400 e dedicato a S. Vincenzo Ferreri. Nel 1467 fu istituito l'altare S. Bernardino. L'altare di S. Antonio fu eretto nella chiesa e dotato di cappellania nel 1529. Degli altari della SS. Croce e del SS. Corpo di N. Signore si hanno notizie dal 1540, di quello del S. Rosario e di S. Carlo dal 1648 e di quello dell'Immacolata nel 1737. Nel 2007 è stato ristrutturato il tetto e la facciata. Chiesa di Santa Maria dei Campi La piccola chiesa di Santa Maria dei Campi edificata nel XIV secolo e recentemente restaurata, presenta affreschi del pittore Vincenzo Civerchio da Crema. Correva l'anno 1517 quando il pittore dipinse la più grande opera di pittura che la chiesa conservi: l'Assunzione di Maria al Cielo. Nello stesso anno dipingeva anche la Pietà della facciata. La chiesa ha avuto nel corso dei secoli nomi diversi. Il più antico è quello di S. Maria in Bertachiara che ebbe fino al 1568; fu poi denominata Oratorio Campestre di Santa Maria per poi diventare più semplicemente S. Maria dei Campi dove ogni 15 agosto viene celebrata la liturgia dell'Assunta. La chiesa, la più antica del paese, è costituita da una sola navata divisa in tre campate da due arconi a sesto acuto collegate all'abside quadrangolare con un ulteriore arco a tutto sesto. Tali archi acuti che reggono il tetto a vista della navata appartengono al Quattrocento e si muovono nell'ambito del Gotico Padano che ha avuto a Cremona e a Milano le sue massime espressioni. Il portico, edificato nel XVI secolo che si allunga proprio come un antico ed accogliente Protiro, servì a facilitare i fedeli a seguire le cerimonie in occasioni più solenni. Oltre a svolgere una presenza funzionale per i pellegrini è utile osservare anche la strategia architettonica che presenta. Infatti essendo questa una zona assai umida, con la roggia sulla destra e i campi che circondano l'intera struttura, gli intonaci sono rimasti sostanzialmente sani fino a pochi anni or sono proprio per lo scambio d'aria tra interno ed esterno, mediato dal portico che faceva da mitigatore. Con il passare dei secoli la chiesetta andò via via sempre più isolandosi anche perché nel tempo perdeva progressivamente d'importanza la strada, sulla quale era sorta, che collegava Lovernato con Chiari. Per la storia dell'arte, in un certo senso, questo fu un bene perché essa restò in tal modo intatta e non conobbe le trasformazioni e le manomissioni del Barocco che la Parrocchiale imperava. Questa piccola chiesa trecentesca sorge per la salvezza del paese durante le cruente guerre tra Visconti e Repubblica di Venezia che portarono al lungo dominio di quest'ultima. Chiesa della Vergine di Lourdes L'intero edificio ha una storia assai complessa ed ha subito trasformazioni radicali nel corso dei secoli. La sua fondazione risale al secolo XIV, come Disciplina, cioè come luogo di raccolta e devozione dei confratelli chiamati Disciplini Bianchi per l'abito e per il flagello penitenziale che si erano scelti. Nel 1798 la Disciplina fu sciolta ed i suoi beni vennero incamerati dalla Repubblica Cisalpina. Oggi, a ricordare l'antica Disciplina, resta solamente l'affresco dell'Annunciazione sul muro esterno dell'abside della chiesetta dedicata alla Madonna di Lourdes. La chiesa è certamente ancora Trecentesca, o al massimo dei primi decenni del Quattrocento, e presenta ancora oggi la bella finestra goticheggiante ad arco ogivale, in cotto, sopra la porta principale d'entrata. È sita in Via Andrea Maj all'angolo con Piazza Cavour. Sul campanile esterno c'è una piccola insegna in marmo sulla quale è scolpita l'effigie dei Flagellanti, ordine che probabilmente aveva in consegna la chiesa anni or sono. Anticamente titolata "Disciplina dell'Annunciazione di Maria", fu trasformata in chiesa della Madonna di Lourdes agli inizi del Novecento dall'arciprete don Eugenio Cassaghi che, devotissimo alla Vergine, volle qui riprodurre la grotta di Massabielle. L'apice della sua torre campanaria presenta una fattura di tipo tardo Medioevale, in particolare i quattro merli che la coronano, anche se fu costruita in concomitanza a quella della Parrocchiale nel 1753 e alla base ne ripete lo stile. Oggi la chiesa, essendo di nuovo fatiscente e pericolante, è in attesa di un complessivo restauro. Chiesa di Santa Maria del Suffragio La bella facciata Settecentesca non è priva di grazia, ne di carattere. Ancora oggi non è noto l'autore ma è stata progettata da un architetto di talento sicuro e di gusto aggiornato. L'edificio fu eretto tra il 1675 e il 1684 e i lasciti di costruzione erano pervenuti alla confraternita dei Suffraganti a partire dal 1663. La facciata, rimasta intatta, è l'emergenza più notevole dell'edificio sormontata da un classicissimo Timpano triangolare cui sono stati sovrapposti tre pinnacoli in pietra di Botticino, di cui il centrale ne sostiene la Croce. L'interno a Navata unica centrale, indubbiamente, non presenta i sottili bassorilievi della facciata ma ha un suo carattere molto classicheggiante in tutte le sue profilature. Il campanile è elegantissimo ed è formato da tre semplici ordini sovrapposti come in quello della "Disciplina" e della "Parrocchiale" e sembrerebbe essere eretto dal medesimo architetto; d'altra parte non è documentata l'epoca della realizzazione. Al suo apice presenta una sorta di cupola che