Pisa e la vera storia del “Conte cannibale”
Tra i personaggi dei quali la storia della letteratura ci ha consegnato un’immagine macabra e, per certi aspetti, impietosa, il Conte Ugolino della Gherardesca è senza dubbio uno dei più celebri e controversi.
Lo ritroviamo nell’Antenora, il secondo girone del nono cerchio dell’Inferno, dove Dante Alighieri colloca i “traditori della patria”, immerso nelle acque gelate del Cocito, intento a divorare brutalmente la testa dell’arcivescovo Ruggieri:
“Poscia che fummo al quarto dì venuti/Gaddo mi si gittò disteso a’ piedi,/dicendo: “Padre mio, ché non mi aiuti?”./Quivi morì; e come tu mi vedi,/vid’io cascar li tre ad uno ad uno/tra ‘l quinto dì e ‘l sesto; ond’io mi diedi,/già cieco, a brancolar sovra ciascuno,/e due dì li chiamai, poi che fur morti/Poscia, più che il dolor, poté il digiuno./Quand’ebbe detto ciò, con li occhi torti/riprese ‘l teschio misero co’ denti,/che furo a l’osso, come d’un can, forti»
(“Inferno”, canto XXXIII, vv. 67-78)
Comandante navale e noto esponente pisano di parte ghibellina – pur avendo poi parteggiato per i guelfi – il Conte Ugolino è figura ambigua, un voltagabbana patentato, pare. Tanto che, catturato insieme a figli e nipoti, venne rinchiuso nella Torre della Muda, a Pisa (oggi Palazzo dell’Orologio) per volontà dell’arcivescovo, che diede ordine di gettare la chiave della prigione nell’Arno e lasciare che i cinque morissero di fame.
I versi del Sommo inducono a credere che Ugolino, al limite del patimento, si sia cibato dei suoi cari, ma non è detto che la versione più “succulenta” corrisponda a verità. Studi recenti sulle ossa rinvenute nell’antica Torre, infatti, sembrano smentire il terribile atto che lo consegnò alla storia come il “Conte cannibale”. Sta di fatto che, alla sua morte, la casa fu abbattuta e il terreno circostante cosparso di sale, in un gesto simbolico di damnatio memoriae.
Ancora oggi, l’unico spazio verde affacciato sul Lungarno Galilei, a Pisa, che circonda l’attuale Palazzo Fiumi e Fossi, conserva in silenzio la memoria di quanto accadde davvero nel lontano 1289.
Eliana Iorfida