Destinazioni - Comune

Trissino

Luogo: Trissino (Vicenza)
Trìssino è un comune italiano di 8.688 abitanti della provincia di Vicenza in Veneto. Geografia Il territorio comunale (circa 21 km²) si sviluppa su due brevi digitazioni collinari della dorsale lessinea compresa tra i corsi dei torrenti Chiampo ed Agno - Guà e sulla fascia di valle alluvionale larga e piatta di quest'ultimo torrente, in corrispondenza del tratto dove esso, a Sud di Castelgomberto, si inflette descrivendo un'ampia ansa ed accenna a divagare. Il centro del Capoluogo è situato sul lato destro della valle dell'Agno, in zona pedecollinare all'altezza del Km 10 della vicina S.P. 246 di Recoaro. I confini comunali, con a Nord il comune di Brogliano, ad Est i comuni di Castelgomberto e Montecchio Maggiore, a Sud il comune di Arzignano, ad Ovest il comune di Nogarole Vicentino, descrivono un'area di forma grosso modo inscrivibile in un triangolo isoscele con la base che segue una linea ideale congiungente Castelgomberto a Ghisa di Montecchio M. e avente per vertice il Monte Faldo. Le quote della superficie topografica variano da un minimo di 105 m s.l.m. ad un massimo di 805 m s.l.m. sulla sommità del Monte Faldo. Le cime più alte sono ubicate nella parte occidentale del territorio, che si caratterizza anche per la presenza di due notevoli incisioni costituenti le valli dei torrenti Arpega e Restena che rappresentano il probabile residuo di un primitivo sistema di corsi conseguenti sui quali, in seguito, ha assunto il sopravvento il corso principale dell'Agno (R.Fabiani, 1921). Morfologicamente, essa è costituita da un accumulo di materiale vulcanico variamente ondulato ed immergente verso Sud, Sud - Est che, modellato in maniera selettiva dagli agenti esogeni in conformità della varia natura litologica dei terreni, vede evidenziati numerosi elementi conici, costituiti dalle rocce laviche dei camini vulcanici. Il maggiormente visibile ancor oggi è il Calvarina. La zona valliva che si connette alle alluvioni sovrabbondanti trasportate dal torrente Agno è a morfologia pianeggiante. Ad occidente si raccorda con gradualità ai bassi fianchi del complesso vulcanico, mentre ad oriente si attesta sui versanti ripidi della dorsale "di Castelgomberto" che ha direzione meridiana come quella su cui insiste il territorio collinare, ma è strutturata su rocce di prevalente origine sedimentaria marina. Struttura geologica I depositi che si ritrovano nella zona dei rilievi sono rappresentati quasi esclusivamente da basalti compatti o vacuolari con la loro coorte di brecce e tufi. Appartengono alla fase finale del ciclo vulcanico dell'Eocene medio manifestatasi circa 45 milioni di anni fa per lo più in ambiente subaereo con ampie colate di lave e con prodotti vulcanodetritici che risultano spesso gradati, talora fossiliferi e a colorazione diversa a seconda del grado di ossidazione. Non mancano, entro i tufi, bombe vulcaniche, proietti vulcanici e banchi di scorie (A. Borsellini et alii, 1967) che per alterazione hanno dato origine a locali accumuli di argille bentonitiche, molto richieste nell'industria dei refrattari. Le scarse emergenze sedimentarie appartengono a rocce calcaree dell'Eocene superiore depositatesi intorno a 40 milioni di anni fa e si situano in due diverse posizioni. Un piccolo lembo si trova in località S. Benedetto ed è limitato verso Sud dall'importante faglia di Campofontana, la quale ha direzione Nord - Ovest, Sud - Est e disloca numerose altre lineazioni come la faglia di Trissino cui va imputato il modesto abbassamento del settore meridionale del rilievo (G. Barbieri, P. Mietto e R. Sedea, 1981); un'altra successione si attesta sul Monte S. Nicolò e in due zone ristrette ad esso vicine. La coltre delle alluvioni recenti, dovute ai torrenti Agno e Poscola nonché al confluente torrente Arpega, è quasi uniformemente un deposito ghiaioso - ciottoloso, grossolano, ricco di elementi basaltici e vulcanitici in generale. Raggiunge lo spessore massimo di circa 100 metri ed ha un significativo sviluppo areale. Poco numerosi e non sempre indagati sotto l'aspetto scientifico sono i giacimenti paleontologici dell'area collinare. I resti fossili, per lo più riferibili a molluschi marini, si rinvengono immersi in una matrice vulcanodetritica originatasi dallo smantellamento di prodotti vulcanici primari e sono spesso perfettamente conservati; si presterebbero, con lo studio, ad allargate considerazioni di tipo paleoambientale su questa parte di Lessinia. Ben nota per aver dato in passato significative testimonianze di conchiglie terrestri è invece la località di Lovara. Qui, negli strati poco compatti e talora un po' calcarei che si alternano a tufi, lignite e scisti bituminosi, si rinvennero Elicidi, Ciclostomi e Limnee (Gasteropodi terrestri) accompagnati da frammenti di Trionicidi (Tartarughe), Coccodrilli ed altri avanzi fossili (E. Suess, 1868). Tali presenze caratteristiche di acque dolci hanno fornito una evidente prova dell'esistenza di un continente nell'Eocene medio. Infine, ma sempre con grande importanza, nel campo della mineralogia si ha il recente ritrovamento di cristalli di armotomo (un tectosilicato idrato di Bario ed Alluminio) associati ad altri minerali all'interno di fratture e cavità di una roccia basaltica affiorante a Selva. Lo studio della composizione chimica dei campioni, operato da E. Passaglia e G. Bertoldi (1983), ha evidenziato che essi risultavano diversi dagli armotomi finora descritti, costituendo un esempio nuovo di termine nella serie zeolitica di appartenenza. (Notizie tratte dal libro "A Trissino" di Piero Rasia e Primo Faggion - 1992) Tutta la zona è ben conosciuta dal punto di vista geologico, perché un'immane quantità di geologi internazionali ci studiò e molti geologi in erba o appassionati vi costituirono la passione e gli innumerevoli scritti che dai Lessini viceentini e veronesi uscitono al mondo. Storia L'origine del toponimo deriva probabilmente da Dripsinum, ovvero