Canicattì
Canicattì (Caniattì in siciliano) è un comune italiano di 35.393 abitanti della provincia di Agrigento in Sicilia. Geografia fisica Il territorio di Canicattì, al confine fra le province di Agrigento e quella di Caltanissetta, in una conca naturale (l'alta valle del fiume Naro) circondata da basse colline, assai fertile e tradizionalmente vocata alle colture frutticole (un tempo il mandorlo, oggi l'Uva Italia, l'uva da mosto, la pesca e l'albicocca). L'area si differenzia notevolmente dal territorio circostante; tale differenza ha favorito sia il paesaggio agricolo che il centro urbano. Più verde e florido il primo, maggiormente ricco di attività commerciali, anche all'avanguardia, e di animazione cittadina il secondo, rispetto ai centri vicini di entrambe le province. Territorio Con Regio Decreto firmato da re Vittorio Emanuele III dal 19 febbraio 1934 si fregia del titolo di città. Storia Profilo storico I resti archeologici ritrovati nella città e nelle zone adiacenti testimoniano l'estistenza di un abitato già in epoca pre-romana. Il nome di Canicattì è probabilmente di origine araba: deriverebbe dalla forma latina Candicattinum, a sua volta con radice nell'arabo Handaq at-tin, ossia "fossato di fango" o "fossato di argilla"; tale toponimo è stato ritrovato in una carta geografica della Sicilia del periodo di dominazione Saracena. Dopo la conquista della Sicilia da parte dei Normanni, il signore del luogo, probabilmente l'Emiro Melciabile Mulè, fu assediato e sconfitto dal barone Salvatore Palmeri (1087), che era al seguito del conte Ruggero e questi per ricompensa gli offrì la spada e il dominio del feudo. Sotto la signoria dei Palmeri, la fortezza araba venne ampliata e prese l'aspetto di un vero e proprio castello con una torre. Ai normanni successero i Francesi, cacciati poi dagli Aragonesi. Nel 1448 il feudo di Canicattì venne ceduto da Antonio Palmeri, che non aveva figli, al nipote Andrea De Crescenzio. Questi ottenne dal re Giovanni d'Aragona la "Licentia populandi", cioè la facoltà di ampliare i confini del feudo, di incrementare gli abitanti e di amministrare la giustizia. Sotto il De Crescenzio, Canicattì era una comunità rurale che contava da mille a millecinquecento abitanti, insediati nella parte alta della città. Ad Andrea succedette il figlio Giovanni, che non avendo figli maschi, lasciò la baronia al genero Francesco Calogero Bonanno, nel 1507. Con il casato Bonanno la città conobbe un considerevole incremento demografico; i feudatari, prima baroni, poi duchi e infine principi della Cattolica, fecero costruire splendidi edifici e fontane. La signoria dei Bonanno durò fino a tutto il Settecento, ma verso la fine del secolo iniziò il suo declino; la società feudale si avviava a scomparire. L'ultimo dei Bonanno, nel 1819, cedette la signoria di Canicattì al barone Gabriele Chiaramonte Bordonaro. Dopo le sommosse e rivoluzioni del 1848 e 1859/61, raggiunta l'unità d'Italia a Canicattì sorsero banche, mulini e stabilimenti che incrementarono il commercio. Per tutto il corso del Novecento l'economia della città si è basata fondamentalmente sull'agricoltura (uva da tavola soprattutto), commercio e settore terziario. Per la sua prosperità agricola, fondata soprattutto sulla coltura dei vigneti di uva da tavola, Canicattì è stata annoverata nel 1987 tra i Cento Comuni della Piccola-Grande Italia. È stata centro (seppur minore rispetto alle grandi città dell'isola) di laboratori politici sia di centro-destra che di sinistra ed è stata vittima, a volte, di gravi episodi, come le stragi naziste e americane del 1943 e quella del 1947. La città è da secoli il centro più importante lungo la direttrice di comunicazioni - oggi stradali e ferroviarie - fra Agrigento e Caltanissetta (e da qui verso Catania e Palermo). Alla fine degli anni sessanta la coltivazione dell'Uva Italia assunse un ruolo fondamentale per l'economia