Civita di Bagnoregio, la Città che muore
Al centro di un’ampia vallata al confine tra Lazio e Umbria, scolpita da calanchi e forme ondulate d’argilla, si staglia la collina tufacea che ospita Civita di Bagnoregio, la Città che muore. Il borgo, delimitato dai burroni del Rio Chiaro e del Rio Torbido, si dispone sullo sfondo di un paesaggio quasi dolomitico, tra i più suggestivi d’Italia.
L’abitato attuale di Civita, accessibile da un viadotto “appeso” come un antico ponte levatoio ai piedi di una fortezza, è ciò che è resta del susseguirsi di terremoti, smottamenti e frane inarrestabili che, col tempo, sembrano trascinarlo sempre più a valle, da cui l’appellativo di “Città che muore”.
Un borgo che lotta contro il tempo
Civita di Bagnoregio resiste votandosi a San Bonaventura, la cui grotta sul belvedere rappresenta uno dei luoghi più venerati della zona. Si tratta di un’antica tomba etrusca utilizzata nel Medioevo come romitorio e legata alla leggenda del piccolo Giovanni di Fidanza, futuro San Bonaventura, guarito da un male incurabile per mano di San Francesco. L’affaccio dalla Grotta di San Bonaventura è mozzafiato: dal borgo di Civita, striato di rosso, svetta il campanile romanico della chiesa e tutto attorno riecheggia un silenzio rigenerante.
Del periodo etrusco rimangono altre testimonianze, come ad esempio il cosiddetto “Bucaione”, il profondo tunnel che attraversa la parte inferiore dell’abitato e funge da collegamento diretto tra il paese e la Valle dei Calanchi.
Anche il toponimo, che deriverebbe da Balneum Regis, letteralmente il “Bagno del Re”, richiama un’antica leggenda secondo la quale, dall’epoca romana a quella longobarda, il sito avrebbe ospitato la stazione termale frequentata da Re Desiderio.
Fino al XVII secolo il borgo di Civita possedeva ben cinque porte ed era unito all’attuale Bagnoregio. Fu il terremoto del 1695 a causare il distacco dell’abitato e la distruzione dell’unica via d’accesso, decretando così l’inesorabile declino della cittadina a borgo semidiruto e abbandonato. Considerata per anni un “borgo fantasma”, oggi Civita è meta di un turismo crescente, a dispetto dell’appellativo di “Città che muore”.
La rivitalizzazione del borgo passa per un flusso turistico costante e il recuperato dell’aspetto originario, che appare ormai pienamente musealizzato in forma di villaggio tardo-medievale, cui si accede dalla scenografica Porta Santa Maria, caratterizzata da un arco in peperino con loggetta (opera del Vignola) e bassorilievi. Subito ci viene incontro una piazzetta circondata da palazzi signorili e, poco oltre, la pittoresca Piazza San Donato, che ospita il Duomo del VIII secolo e, nel mese di giugno, lo svolgimento del tradizionale Palio della Tonna.
E mentre ci perdiamo tra i vicoli del borgo, caratterizzati da archetti, cortili, case medievali e rinascimentali con i caratteristici portali in peperino, il tramonto infiamma la Valle dei Calanchi creando giochi di luci e sfumature, in un paesaggio che a noi sembra destinato all’eternità.
Eliana Iorfida
Ph: Wikipedia