Come produrre un buon Vin Santo Toscano
Il Vin Santo è prodotto a macchia d’olio pressoché su tutto il territorio nazionale. Oggi vogliamo, però, dirvi del Vin Santo che viene prodotto in Toscana, terra famosa in tutto il mondo per i suoi “Rossi” pregiati, come il Nobile di Montepulciano, il Brunello e il Chianti. La Toscana, invero, ha anche una grande tradizione di “bianchi”, offuscata dalla celebrità dei fratelli purpurei.
Il Vin Santo qui è prodotto da secoli e, di fatto, nel tempo ha cambiato solo il nome, mantenendo per lo più inalterate le tecniche preparatorie e la selezione delle uve. Anticamente esso era chiamato “Pretto”, vocabolo che stava per puro, ovvero genuino succo d’uva senza aggiunta di altro. Il Pretto divenne poi Vin Santo e i motivi di questo secondo battesimo sono ancora in parte sconosciuti. Possiamo solo formulare delle affascinanti ipotesi.
Parte della tradizione orale sostiene che le uve selezionate all’uopo venivano poi pigiate il giorno dei Santi a novembre. Altre fonti indicherebbero invece la settimana Santa come il tempo in cui il Vino era imbottigliato. Infine, pare che il Vin Santo fosse adoperato durante la celebrazione dell’Eucarestia durante le Sante Messe. Tuttavia, l’ipotesi più verosimile trae vigore da un fatto storico, certamente accaduto e documentato copiosamente.
Durante il Concilio Ecumenico tenutosi a Firenze a metà del quattordicesimo secolo, in coda ai lavori del famigerato consesso, fu allestito e offerto un importante banchetto, al termine del quale fu dato a bere il Pretto. Assaggiato lo squisito oro in bicchiere, un alto prelato greco lo paragonò al vino di Xantos, riferendosi ad un noto vino dell’isola ellenica. Alle orecchie dei commensali, tradite in parte dal tono della voce poco nitido e basso, suggestionati poi dal tema dell’evento che stavano insieme vivendo e celebrando, compresero Santo anziché Xantos.
Il Vin Santo nasce da uve bianche che alla vendemmia sono accuratamente selezionate, prediligendo i più bei grappoli. L’uva viene poi fatta appassire per qualche settimana e durante questa fase giorno dopo giorno vengono scartati gli acini guastati. Si procede poi alla pigiatura e il succo ricavato è riposto in piccole botti di legno. E, singolare l’usanza datata e ancora in alcuni lembi della Toscana che prevede l’aggiunta al mosto della madre, al sud meglio conosciuta come “mamma”, il denso residuo, cioè, proveniente da annate precedenti.
Al contrario dei metodi di maturazione e invecchiamento degli altri vini, il nostro è tenuto nelle cosiddette vinsantaie, generalmente piccole soffitte soggette a continue e rilevanti escursioni termiche. Questi continui shock termici contribuiscono considerevolmente alla formazione del tipico aroma. L’invecchiamento nelle botti dura qualche anno. Poi segue l’imbottigliamento, qualche altro mese di riposo in vetro, può finalmente deliziare i palati più raffinati.
Il Vin Santo è particolarmente gustoso accompagnato da biscotti secchi o aggiunto alle creme. Nell’ultimo secolo, però, molti chef lo usano per arricchire salse o per inumidire arrosti da favola.