del territorio, e quasi tutti i canicattinesi negli anni settanta possedevano una vigna. Veniva a Canicattì gente di Gela, San Cataldo, Delia e altri comuni del circondario per lavorare; il boom economico portò Canicattì tra i 100 comuni italiani col maggior reddito pro capite; i mercati erano sempre affollati e concitati. Poi, a causa dell'eccessivo numero di vigne (molte delle quali piantate in terreni inadatte), alla disorganizzazione e all'improvvisazione del territorio, l'industria dell'Uva Italia decadde anche a causa della concorrenza pugliese e di quella di Mazzarrone, agli inizi degli anni novanta. Nel 2004 il Comune di Canicattì è stato sciolto per infiltrazioni mafiose ed è stato retto, fino al 2006, da una Commissione straordinaria di nomina governativa, che ha ripristinato la legalità e l'efficienza della macchina amministrativa, realizzando anche importanti opere pubbliche: restauro del Teatro Sociale, Palasport "Saetta e Livatino", Piscina comunale, rifacimento di Largo Aosta, realizzazione della nuova Via Giglia. Il dialetto di Canicattì, essendo la città tra le province di Agrigento e Caltanissetta, ha sue peculiarità che non si trovano in altre parti dell'isola (ad esempio buenu al posto di bonu) e che influenzano il circondario. Degni di nota sono gli studi sulla parlata, sulla sintassi e sulla grammatica canicattinese del salesiano don Fausto Curto D'Andrea. Ricorrenze Strage di Canicattì - Strage della Saponeria Narbone-Garilli (14 luglio 1943) Strage di Canicattì (21 dicembre 1947) Monumenti e luoghi d'interesse Tra i monumenti più importanti si ricordano: Chiesa Madre San Pancrazio, edificata grazie alle offerte dei baroni Adamo e della popolazione, nel 1760. Conserva una tela del "Monocolo" Pietro D'Asaro, rappresentante la Sacra Famiglia, sant'Anna, san Gioacchino e un donatore con un cesto di frutta, la statua marmorea della Madonna delle Grazie di epoca bizantina, un reliquiario del settecento, il coro ligneo del settecento in stile Luigi XVI, un dipinto ad olio raffigurante la Vergine Addolorata del pittore Francesco Sozzi, una statuetta marmorea rappresentante l'"Ecce Homo" di buona fattura e di autore ignoto, un fonte battesimale del seicento e altre opere di minor valore. All'interno del Duomo di Canicattì riposa in un sarcofago marmoreo, l'arcivescovo Angelo Ficarra. Il vecchio duomo sorgeva nei pressi della Rocca Baronale e risaliva all'epoca della conquista normanna, ma fu poi abbandonato perché fatiscente già verso la fine del Seicento. Chiesa del Santo Spirito con annesso convento e chiostro dei frati minori osservanti, del seicento. Il convento fu edificato per volere di donna Antonia Balsamo Bonanno e del frate Antonio Nocera, sui resti di un vecchio oratorio. La chiesa, a tre navate, conserva una statua marmorea, degli inizi del Seicento, rappresentante la Madonna col bambino, di scuola gaginesca e un Crocifisso, di ignoto autore, festeggiato ogni anno il 3 maggio. Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo del 1662. Annesso alla chiesa fu edificato il Monastero delle benedettine, oggi restaurato e trasformato in museo etno-antropologico. La chiesa, tra le più belle di Canicattì, è oggi in attesa di ricostruzione e restauro. All'interno si conservavano oggetti sacri di grande valore e numerosi stucchi di scuola serpottiana. Chiesa di San Diego d'Alcalà, protettore della città, sede della Confraternita dei Santi Sebastiano e Diego. Nella parrocchia si organizza la tradizionale processione del venerdì Santo, risalente al Settecento e tuttora molto sentita dalla popolazione. La via Crucis con le statue del Cristo, della Madonna Addolorata, di Santa Maria Maddalena e di San Giovanni, vede la partecipazione delle autorità religiose, politiche, civili e militari della città. Chiesa di Santa Maria del Carmelo, edificata alla fine del Cinquecento assieme al convento dei frati carmelitani. Agli