Sicilia araba, da Mazara a Palermo Capitale della Cultura
Il nostro viaggio alla scoperta dell’arte e delle atmosfere islamiche della Sicilia parte da Mazara del Vallo, prima conquista siciliana in ordine di tempo da parte degli eserciti musulmani nell’827. L’iqlim – circoscrizione – del Vallo rappresenta il punto fisico di uno splendore che è ancora possibile rintracciare nell’architettura dei luoghi.
La fortezza musulmana sorgeva nello stesso sito del castello normanno, del quale rimane l’Arco omonimo, mentre due delle antiche moschee sono da identificarsi con l’attuale chiesa di San Nicolò Regale (cuba) e con la stessa Cattedrale (Moschea Grande).
Il centro storico, un tempo racchiuso entro le mura normanne, conserva ancora i tratti tipici dell’impianto urbanistico islamico: la kasbah, le cui viuzze profumano d’Africa e i cortili interni risplendono di luce. Un labirinto ripopolato dai nuovi migranti, che hanno saputo rinsaldare il legame con la storia e portare qui l’atmosfera dei loro Paesi d’origine. L’itinerario prosegue verso Trapani, alla scoperta di un sito forse meno conosciuto, ma non per questo meno importante e suggestivo. Si tratta del Castello di Calatubo, dall’arabo قلعة ﺍوبي – Qal’at ‘Awbi (“Castello di tufo”), antica fortezza che presidiava la produzione e il commercio dei cereali attraverso la rete di cosiddetti “mulini persiani”.
Giunti a Palermo non c’è che l’imbarazzo della scelta! Persino i nomi delle vie sono riportati in triplice grafia: italiana, araba ed ebraica. Le rosse cupolette, “qube”, di San Giovanni degli Eremiti (Patrimonio UNESCO) e San Cataldo sono forse l’espressione più celebre e rappresentativa dello stile arabo-normanno di Sicilia. Il primo dei due complessi si sviluppa attorno a un inebriante giardino di essenze arboree, che ci catapulta dritti nella cosiddetta “Sala Araba”, quanto resta della precedente moschea del X secolo.
A due passi, lo storico mercato di Ballarò non ha niente da invidiare all’atmosfera colorata, vivace e profumata di un vero suq, da assaporare con tutti i sensi. Proseguendo tra i vicoli, direzione mare, ci addentriamo nel quartiere della Kalsa (dall’arabo khalisa, “la pura” o “l’eletta”), primo nucleo arabo della città, sede dell’antica cittadella fortificata dell’emiro e attuale cuore pulsante di festival e manifestazioni culturali.
E che dire della Zisa (dall’arabo al-ʿAzīza, “la splendida”)? Il maestoso palazzo reale che Guglielmo I volle per sé in Sicilia, appena fuori le mura della città, serviva a rivaleggiare col padre a colpi di arabeschi e “genoardi”, i sontuosi giardini a imitazione del paradiso in terra. La Sala della Fontana, con la nicchia ricamata dalla tipica decorazione muqarnaṣ, ad alveare, richiama da vicino quelle della Moschea dello Scià a Isfahan (Iran).
Voglia di hammam? Chiudiamo il nostro giro con una visita alle terme arabe di Cefalà Diana, poco fuori città. È qui che entriamo in contatto con un elemento prezioso della cultura arabo-islamica: l’acqua. Eccezionale esempio di maestria ingegneristica, questi bagni erano alimentati da acque sulfuree. Se l’interno è ben conservato, l’esterno reca solo lievi tracce di iscrizioni augurali in caratteri cufici.