Il nocino, tra magia e superstizione
È un infuso di noci acerbe che, come da tradizione, devono essere raccolte nella notte tra il 23 e il 24 giugno. Nella notte dedicata a San Giovanni Battista
Indice
Superstizioni, riti e storia
Durante la notte più corta dell’anno - che segna la vittoria del sole sulle tenebre e la massima vitalità delle piante - si dice accadano “cose strane”, come ci ricorda anche Shakespeare nel suo “Sogno di una notte di mezza estate”. Una notte di riti propiziatori, celebrazioni iniziatiche e fuochi di celtica memoria vanno a braccetto con il naturale che si confonde con il soprannaturale. È la notte in cui le streghe si radunano sotto il grande noce di Benevento per svolgere i loro sabba, volando sulle scope di saggina – il cui manico era fatto proprio con legno di noce – al grido: “Sòtte ‘a l’acqua ‘e sòtte ‘u viénte sòtte ‘a noce ‘e Beneviénte”.
Ed è raccogliendo le noci ancora acerbe che le megere le avrebbero utilizzate per preparare le loro pozioni magiche.
Ma partiamo dal principio…
Tutto ebbe inizio nel lontano 665 d.C., quando il Grande Albero di noce di Benevento, che secondo gli antichi segnava la congiunzione tra terra e cielo e l’insieme del naturale e del soprannaturale, fu raso al suolo per volere del Vescovo Barbato. Il religioso, accompagnato da una moltitudine di persone, ne fece estirpare le profonde radici, alle quali era attaccato un demone che lo stesso Vescovo sconfisse con l’aiuto dell’acqua santa. Cosa, questa, che non riuscì però a rendere puro il luogo dove l’albero era cresciuto e in cui, con le sue lunghe radiche, aveva ucciso tutte le piante che vi stavano attorno. Da allora, a protezione della cattiveria delle streghe, in molte regioni d’Italia, si iniziarono ad usare le erbe di San Giovanni. E tra queste, in particolar modo, l’iperico (da sempre utilizzato per oleoliti e altre preparazioni).
Le erbe svolgevano varie funzioni e venivano impiegate in riti per aumentare la fertilità delle donne e l’abbondanza dei raccolti. Per migliorare salute e fecondità si preparava l’acqua di San Giovanni, che si lasciava all’aperto la notte proprio tra il 23 e il 24. Le piante che si mettevano nell’acqua variano da posto a posto, ma di certo c’era l’iperico, la lavanda (spighetta di S. Giovanni), la ruta e il rosmarino.
Dietro le finestre e le porte si intrecciavano rami di rosmarino, ginepro, olivo, alloro, fico e noce, oppure un barattolo di sale e una scopa di saggina. Le streghe per entrare avrebbero dovuto contare i chicchi di sale o i fili della scopa. La cui saggina era considerata in tutta Europa un’erba dai forti poteri, perché sarebbe stata la prima pianta a essere calpestata da Gesù…
Si narra che quando i romani invasero la Britannia incontrarono una strana popolazione. Un popolo che proprio nella notte tra il 23 e il 24 giugno – la notte del solstizio d’estate – era solito bere da uno stesso calice uno strano intruglio, fatto con noci acerbe, frutta fermentata e miele. Un intruglio assunto dai Picti (così era chiamata la popolazione) durante rituali che aveva il potere di renderli particolarmente euforici.
Attraversando le Alpi Marittime, la bevanda alcolica sarebbe poi giunta dapprima in Liguria e in seguito in Emilia Romagna, e in particolare nel modenese: non a caso da sempre zona di elezione del nocino, i cui standard di produzione e qualità sono oggi garantiti e certificati dall’Ordine del Nocino Modenese.
Un'antica credenza vuole anche che la rugiada (guazza) formatasi nella notte fra il 23 e il 24 giugno sia una panacea per ogni male, specie per i problemi dell'apparato digerente e per i disturbi gastro-intestinali, per i quali il liquore di noci è considerato un rimedio eccellente. La raccolta viene effettuata quando la maturazione non è ancora completa, e il mallo (cioè il rivestimento esterno del frutto) risulta verde e tenero.
Una seconda credenza
In Italia, la produzione del nocino si lega anche a un altro rito che prevede la raccolta a mano delle noci verdi da parte di una donna vergine e rigorosamente scalza. Donna che deve raccogliere solo le noci migliori e senza intaccare il mallo durante l’operazione di asporto dall’albero. Le noci, così raccolte, dovrebbero risultare - secondo credenze di derivazione pagane - tanto morbide da essere penetrate da parte a parte con un ago. Lasciate alla rugiada notturna per l'intera nottata, si metterebbero poi in infusione il giorno dopo, per terminare la preparazione alla vigilia di Ognissanti, ovvero durante la notte del 31 ottobre. Così da consumare il liquore durante alla vigilia di Natale.
Una concatenazione di giorni magici senza pari!
Il nocino: un liquore altamente digestivo
Superstizione a parte, le noci vengono raccolte in questo periodo perché racchiudono il loro massimo profumo e il gheriglio è ancora morbido, contenuto in un guscio dalla consistenza gelatinosa. Chiamato nel dialetto napoletano Nocillo, è un liquore ricco di tannini, composti polifenolici antiossidanti presenti negli estratti vegetali che facilitano la digestione e sterminano parassiti e batteri. Con un alto apporto di zuccheri, e quindi calorico, va consumato moderatamente. È ottimo da gustare liscio, a una temperatura compresa tra i 16-18 °C, oppure servito sui gelati e accompagnato da alcuni tipi di formaggi.
Nocino di san Giovanni: la ricetta tradizionale
Ingredienti
24 noci verdi con il loro mallo
1,5 litri di alcol al 95%
Un pezzetto di stecca di cannella
500 grammi di zucchero semolato
10 chiodi di garofano
La buccia di un limone
10 chicchi di caffè
Preparazione del Nocino di San Giovanni
Tagliate le noci ancora verdi in pezzi e mettetele in infusione in un vaso di vetro capiente in cui avrete messo anche l’alcol al 95%, il pezzetto di cannella, i chiodi di garofano, la scorza di limone, i chicchi di caffè e lo zucchero semolato. Chiudete il recipiente con un tappo a chiusura ermetica ed esponete il nocino di San Giovanni al sole per quaranta giorni, ricordandovi di scuoterlo di tanto in tanto e di ritirarlo in casa la notte. Trascorsi i quaranta giorni, filtrate il nocino con l’aiuto di un colino a maglie strette e imbottigliatelo, lasciandolo riposare da un minimo di 4 mesi a un massimo di 12 prima di poterlo gustare.