un villaggio appartenente forse alle popolazioni dei Dripsinates, dedite soprattutto alla pastorizia, ed organizzate in varie tribù, che dovevano abitare anticamente la Valle dell'Agno e le colline veronesi e vicentine centro-orientali. Trissino e i “ Dripsinates” Gli Euganei furono assoggettati dai Romani verso la metà del II secolo a.C. e, dopo la seconda guerra punica (219-201 a.C.), le loro terre vennero pacificamente romanizzate. Ottennero il titolo di colonia di diritto latino dopo la seconda guerra sociale dell'88 a.C. Dopo il 49 a.C. Vicenza divenne Municipio Romano e i suoi abitanti furono iscritti alla tribù "Menenia". Lapidi romane rinvenute e recanti il nome di questa tribù dimostrano che i confini del Municipio di Vicenza toccavano Arzignano, Montecchio Maggiore, Sovizzo, Schio e Chiuppano. La vallata di Trissino probabilmente non apparteneva al Municipio di Vicenza, poiché una lapide, rinvenuta sul greto del torrente Agno nel 1938 in prossimità della chiesa di S. Martino di Brogliano, porta l'iscrizione funebre del Duumviro ed Edile "Lucio Heio Calsaesio" e della consorte "Gellia Quartina Seconda" iscritti alla tribù "Collina". In queste valli prealpine non esistono ritrovamenti archeologici riferiti alla tribù Menenia o a nomi di " Quattuorviri", alti funzionari presenti solo nelle città insignite della municipalità romana. La presenza nella valle di un "Duumviro", anziché del Quattuorviro, dimostra che la popolazione doveva formare una "Civitas" propria di diritto Latino, ma priva della cittadinanza romana. Lo storico Plinio il Vecchio menziona le 34 comunità in cui erano suddivise le Genti Euganee e le qualifica come popolazioni prealpine delle valli bresciane, veronesi e vicentine. II Maffei e il Fraccaro sostennero l'ipotesi che una delle 34 comunità citate da Plinio il Vecchio si fosse insediata nella Valle dell'Agno e la identificarono con i Dripsinati. Una lapide rinvenuta a Gavardo (BS) onora Sesto Valerio Publicola quale patrono delle due comunità dei Vardagatesi e dei Dripsinati. Una epigrafe Pompeiana cita un soldato Dripsinate con il nome di Lucio Vettonio Saturnino appartenente alla tribù Collina, come il sopracitato Lucio Heio Calsaesio e sui latercoli pretoriani sono incisi i nomi di altri due soldati Dripsinati. Il Fraccaro, dopo la scoperta della lapide Lucio Heio Calsaesio, scrive testualmente -."...ritengo probabile che nella bella valle dell'Agno... abitasse una Civitas a sé, di diritto Latino, appartenente alle Euganee Gentes e non v'è altro nome che con maggiore probabilità la possa indicare da quello suggerito dall'identificazione Dripsinum = Dressen ". L'interpretazione dello studioso avalla l'ipotesi che gli antichi abitatori della valle furono i "Dripsinati" e che il loro villaggio fosse da collocarsi sul colle di Trissino verso l'interno della valle. Presenza Paleoveneta a Trissino A Trissino, durante l'ampliamento del vecchio cimitero, nell'aprile del 1981, affiorarono materiali archeologici tali da richiedere da parte del Comune l'intervento della Sopraintendenza Archeologica per il Veneto. Il sopralluogo della Sopraintendenza riscontrava tre strutture riferibili ad un tipo di abitazione seminterrata, caratteristica dell'ambiente Prealpino e riferita al periodo della seconda età del ferro e cioè dal V al I secolo a.C. Durante gli scavi le suindicate strutture mettevano in evidenza una parete lunga circa 20 metri; analizzandole singolarmente, risultò che la prima costruzione doveva corrispondere ad una casa di tipo abitativo con una superficie di circa 28 m2. Durante alcuni episodi intermedi di scavo fu ritrovato un "dolio", grande contenitore di derrate alimentari in terracotta, ed altro materiale in ceramica. La seconda struttura di dimensioni decisamente inferiori alla prima fa pensare che non si trattasse di una vera e propria casa di abitazione, anche perché a livello del pavimento furono trovati numerosi semi carbonizzati di miglio e orzo, vinaccioli d'uva (ciò fa supporre che fosse già conosciuta anche la vinificazione). Pertanto la struttura e i semi ritrovati, fanno supporre, che si trattasse di un magazzino per granaglie destinate al periodo invernale. La terza costruzione presentava solo un angolo di casa con pochi ritrovamenti, mentre nell'area immediatamente a monte delle tre casette fu rinvenuto un insieme significativo di elementi litici, terra battuta ed arrossata, scottata dal fuoco, fra cui una scodella o tazza contenente frammenti di lamina di bronzo con accanto altri frammenti pure di bronzo forse in via di lavorazione (si noti che nel periodo dell'età del ferro era in uso riutilizzare il metallo che veniva rifuso e adoperato per altri manufatti). Esaurita la prima zona di scavo la Sopraintendenza Archeologica effettuò nel 1983 dei sondaggi nella zona destinata dal Comune a parcheggio per il cimitero. Dopo i primi accertamenti si notò un crollo imponente che fece sospettare la presenza di una struttura non corrispondente ad una comune casa seminterrata del tipo delle precedenti. Furono rinvenuti, in seguito, tre fronti murari piuttosto singolari: il primo, quello a monte, composto da elementi megalitici (pietre di quasi un metro di lato), risultò di contenimento della roccia in posto; il secondo, molto più ampio; il terzo, più interno, corrispondente ad una parete di una grande struttura della quale, allo stato attuale degli scavi, non si è potuto stabilirne l'ampiezza. È necessario chiarire che, mentre nella prima area di scavo le casette erano databili V - IV secolo a.C., nella seconda sono stati rinvenuti materiali riferibili al II -I secolo a.C. Si tratta quindi di una dislocazione cronologica poiché l'abitato ebbe origine intorno al V secolo a.C. occupando, probabilmente, una zona del versante che dava direttamente sulla valle dell'Agno. Fra i materiali rinvenuti, (vasi di vario genere, fibule, aghi etc...) nella seconda zona è stato inoltre ritrovato un frammento di torque (collana attorcigliata a