Destinazioni - Comune
San Nicandro Garganico
Luogo:
San Nicandro Garganico (Foggia)
San Nicandro Garganico ( Sànde Lecàndre nel dialetto locale, denominazioni medievali e volgari: Sanctum Nicandrum, Santo Nicandro, Santo Alicandro, San Licandro, fino al 1862 chiamata San Nicandro, dal 1862 al 1999 chiamata Sannicandro Garganico) è un comune italiano di 15.805 abitanti della provincia di Foggia in Puglia.
Geografia fisica
Il centro abitato sorge su un complesso di colline, pochi chilometri a sud-est del Lago di Lesina, a fare da avanguardia settentrionale del promontorio del Gargano. Il territorio comunale si estende dal mare Adriatico all'alta collina (754 m s.l.m.) ed è compreso tra i laghi di Varano e Lesina. Vi si riscontra un insieme variegato di microambienti e paesaggi, nei quali anfratti, grotte e sorgenti rivelano la natura fortemente carsica del territorio.
Il comune confina con quelli di Lesina, Cagnano Varano, San Marco in Lamis, Apricena e Poggio Imperiale.
Storia
La prima attestazione documentaria di un Castrum Sancti Nicandri si ha in un documento di donazione, datato 1095, al conte Henricus di Monte Sant'Angelo († 1102/03), nipote di Asclettino I, del cavaliere normanno fratello di Rainulfo Drengot, il primo conte di Aversa.
Poche sono le notizie pervenute riguardo ai primi secoli, ma sembra piuttosto plausibile l'ipotesi di una fondazione normanna, se non bizantina, del primo castrum.
In verità, il primo nucleo abitativo sembra fosse costituito da un casale, detto Difesa di San Nicandro, che doveva sorgere presso la via che conduce alla città federiciana di Apricena, nei pressi di una ben più antica chiesa dedicata a San Nicandro vescovo di Myra, forse una grancia di qualche monastero. A pochi chilometri, su un'altura costeggiata da un profondo canale detto "Vallone", sorgeva una torre di avvistamento e difesa.
Nei secoli successivi al primo millennio, tuttavia, il centro abitato si sviluppò proprio nei dintorni di quella torre, a cui fu addossata la costruzione di un castello già in epoca normanna. Probabilmente, la crescita demografica fu dovuta anche alla progressiva immigrazione di abitanti di casali costieri o, comunque, insufficientemente difesi, come Devia, Maletta e Sant'Annea. Tuttavia anche San Nicandro, nonostante la sua posizione nascosta soprattutto ad Oriente, conobbe alcune incursioni nemiche fino agli inizi del XVI secolo, che tuttavia non furono mai decisive per la permanenza e la crescita dell'abitato.
Divenuto feudo già con i Normanni, quando fu oggetto di rivendicazioni tra le contee di Lesina e di Devia, lo troviamo sotto l'imperium di Guglielmo di Manero negli anni circostanti il 1174.
Nel lungo corso di una serie di travagliati passaggi di proprietà tra vari patroni, è feudo (1269-1270) dei discendenti di Roberto de Clari; da questi passa ai Colant, ai Lagonessa, ai de Sus, per essere poi acquistato dai della Marra che lo detennero intorno al 1446-1490 perdendolo, poi, per reato di fellonia.
Nei decenni intorno al 1520-1560 passa ai Picciolo e, dopo la breve parentesi dei Carrafa di Maddaloni, passa ai Caroprese (fine Cinquecento - primi Seicento) e infine ai Cattaneo, che lo detengono dal primo ventennio del Seicento sino al 1806, quando i feudatari sopperiscono al regno di Gioacchino Murat.
Fu proprio sotto i Cattaneo che San Nicandro conobbe la sua prima fase di stabilità politica e sociale, sebbene continuò ad essere un centro a prevalente vocazione agricola e silvo-pastorale, le cui terre erano spartite tra il feudatario e il Clero locale.
In questo periodo, infatti, si rileva una pur tenue introduzione del Barocco soprattutto in alcuni edifici religiosi della città, grazie ai frequenti suffragi dei feudatari.
Verso la fine del Settecento, ebbe inizio la crescita economica di alcune famiglie borghesi che, occupando terre demaniali, già alla metà dell'Ottocento si trovarono a possedere vastissimi latifondi che gli consentirono una rapida ascesa sociale e politica.