inizi dell'Ottocento la chiesa fu ricostruita a spese degli zolfatai. Dopo la soppressione degli ordini religiosi, il convento fu abbattuto e al suo posto furono edificati la Casa del Fascio (oggi palazzo della Guardia di Finanza) e il Teatro Comunale Sociale. Chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti, edificata dai baroni Adamo e un tempo sede della Confraternita che assisteva i condannati a morte. All'interno si conserva una tela settecentesca del pittore Guadagnino raffigurante la Madonna che assiste un morente. Chiesa di San Giuseppe, edificata nel seicento e rimaneggiata nei secoli successivi, accanto a quello che fu l'Ospedale dei Poveri e oggi è il Collegio di Maria. L'interno conserva una statua lignea di San Giuseppe, opera del Bagnasco e un soffitto ligneo a cassettoni di pregevole fattura. Chiesa di San Biagio, esistente già alla fine del Cinquecento e nell'Ottocento affidata ai padri agostiniani. L'interno conserva tele settecentesche di buona fattura, un'antica statua di San Biagio e una pregevole statua lignea dell'Addolorata. Chiesa di San Francesco, della fine del Cinquecento, un tempo dei frati conventuali. La chiesa, conserva una statua dell'Immacolata, ritenuta miracolosa dalla popolazione, incoronata nel 1954 dall'arcivescovo di Palermo Ernesto Ruffini, Regina della città. La chiesa conserva una cripta del Cinquecento, scoperta negli anni cinquanta del secolo scorso. Chiesa di San Domenico, del 1612, con annesso convento, un tempo dei domenicani. La chiesa conserva due antiche statue, San Domenico e San Tommaso, ritrovate durante alcuni lavoro di restauro. Il convento è stato, di recente, restaurato su progetto dell'architetto Paolo Portoghesi e rimane, tutt'oggi, così come per il Monastero delle benedettine, in attesa di un adeguato utilizzo. Il Comune tarda a prendere decisioni affinché ciò che viene recuperato non di disperda nuovamente. Resti della secentesca fontana del Nettuno situati nel prospetto della torre campanaria della Chiesa del Purgatorio. Fontana dell'Acquanova, abbeveratoio, poi demolito, il cui nome sopravvive in quello dell'omonimo quartiere. Teatro Sociale, opera dell'architetto Ernesto Basile. Nel 1927 ospitò Luigi Pirandello con la sua Compagnia teatrale. Villa Firriato, sempre del Basile, edificata alla fine dell'Ottocento per volere del nobiluomo Francesco Lombardo Gangitano. Palazzo La Lomia del XVII secolo, sito in via Cattaneo. In pietra arenaria presenta dei balconi barocchi. Le 35 stanze del palazzo e il fascino che ruota attorno all'edificio hanno fatto sì che lo storico Santi Correnti lo definisse "uno dei più bei palazzi storici di Sicilia". È stato abitato dal famoso barone Agostino La Lomia Palazzo La Lomia si trova in via Mariano Stabile su di un poggetto e circondato da giardini. Edificato a partire dalla fine del Cinquecento è uno dei palazzi più grandi e più interessanti, a livello storico e architettonico della città. È stato abitato dal Ministro di Grazia e Giustizia del Regno Borbonico Gioacchino La Lomia Palazzo Chiaramonte Bordonaro, sito in Piazza Roma, in stile barocco con ricco giardino. Appartenuto all'ultimo feudatario della città, il barone Gabriele Chiaramonte Bordonaro Palazzo Gangitano, sito in via Poerio. Fu abitato dal Senatore del Regno d'Italia Salvatore Gangitano Palazzo Adamo, sito nel corso Umberto Palazzo Gangitano di via don Minzoni, vicino il Duomo. Una delle finestre del palazzo dà proprio sulla chiesa, per cui la famiglia poteva assistere alla Messa senza uscire dalla dimora Palazzo Gangitano di via Calatafimi, in stile barocco. Vi ebbe sede la Pretura di Canicattì Palazzo La Lomia, sito tra Via Cattaneo e Piazza Dante, appartenuto a don Marco La Lomia Palazzo Bartoccelli, già Adamo, in pietra arenaria e in stile barocco. All'interno fu ospitato il re Ferdinando II di Borbone nella sua visita a Canicattì Palazzo Stella, sede della