nodi di argento), di grande pregio per la sua rarità. Questo tipo di collana è particolarmente interessante ed anche il fatto di essere stata rinvenuta a Trissino è pure importante in quanto si tratta di un ornamento caratteristico delle genti Celtiche, che abitavano la Regione della Venezia Giulia, anche indizi di scambi, un dono di prestigio tra personaggi importanti. Questa collana nel contesto del Veneto non è più riferibile ai Venetken, cioè ai Veneti, ma alla cultura dei Celti, che dal 4° secolo entrarono nel Triveneto a piccoli gruppi, forse anche dominanti alcuni, dall'ovest, quindi dall'area dell'Italia del nord-ovest (età del ferro), poi inseriti nel contesto veneto. Le loro tombe si differenziano da quelle venetiche proprio per l'oggettistica, soprattutto i torques. Si tratta forse anche di un reperto che proviene dall'area slovena dove esistevano in quel periodo (fine del II secolo a.C.) numerose necropoli celtiche di cui questo ornamento era caratteristico. Trissino è la località più occidentale in cui finora sia stato ritrovato questo genere di artigianato. Un ulteriore ritrovamento importante è stato un insieme di ossa di maiale (una ventina), quattro delle quali (falangi dello stesso tipo) portano iscrizioni graffite in alfabeto retico. L'insieme di ossa dovrebbe corrispondere ad una pratica divinatoria e ciò unitamente alla collana, in associazione stratigrafica con una moneta della fine del II secolo a.C., potrebbe far presupporre che la struttura di dimensioni così ampie non corrispondesse ad una casa di abitazione, ma ad un ambiente dove la gente si poteva raccogliere per assolvere a qualche pratica rituale. Pur considerando che gli scavi dovranno proseguire per una più precisa ed ampia visione dell'area, resta un punto importante l'aver ritrovato iscrizioni retiche in un'area tipicamente paleoveneta. Pertanto si ritiene che Trissino sia, per la sua cultura mista, uno degli abitati Alto-Vicentini con elementi culturali Retici accanto a quelli Paleoveneti in un areale di cerniera (confine) fra questi due ambiti. (Notizie tratte dal libro "A Trissino" di Piero Rasia e Primo Faggion - 1992) Forse la Piccola Pompei di Vicenza ? IL NUOVO RITROVAMENTO ARCHEOLOGICO A VALBRUNA DI TEZZE DI ARZIGNANO La recente scoperta dell’antica Dripsinum-Drixinum, potrebbe essere una delle scoperte più importanti del Veneto nel mondo archeologico, ma per la tipologia, probabilmente anche del mondo. È stata annunciata anche dalla trasmissione Leonardo, il ritrovamento di strutture sommerse dai detriti alluvionali dell’Agno a Valbruna di Tezze di Arzignano e messe in mostra dall'alluvione di Ognissanti del 2010, in quanto il torrente ha scavato ulteriormente nell'attuale alveo, ma con il muoversi dei meandri anche in laterale, scoprendo aree prima sommerse dal giaron. Già dopo le grandi e potenti alluvioni del 1796 e del 1882 (la più potente per flusso di acqua), erano state scoperti alcuni reperti. La corrente aveva “ruspato” alcune tombe romane, con balsamari e altri oggetti tipici di quel tempo e modalità, posti a lato dell'inumato. Gli oggetti poi sono stati dispersi da quei secoli da chi li aveva raccolti, per propria esposizione agli amici, come era la moda di quel tempo. Forse oggi sono in qualche museo, come il Zannato di Montecchio, ma che non hanno definizione di luogo ed età. Si ricorda che il vicentino e veronese nel 1700 era il centro del mondo per la geologia che stava nascendo. Si può ipotizzare che i reperti romani inizino da sopra di quei puntini, fino alla località Valbruna, quindi un'area di circa 1 km². Gli studiosi sono rimasti nella storia, proprio per essere stati i primi, base per quelli che vennero dopo, e per tutti gli studiosi che dalle altre nazioni vicine che sono venuti a vedere le rocce delle nostre montagne; per capire come si era formata la terra, vennero principalmente tedeschi ed austriaci (in quanto eravamo sotto gli austriaci) ma anche inglesi in gran numero, provenienti da molte università. Fu il tempo anche per i primi musei, dopo i primi "ammassi" di opere d'arte fatti dagli imperatori (Adriano per primo) furono i ricchissimi banchieri romani e fiorentini e poi dai papi. I primi musei specializzati di geologia nacquero a Verona con le vetrine di Girolamo Calceolari. Per queste nostre strade vi passarono re, imperatori, principi e ricchi, che volevano portarsi a casa i fossili che altri estraevano dalle rocce. I musei del mondo hanno addirittura intere sale con i fossili di Bolca e dintorni. Le varie e potenti alluvioni successive accadute fino ad oggi, hanno cambiato ancora lo scenario dei livelli dei ghiaioni superficiali. Nella carta Igm (Istituto Gepgrafico Militare) al 25.000 della zona, compaiono 4 puntini a metà fra Trissino a Tezze, indicando un ritrovamento archeologico (generico) che potrebbe essere quel ritrovamento della fine del 1700. Arusnates, erano chiamati coloro che popolavano i Lessini più ad ovest, fino ad arrivare al Garda, mentre i Dripsinates sicuramente erano gli abitanti della valle dell'Agno, ma sicuramente anche quelli della valle più ad ovest e quella ad est. Entrambe queste popolazioni hanno nel finale della parola "nates" (cosa significa?). In latino potrebbe significare: nati, quindi nativi di Arus, e quindi per Dripsinates: nativi di Dripsi o Drixi. Quindi il nome originale venetico del paese di Trissino dovrebbe essere in realtà Dripsi o Drixi. Drixinum invece potrebbe derivare da: la cittadina con il nomen Drixi. Potrebbe essere la descrizione fatta dal primo scriba romano, che ha dato l'elenco al "primum praefectus urbis Vicetie", che comandò la "provincia" vicentina. George Crothers (insegnante di storia e archeologia all'università del Kentucky), con il collega Paolo Visonà (vicentino trissinese emigrato per mancanza di prospettive decenti in questa Italia distrutta dai politicanti, che hanno approfittato dell'ignoranza dei loro elettori), hanno fatto nuovi studi per vedere meglio quello che potrebbe