Di queste famiglie, che divennero il bersaglio prediletto, per tutto l'Ottocento, delle più impietose scorrerie di briganti, la più potente fu la famiglia Zaccagnino, che offrì anche una lunga serie di sindaci e deputati sino agli inizi del Novecento.
Proprio all'apice del dominio socio-politico di questa aristocrazia terriera, che intesseva stretti legami con l'alta società della capitale del Regno di Napoli, San Nicandro conobbe un rapido sviluppo economico, politico e culturale, divenendo in breve tempo il centro maggiore del Gargano: si incrementò la produzione agricola, con esportazione di prodotti (grano, olio e uva da tavola) in tutta Italia e, soprattutto intorno agli anni trenta del Novecento, crebbe notevolmente l'artigianato.
Nello stesso periodo la compagine politica e culturale conobbe una fervente attività di movimenti carbonari e massonici, inseriti appieno nelle vicende nazionali. Successivamente, tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, San Nicandro divenne uno dei più aspri teatri della lotta politica di classe sotto la guida di personaggi eminenti, come Giuseppe e Domenico Fioritto, con esiti spesso tragici, menzionati nelle cronache e mitizzati nella letteratura del tempo, com'è il caso de "Il cafone all'inferno" di Tommaso Fiore, che trasse spunto da storie quotidiane dei contadini sannicandresi.
Quest'anelito di riscatto, che risuona tuttora nella vasta tradizione di musica e oralità popolari, trovò il suo sfogo nel secondo dopoguerra quando, estinte le grandi famiglie di latifondisti, le sinistre conquistarono il potere cittadino, creando un vasto fenomeno di occupazione di terre demaniali, tuttora oggetto di discussione socio-politica.
Sempre durante il secondo conflitto mondiale, un altro fenomeno, tuttora oggetto di studio a livello mondiale, darà a San Nicandro una certa rilevanza socio-antropologica: la conversione di un numeroso gruppo di contadini alla fede giudaica, sotto la guida illuminante di Donato Manduzio.
A partire dalla fine degli anni 1980, la fama di San Nicandro crebbe in Europa per essere la maggior esportatrice di fiori secchi ornamentali, di cui identificò per lungo tempo il 70% della produzione nazionale.
Toponimo
Le più antiche citazioni parlano di un Castrum Sancti Nicandri, quindi di un Castellum e infine della Terra Sancti Nicandri, nel momento in cui l'antico castello diviene un borgo abitato.
Il toponimo è riferito al santo omonimo ma è da chiarire di quale San Nicandro si tratti, poiché il martirologio romano conosce almeno tre diversi santi con questo nome. L'ipotesi più probabile è che il primo insediamento sia stato fondato in un tenimento cenobitico denominato San Nicandro per la presenza di qualche chiesa dedicata al santo vescovo di Myra. Per cui lo stesso abitato ne avrebbe poi conservato il nome.
Successivamente, divenuto desueto (o forse mai praticato a livello popolare) il culto di san Nicandro di Myra per alcuni secoli, agli inizi del Seicento l'attenzione cultuale, fuorviata dalla omonimia, si traspose su San Nicandro martire di Venafro, per l'arrivo di un frate francescano panegirista, che portò con sé nel centro garganico alcune reliquie proprio dalla cittadina molisana. Il culto di san Nicandro martire di Venafro, insieme ai compagni Marciano e Daria, grazie all'incentivo pastorale della Chiesa locale e alla promozione "mecenatistica" dei feudatari Cattaneo, assunse gradualmente, pur con periodiche difficoltà, i connotati di culto patronale cittadino, fino al giorno d'oggi.
Nel 1861, con l'unificazione d'Italia, il nuovo governo piemontese decise di modificare il toponimo, forse per esigenze di duttilità burocratica, che divenne Sannicandro Garganico. Una delibera di Consiglio Comunale del 1998, approvata dal Presidente della Repubblica, ripristina il toponimo in San Nicandro Garganico.
Monumenti e luoghi di interesse
Chiesa Madre Santa Maria del Borgo
È la chiesa madre della città, impropriamente identificata come cattedrale, nonostante non sia mai stata residenza episcopale. Costruita probabilmente tra il 1573 e il 1580, assunse presto le funzioni parrocchiali, trasferite dalla più antica chiesa di San Giorgio, sita nella Terravecchia. Successivamente, grazie all'acquisizione di particolari diritti e onorificenze in seno alla diocesi di Lucera, è fregiata del titolo di collegiata, retta da un arciprete e da un collegio di dodici canonici regolari.