biblioteca comunale, ha ospitato la Coppa del Mondo il 2 e 3 marzo 2008 Ponte di ferro, situato vicino alla stazione ferroviaria e ricoperto di murales e dipinti Villa Giacchetto, già residenza estiva delle monache benedettine di Naro Resti romano-bizantini (necropoli, terme e marmi) di contrada Vitosoldano Resti della Rocca Baronale, nel Largo Castello, edificata dagli arabi come fortilizio, trasformata in castello dai normanni e in palazzo baronale dai feudatari della Città. All'interno si conservava una preziosa Armeria, famosa in tutta la Sicilia, e ora esposta al Museo Capodimonte di Napoli, dove lo storico Umberto Bile, vicedirettore del museo, ha organizzato una mostra dal titolo "Mostra delle armi del Cavaliere Giostrante". Masseria di contrada Cazzola, edificata parte nel seicento e parte nel settecento, oggi abbandonata e quasi distrutta, fu un esempio mirabile di borgo agricolo con tutte le attività e le strutture legate alla coltivazione e produzione di prodotti della terra, in particolare frumento, olive ed olio, uva e vino. Appartenuta alla nobile famiglia La Lomia fu famosa per le sue cantine, per le battute di caccia che vi si tenevano, per la chiesetta barocca e per i sontuosi saloni nobili Chiesa Madonna della Rocca, edificata nel settecento e ristrutturata negli anni settanta del novecento. Nella chiesa, riposano le spoglie mortali del venerabile Gioacchino La Lomia, che nel 1881 fondò il convento dei cappuccini, annesso alla chiesa Cine-Teatro Odeon, inaugurato nel 1952 Società Evoluzione demografica Abitanti censiti Cultura La città è nota anche per l'Accademia del Parnaso, nata nel 1922, e che, attraverso la poesia e il suo "Statuto" prendeva di mira il potere e molti aspetti della vita del tempo. Tra i fondatori, che potrebbero benissimo essere paragonati alle "maschere" della commedia dell'arte si ricordano un oste, il quale declamava i suoi versi all'interno della sua attività, il fascista don Ciccio Giordano, un filosofo, professore universitario e pedagogo, il prof. Calogero Angelo Sacheli, un farmacista-giornalista-polemista e cioè il socialista Diego Cigna, un barone eccentrico e grande viaggiatore, Agostino La Lomia, un avvocato, il quale durante un processo chiese la perizia psichiatrica per il suo assistito solo per aver scelto lui come difensore, Salvatore Sanmartino, un poeta, definito il "cantore di Agrigento", Francesco Macaluso, un sarto, Giuseppe Paci, autore delle famose "Maschere", un venditore ambulante, Pietro Greco. Tra i suoi arcadi vanno ricordati: Luigi Pirandello, Marta Abba, Filippo Tommaso Marinetti, Adriano Tilgher (che la definì la "più audace Accademia satirica italiana"), Leonardo Sciascia e tanti altri. Persone legate a Canicattì Molti sono i personaggi illustri nati a Canicattì o che hanno avuto con la città importanti relazioni. Benedetto La Vecchia (1813-1896), filosofo, matematico, prima vescovo di Noto poi arcivescovo di Siracusa); Vincenzo Macaluso (1824-1892), avvocato, giornalista, patriota del Risorgimento; Salvatore Gangitano (1828-1892), patriota, senatore del Regno d'Italia; Gioacchino La Lomia (1831-1905), missionario in Brasile; Antonino Sciascia (1839-1925)), medico e scienziato, scopritore della fototerapia nel 1892; Giovanni Guarino Amella (1872-1949), avvocato, giornalista, deputato al Parlamento per tre legislature, segretario della secessione aventiniana, nato a Sant'Angelo Muxaro ma canicattinese di adozione; Domenico Cigna (1878-1946), giurista, parlamentare, giornalista e poeta; Angelo Brucculeri (1879-1969), gesuita, scrittore, sociologo, redattore della rivista "La Civiltà Cattolica"); Giovanni Ippolito (1881-1916), capitano della Brigata Catanzaro, eroe della Grande Guerra, insignito di tre medaglie d'argento di cui l'ultima alla memoria; Alfonso Arena (1882-1929), funzionario ministeriale; Angelo Ficarra (1885-1959), latinista, vescovo di Patti, arcivescovo; Salvatore