esserci sotto ai ghiaioni. Utilizzando la tecnica del georadar, radiometro, magnetometro e rilevatori di diversità alla resistenza elettrica, hanno messo in risalto varie strutture di probabili fondazioni di abitazioni e grosse strutture murarie, anche circolari, sotto alla coltre dei detriti torrentizi, a 1-3 metri di profondità. Purtroppo, per motivi che "non sappiamo", dopo un certo tempo i ricercatori sono dovuti ritornare negli Usa (scappare), senza la collaborazione con la sovrintendenza, già interpellata prima e anche in questa occasione..!!??, dicendo verbalmente che sono di età recente; notizie destinate a cambiare al più presto, se ci sarà un'indagine della Procura della Repubblica. Il classico Muro di Gomma. Anche nel 2010 queste alluvioni potenti, ma comunque negative, in quanto scavano l’alveo portando i detriti più a valle, hanno esposto poco lontano, una serie ulteriori di vasche in argilla indurita, portandosene via una parte. Sono state trovate da Davide Sandini (Visonà, Pizzati e altri appassionati di archeologia e storia, fin dal 1989), che abitavano non molto lontano, che è anche un interessato tecnico e storico, anche di bacini di stoccaggio acque da alluvione. Questa serie di vasche, presenti nello stesso livello romano, forse servirono per la pulizia e tintura dei tessuti e pelli, cosa unica al mondo (forse in Belgio esiste una cosa simile, ma il nostro sito è molto enormemente più grande, quindi sicuramente una lavorazione industriale. In queste numerosissime vasche si sono trovati degli oggetti tipicamente romani: una punta di un pilum (lancia da tiro tipica dei soldati e legionari), una calliga (sandalo tipico dell'epoca e portato sempre dall'imperatore Caligola che divenne il suo soprannome) ed un palo forse di ancoraggio a delle barchette che trasportavano il materiale, forse anche a mano. Le ultime scoperte degli autori e del Sandini, oltre che ad un'ulteriore erosione del torrente che sta rovinando ulteriormente le vasche, ha messo in esposizione ancora altre zone molto grandi, con un'estensione di ben oltre un chilometro. Le vasche sono mediamente di grandezza 6-8 metri di lunghezza, per 1,5 di larghezza e 60 cm di profondità, con spessori da 30 a 80 cm di argilla. Questo può far pensare invece, e con maggior certezza, all'utilizzo come vasche da pesce, come ancora oggi ci sono a qualche km, in val Chiampo. Se invece venisse confermato l'uso per tessuti, rifletterebbe ciò per cui diventò subito famoso il nostro territorio veneto, agli occhi dei primi commercianti greci che si erano insediati ad Adria, poi Spina e forse Ravenna, Aquileia, Torcello e altri piccoli villaggi portuali lungo le varie lagune a bordo mare, che a loro volta commerciavano sia tramite le vie acquee fluviali, sia direttamente con le altre lagune interne che si collegavano le une alle altre verso l'interno del territorio veneto, fino ad arrivare non molto lontano dalle pendici dei Lessini, tanto che la località Vò di Brendola era un piccolo porticciolo di quello che era il Guà fino a 1 solo secolo fa. Il toponimo "vo" significa proprio: scivolo per barche che si usavano nel corso d'acqua stabile, scavato sull'argine. Il cambio del nome fra Agno e Guà è sicuramente preso dalla differente pendenza del terreno e del flusso delle acque: Agno come torrente che in estate o periodi secchi ha il letto asciutto e Guà come fiume ad acqua perenne. In più quel limite era poco sotto il passaggio della consolare Postumia fra i Berici e i Lessini, in zona Vanzo, dal latino Vanzium, terra scarta d'avanzo, di bassa qualità e non arabile, proprio per la presenza di sassame che rende il terreno incoltivabile, dopo l'ultima alluvione. I grossi e famosi siti archeologici dei Gazzo veronese, Frattesina di Rovigo e altri nuovi piccoli ritrovamenti minori, mettono in luce l'arrivo di ceramica attico-micenea del 1400-1200 a.C., precedenti alla distruzione della Troia omerica del 1150 circa, della fine dell'impero ittita e di tutti quei regni e civiltà antiche ma progredite del medio oriente. Questo fu fatto dall'arrivo di un popolo guerriero indo-europeo senza cultura (proveniente dall'Asia centrale e uralica), che riporterà indietro di un millennio la cultura dell'area mediterranea e del suo interno. Quella meravigliosa ceramica era comprata dai nostri Paleo Veneti, proprio in cambio dei tessuti di soffice e calda lana. Quindi questa ceramica miceneo-cretese venne mercanteggiata sulla costa adriatica, dai mercanti greci, nei loro empori di Adria antichissima e di altri, per poi essere rivenduti più all'interno da mercanti autoctoni, in altri villaggi minori, in posizione più alta rispetto alle larghe e profonde lagune navigabili della bassa pianura che esistevano a quel tempo. Paleoveneti è il vecchio nome generico ormai abbandonato, indicante i veneti prima dell'arrivo dei Romani. Oggi le popolazioni residenti nel Triveneto (dal 1500 al 1000 a.C. cioè prima del 1.000 a.C. si debbono chiamare Pre-Venetkens o Pre Veneti o Paleo Veneti Mentre dopo il 1.000 a.C. si chiamano "Venetkens" (dal 9° al 4° secolo a.C.)come compare dal recente ritrovamento ad Isola vicentina, dove compare per la prima ed unica volta il nome di: veneti, inteso come popolo. Quelli precedenti ancora si potrebbero chiamare genericamente: "Delle Terremare", cioè abitanti dei fiumi, laghi e paludi ad acqua pulita e leggermente corrente. Infatti i loro siti sono in strati torbosi scuri, da cui terre nere. Erano praticamente della civiltà dei "Palafitticoli", che vivevano sull'acqua o ai bordi dell'acqua di fiumi e laghi o paludi fresche. Solo dopo almeno 200-300 anni dalla caduta di Troia (luogo di termine di confronto di quel periodo burrascoso) i traffici navali-commerciali greci ripresero con regolarità, con il periodo della grande colonizzazione magnogreca dell'8° secolo, detta del periodo orientalizzante; ma a quel punto i nuovi commercianti avevano davanti i nuovi Venetkens (non più paleoveneti). Questa grecità dovrebbe