L'edificio attuale è il risultato di vari rimaneggiamenti, il più incisivo dei quali avvenuto intorno al 1693, per ordine del vescovo di Lucera Domenico Morelli e a spese delle confraternite, a seguito del terremoto del 1688. Si presenta oggi a pianta basilicale, con tre navate scandite da dodici pilastri e la volta (costruita nella seconda metà dell'Ottocento) a botte con lunette.
La facciata, di forma rettangolare ad abbracciare l'estensione delle tre navate, è interamente costituita di blocchi di pietra squadrati. Ad interrompere questa austerità, il sobrio portale centrale in stile tardo-rinascimentale, sovrastato da un frontone arcuato aperto che accoglie, sulla sommità, le insegne del vescovo Morelli e la lapide della ricostruzione del 1693.
Il campanile, un paio di metri a nord-est del corpo della chiesa, è a torre quadrata, dello stesso stile della facciata, diviso in tre sezioni da due cornicioni marcapiano. L'ultima ospita l'aula campanaria. La torre termina con una cuspide ottagonale, che sul versante principale reca una meridiana.
Sul lato ovest, parallele alla chiesa e unite ad essa da tre archi che si aprono nella navata destra, tre cappelle: quella dei Misteri della Passione, dell'Immacolata e del SS. Sacramento. La cappella dei Santi Patroni, invece, è sita parallelamente alla navata sinistra, nella parte anteriore.
Da ammirare, la nutrita statuaria lignea di scuola napoletana, risalente al tardo barocco, come testimoniano le preziose ed espressive forme della statua dell'Immacolata, di San Michele, di San Nicandro, San Marciano e Santa Daria. Di un certo rilievo storico e artistico, la tela dell'Annunciazione, attestata al tardo Cinquecento, gli altari barocchi di San Michele e dei Santi Nicandro, Marciano e Daria, patroni della città
Chiesa di San Giorgio in Terravecchia
Questa piccola chiesa è la più antica, sorge all'interno delle mura medioevali (la Chiesa Madre invece ne è appena all'esterno), è ad aula unica con tre campate, oggi coperte con tetto piano, ha un altare in marmo intarsiato con il retro provvisto di una piccola sacrestia in piano con la chiesa stessa. Tramite una scala pioli si accede a un soppalco che permette di portare doni e fiori alla Madonna di Costantinopoli. Si ricordano in proposito i festeggiamenti, l'8 settembre, con funzione religiosa e processione. Lungo i muri si trovano ancora le nicchie con statue di santi, tra i quali San Giorgio, a cui è dedicata la chiesa, Sant'Antonio Abate e San Leonardo. Ogni primo martedì del mese vi si celebra la messa. La facciata è semplice, con portale in pietra e cornicione culminante con campanile a vela (a doppia campana), raccordato al prospetto da due lunette. Al centro della facciata è un prezioso quadro della Madonna con Bambino che copre un affresco molto più antico della Madonna Nera di Costantinopoli, del quale però il restauro è pressoché impossibile. Questa chiesa ha una particolarità per cui viene spesso ricordata nei racconti degli anziani: dietro l'altare, accessibile (fino al 1990) tramite una botola aperta sul pavimento ligneo del coro, c'è un pozzo molto stretto, corredato da un secchiello in rame battuto e stagnato del diametro di circa 10 cm; la leggenda racconta che chi riusciva a tirar su dal pozzo quel secchiello colmo di acqua, senza farne cadere goccia durante la risalita, poteva formulare un desiderio, che sarebbe stato esaudito.
Altre architetture
Castello normanno-aragonese
Casale di Devia e chiesa di Santa Maria
Insediamento romano di Sant'Annea
Torre Mileto
Torre Calarossa
Masserie fortificate
Palazzo Fioritto: Biblioteca Comunale "Alfredo Petrucci" e Museo Storico ed Etnografico della Civiltà Contadina
Luoghi di interesse naturalistico
Bosco Spinapulci
Bosco Fiorella
Dolina carsica "Pozzatina"
Grotta dell'Angelo
Grotta Pian della Macina
Grotta delle Streghe
Lido di Torre Mileto
Parco archeologico e naturalistico di Monte Devio
Parco naturalistico San Giuseppe
Società
Evoluzione demografica
Abitanti censiti
Etnie e minoranze straniere
Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2010 la popolazione straniera residente era di 422 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano:
Marocco 166 1,03%
Comunità Ebraica di San Nicandro
A partire dalla fine del 1920, la comunità si è sviluppata in seguito alla conversione di Donato Manduzio, un veterano della prima guerra mondiale che si è ispirato dalla sua personale lettura della Bibbia. Ben presto convertì un certo numero di suoi paesani. Nel 1949, la maggior parte degli ebrei di San Nicandro emigrò in Israele. Oggi il culto dei restanti ebrei si svolge nella sinagoga Scolanova e nella vicina città di Trani.