richiama lo stile Seicentesco delle cupole Fiorentine. Oggi non svolge più il suo ruolo originario ma è adibita a mostre e incontri. Chiesa di San Carlo ai Finiletti Il piccolo Oratorio, che sorge nella campagna nella quale prende la denominazione la cascina stessa, presenta dei caratteri di un Settecento classicheggiante sorto dopo l'anno 1716. Lo scopo della realizzazione di tale tempio era quello di offrire alla gente della campagna la messa domenicale poiché era assai disagevole recarsi in paese a quel tempo, stante che la strada era ad un livello inferiore rispetto all'attuale e spesso impraticabile. La pianta è assai ben delineata e l'intera struttura fu ultimata verso la fine del Settecento avvalendosi di una sagrestia sul lato destro del presbiterio e di un piccolo campanile ad un'arcata. Essa è dedicata all'Arcivescovo di Milano, San Carlo Borromeo perché reputato straordinario pastore, zelante nell'applicare i Decreti del Concilio di Trento. La forma architettonica dell'edificio è barocca, tipica dell'epoca in cui era sorta. La facciata è rinchiusa fra due semplici lesene sovrastate da una trabeazione e da un timpano al cui vertice si erge una croce in ferro battuto. Un elegante portale in marmo di Botticino dà accesso all'interno, costituito da una navata e da un piccolo presbiterio, tutto illuminato da quattro finestre che lasciano filtrare una luce piuttosto pacata. La campana sulla quale è indicato; "Gaietanus Soletti fecit A.D. MDCCLXXIII", all'epoca della requisizione dei bronzi da parte del governo fascista, fu prelevata dai Finiletti e posta sul campanile della Parrocchiale, ove tuttora è collocata. Ora la chiesetta, patrimonio di fede, di arte e di storia travagliatese, risente della pesantezza della sua origine ed esige, per garantire ai posteri la sua sopravvivenza, un immediato restauro. La Chiesa-Oratorio di San Gaetano L'architettura di questo piccolo e delizioso edificio sacro appartenente al Palazzo già Rampinelli e mostra ben evidenti i caratteri del Settecento bresciano. La cappella gentilizia è uno squisito esempio di architettura sacra del Settecento e più precisamente del 1731. Il palazzo dovrebbe essere un poco più antico risalente al 1675. L'edificio sacro, che si affaccia su Via Santa Caterina da Siena, presenta una notevolissima facciata barocchetta caratterizzata da lesene, da un piccolo frontone inflesso, da una finestra quadrilobata e da doppie volute svasate e sormontate da obelischi. Presenta una pianta rettangolare molto semplice di unica navata e al di soprc dell'unico altare è stata realizzata, probabilmente poco dopo l'edificazione (1730-40), una magnifica cornice di gusto barocchetto a linee inflesse e spezzate. Al centro di tale elegante incorniciatura, ma senza dubbio alcuni decenni più tardi, è stata collocata una raffigurazione della Madonna con S. Gaetano, di gusto assai classicheggiante, che solo in parte si adatta al gusto barocchetto della chiesa. La Chiesa di Fatima Questa chiesetta è collocata nella zona Est di Travagliato sita nel Piazzale di Via Pio XI. La sua nascita si può datare intorno alla metà degli anni ottanta più precisamente (1984-87) e voluta dai fedeli travagliatesi in onore della Madonna di Fatima a cui sono devoti. L'intera struttura è opera del Geometra Baldini e si presenta in modo del tutto moderno rispetto a quelle analizzate per il resto del paese. L'architettura e il suo progetto hanno conservato la caratteristica tipica delle chiese di arte romanica minore, con la prevalenza della navata unica e della facciata a timpano in cemento che si conclude con sei pilastri di scarico a terra. La pianta a base rettangolare si presenta in modo molto semplice ed elegante e il pavimento e alcune finiture apportate sono rigorosamente in marmo di Carrara. L'unico altare presente, collocato in conclusione dell'abside bombato, è stato ricavato da quello della vecchia cappella della Ex Casa di Riposo in via Don Angelo Colombo, anch'esso interamente in marmo intarsiato. Al centro della navata si erge uno splendido lampadario costituito da tubolari in vetro di Murano. La sagrestia è stata edificata assieme all'intera struttura ed è collocata alla sinistra di essa assieme al campanile. All'apice di esso vi è collocata una campana forgiata in bronzo offerta dalla famiglia Tonelli in memoria del figlio scomparso e battezzata da Don Giuseppe Garzoni, allora Parroco della comunità dal 1970 al 1987. La chiesetta viene ora utilizzata nel mese di maggio per la preghiera alla Madonna. Architetture civili Il Palacittà Questa struttura eretta nel 2003 ospita ogni anno le gare di cavalli e alcuni concorsi ippici in occasione della rassegna Travagliatocavalli. Il Palablù La Piscina Comunale porta il nome di Palablù. Questo edificio nasce nel 2004 e si tratta di un progetto pensato a lungo e molto ambizioso che vorrebbe riunire e fornire un servizio a tutti i cittadini. Biblioteca Comunale (Ex Ospedale Vantiniano) Il palazzo dell'ex Ospedale, progettato ed edificato dall'Architetto Rodolfo Vantini nel XIX secolo a imitazione delle innumerevoli Ville veronesi e vicentine di Andrea Palladio, ospita ora la Biblioteca Comunale. Lo si può trovare nel "Piazzale Ospedale" a nord del paese sulla strada che porta verso Ospitaletto. Nel 1821 la signora Caterina Golini lasciò