Sammartino (1886-1969), senatore dell'Italia repubblicana; Calogero Angelo Sacheli (1890-1946), professore universitario, filosofo e pedagogo; Peppi Paci (1890-1967), poeta; Arturo Maira (1899-1943), ingegnere, dirigente industriale, capitano di fanteria, medaglia d'oro al valor militare, medaglia d'argento e di bronzo, croce al merito di guerra; gli sono state dedicate due vie, una a Canicattì e una a Palermo; Vincenzo La Carrubba (1907-1943), tenente-colonnello pilota, eroe della seconda guerra mondiale, medaglia d'argento al valore militare; Salvatore Corsitto (1913–1999), attore, frequentò l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica di Roma, famoso per aver interpretato Amerigo Bonasera nel film Il padrino di Francis Ford Coppola; Fausto Curto D'Andrea (1913-2005), sacerdote della concgregazione dei salesiani, scrittore, poeta e grammatico; Antonino Saetta (1922-1988), magistrato, vittima, insieme al figlio Stefano, della mafia; Giuseppe Alaimo (1924-1993), giornalista e scrittore; Ben Gazzara (1930-2012), attore americano, figlio di immigrati canicattinesi; Alfonso Principato (1945-1985), appuntato dei Carabinieri, medaglia d'oro al valor militare alla memoria, canicattinese d'adozione anche se nato ad Agrigento; Rosario Livatino (1952-1990), magistrato, assassinato dalla Stidda; Rosario Saro Vella, nato nel 1952, sacerdote della concgregazione dei salesiani, insegnante di patristica, dal 2007 vescovo di Ambanja (Madagascar); Angelo Lo Verme, nato nel 1964 a Zurigo ma da sempre residente a Canicattì, poeta, scrittore e critico, autore di un saggio su Sciascia e la mafia. Geografia antropica Suddivisioni storiche I principali quartieri sono quelli di Borgalino e della Badìa, siti nel centro storico, nella parte alta della città; l'Acquanova, situato attorno al punto in cui si trovava l'omonima fontana che serviva da abbeveratoio; Rovitelli, vicino largo Aosta (la principale piazza del comune e sede della stazione degli autobus); gli altri quartieri prendono più che altro il nome dalle parrocchie adiacenti. La principale via cittadina è corso Regina Margherita, chiamato comunemente "Corso", che si dirama dalla chiesa di San Diego. Piazze di importanza rilevante sono piazza IV novembre e largo Aosta. Altro punto di riferimento è il ponte di ferro decorato con murales raffiguranti papa Giovanni Paolo II e personaggi cittadini. Economia Favorita dalla posizione strategica, già verso la fine dell'Ottocento la città ferveva di attività commerciali e industriali di rilievo; l'agricoltura vi appariva avanzata ed era presente anche un forte comparto minerario, con estrazioni di salgemma e zolfo (il territorio è contiguo all'altopiano solfifero che si estende a Ovest del comune). Negli anni settanta del Novecento l'economia canicattinese prese un forte slancio grazie all'esplosione del fenomeno della coltura intensiva dell'uva bianca da tavola della varietà 'Italia'. In quegli anni la ricchezza apportata dall'agricoltura fu improvvisa e ingente, tanto da porre la città fra i centri italiani più dinamici durante il "boom" economico degli anni ottanta, al pari di cittadine del centro-nord del Paese. L'afflusso di denaro portò il fiorire di attività commerciali e, in minor misura, industriali. Comportò, altresì, un sia pur limitato aumento della popolazione (dai 28.094 abitanti del 1971 ai 32.344 del 1991), che peraltro assume maggior peso se guardato nella prospettiva locale di uno spopolamento pressoché generalizzato dei centri urbani della Sicilia interna e collinare-montana. Veri e propri fenomeni di immigrazione interna favorirono tale aumento: molti cittadini provengono dai centri vicini, e si sono trasferiti a Canicattì, spesso, dopo avervi studiato, poiché la città è anche sede di diversi istituti di istruzione secondaria (che coprono un largo raggio di tipologie). Era presente anche un'immigrazione interna