La poetessa di Valsinni, tra mito e realtà
Stavolta il misfatto non è leggenda. Siamo a metà Cinquecento, in piena guerra franco-spagnola, nel Castello di Valsinni, in provincia di Matera, dalla cui rocca si domina un panorama mozzafiato. La Baronessa Isabella Morra è stata appena uccisa dai fratelli, di parte francese, che hanno inteso lavare col sangue l’onta della presunta amicizia – letteraria, platonica o amorosa che fosse – col nobile spagnolo Diego Sandovàl de Castro. Ne ha fatto le spese anche il povero precettore, accusato d’essere il messaggero che consegnava a Isabella le lettere segrete dell’amante e, ovviamente, lo stesso Sandovàl, colto nottetempo da un’imboscata.
L’evento tragico, che corre sul filo delicato delle rime petrarchesche che i due si scambiavano e che, a un certo punto, è stato dimenticato tra le pieghe della storia, oggi è tornato prepotentemente alla ribalta, trasformando quello che fu “luogo di sangue” in un vero e proprio “Luogo di Carta”. Ebbene sì! Il Castello di Valsinni e il suo territorio ricadono nella meravigliosa dimensione del Parco Letterario dedicato all’infelice e sfortunata poetessa. Isabella Morra, infatti, a dispetto dell’isolamento al quale era relegata, riuscì a illuminare con i suoi versi l’intero panorama letterario del Rinascimento italiano.
“Torbido Siri, del mio mal superbo/or ch’io sento da presso il fine amaro,/fa’ tu noto il mio duolo al padre caro,/se mai qui’l torna il suo destino acerbo”.
L’interesse attorno alla figura e all’opera di Isabella di Morra è cresciuto nei secoli, nonostante il corpus esiguo – solo tredici testi – pervenutoci a seguito della perquisizione del Castello da parte degli ufficiali del Viceré, tanto da accostarla, nel corso del Novecento, a improbabili tematiche femministe. I suoi versi dispiegano un’originalità che li rende quasi più affini alla poetica del Leopardi che non ai coevi petrarcheschi.
Di che natura fosse la relazione tra Isabella e Diego, nella Basilicata più remota, al di fuori delle maggiori correnti culturali dell’epoca, rimane ad oggi un mistero. Così come resta assicurata alla leggenda l’apparizione della sagoma evanescente della Baronessa che, talvolta, si sporge dai bastioni del suggestivo Castello.
Eliana Iorfida