le sue sostanze per l'edificazione di un ospedale per infermi; fu la prima di una lunga serie di benefattori del nostro ospedale. La commissione delegata alla fabbrica, presieduta dall'arciprete Giacomo Bonomi, fece istanza al governo austriaco per il permesso e nel 1823 incaricò del progetto il già noto architetto Vantini, allora solo trentaduenne, ma in piena attività con la costruzione del cimitero monumentale di Brescia (il Vantiniano). Il Vantini sottopose alla commissione tre successivi progetti, adeguandoli alle richieste e alle osservazioni sia della commissione travagliatese che dei funzionari tecnici del governo austriaco. Per quanto riguarda la facciata la differenza progettuale era minima e sostanzialmente non ha subito ripensamenti, a dimostrazione della volontà di qualificare l'edificio con una decisa monumentalità, accentuata dall'imponente pronao colonnato di Ordine dorico greco. Nella terza proposta il cortile diventa un'importante elemento pratico ed architettonico: viene circondato da un imponente colonnato aperto verso l'interno. Nel progetto definitivo inoltre è sparita la cosiddetta "attica", (muro posto a mascherare le falde del tetto), sostituita da un elegante cornicione sagomato a sbalzo. Gli altri porticati sono stati chiusi quasi tutti per ricavare vani, lasciando però almeno in evidenza il disegno esterno del colonnato. Restano fortunatamente intatti il nicchione centrale ed un tratto del portico originale, per ora ancora aperto; (c'era una vetrata, ora caduta). L'inizio dei lavori di costruzione si conclusero dopo 13 anni e il collaudo avvenne il 26 marzo 1837 ad opera di due ingegneri: Francesco Corbolani e Luigi Donegani. Vigili custodi dell'opera e operatrici instancabili di questa istituzioni furono le Suore Ancelle della Carità, qui accompagnate di persona dalla loro fondatrice: S. Maria Crocifissa Di Rosa. Sempre presenti anche durante le calamità che colpirono il paese, curando i malati durante l'epidemia di colera del 1867 e di vaiolo del 1905. Il medico francese Alphons Bertérand durante la campagna del 1859 fece ricoverare qui i feriti e ammalati francesi reduci dalla Battaglia di Solferino e San Martino. Il Camposanto Il cimitero si trova in Via San Francesco d'Assisi ed è opera di Rodolfo Vantini. È un'opera grandiosa sicuramente degna di stare in un paese come Travagliato essendo uno spettacolo del trionfo vantiniano dopo L'Ex Ospedale e il noto cimitero Vantiniano di Brescia. La data della sua edificazione risale allo stesso periodo di quella dell'Ex Ospedale; pressappoco 1823-25. La facciata è interamente in marmo bianco di Carrara ed in pianta si presenta simmetrico come del resto tutto il complesso del campo. L'ingresso principale è costituito da quattro colonne di ordine dorico che sostengono un frontone alla cui sommità vi è eretta la parola: RESURRECTIO, ovvero resurrezione. Al centro del camposanto si erge una piccola chiesetta sempre dello stesso stile neoclassico. La sua pianta rettangolare è molto semplice e in essa vi sono seppelliti più di trenta parroci travagliatesi. Villa Legrenzi Questo edificio, anch'esso edificato nella prima metà del Ottocento, è un altro esempio di struttura vantiniana. È notabile la facciata interna, non visibile dalla strada a causa della grossa muraglia, sempre con portico architravato con colonne doriche in marmo e galleria finestrata superiore. È evidente anche la forte riquadratura della facciata con lesene proseguenti la linea delle colonne (come nel Palazzo Gobbi di via Ziliani). Da rimarcare anche il piccolo me elegante affaccio sulla via Solferino, con esedra e cancello sul lato opposto della strada a riscontro scenografico del portone, e le eleganti anfore in pietra della cinta del giardino, con finto fogliame in ferro battuto. Palazzo delle Scuole Elementari Il palazzo delle Scuole Elementari nasce nel 1932 grazie al lavoro dell'Ingegner Giovanni Capitanio. In quell'epoca gli edifici pubblici fecero veramente un salto di qualità e segnarono di vistosa presenza, oltre che le grandi città, Roma per prima, anche i centri minori e addirittura i centri piccoli e minimi. L'impronta del ventennio fascista è invece criticabile nei grandiosi interventi urbanistici, che col pretesto del risanamento igienico, aprirono squarci in numerosi centri storici, lasciando nuove vie e soprattutto nuove piazze per lo più fredde e prive di vita, anche se monumentali. L'incarico dell'Ing. Giovanni Capitanio fu deliberato il 2 luglio 1927. Le varie e complicate fasi per l'espletamento della pratica portarono più lontano nel tempo l'inizio dei lavori che infatti avvenne il 21 gennaio 1933. La mancanza di aree centrali nel paese per edificare il complesso portarono alla scelta di avviare i lavori nella zona Nord del paese che presentava una posizione ottimale e accessibile. La zona, allora, si presentava totalmente aperta verso i campi. Sulla sinistra imperava possente la mole imponente dell'ospedale Vantiniano e sulla destra i campi che si prolungavano a perdita d'occhio fino ai monti. Il progettista, coerentemente con la sua formazione tecnica soprattutto classica, studia un corpo di fabbricato a U, totalmente simmetrico: la facciata principale lunga 104 metri e orientata a Sud è completata a destra e a sinistra da due bracci simmetrici