essere l'origine di molti idronimi presenti nel Veneto Toponimi che hanno a che fare con acque, paludi e laghi), ma anche nel resto del Triveneto, come in Maremma, la costa tirrenica , il delta del Rodano e lungo le lagune francesi sull'Atlantico. Mar, mara, maro, marg e idro-ledro, sono quelli più presenti, presenti inizialmente in Grecia e nella Grecia turca, dove si trova anche il fiume Meandro, a 50 km da Ilio-Troia, sotto dell'idronimo Mar di Marmarara, con il mar presente ben 3 volte sulla stessa parola. La parola mare che oggi usiamo in molte parole, a quel tempo era usata anche come lago o grande e profonda palude navigabile. Ecco che in questo contesto si capisce anche che l'idrografia attuale è completamente diversa da quel territorio di 2.500 anni fa, dove anche parole mesopotamiche, come Po, palude, ippopotamo da potamos (cavallo di fiume di tipo lento e melmoso), Padova-Padua da Padus antico nome del PO, e Polesine con i suoi diversificati; anche la cittadina di Este sull'Adige-Atheste è greca, come la dea Athena. A mar con l'aggiunta di una semplice G, significa margine in latino, che significa, bordo di terra sulla laguna, da cui fluisce Marghera...Poi il lago di Idro e di Ledro da cui poi il paese di Lerino-Ledrinum, situato su paludi a canneto con acqua quasi ferma e melmosa (da cui in latino latrina), mentre il vicino e soprastante paese di Marola aveva una palude lago con acqua più veloce, fresca e senza canneto, proprio perché la pendenza era maggiore... Le varie ondate di migranti arrivati dall'est uralico, finivano a smorzare pian piano la colonna in marcia, lungo il percorso, proprio dopo aver passato il confine costituito dalle Alpi Giulie e quindi anche noi veneti attuali, siamo la sommatoria di tante ondate di popoli che arrivarono, assieme ai residenti che si erano comunque "imparentati" con gli italici del centro sud, in un cambiamento continuo, secolo per secolo. Questo successe anche dopo la fine dell'impero romano, con gli Unni, i Longobardi e altri gruppi al loro seguito e gli Ungari. Al tempo dei Venetkens, fra i Berici e i Lessini e all'interno della valle dell'Agno-Guà e dintorni, esisteva una miscela fra le popolazioni di pianura, gli Eugani, e i Reti delle montagne tridentine. In questa nostra zona e valle più ampia delle altre, si erano leggermente differenziati linguisticamente e tecnicamente e quindi sicuramente erano chiamati dai vicini e poi dai Romani, i Dripsinates. Queste 3 identità culturali venete, abitanti in altimetrie diverse, fra il 7° e 3° secolo a.C., avevano una scrittura e lingua leggermente diversa fra loro, che come anche quella etrusca, derivava dal greco antico; non dal miceneo del LineareA e LineareB arcaico e precedente, o derivati dal Fenicio, ancor precedente del 1300 a.C. I Phoenykes furono i primi naviganti del Mare Nostrum che scrissero e parlarono il primo alfabeto più simile al nostro. Questi antichi navigatori-commercianti furono sostituiti lentamente poi dai nuovi Greci e intensamente nel periodo orientalizzante dall'8° secolo in poi, prendendone la modalità di scrittura. Oggi sappiamo che le loro basi di commercio nel Sinum Mare Adriatici furono Adria e poi Spina, ma altre minori furono nell'interno della media pianura, fino a che la pendenza non fosse torrentizia e quindi non navigabile da barconi da trasporto, come sono i burchi veneziani, relitti proprio di quei tempi, del saper navigare le grandi lagune presenti, fino al 589. L’antica Trissino scomparsa ora riemerge dagli inferi ? Da un fitto bosco di Silva Glandaria, come definirono i Romani la pianura Padana, quando vi arrivarono nel 250 a.C. circa, pian piano il territorio fu runcato (tagliato con l'accetta e poi tagliati i rami e gli arbusti con la roncola) e reso terreno fertile. Greggi di pecore e mandrie di bovini pascolarono per i prati nelle montagne soprastanti, fornendo la famosa lana dei tessuti veneti e formaggio, sia per la popolazione a valle che per i soldati di stanza nei punti critici, oltre che merce di scambio commerciale. Dripsinum era uno dei 34 oppidum che il grande Plinio il Vecchio disse di esservi nel Venetorum angolus, dove abitavano gli Eugani, in sinus mare Hadriaticus. Gli oppidum erano degli insediamenti fortificati, quindi di una certa importanza militare, ma anche civile e base di commercio. Drixinum era sicuramente la capitale dei Venetkens nella valle più ampia e piana di tutte le valli dei Lessini, almeno fin dal 6° secolo avanti Cristo, ma sicuramente continuò all’arrivo dei Romani nel 2°, ingrandendosi con l’arrivo della consolare Postumia che probabilmente fu finita attorno al 140 a.C., quando passò per Montecchio. Essa fu iniziata da Aquileia, che era la prima città e centuriazione romana nel territorio dei Veneti e sopra il Po (181 a.C.), in quella che divenne la capitale della X Regio Venetia et Histria. Girandosi poi a gomito sotto le colline del Garda e si inoltrandosi delle foreste acquitrinose del Po, la Postumia si dirigeva a Genova. Fu fatta costruire dal console Spurio Postumio Albino, che la diresse in quei decenni. Questa strada era la più importante consolare dell’alta Italia non celtica, e si dirigeva a Verona, centro strategico-militare romano della popolazione dei Galli Cenomani (una popolazione intermedia fra i Veneti e i Celti), a difesa e controllo delle genti dei Reti del Trentino a nord e dei Celti facinorosi ad ovest. Come i Cenomani, sicuramente anche i Dripsinates parteciparono alla prima grande e vittoriosa battaglia che i Veneti fecero con i Romani a Talamone, in Maremma, contro i nemici giurati: i Celti dell'ovest. Ne furono straziati a migliaia in quelle colline, anche se la battaglia ebbe alterne vicende, ma che alla fine fu grande trionfo per gli alleati. La battaglia fu descritta quasi nei dettagli proprio da Tito Livio padovano di nascita. L'ampio spazio quadrato piano che oggi si vede nella valle dell'Agno-Guà è un graben geologico, dove un pezzo delle colline del centro