Consigli di viaggio - Tradizioni

I carbonai di Serra San Bruno: un'arte in via d'estinzione

Scritto da Eliana Iorfida, 13/11/18

La cittadina di Serra San Bruno, capitale delle Serre in provincia di Vibo Valentia, custodisce tra i boschi un mestiere millenario: l’arte dei carbonai.

Gli ultimi carvunàri di Serra: artisti del fuoco   

Il viaggio che vi proponiamo nel Comune di Serra San Bruno, celebre per la sua Certosa e il legame storico col santo di cui porta il nome, è un vero e proprio viaggio nel tempo, sulle tracce annerite di un antico mestiere, quasi sparito lontano da queste latitudini: l’arte dei carbonai e l’universo fumoso della carbonaia, la loro “seconda casa”.

Carbonaia (Ph: Bruno Tripodi)

Affidandoci alla guida esperta del fotografo Bruno Tripodi - che ai carbonai di Serra San Bruno e alla loro dura quotidianità ha dedicato, sin da ragazzo, passione, tempo e un inconfondibile sguardo narrativo e fotografico - ci avviamo verso i lembi di terra carbonizzata nei siti ancora attivi: Pìttina, Croceferrata e Spuntone, dove gli ultimi artisti del fuoco accudiscono i loro “scaràzzi”, le carbonaie fumanti.

Il mio primo incontro con i carbonai lo ho avuto da bambino, quando venivo qui a suonare loro la novena di Natale: all’epoca i carbonai vivevano sul sito della carbonaia con tutta la famiglia, in capanne di legno, con tetti di foglie e catrame e pavimenti di terra battuta.

Avanziamo nell’aria acre, che pizzica gli occhi e la gola, chiedendoci come facciano ancora oggi “li carvunàri” a non soccombere a una vita tanto sacrificata, che li vuole vigili giorno e notte nel nero perenne di un mestiere millenario, immutato, se non per la sola concessione “meccanica” alla fase del confezionamento.

Eppure, tra la monumentale semi-cupola della carbonaia principale, circondata da tante altre cupole minori - le carbonaie già combuste che si spengono lentamente - è possibile cogliere la poesia di un mondo in estinzione, fatto di gesti consumati e potenti al tempo stesso, in grado di assecondare o governare la natura a seconda delle circostanze.

I carbonai di Serra San Bruno (Ph: Bruno Tripodi)

Un mondo affascinante e crudo quello dei carbonai di Serra San Bruno, che negli anni ha attratto cronisti di fama nazionale e internazionale (Ettore Mo, Cesare Fiumi, Paolo Di Giannantonio e Amedeo Ricucci, solo per citarne alcuni), come racconta Tripodi, che accompagna volentieri chi desidera narrare al mondo questo antico mestiere in estinzione.           

Il nero e il bianco: Serra San Bruno e la sua Certosa

Tra i tanti reportage, quello a firma Ettore Mo, “La montagna senza tempo”, ci regala un accostamento davvero suggestivo: a Serra San Bruno il nero che tinge il carbonaio contrasta col bianco del saio certosino, entrambi affidati alla discrezione dei boschi.

Visitare Serra San Bruno significa perdersi nell’abbraccio spirituale e paesaggistico della Certosa di Santo Stefano, fondata nel 1090 da Brunone di Colonia, non accessibile all’interno per la regola di clausura, ma ben ricostruita nella storia, nell’arte e nella riproduzione dei ritmi quotidiani all’interno del Museo della Certosa, ricavato in un’ala dello stesso monastero.

Più a monte, l’Eremo di Santa Maria nel Bosco, il primo dormitorio che restituì le reliquie del santo e dei suoi confratelli.

Certosa di Serra San Bruno

Una passeggiata nel centro storico di Serra San Bruno   

Dall’antico mestiere dei carbonai ai gesti artigianali e artistici che hanno plasmato, nel tempo, il sorprendente centro storico di Serra S. Bruno, cittadina scolpita nel granito: i portali, i lastricati, le fontane e le facciate delle chiese barocche - Maria Santissima dei Sette Dolori su tutte - sono veri e propri gioielli che portano impresso il segno di sapienti scalpellini.

Allo stesso modo, i balconi dei palazzi più antichi, lungo Corso Umberto I, e la preziosa cancellata che circonda il Monumento ai Caduti, richiamano l’eco lontana del fabbro che plasma sull’incudine le forme artistiche del ferro battuto.

Chiesa di Maria SS dei Sette Dolori

Cosa mangiare a Serra San Bruno

La montagna, si sa, mette appetito e regala ingredienti gustosi da rielaborare in cucina!

Non si può lasciare Serra S. Bruno senza concedersi un assaggio di profumati funghi porcini, ottimi con la pasta fatta in casa e i risotti, ancor più succulenti come “solisti” del piatto, trifolati e in insalata.  

La gastronomia serrese è generosa come la montagna, soddisfa tutti i gusti e ci fa chiudere in dolcezza col tipico biscotto a base di mandorle, “lu ‘nzudhu”: il nome e la consistenza sono duri come la fatica nei boschi, ma il sapore è dolce come la poesia delle tradizioni lontane.

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