Cultura
Cinema
Zefat, San Nicandro - Il viaggio di Eti, regista Vincenzo Condorelli. La protagonista Eti, ebrea discendente da una famiglia di San Nicandro, viaggia da Sefad, in Israele, dove è nata, a San Nicandro Garganico, per riscoprire le sue origini.
L'Antimiracolo, regista Elio Piccon 1963, alcune scene del film sono girate a San Nicandro.
Eventi
I fuochi. Il "fuoco" è un falò acceso poco prima del tramonto al centro di una via del centro abitato (fatta eccezione per le vie principali o la statale, e comunque lontano dall'incrocio) ed alimentato da legna raccolta per l'occasione in campagna o nei boschi. Ogni via in cui ci sono abbastanza case ha il suo, o comunque se ne organizza uno ogni 10-15 famiglie circa, se le famiglie sono troppo poche; raramente, però, ci sono due fuochi nella stessa strada, per quanto numerose siano le famiglie che la abitano: in passato la "kjàzza" (via) costituiva una specie di micro-quartiere, in cui gli abitanti erano legati fra loro da assidue frequentazioni reciproche e mutuo soccorso in caso di difficoltà, e il "fuoco", nell'arco dell'anno, era il momento principale di aggregazione di questa comunità. Attorno a questo falò le persone che lo hanno organizzato festeggiano fino a tarda ora con canti, balli, e cibo preparato e/o offerto comunitariamente (tradizionalmente "cìc jasckàt" ceci abbrustoliti sotto la sabbia marina, e "muscìscka" striscette di carne seccata al sole da masticare dopo averla scaldata sul fuoco, ma con il miglioramento delle condizioni economiche nel dopoguerra è diventato consuetudine anche organizzare delle grigliate). In passato alla fine del fuoco i partecipanti si dividevano i carboni derivanti dal falò, perché venivano usati per il riscaldamento domestico (fino a tutti gli anni settanta era molto comune che le case venissero riscaldate bruciando della carbonella in appositi bracieri, posti al centro della stanza principale, ed erano anche molto comuni le morti per intossicazione da monossido). Le date dei fuochi tradizionalmente erano tre, Sant'Antonio Abate (17 gennaio, Sand'Andón, da non confondersi con Sand'Andònj, che è Sant'Antonio da Padova), San Sebastiano (20 gennaio, Sand Savastjàn), e, il più importante, San Biagio (3 febbraio, Sand Bràs; la ricorrenza è ricordata, nei detti e nei proverbi, anche dall'assonanza con la parola "vràscia" che significa brace). Quest'ultimo a volte durava due giorni, iniziando dalla notte precedente, con il rito del fuoco ai vespri della Candelora (2 febbraio, nel rito precedente alla riforma liturgica) se il falò era particolarmente grande: in quel caso si decideva di tenerlo vivo anche per il fuoco di San Biagio. Il fuoco si accende anche (se e quando il parroco lo permette) sul sagrato della chiesa dove si venera la statua del santo, quindi il Convento di S. Maria delle Grazie per S. Antonio Abate, la chiesa del Carmine per S. Sebastiano, e la Chiesa di San Biagio, per il santo omonimo. Le prime due date erano più usate nei quartieri che facevano capo alle chiese del Carmine e del Convento, ma adesso sono cadute in disuso, e ormai si parla senz'altro di "fuoco di San Biagio". È una ricorrenza sentita come preparazione alla grande festa del Carnevale, alla quale partecipa tutta la popolazione. In campagna si festeggiava bruciando i "saramènd" (sempre intorno alla Candelora), cioè i viticci, le propaggini, e i rami tagliati dalle viti. Essendo una festa spontanea, attualmente sta cadendo in disuso l'intera usanza, che è legata, piuttosto che ad una specifica occasione liturgica promossa dai parroci delle chiese, alla consuetudine di formare comunità tra le famiglie che abitavano nella stessa via. In passato era normale che, sbrigate le faccende domestiche, le persone portassero in strada delle sedie per sedersi davanti alle proprie case (a piano terra), chiacchierando e sorvegliando il gioco dei bambini. Attualmente, sono proprio quelle le ore in cui il palinsesto televisivo propone i programmi più seguiti, e quindi questa consuetudine è sempre più rara, rendendo i legami tra le famiglie che abitano nella stessa strada sono sempre più occasionali.