stagionale, per la raccolta dell'uva, oggi perlopiù sostituita dall'immigrazione dall'estero (Romania e Marocco, in primo luogo). Negli ultimi anni, però, la monocoltura dell'uva da tavola ha mostrato i suoi lati negativi, accusando fortemente le crisi stagionali e la costante riduzione del prezzo di vendita all'ingrosso (in termini reali, e fino al rialzo del 2005). Sono stati quindi espiantati molti vigneti. Su alcuni dei terreni così liberati sono stati impiantati pescheti. I pescheti sono estesi per c.a. 2.000 ha, e cominciano a diffondersi le coltivazioni di albicocche e di uva da mosto. Quest'ultima - presente soprattutto con il vitigno Nero d'Avola - produce alcuni ottimi vini e il settore sembra offrire qualche spunto d'ottimismo, rafforzato, per l'uva da tavola, dall'avvio della produzione IGP, la cui qualità può spuntare sul mercato prezzi ben più alti di quella priva di certificazione europea. Nonostante le difficoltà del comparto agricolo, apparse gravi negli anni successivi al 2001, l'agricoltura rimane, finora, la prima attività economica del comune, con circa il 28% degli occupati. Segue il commercio con il 21%, la pubblica amministrazione con il 9%, l'industria edile con l'8,5%, l'industria manifatturiera con l'8%, l'istruzione con l'8%, le intermediazioni con il 4,6%, i trasporti e le comunicazioni con il 3,7%, gli affari immobiliari con il 3,3%, la sanità con il 3%, gli altri servizi pubblici con il 3% e gli esercizi alberghieri e di ristorazione con il 2%. Amministrazione Altre informazioni amministrative Il comune di Canicattì fa parte delle seguenti organizzazioni sovracomunali: regione agraria n.4 (Colline del Salso e di Naro). Sport La principale squadra di calcio della città è l'A.S.D. Canicattì Calcio che nasce nel 1928. Ha militato in Serie C negli anni quaranta ed in Serie C2 tra il 1982 ed il 1985, venendo sponsorizzato anche dall'Uva Italia. Altre compagini comunali furono la Matteotti, che arrivò in Prima Categoria negli anni settanta, e l'Atletico Canicattì che arrivò in Promozione negli anni ottanta, poi la Libertas Gaudium in seconda categoria dai colori verdi col bordo giallo e seconda maglia bianca con bordo gialloverde. L'altra squadra di calcio della città è l'A.S.D. Canicattì 1928 che milita nel girone H di Prima Categoria. Negli ultimi anni ha assunto importanza il basket, con la Gaudium Basket che ha disputato la Serie B2 dopo la promozione del 2005 Purtroppo negli ultimi anni sono scomparse entrambe le realtà sportive prima la Gaudium Basket nel 2013 e nell'Agosto 2014 è stata radiata anche la società A.S.D. Canicattì Calcio e per la stagione 2014-2015 lo stadio Carlotta Bordonaro verrà utilizzato dalla Serradifalco Galleria fotografica Note ^ Dato Istat - Popolazione residente al 30 novembre 2012. ^ Dato Istat al 30/11/2012. ^ Da abbandonare l'etimologia proposta da M. Amari , Bibl. ar-sic.I, 96, di Ayin al-qattà, cioè Fonte del tagliatore di pietra. - Ignazio Scaturro, Storia della città di Sciacca, p. 195 - 1924 ^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012. ^ GURS Parte I n. 43 del 2008. URL consultato il 24 luglio 2011. ^ Homepage del sito societario. Bibliografia Alaimo, Giuseppe. Strade, Piazze, quartieri. ed. La Torre, 1983. Augello, Gaetano. Condizioni demografiche ed economiche del Comune di Canicattì. Tesi di laurea, Facoltà di Lettere dell'Università di Palermo, A.A. 1965/1966. Augello, Gaetano. L'Accademia del Parnaso e la poesia di Peppi Paci, Edito a cura del Lions Club Castel Bonanno. 2001. Augello, Gaetano. La Canicattì di mons. Vincenzo Restivo. Canicattì, Grafiche Avanzato, 2005. Augello, Gaetano. I primi cinquant'anni del "Galilei" di Canicattì. Canicattì, Edizioni ITCG "Galilei", 2006. Augello, Gaetano. Agostino La Lomia - Un Gattopardo nella terra del Parnaso. Editore Cerrito, Canicattì, 2006. Augello, Gaetano. 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