valle è sprofondato per distensione di circa 300 metri, come altrettanto successe nel miocene per la valle fra i Berici e i Lessini. Poi durante le glaciazioni furono scavate quasi ad U, riempite ancor poi dai detriti dell'Agno-Chiampo del periodo post glaciale, che hanno reso quasi piatta la valle finale. Dresseno (nome storpiato in epoca medievale e poi diventato anche cognome) divenne potente centro di arrivo delle merci prodotte in tutta la valle, sia di prodotti agricoli che di allevamento, sia della lana delle pecore che di pelli, di infiniti carri di basolato stradale per riparare le strade o per farne di nuove minori, prendendole dalle cave vulcaniche dei colli soprastanti. Quella lana lavorata e tinta in quelle bacinelle che forse sono proprio quelle trovate dal Sandini. L'antica Trissino non venne sicuramente distrutta o depredata dalle invasioni dei barbari Unni di Attila, che vi arrivarono nel fine impero, in quanto era fuori dell’asse stradale principale e quindi pur rimpicciolendosi, rimase vegeta sicuramente in tutto il post impero, quindi oltre il 4° secolo dopo Cristo. Per lo stesso motivo, la lontananza dalla viabilità principale, il cristianesimo vi arrivò qualche decennio dopo, proprio perché la diffusione di qualsiasi cosa che riguarda le popolazioni è l’asse viario di comunicazione. La stessa modalità che successe con il cambio di religione-religiosità dei romani, che sostituirono pian piano il panteon degli dei venetici, con sostituzioni di nomi, ma non di identità, almeno per i principali. Quella che distrusse l'antica Dripsinum venetico-romana fu quasi sicuramente l’alluvione più potente che mai si vide negli ultimi millenni, quella del 589 d.C., quella che portò a valle almeno 1 milione di metri cubi di “sgiaronassi” disgregatisi dalle cime soprastanti, fino alla fine della valle e anche oltre, che la seppellì completamente, formando quelle diversità di altimetria fra questa valle e le valli verso Vicenza, di competenza del Retrone. Esso infatti si dirige verso Vicenza, anche se la pendenza iniziale forse era verso sud-ovest, qualche millennio fa, quindi come affluente del Guà. Probabilmente il piccolo torrentello innocuo che riforniva di buona acqua tutta la comunità dripsinates, era dalla parte opposta della valle, dove oggi è il Poscola, ma le turbinose acque dell’alluvione immane, girarono per tutta la valle più volte, a destra e sinistra, sommergendo tutto quello che trovarono dinanzi, cioè l‘ignaro paese intero, con le sue case, palazzi, templi, ville, terme e … Solo le persone con i loro animali riuscirono a ripararsi sulle colline da amici, parenti e ripari di fortuna, riparandosi dalla pioggia che sferzò " Eo tempore fuit aquae diluvium in finibus Veneciarum et Liguriae seu ceteris regionibus Italiae quale post Noe tempore creditur non fuisse. Factae sunt laviniae possessionum seu villarum hominumque pariter et animantium magnus interitus. Destructa sunt itinera, dissipatae viae, tantum tuncque Athesis fluvis excrevit, ut circa basilicam beati Zenonis martiris….usque ad superiores fenestras aqua pertingeret….Urbis quoque eiusdem Veronensis muri ex parte aliqua eadem sunt inondazione subruti... Facta est autem haec inundazio sexto decimo kalendas novembris." cioè: nei territori della Venezia, della Liguria e di altre regioni d'Italia, si ebbe un’inondazione quale non era mai avvenuta dai tempi di Noè. Intere proprietà e beni terrieri, furono ridotti a sassosi magredi e fra gli animali e gli uomini in parità, vi furono morti in gran numero; distrutte strade e sentieri, furono cancellati e ostruiti passaggi, il fiume Adige straripando era uscito così lontano dal suo letto, che nella basilica del beato Zeno, che si trova davanti alle mura di Verona, l’acqua arrivava alle finestre superiori ma non entrò dentro. L’inondazione condusse anche alla caduta di una parte delle mura di Verona. Lo scrisse Paolo Diacono, longobardo alla corte dei Carlo Magno, che aveva trascritto gli scritti precedenti di papa Gregorio, che in quel tempo aveva ricevuto le tragiche missive provenienti dalle provincie romane. Del decimo maggior centro della diocesis vicentie, nulla era rimasto, se non quello che era riparato sulle colline. Una descrizione impressionante ma che rende l'idea anche di quello che la valle dell'Agno subì sicuramente in quei secoli di clima umido e piovoso, che contribuì alla crisi economico-politico-amministrativa dell'impero, che colpì più i centri abitati maggiori che le campagne e i centri minori. Una descrizione delle alluvioni che ebbe questa zona, la si può leggere in molti libri e libercoli, che dai secoli 1700, 1800 storici ed ingegneri idraulici della Serenissima Repubblica di Venezia scrivevano, sia per capire i perché delle alluvioni e dei metodi per ripararne i danni, oltre che a prevenirne altre. Molto è anche scritto ed illustrato in: Brentane di Antonio Fabbris. Tutti i fiumi veneti furono deviato dopo rotte impressionanti, compreso l'Adige che in quei secoli si chiamava antora Atheste, rompendo alla Cucca e deviando per Legnago. Il Guà è probabile che fosse un suo affluente, come il Chiampo. Si vedono ancora le scie dei vecchi piumi nelle mappe Igm al 25.000 e da satellite. Il primo rimboschimento per cercare di attenuare il movimento in giù dei ghiaioni, per l'eccessivo dilavamento dei terreni montani, dovuto all'eccessivo taglio dei boschi, fu attuato proprio sopra questa la valle del Chiampo, in quella che era la foresta di Giazza, nel 1911, dopo quasi 500 anni di scritti sulle relazioni sui perché delle alluvioni. Molti ponti in valle furono seppelliti anche da 2 metri di ghiaia per certe alluvioni, con ingenti spese per rialzare i ponti o rifarli ad un livello più alto. Altrettanto per le strade che venivano spazzate via o seppellite per sempre. La cosa grave successa al sito di Drixinum, è che negli anni '80 e '90, una ditta di escavazioni ha impunemente portato via un'impressionante quantità di ghiaia, distruggendo la