il Carnevale (U Dìtt) - il Carnevaletto
Riti della Settimana Santa. La sera del mercoledì Santo si tiene la Via Crucis cittadina in cui viene portata una grande croce nera in legno. Dopo la messa vespertina del Giovedì Santo, ogni chiesa viene addobbata con dovizia di particolari, per ospitare l'urna in cui è custodita l'Eucarestia. Quindi per tutta la notte ha luogo la Visita a Gesù Sacramentato nelle sette chiese (impropriamente detta "Visita ai Sepolcri"), durante la quale le Confraternite intonano i canti tradizionali della Passione e il Miserere. Il Venerdì Santo al tramonto si svolge la processione dei Misteri della Passione, unica in tutto il Gargano e l'alto Tavoliere, nella quale sfilano le confraternite e vengono portate sette statue rappresentanti i momenti salienti della Passione di Cristo.
Festival internazionale della Scuola
Festa patronale: liturgicamente la festa dei Santi Patroni, preceduta dalla novena nella Chiesa Madre, ricade il 17 giugno, quando si tiene processione dei simulacri lignei dei SS. Nicandro, Marciano e Daria, che è anche il culmine dei festeggiamenti.
Piazza dei Sapori Garganici: istituita nel 2003, è una delle prime manifestazioni di turismo eno-gastronomico del Gargano. L'evento, che ha luogo nella prima decade di agosto, consiste nella degustazione dei prodotti tipici locali e conta su una partecipazione di 10.000 persone.
Fiera d'Ottobre del Gargano
Novena di Natale: si celebra nella chiesa Madre "a mattutino", ovvero prima dell'alba, secondo l'antica tradizione che agevolava la partecipazione dei contadini prima che si avviassero al lavoro. La particolarità di questa celebrazione è nell'aver tramandato quasi intatto un rito ascrivibile al Sette-Ottocento, come riconoscibile nei canti, quasi tutti in latino e da un tema pastorale di origine locale. Probabilmente, questi canoni melodici, si devono all'influenza del passaggio degli zampognari: si trattava di pastori abruzzesi o molisani che, secondo la consuetudine della transumanza, stazionavano nella zona con le proprie greggi per tutto il periodo invernale, raggiungendo il centro abitato in prossimità delle festività natalizie e accompagnando il giro con il suono della zampogna. Secondo la consuetudine pre-conciliare, a novena segue la recita del Rosario, con l'esposizione del SS. Sacramento e il canto del Pange lingua. Quindi segue il Tu scendi dalle stelle, cantato secondo un modulo molto particolare e prettamente locale: ogni strofa è preceduta da una passata dell'organista, che rievoca gli antichi canoni degli zampognari, e seguita da un'orazione, per un totale di quattro orazioni e altrettante strofe. Seguono le Litanie lauretane, la benedizione eucaristica e il Laudate Dominum. Il giorno della vigilia, prima della benedizione si esegue l'austero e solenne canto del Te Deum.
Festa della Matricola
Persone legate a San Nicandro Garganico
Domenico Fioritto, avvocato, politico, segretario nazionale del Partito Socialista Italiano
Donato Manduzio, fondatore della Comunità Ebraica di San Nicandro
Rocco Pagano, ex calciatore
Alfredo Petrucci, poeta, scrittore, incisore
Don Aristide D'Alessandro
Infrastrutture e trasporti
La cittadina è collegata all'uscita Poggio Imperiale-Lesina dell'Autostrada A14 dalla strada statale 693; è inoltre raggiunta dalla Strada statale 89 Garganica che la connette a San Severo e Apricena.
Inoltre, è servita da una stazione ferroviaria, posta sulla ferrovia San Severo-Peschici gestita dalle Ferrovie del Gargano.
Amministrazione
Galleria fotografica
Note
^ Dato ISTAT - Popolazione residente al 30 giugno 2012.
^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF) in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente, 1 marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012.
^ (EN) Conti d'Aversa
^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012.
Voci correlate
Comunità montana del Gargano
Parco Nazionale del Gargano
Provincia di Foggia
Regione Puglia
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Collegamenti esterni
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