rivolti a nord, che chiudono il cortile posteriore. Sempre a Sud, di fronte alla facciata, viene creato un grande giardino con tre ingressi pedonali rivolti verso il paese. La distribuzione interna è di grande e studiata semplicità: il piano rialzato è riservato ai maschi, con otto aule e ingresso alunni; al primo piano vi sono le aule femminili in simmetria con il fabbricato sottostante. Atrio e scalone sono la parte più scenografica del complesso, secondo una concezione ancora ottocentesca degli edifici pubblici: i soffitti portano una discreta decorazione pittorica con motivi geometrici. Dopo l'ospedale Vantiniano (1840), a distanza di quasi un secolo (1932), un grande edificio veniva a caratterizzare il paese di Travagliato. Per l'epoca la costruzione delle Scuole Elementari dovette davvero essere un avvenimento, oltre che una desiderata fonte di lavoro. Dal punto di vista urbanistico una massiccia barriera veniva posta a sbarrare tutto il lato Nord del paese caratterizzandolo definitivamente. Una facciata di 104 metri e alta 12 non è certo un piccolo problema: la soluzione di una simile massa è stata ottenuta con la suddivisione in cinque parti e l'accentuazione delle fasce finestrate. Un'ottica lievemente mossa da piccoli pilastrini copre le falde del tetto e chiude come elemento unificante tutto il perimetro delle facciata, interrotta solo dal corpo centrale. Non mancano i fasci littorii a connotare l'opera della costruzione. La totale simmetria è, come già detto, una caratteristica dell'epoca, che pur accettando innovazioni tecniche e funzionali, non riesce a liberarsi di questo dogma ottocentesco. Palazzo Rota-Mazzocchi Questo grande edificio, che con i rustici annessi costituisce un intero isolato del paese racchiuso dalla Via 26 aprile, dal vicolo Ruscello e dalla Piazza Cavour, meriterebbe una notorietà certo maggiore. La sua imponenza purtroppo è limitata visualmente dalla stretta strada che la fronteggia, la Via 26 aprile (prima via Seriola, poi via 28 ottobre). Questa limitazione impedisce di cogliere le grandi proporzioni del palazzo che risalirebbero in pieno se fosse fronteggiato da uno slargo o da una Piazza. La data di edificazione si aggira intorno alla seconda metà del Settecento, più precisamente nel 1768. La famiglia Rota, di origini bergamasche, faceva parte di quelle famiglie possidenti ed istruite che davano uomini al clero, alle armi e alle professioni. I Rota travagliatesi erano particolarmente benestanti per permettersi una simile grande costruzione. Il palazzo vero e proprio, dalla classica forma a C, con ingrasso nella via suddetta, è costituito da un corpo principale elevato dal grande salone centrale e da due ali più basse simmetriche che si affacciano sul giardino, perché la fitta vegetazione piena di pini e magnolie, è miseramente scomparsa alla fine degli anni cinquanta. L'elemento più notevole dell'edificio è il porticato d'ingresso, visibile dalla strada attraverso una semplice portale ad arco. Le numerose stanze, poste a vari livelli anche sfalsati, coperte con soffitti piani, non hanno particolari notevoli, ad eccezione del grande salone centrale del primo piano coperto a bote. Di questo edificio, che immeritatamente è il meno noto dei palazzi travagliatesi, è doveroso auspicare una lunga durata nel tempo e il ripristino del giardino padronale per restituire una notevole immagine ad un'intera porzione di abitato. Palazzo Coradelli-Covi Non è facile stabilire con certezza in quale momento sella storia il palazzo, in Via Vittorio Emanuele II, abbia preso il nome di Russia. È possibile ritenere che sia successo nell'immediato dopoguerra, come Corea, Stati Uniti, o Piccolo Giappone, altri nomi dati a quartieri di Travagliato sull'onda delle definizioni popolari influenzate da avvenimenti storici. È accertato che i primi proprietari del palazzo furono i Coradelli, antica famiglia derivata dal Ducco, feudatari di Trenzano. In documenti antichi i Coradelli vengono spesso chiamati de Coradelli de Duchis e molti membri della famiglia portano il nome di Gianducco. Sono nobili di campagna, sacerdoti, medici, militari, con discrete proprietà terriere fra Maclodio, Trenzano e Travagliato. Sulla facciata del palazzo si vede inciso: A.D.MCLXXXIIII (Anno del Signore 1584). Dopo oltre cent'anni Camillo Coradelli lasciò i suoi beni a Vincenzo, Camillo e Lorenzo Covi, nel primo Settecento. Anche i Covi, di origine antica bergamasca, erano nobili terrieri di non alto livello se paragonate alle alte famiglie bresciane (Martinengo, Calini, Lechi, ecc.). In una mappa del 1840, recentemente ritrovata, l'attuale Via Vittorio Emanuele è chiamata ancora contrada Covi, anche se, a quell'epoca, la Russia era già stata ceduta dagli eredi dei Covi, i marchesi Guerrieri di Mantova, alla famiglia Zucchetti di Travagliato. I palazzi in realtà sono due, con caratteristiche molto diverse fra loro, uniti da un corpo rustico. Il primo edificio ha la facciata sulla Via Vittorio Emanuele, caratterizzata da grande semplicità, con piccole finestre molto alte da terra senza contorni. Notevole invece il contorno del portone in marmo bugnato, con arco a tutto sesto, sovrastato da un balconcino con mensole in marmo di Botticino e ringhiera curvilinea. Molto più interessante il prospetto interno sul cortile il cui