parte ad ovest di questa antica cittadina romana. Questo fatto grave ha per testimoni gli abitanti della zona e il gruppo di motocrossisti, tra cui un campione nazionale, che nell'alveo si divertivano nella domenica a passare fra le differenze di livello. Essi poi si sono trovati i livelli ripristinati, senza quasi capire il perché. È certo che qualcuno abbia interrato materiale delle concerie, altamente inquinante, visto che si parla di barili, oltre a scarti di conceria. La sensibilità etica e culturale di quegli anni era molto scarsa, ma oggi i ricordi di quelle persone ritornano a galla, quando qualcuno ha avuto la bella idea di costruire un bacino di laminazione delle acque del torrente, in una zona totalmente inidonea all'uso anche da punto di vista idraulico. Questo è tratto anche dal libro in scrittura, ma richiedibile: Le Nostre Contrade, milioni di anni fa, e del Documento alluvioni del Comitato Alluvioni Vicenza di Padrin Gianni di Torri di Quartesolo e collaboratori. Monumenti e luoghi d'interesse Nonostante le dimensioni del paese non siano grandi, numerose opere e costruzioni sul suo territorio sono degne di nota. Architetture religiose Chiesa Parrocchiale Sant'Andrea, sorta come cappella della Pieve di San Martino di Brogliano, fu costruita nel 1530 con un'unica navata a 4 altari laterali. L'ultimo ampliamento risale al 1889, con la costruzione della cupola, dei transetti e dell'abside; il campanile fu demolito e ricostruito nel medesimo anno. Chiesa Parrocchiale di Selva, dedicata a Santa Maria Maddalena, risale agli inizi del Trecento. Nel 1870 fu completamente riedificata sull'area. Chiesa Parrocchiale di San Benedetto, di probabile costruzione benedettina, nel 1875 venne completamente demolita per essere ricostruita; fu ampliata al termine della seconda guerra mondiale, nel 1945. Chiesa Parrocchiale di Lovara, dedicata a San Pietro, è già nominata in un documento datato 1360. Chiesetta del Motto, dedicata inizialmente a San Zenone, si hanno notizie certe di essa dal 1418. Fu restaurata nel 1713, ma l'aspetto attuale è dovuto ad una ristrutturazione del 1822, dopo anni di abbandono. Dal momento fu dedicata alla Beata Vergine Maria di Monte Berico. Chiesetta di San Rocco, costruita nel 1630 dalla comunità per scongiurare la pestilenza, fu restaurata nel 1941 e 1987. Chiesa dedicata a San Pietro Apostolo, capolavoro dell'arte contemporanea, fu costruita per volere di Don Florindo Lucatello, Arciprete del paese vicentino, sostenuto dell'allora sindaco, dottor Luciano Rizzi, in occasione del Concilio Vaticano II, su progetto dell'architetto Antonio Nervi e dell'ingegnere Francesco Vacchini. Inaugurata nel 1971, è a pianta circolare di diametro di 50 metri; è coperta da un'unica calotta di cemento armato, decorata internamente da nervature che si incrociano geometricamente. Luminosità e ariosità sono date da una finestratura e da aperture rettangolari che danno luce alla conica cuspide. Architetture civili Villa Trissino-Centomo, costruita tra il 1480 e il 1495, si suppone sia stata la più antica dimora della Famiglia Trissino ancora esistente; sul fronte vi è una targa del 1493 che ricorda il restauro rinascimentale e indica nel 1100 l'anno della fondazione dell'edificio (data non documentata). Villa Trissino Panensacco-Guerrato, costruita tra il 1490 ed il 1510, possiede un giardino esterno ornato da statue della seconda metà del Seicento. Villa Trissino Marzotto, notevole complesso monumentale composto di due entità: la villa Superiore, eretta ove sorgeva l'antico castello medievale di Trissino, e la villa Inferiore, costruita nel XVIII sec ad opera di Francesco Muttoni e bruciata per due volte. Dopo numerosi cambiamenti architettonici datati dal 1400 al 1800, si presenta ora come una delle più belle dimore del vicentino, ricca di luoghi suggestivi quali il Viale delle Cedraie, il Recinto della Cavallerizza e i Giardini. Villa della Colombara Trissino-Marzotto, costruita nella prima merà del Cinquecento, possiede la settecentesca Chiesa di San Giuseppe, parte integrante della costruzione. Villa Caliari Bassani Dalle Ore Buffa, costruita a partire dal 1674, possiede un ampio cortile con scalinate e statue. Società Evoluzione demografica Abitanti censiti Cultura Eventi A Trissino sono molto sentite le occasioni in cui i cittadini si radunano nelle sagre paesane. Ogni anno infatti si svolgono le seguenti sagre: Sagra di Lovara (in giugno); Sagra di San Benedetto (in luglio); Sagra del Motto (a fine agosto); Festa del Gnocco a Selva (inizio settembre); Sagra del Rosario (in occasione del periodo di svolgimento del Rosario quotidiano, fine settembre). Per qualche anno si è svolta anche la manifestazione Trissino sotto le stelle, una serata di gala a cui sono invitati i cittadini trissinesi che possono godere di una cena a pagamento sul piazzale del Municipio, opportunamente adornato. Persone legate a Trissino Franco Perlotto, alpinista e scrittore Dario Rigo, ex capitano della Nazionale Italiana di hockey su pista Alfredo Rigodanzo, partigiano della brigata Stefano Stella Olivia Culpo, Miss Universo 2012, di famiglia originaria di Selva di Trissino. Stefano Dal Lago hockeista su pista italiano. Due volte Campione del Mondo con la Nazionale italiana. Diego Nicoletti hockeista su pista italiano, opera nel Gruppo Sportivo Hockey Trissino Geografia antropica Frazioni Lovara San Benedetto Selva Selva Le origini di Selva risalgono al 1288, quando i conti Trissino divisero la loro proprietà in 36 mansi da ripartire tra le famiglie di lavoratori per la bonifica. Una parte venne donata al Clero; la chiesa fu edificata agli inizi del Trecento e dedicata a S. Maria Maddalena. Nel 1380, per sentenza del vescovo di Vicenza Giovanni De Surdis, si staccò dalla matrice di Sant'Andrea di Trissino e fu eretta a parrocchia. L'evoluzione demografica di Selva registra numeri mediamente costanti, con un solo picco agli inizi del Novecento: in particolare, gli abitanti nel 1557 erano 