Cagliari, città druci cumenti su meli*
I suoi cittadini la chiamano “Casteddu”, per via della vocazione difensiva e dello status di presidio contro i numerosi attacchi dai popoli del mare che, nei secoli, hanno tentato in tutti i modi di conquistarla, come una bella donna su un’isola lontana. Ma Cagliari, roccaforte complessa e affascinante – articolata in un sofisticato sistema di torri, da quelle erette dai pisani (Torre San Pancrazio e dell’Elefante) a quelle disseminate lungo la costa – sa bene quando aprirsi e accogliere nel suo spirito multietnico chiunque la voglia scoprire.
Così, dal rione Castello col monumentale Bastione di Saint Remy, la città si apre all’arte, all’archeologia e alla mondanità degli splendidi palazzi di rappresentanza durante le dominazioni aragonese, spagnola e sabauda (Palazzo Reale e Palazzo Boyl).
Cagliari è stata anche luogo di accese dispute teologali, come quella che oppose San Lucifero all’eresia ariana. Le sue spoglie, oggi conservate nell’omonima chiesa, furono rinvenute insieme a quelle di circa seicento altri corpi di vescovi africani esiliati, i cosiddetti “Martiri di Cagliari”, nell’area della Basilica di Saturnino.
Il nostro tour non può prescindere dal fare tappa alla necropoli fenicio-punica più antica di tutto il Mediterraneo, l’area archeologica di Tuvixeddu (in sardo, “Colle dei piccoli fiori”) sull’omonimo poggio cittadino. Ai suoi piedi, la Grotta della Vipera, nella quale entriamo un po’ intimoriti per scoprire, invece, una storia struggente: Lucio Cassio Filippo eresse il monumento funebre per la moglie Atilia Pomptilla, che offrì in voto la propria vita affinché il marito guarisse dalla malaria. Lui le dedicò una tenera poesia, tuttora leggibile all’interno e fece scolpire i rettili all’ingresso, simbolo della sua gens e della fedeltà coniugale.
Dopo una succulenta pausa-pranzo a base di “malloreddus”, gnocchetti tipici del Campidano, zuppa di pesce e dolci al pecorino accompagnati da un bel Nasco di Cagliari dorato, concludiamo la gita in un’oasi di pace: lo stagno di Molentargius, dove veniamo salutati dai bellissimi fenicotteri rosa che qui, e solo in pochi altri posti al mondo, trovano l’habitat naturale per nidificare.
*Città dolce come il miele.
Eliana Iorfida