elemento predominante è il porticato a quattro archi, disuguali e ribassati, sostenuti da eleganti colonne tuscaniche in Botticino. Il soffitto è a Volta a crociera e al piano terra vi sono tre saloni a volta. Nel terzo salone è ancora presente un grande camino a cornice e i resti della forte cornice a mensoloni del tetto, di alcuni contorni marmorei veramente di buon livello e lo scalone ampio e scenografico, testimoniano la volontà di adeguarsi a tipologie importanti. Di interesse storico è anche il pozzo situato sotto il porticato. Palazzo Verduri È storicamente certo che il nome del costruttore del palazzo è sicuramente Gerolamo Verduro. Verduro apparteneva ad una famiglia possidente di Travagliato, della quale esistono tracce antiche nelle vicende del paese. Dopo il soggiorno romano in Città del Vaticano, Gerolamo era ritornato a Travagliato dove ai primi del Seicento aveva intrapreso la costruzione della propria casa, appunto il palazzo Verduro. Vi è una data certa, scoperta nel recente restauro, della conclusione dei lavori di costruzione: sulla facciata sud, verso il cortile, sotto un intonaco recentemente eliminato, è apparsa una targa che riporta questa scritta: Data probabilmente di un restauro eseguito da un successore, dato che il Canonico era già deceduto. Con ogni probabilità il palazzo Verduro, con i suoi grandi rustici annessi, era l'ultimo edificio del paese sulla via di Chiari. Da ogni lato solo i campi coltivati: a Nord le "Gabbiane", a Ovest sola Santa Maria dei Campi e le Cascine "Ca Brusada" e "Tre Camini", a Sud il grande prato in seguito Breda, Ziliani, poi Gobbi. Vi è un'ipotesi molto attraente; sul luogo sulla quale sorge il palazzo, e poi inglobata in esso, sorgesse una grossa torre (anni 1300-1400) di sorveglianza sulla importante via che univa Chiari a Brescia, passando da Travagliato. Colpisce, a prima vista, l'impressione di forza e imponenza del blocco principale: un alto rettangolo massiccio diviso in due dalla linea della torre leggermente sporgente sulla facciata. La parte finale della torre emerge con decisione dalla copertura del palazzo ed è chiusa da una forte cornice a mensoloni di mattoni. Le facciate principale hanno finestre strette ed alte e piuttosto rade: le parti piene prevalgono sui vuoti, con un effetto più di fortezza che di abitazione civile. Colpisce l'assenza di porticato ad archi sul cortile, elemento che è tanto comune nei contemporanei palazzi nel Bresciano: è possibile che il soggiorno romano di Verduro abbia influenzato il progetto. Al piano terra vi sono sei stanze, tre a sinistra e altrettante a destra della torre-scalone che le divide. Le stanze di destra sono basse e massicce, parte di un edificio più antico (1500), e fra esse vi è quella che si può definire "garibaldiana": infatti il dott. Francesco Ziliani reduce dei Mille, fece decorare il soffitto con simboli militari e nomi delle tappe vittoriose della famosa spedizione. Nella sala più importante del palazzo tutto questo diventa quasi secondario a paragone del grandioso camino cinquecentesco, del tipo zappa di leone, sovrastato da una cappa in stucco di altissimo livello plastico e decorativo, che arriva fino al soffitto, e dunque alta oltre cinque metri. Vi è rappresentata tutta la carriera del canonico Verduro e la glorificazione dei due papi che lo ebbero a servizio. Il Palazzo Verduro è un ottimo, anche se abbastanza atipico, esempio di dimora cinquecentesca: il restauro effettuato ha avuto in ogni caso il merito di conservare quanto esisteva e di salvarlo per i secoli futuri senza stravolgerlo. Palazzo Gobbi (Ex Ziliani) Questo notevole complesso, il più scenografico di tutto il centro storico travagliatese, meriterebbe uno studio più approfondito. L'anno di costruzione è con certezza il 1820, ma le caratteristiche stilistiche e planimetriche richiamano ancora il Settecento. È un caso di cortile padronale completo, con ali scenografiche e porticate e con ingresso monumentale dalla strada. L'edificio principale ha al piano terra un portico di ben otto arcate su colonne marmoree e la facciata riporta un delicato gioco di riquadrature con lesene verticali e fasce orizzontali. A tanta ricchezza esterna fa riscontro una notevole semplicità interna, data da un monotono susseguirsi di grandi stanze comunicanti con la galleria, apparentemente prive di elementi decorativi. Notevole il portale d'ingrasso dalla strada, stilisticamente molto ricco anche se eseguito con materiali poveri. La famiglia Ziliani, che possedeva anche l'ex Palazzo Verduro, edificò qui questa dimora e quella ora Bignotti, sempre in Via Francesco Ziliani. Palazzo Rampinelli Lo si può trovare in Via Santa Caterina da Siena. Qui nacque e abitò Ludovico Rampinelli, amico di Tito Speri e con lui volontario durante la prima campagna per l'indipendenza nel 1848-49. Dalla data trovata incisa su un mattone si ricava l'epoca di costruzione: 18 gennaio 1675. Ora il mattone è stato murato in una parete sita sotto il porticato della facciata Sud. L'edificio, dalla classica forma a C, presenta la facciata Nord, sulla Via Santa Caterina, piuttosto severa e compatta senza particolari segni architettonici ad eccezione del portale d'ingrasso a tutto sesto in marmo di Botticino. Sempre sulla strada si nota il grande finestrone della cinta