288, saliti poi a 575, che diventarono poi 800 nel 1935 mentre attualmente sono 369. La popolazione è sempre stata fortemente religiosa: nel 1946 è stata inaugurata la Chiesetta dei Pellizzari e nel 1948 la Chiesetta del Faldo, posta nel punto più alto per facilitare l'intercessione della benevolenza della Madonna. La frazione di Selva, situata a circa 550 m slm, si distingue per un forte attaccamento al territorio, una grande fede e per un particolare attaccamento ai prodotti che la terra coltivata con grande impegno e passione offre. Manifestazioni e Sagre di Selva di Trissino La Festa del Gnocco è una manifestazione enogastronomica e culturale nata nel 2005 volta alla valorizzazione dei prodotti agricoli e del territorio collinare di Selva. Tra le motivazioni che hanno spinto i paesani di Selva ad intraprendere questa avventura risalta la necessità di valorizzare la patata di Selva, essendo un prodotto agricolo che garantisce ottimi risultati sia in termini di qualità che di quantità grazie alle condizioni pedo-climatiche del territorio collinare trissinese. Per riuscire nell´intento di far assaporare la genuinità e le qualità delle patate di Selva si è deciso di prepararle e distribuirle sotto forma di "Gnocchi fatti a mano" riprendendo così le ricette della tradizione contadina e battezzando la manifestazione con il nome "Festa del Gnocco". Oltre alla patata, tutti i prodotti agricoli del territorio collinare vengono valorizzati e pubblicizzati durante la manifestazione, grazie alla mostra mercato che permette a chiunque coltivi direttamente un fondo agricolo di poter vendere i propri prodotti in eccedenza. Grazie alla certezza della vendita dei prodotti e di un ricavo gratificante, i coltivatori dei fondi, che per la maggior parte sono hobbysti, sono incentivati a ritornare a coltivare i campi un tempo abbandonati a causa della non convenienza economica. Inoltre, i proventi derivanti dalla manifestazione sono destinati alla Parrocchia di Selva di Trissino per il miglioramento delle strutture parrocchiali che rappresentano il cuore e la "piazza" di Selva di Trissino. Economia L'economia trissinese vede iniziare il suo sviluppo negli anni sessanta, con l'espansione della locale industria tessile Marzotto (originaria di Valdagno) che ha spinto la nascita di attività private ricche di potenzialità e, poco più tardi, anche di piccole industrie (laboratori di confezioni, carpenteria meccanica, idraulica, costruzioni edili). Per quanto riguarda l'attività orafa, invece, la fioritura comincia all'inizio del secolo scorso; già nel 1919, infatti, è operante la ditta Gaetano Girardello, in Contrà Nobile, (ora Via IV Novembre), la quale subisce un progresso veloce e costante che la porta a dare lavoro a quasi cinquanta dipendenti. Dopo la guerra, tra la povertà, 3 artigiani orafi ex-dipendenti della Girardello, intraprendono l'iniziativa imprenditoriale del capostipite. In pochi anni l'attaccamento al tipo di lavoro progredisce fino a far contare 104 aziende orafe nel paese con circa 1000 addetti. Ora, Trissino è uno dei più importanti poli orafi italiani per avanguardia tecnologica, valore estetico e design. Anche il settore del ferro battuto è importante: esso ha fatto tesoro degli insegnamenti del maestro Antonio Lora, artista di fama mondiale che aveva il suo studio all'ombra della Chiesetta del Motto. È anche abbastanza sviluppata l'agricoltura ed è presente qualche allevamento di bestiame. Infrastrutture e trasporti Il trasporto pubblico a Trissino è garantito da autocorse svolte dalla società Ferrovie e Tramvie Vicentine (FTV). Fra il 1880 e il 1980 la città venne servita da una stazione posta sulla tranvia Vicenza-Valdagno-Recoaro Terme/Chiampo, gestita anch'essa dalle FTV. Il paese è attraversato da una lunga pista ciclabile posta su un argine del suo torrente, l'Agno. Essa, frequentata ogni giorno da centinaia di ciclisti e podisti, è collegata ad altre strutture simili dei comuni limitrofi. Amministrazione Gemellaggi Trissino è gemellato dal 1990 con la città di Neu-Ulm (Baviera, Germania). Da pochi anni è attivo un progetto comunale che prevede l'alloggiamento in estate dei giovani cittadini di Trissino a Neu-Ulm e viceversa. Da qualche tempo sono partite le procedure per il gemellaggio con la città di Bois-Colombes (Francia). Sport Trissino è rappresentato nel territorio locale o nella nazione da numerose società sportive tra cui spiccano l'hockey su pista, con la squadra del GS Trissino che milita nella massima categoria, la Serie A1, ha vinto lo scudetto nel 1978 ed ha avuto negli ultimi anni numerosi esponenti nella Selezione della Nazionale, e il pattinaggio artistico: nel 2002 il gruppo "New Age, pattinaggio artistico Trissino", si è classificato primo ai campionati mondiali di Wuppertal e nel 2009 ha conquistato il terzo posto ai campionati mondiali a Kaohsiung, Taiwan, rappresentando il paese a livello mondiale. Altri sport che rappresentano il paese sono: il calcio, il basket, la pallavolo, il karate, il pugilato e la danza. Curiosità ambientali A Trissino, in località Piana Cattiva esiste un castagno, gergamente detto "maronaro", che è fra i più belli del Triveneto. Note ^ Comune di Trissino, Comune veneto, in provincia di Vicenza (da Comuni italiani.it). ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 marzo 2013. ^ Fonte: ISTAT - Bilancio demografico al 31/03/2013 Statistiche demografiche ISTAT. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28 dicembre 2012. ^ Alberi monumentali del Triveneto. Sottocoperta.Net: il portale di Viaggi, Enogastronomia e Creativitŕ Popolazione dicembre 2007= 8366. Fonte: istat Voci correlate Trissino (famiglia) Altri progetti Commons contiene immagini o altri file su Trissino Collegamenti esterni Sito ufficiale del Comune Festa del Gnocco a Selva di Trissino (VI) Libro su Don Florindo Lucatello; Scheda libro su Don Florindo Lucatello
Immagine descrittiva - c
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