del parco con inferriata curvilinea. Il grande portone in legno è ancora quello originale con inserita una piccola porta pedonale. La facciata Sud è la parte più ricercata e notevole, con un portico di cinque campate a colonne toscane in marmo, archi ribassati e soffitto a crociere. La parte di facciata sovrastante gli archi è molto elaborata, caratterizzata da una spartizione con fasce e lesene in intonaco rilevato che arriva fino al sottotetto. I due corpi avanzati ai lati del portico sono disuguali e piuttosto semplici. Non vi è cornicione di coronamento a mensole come in molti edifici dell'epoca, ma soltanto una semplice gronda in travetti in legno. Questo edificio è ritenuto in sostanza una "dimora di campagna" più che un palazzo: infatti manca di ogni pretesa di grandiosità a beneficio però di una comoda abitabilità, con spazi larghi ma ancora a misura d'uomo. Palazzo Donina (Ex Corniani) Lo si può trovare un Via Guglielmo Marconi. È uno dei numerosi palazzi ad essere stati edificati dal Vantini fra il 1820 e il 1850. Questo è l'esempio più imponente e forse l'unico per il quale si può ragionevolmente ipotizzare l'intervento del Vantini (richiama, con una certa modestia, la facciata del palazzo Tosio di Brescia). Il Vantini, al momento della progettazione dell'Ospedale, venne sicuramente in contatto ed in amicizia con il Dott. Corniani, membro del comitato dell'Ospedale stesso e rappresentante di una famiglia notabile, costruttrice anche del vicino Palazzo Corniani di Via Mandorle, anch'esso con decise caratteristiche neoclassiche e in particolare vantiniane. Si noti però che il primo edificio ha il portico interno ad archi con una loggia soprastante sempre ad archi, con pilastroni in muratura, mentre il secondo ha il porticato architravato e con belle colonne doriche, in marmo, con soprastante galleria finestrata. Da notare il fine disegno del portale e della porta piccola del Palazzo Donina, sulla Via Marconi, e l'elegante contorno delle finestre, eseguito però in malta ad imitazione del marmo (caso molto comune di risparmio senza perdita di eleganza). Palazzo Averolda La località chiamata Averolda, posta sulla strada per Brescia, nelle vicinanze dei Finiletti, fino a pochi anni fa si presentava come una proprietà completamente agricola: grandi campi, una rete di fossi d'irrigazione e filari di alberi. Apparteneva totalmente all'Ospedale di Brescia come tante altre proprietà sparse nella provincia, soprattutto nella Bassa. Negli anni scorsi, con un processo che è tuttora in atto, il Comune ha individuato in questa zona la possibilità di espansione delle attività artigianali. Il nome Averolda rimanda senz'altro al nome dei fondatori e antichi proprietari, gli Averolda. Questa famiglia apparteneva da secoli alla più ricca e distinta aristocrazia cittadina, nei suoi vari rami proprietaria di grandi estensioni di terreni, di edifici agricoli e palazzi. Questa palazzina è in una situazione un po' particolare; sorge fuori dal centro storico e molto isolata nella grande distesa di campi visibile tuttora. Il complesso è composto da due edifici; uno palazzo e l'altro cascina. È interessante notare che assomiglia in tutto e per tutto ad una vera e propria azienda agricola novecentesca, con la villa di piccole dimensioni nettamente distinta dalle attività agricole, probabilmente mai dotata di grande parco o giardino. L'edificio è stato edificato alla metà dell'Ottocento con notevoli richiami allo stile Neoclassico, in questo periodo già in via di superamento. Effettivamente in alcuni particolari non manca il richiamo alle identiche finestre dell'Ospedale Vantiniano. La facciata, rivolta a Sud, è caratterizzata dal piccolo portico a tre arcate sostenute da pilastri in Marmo di Botticino di elegante disegno. Tre delle quattro facciate sono completamente simmetriche e studiate nella regolarità delle finestrature. Nulla di notevole è presente all'interno: al piano terra vi sono quattro salette quadrate con al centro uno scaloncino con la presenza di gradini e al primo piano stanze da letto e infine il solaio. Nonostante l'attuale stato di decadenza della palazzina, è un bene che nessuno negli anni abbia posto mano ai "restauri" con più o meno buone intenzioni. Ci è rimasto così un edificio intatto nell'aspetto e facile da recuperare anche nelle particolarità costruttive che si considerano non meno importanti dell'aspetto estetico-architettonico. Palazzo Martinengo-Cadeo Palazzo Martinengo Cadeo, in Via Napoleone all'angolo con Via San Rocco. Attualmente (2010) è di proprietà privata. Il 17 giugno 1859 Vittorio Emanuele II, futuro re d'Italia, giunto da Castegnato incontrò l'imperatore francese Napoleone III proveniente da Calcio. Altri edifici ad uso civile Teatro Comunale Pietro Luigi Micheletti, in Via Vittorio Emanuele II. Palazzo Del Comune, in Piazza Libertà. Palazzo Martinengo Cadeo, in Via Napoleone all'angolo con Via San Rocco. Attualmente (2010) è di proprietà privata. Il 17 giugno 1859 Vittorio Emanuele II, futuro re d'Italia, giunto da Castegnato incontrò l'imperatore francese Napoleone III proveniente da Calcio. Altri luoghi d'interesse Piazza Libertà Presenta una pianta piuttosto rettangolare nella quale si affacciano in modo evidente monumenti di epoca Trecentesca, barocca, barocchetta e tardo Rinascimentale quali la Chiesa di Santa Maria del Suffragio, edificata dalla confraternita dei Suffraganti, la Chiesa di Lourdes,edificata dall'ordine dei Flagellanti ed è una delle più antiche del paese assieme a quella di S. Maria dei Campi, la Chiesa-basilica dei S.S. Pietro e Paolo e il Palazzo del Comune. Un tempo la Piazza era circondata da giardini e aiuole colme di fiori, di verde e di pini secolari. Recentemente riprogettata da un Architetto svizzero, ora è il luogo di maggiore interesse. Al centro di essa svetta imponente la Torre Campanaria. Lo stile e la sagoma sono semplici e non sembra richiamare epoche molto remote. Con la sua altezza di 36 metri è la torre principale del paese e per diversi anni ha dovuto sopportare le ferite che la seconda guerra mondiale le aveva inflitto. Oggi è ritornata al suo antico splendore con la sostituzione del vecchio orologio, ora collocato nel Museo delle Quattro Torri, e con l'aggiunta della meridiana solare; successivamente sono stati rimpiazzati i vecchi numeri che indicavano le ore con quelli romani. Intorno agli anni settanta ottanta di fronte alla torre zampillava, in modo particolare nella bella stagione, una fontana ornata di aiuole ora sostituita dal monumento simbolo per eccellenza di Travagliato: il Cavallo. Monumento ai Caduti Il monumenti ai caduti della prima guerra mondiale lo si può trovare in Piazza Cavour. Eretto nel 1922 a ricordo dei Caduti e Dispersi. Fatto in bronzo, raffigura un cappellano militare che protende la croce sul soldato morente. Nel 1925 i nomi dei caduti furono scolpiti nel marmo sulla facciata della cappella del Cimitero e sulla Torre civica in Piazza Libertà. Aree naturali Lago degli Aironi; Fontanile Bissa. Società Evoluzione demografica Abitanti censiti Istituzioni, enti e associazioni La Croce Azzurra Il soccorso pubblico della città viene gestito dai volontari della Croce Azzurra, aderente al 118 e sita in Via Napoleone. Il Corpo bandistico di Santa Cecilia Il Corpo bandistico di Santa Cecilia è stato fondato nel lontano 1845 e ha sede nel Palazzo della Musica. L'edificio ospita l'Accademia musicale e inoltre sono state adibite ampie aule recentemente messe a nuovo su tutta la parte del primo piano. Attualmente il corpo bandistico ne detiene il possesso e recentemente è stata edificata una seconda ala nella zona retrostante che funge da sala prove e teatro. Cultura Film documentari e televisione Parte del film Quando sei nato non puoi più nasconderti, diretto nel 2005 da Marco Tullio Giordana è stato girato a Travagliato. Persone legate a Travagliato Tra le persone che hanno un rilievo storico e sociale per la comunità possiamo senza dubbio citare: Franco Baresi, calciatore e dirigente sportivo; Giuseppe Baresi, calciatore e dirigente sportivo; Paolo Castellini, calciatore; Carlo Lancini, calciatore; Franco Pancheri, calciatore; Giovanni Lorini, calciatore; Luca Micheletti, attore, regista e drammaturgo; Il Museo delle Quattro Torri Allestito nei locali dell'ex Ospedale, curato dalla Pro Loco di Travagliato, il Museo Musicale denominato 'Quattro Torri'. Nell'anno 2002 il Comune diventa proprietario della raccolta di un appassionato collezionista, Adolfo Staffoni. Numerosi reperti, di cui alcuni risalenti agli ultimi decenni dell'Ottocento quali Organetti, Organi, Organi da strada, Piani, Automati, fino agli ultimi registratori degli anni cinquanta. Il Museo ospita inoltre numerosi Fonografi e Grammofoni noti con la fattura di: La Voce del Padrone o altrettanto nota con il nome di His Master's Voice (HMV), un'importante etichetta discografica del XX secolo nata nel 1899. Travagliatocavalli La fiera di Travagliatocavalli nasce nell'aprile 1980 sotto l'Amministrazione del Sindaco Giulio Bruno Nicolini. Nel 1979, era stata organizzata dall'assessore Domenico Paterlini una rassegna dal titolo "Arte e motori" che consisteva in una sfilata di auto d'epoca e in un concorso fra pittori locali e non, che avevano il compito di ritrarre ciascuno un esemplare di quelle vetture. Per il 1980 però si pensava, invece delle automobili, di offrire una rassegna di attacchi d'epoca. Tale discussione coinvolse anche l'assessore all'Agricoltura e al Commercio Dante Daniele Buizza, il quale propose, oltre alla rassegna culturale, anche un qualche cosa di più concreto per rilanciare il settore al quale era preposto. Ecco nascere quindi l'idea di una fiera agricola che rilanciasse i settori agricolo-zootecnico, artigiano e commerciale locale, da anni trascurati o lasciati all'iniziativa dei singoli interessati. Questa possibilità era data anche dalla vasta area (circa 100.000 m²) e sulla quale stavano sorgendo le prime strutture del Centro sportivo Comunale. Il primo Comitato Fiera venne convocato ufficialmente per la prima volta il 9 febbraio 1980. La TRAVAGLIATOCAVALLI nasce come MOSTRA AGRICOLA ZOOTECNICA con la partecipazione di esemplari di bovini , cavalli e Puledri . Esposizione di artigiani e commercianti locali . Tantissimi i visitatori e grandissimo l' interesse da parte di allevatori , agricoltori e coltivatori diretti. Nasce dall'esigenza di portare agli agricoltori della zona un contributo per l'aggiornamento su macchinari e prodotti per la zootecnia, vede, in questa prima edizione ben 63 ditte espositrici per i settori delle macchine agricole, floricoltura, artigianato ed autovetture. L'inserimento del cavallo in questa esposizione agricola si ricollega alla tradizione travagliatese che ha sempre visto nel cavallo , non solo un utile amico dell'uomo, ma anche un elemento economico. Le carni e le macellerie equine di Travagliato sono infatti note in tutta la provincia Questo enorme lavoro condotto senza interruzione dal Comune di Travagliato viene gestito dal 1985 dalla Travagliatocavalli. Oltre alle classiche competizioni di salto ad ostacoli, la fiera ospita oggi anche rodei western, passerelle di eleganza e gare con i carri. Attualmente il polo fieristico si è enormemente esteso occupando tutto lo spazio disponibile del Palazzetto e del Centro Sportivo ulteriormente allargati. Amministrazione Gemellaggi Travagliato è gemellata .con: Beaufort-en-Vallée Sport Arti marziali Shotokan Karate Travagliato, società fondata nel 1979. Calcio Le squadre locali per il calcio a undici sono: il F.C. Aurora Travagliato qui (Eccellenza 2010-11) e l'U.S.D. (ex U.S.O) Oratorio San Michele (in Terza Categoria Brescia 2010-11). Calcio a 5 Pulival Service Calcio a 5 Travagliato, società fondata nel 2005 (campionato Eccellenza stagione 2010/2011). Ginnastica artistica La Estate 83 ha sedi a Travagliato e a Lograto. Pallacanestro La squadra locale per la pallacanestro maschile è l'U.S.D. Oratorio San Michele (campionato Under 17 - stagione 2010/11) Pallavolo La squadra locale per la pallavolo femminile è l'U.S.D. Oratorio San Michele (campionato prima divisione - stagione 2010/11) terza divisione (www.terzadivisione.altervista.org) Under 16 e under 14. Pattinaggio Marco ed Emanuela Bornati sono importanti per questo sport avendo praticamente vinto tutti i titoli nazionali e internazionali legati a questa disciplina. hanno vinto i campionati mondiali di coppia del 2008 e con questo titolo hanno finito in bellezza la loro carriera da pattinatori. Emanuela Bornati insegna nell'associazione pattinaggio di Travagliato. Tamburello La prima squadra (campione d'Italia serie B nel 2010) dopo anni di militanza in categorie inferiori nel 2011 affronterà il massimo campionato italiano, la serie A. La compagine inferiore vincitrice del girone provinciale 2010 di serie D è promossa in serie C. Da segnalare tra i tanti atleti che praticano questo sport a Travagliato Walter Derada, classe 1974 che da anni milita in squadre di livello nazionale, campione italiano nel 2001 e per 3 volte consecutive campione europeo. Persone legate al mondo dello sport Travagliato ha dato i natali a due calciatori che hanno legato le loro vicende alle squadre milanesi del Milan e dell'Inter: si tratta dei fratelli Giuseppe e Franco Baresi. Hanno entrambi vestito anche la maglia della nazionale maggiore, Giuseppe per 18 volte, Franco per ben 81 (disputando i campionati del mondo 1982, pur senza giocare, e quelli 1990 e 1994 scendendo in campo). Un altro calciatore professionista travagliatese è Paolo Castellini, cresciuto nelle giovanili della Cremonese ha esordito successivamente nella Prima squadra trasferitosi successivamente al Torino ha vestito anche la maglia del Brescia dopo un'esperienza in Spagna è tornato in Italia della squadra del Parma. Nella stagione 2010/11 è passato alla A.S. Roma. Oltre ad essi vi sono anche i calciatori Franco Pancheri, Giovanni Lorini e Fausto Inselvini. Da segnalare tra gli allenatori, Guido Settembrino indimenticabile scopritore di talenti. Note ^ Caos in maggioranza a Travagliato, salta il sindaco - Bassa - Giornale di Brescia ^ a b ISTAT - Bilancio demografico mensile anno 2013.. URL consultato il 2 aprile 2014. ^ Toponimi in dialetto bresciano ^ AA. VV., Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Milano, GARZANTI, 1996, p. 664. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012. ^ Decuduto in carica. ^ [1] Ministero dell'Interno. ^ Dimissionario. ^ Decaduto in seguito alle dimissioni di 9 consiglieri [2]. Bibliografia Luciano Anelli, Le Chiese di Travagliato. Volume I, Brescia, Società per la storia della Chiesa a Brescia, 1991. Luciano Anelli, Le Chiese di Travagliato. Volume II, Brescia, Società per la storia della Chiesa a Brescia, 1993. Santina Corniani, Storia di Travagliato. Memorie e Documenti., Travagliato, Comune di Travagliato, 1975. Elisabetta Conti, 1915 - 1918 Travagliato retrovia del fronte negli scritti dei protagonisti, Travagliato, Lumini, 2000. Giuseppe Bertozzi, Mercato e Cavalli a Travagliato, Travagliato, Comune di Travagliato, 1994. Maria Verzelletti, L'Artigianato di ieri... in un museo. I palazzi, le chiese, le santelle, le vecchie osterie, Travagliato, Museo Quattro Torri, 1982. Ferdinando Cavalli, Luca Quaresmini, Capitani e podestà a Brescia nei secoli XVII e XVIII. Fatti e misfatti, Brescia, Fondazione civiltà bresciana, 2007. R.Bartoletti, Santelle, edicole e pitture murali a Travagliato, Ricerca degli alunni della 1.a F della Scuola secondaria di 1º grado "Leonardo Da Vinci" di Travagliato, a cura di Giovanni Quaresmini, Roccafranca, La Compagnia della Stampa, 2009. Bertozzi G e Febbrari P, La Chiesa Parrocchiale di Travagliato (ipotesi su Orogini ed Evoluzione), Travagliato, Pro Loco, 2011. Altri progetti Commons contiene immagini o altri file su Travagliato
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