Destinazioni - Comune

Portocannone

Luogo: Portocannone (Campobasso)
Portocannone (Portkanuni in arbëreshë) è un comune italiano di 2.601 abitanti della provincia di Campobasso, in Molise. Sorge su un bellissimo colle a 148 metri s.l.m. nelle vicinanze della riva destra del fiume Biferno, e dista circa 65 chilometri a nord-est dal capoluogo di regione. È uno dei quattro paesi della provincia di Campobasso appartenenti alla minoranza etnica e linguistica albanese, insieme a Campomarino, Montecilfone e Ururi, che mantiene da secoli la lingua e la cultura arbëreshë che li contraddistingue. Il comune fa parte inoltre dell'Associazione Nazionale Città dell'Olio, che mira a promuovere l'olio extravergine di oliva ed i territori di produzione. Storia Il paese di Portocannone esisteva già in epoca medievale. Nel 1137 era chiamata Portocandesium e successivamente, come risulta dai registri angioini del 1320, il suo nome fu mutato in Portocanduni. La Portocannone del periodo latino ebbe fine nel 1456, quando un violento terremoto la rase al suolo quasi interamente e distrusse la maggior parte delle abitazioni. Fu ricostruita interamente dieci anni dopo da una colonia di esuli Arbëreshë, durante la prima emigrazione Albanese che ebbe luogo nel 1461, quando re Ferdinando I d'Aragona, per vincere la fazione angioina contro cui era in guerra, ottenne l'aiuto delle milizie di Giorgio Castriota Skanderbeg, l'eroe nazionale albanese che combatté per la libertà del suo popolo e della sua terra. La morte del condottiero Arbëreshë comportò l'invasione ormai certa dei Turchi ottomani, così molti albanesi varcarono l'Adriatico, certi di ottenere la protezione del regno di Napoli in virtù dei benefici che il principe Skanderbeg aveva reso alla corona d'Aragona. Vennero così ripopolati i paesi distrutti dal terremoto e iniziò la rifondazione di Portocannone. Al luogo, che si trovava a poca distanza dal vecchio centro abitato dai Latini, (nei pressi dell'attuale cimitero) fu dato lo stesso nome del paese raso al suolo dal terremoto, Portocannone, e vi fu subito costruita la nuova chiesa in onore della Madonna di Costantinopoli. E in memoria di questo evento ogni anno, il lunedì successivo al giorno della Pentecoste, si svolge la nota gara della Carrese. Portocannone come Ururi, fra aprile e maggio sono interamente coinvolte da un rito, quello della corsa di carri trainati da buoi, seguiti da giovani a cavallo. La contesa, in cui i cittadini e gli appassionati si dividono in due grandi fazioni nutrite da rivalità folcloristica, i "giovani" ed i "giovanotti", ha in palio l'ambito premio del diritto di portare in processione il Santo protettore o la Madonna protettrice del luogo. Uno spettacolo senza pari di colori, passione e natura, in cui migliaia di turisti ogni anno accorrono per assistervi. Portocannone oggi A Portocannone è parlato ancora oggi l'antica lingua arbëreshë. Importante è lo sportello linguistico, che, tramite iniziative e spettacoli di vario genere, mantiene viva la cultura e la lingua. L'economia si basa essenzialmente sull'agricoltura, con la produzione principalmente di grano. Il paese è dotato di strutture per il tempo libero e per attività culturali, tra le quali emerge il "Teatro comunale" e "l'Anfiteatro" antistante la locale scuola media che, nel periodo estivo, consente la rappresentazione all'aperto di spettacoli teatrali e musicali. Tra le strutture sportive prevale lo "Stadio comunale dei Pini", omologato anche per incontri di serie C, il campo da tennis e la "Palestra comunale" che, nei mesi scolastici, ospita corsi di danza e ginnastica. Il monumento più pregevole di Portocannone è il "Palazzo Baronale", che si eleva solitario in tutta la sua imponenza. Costruito tra il 1735 ed il 1742 dal barone Carlo Diego Cini, è attualmente di proprietà della famiglia Tanasso, restaurato nel 1915. Evoluzione demografica Abitanti censiti Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2010 la popolazione straniera residente era di 163 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Romania 69 2,68% Albania 53 2,06% Amministrazione Monumenti e luoghi d'interesse Caratteristica è la magnifica e caratteristica "Porta Principale" del paese, ornata da dipinti rappresentanti le usanze arbereshe. L'arco a tutto sesto in pietra sembra appoggiarsi ad una torre con orologio a pianta quadrata. La torre alla sommità è decorata da archetti pensili, e reca iscrizioni in marmo lungo la sua altezza. Spicca il palazzo baronale realizzato per volere del barone Cini nel XVIII secolo, restaurato dalla famiglia Tanasso che ne è attualmente proprietaria. Il palazzo si presenta come una massiccia costruzione con muro a leggera scarpa e contrafforti rastremati negli angoli, ed è dotato di magazzini al piano terreno e di patio al centro. Simmetrico ed equilibrato negli arredi; la facciata è sezionata in tre parti: le finestre più esterne sormontate da piccole lunette, quelle più interne da un piccolo frontone, e quelle centrali anch'esse da piccole lunette. Il primo piano è quello abitato ed è costituito da numerose stanze con affreschi e mobili d'epoca, mentre all'ultimo piano si trova un portico aggettante e sul lato orientale un loggiato con prospiciente giardino. La piazza antistante il palazzo è occupata da una fontana, visibile in primo piano. Di fronte al palazzo baronale è presente la piazza del comune basso molisano costituita tutta in pietra, nella quale è presente la fontana centrale. Nel centro storico di Borgo Costantinopoli vi è la Chiesa Madre dei "Santi Pietro e Paolo" XVI secolo. All'interno vi si possono ammirare: il quadro della Beata Vergine Maria SS. di Costantinopoli risalente al XVI secolo, il battistero ottagonale in quercia intagliata terminante a cuspide, il magnifico tetto della chiesa rappresentante i più grandi passi della Bibbia ed i più grandi dipinti italiani, come L'Ultima cena di Leonardo da Vinci. L'atmosfera della chiesa è molto suggestiva. Un'altra Chiesa è quella dedicata alla Madonna del Carmelo, presente nella parte più interna del paese. La corsa dei carri La "corsa dei carri" è l'evento più atteso tra tutte le tradizionali manifestazioni che si svolgono a Portocannone, capace di scatenare il coinvolgimento emotivo di tutta la popolazione, di tutti gli abitanti degli altri paesi arbëreshë limitrofi e di tutti coloro che sono emigrati e che tornano ogni anno, puntualmente, il lunedì di Pentecoste per poter rivivere l'emozione che questa manifestazione trasmette. È un rituale in cui si mescolano religione e folklore, memoria e celebrazione del passato che è annualmente rievocato con intensa partecipazione da parte dell'intera comunità. In base al racconto tradizionale, si narra che giunti sulle coste dell'Adriatico e trovatisi di fronte una terra incontaminata e ricoperta di vegetazione, gli arbëreshë - non sapendo dove stanziarsi data la vastità del territorio - decisero di far decretare tale scelta ad una coppia di buoi aggiogati, che trascinavano un carro sul quale fu posta l'effigie della Beata Vergine di Costantinopoli. Il carro risalendo il bosco di Ramitelli, raggiunse l'attuale sito ove fu definitivamente fondato Portocannone e ove è tuttora depositato il quadro di Maria SS. di Costantinopoli che, per questo, è sia oggetto di venerazione per tutti i fedeli del paese, sia l'ambìto trofeo della "corsa dei carri" che si svolge ogni anno nel paese a ricordo della venuta in Italia. Questo evento comincia già la sera prima: la domenica di Pentecoste, i sostenitori di ogni singola fazione in gara si esibiscono separatamente in uno spettacolo pirotecnico nella piazza centrale, al fine di dare inizio ufficiale alla manifestazione. Comincia ad esibirsi il carro vincitore nell'anno precedente e, in successione, seguono le altre fazioni. La manifestazione dei fuochi artificiali di ogni carro si conclude con l'accensione di una lunga "catena di polvere pirica" (di circa 100, 150 metri) distesa a terra ad una distanza di circa 20 metri dall'entrata del borgo Costantinopoli che, una volta accesa all'estremità opposta, viene trascinata a mani nude dal "cateniere" (cavaliere posto a guida dei buoi durante la gara del giorno successivo), fin sotto l'arco di accesso al borgo antico, dove avviene l'esplosione del botto finale. Il compito che il "cateniere" assolve durante la competizione è simulato, in questa occasione, dall'azione che egli compie nel trascinare, nel guidare la "catena di polvere pirica" - come i buoi il giorno della gara - oltre l'arco del borgo Costantinopoli e, affinché questo spettacolo sia benaugurante per l'evento vero e proprio del giorno successivo, è fondamentale che la lunga "catena" di fuochi non si spezzi durante il suo scoppio e trascinamento. Alla gara prendono parte tre "partiti": i "Giovani" simboleggiati dai colori bianco e celeste, i "Giovanotti" con i colori giallo e rosso e, dal 2008, i "Xhuvëntjelvet" di colore arancione. Tra il 1973 e il 1990, partecipò alla gara anche un altro carro, denominato "Skanderbeg", i cui colori erano il verde e il nero, ma che negli anni successivi non ebbe più la possibilità di gareggiare per mancanza di risorse economiche e per disaccordi nati in seno al gruppo. La "corsa dei carri" è regolamentata da uno statuto, redatto e sottoscritto dai responsabili dei "partiti" e dalle autorità comunali. Lo statuto in vigore fino all'anno 1999 prevedeva che il percorso della gara fosse di circa 2,9 km. e che alla competizione dovessero partecipare dei carri trainati da due coppie di buoi, ma in seguito al verificarsi di incidenti pericolosi per la vita di coloro che fanno parte del servizio d'ordine e di supporto tecnico dei carri in gara e dopo vari disaccordi tra i sostenitori delle tifoserie opposte, si è preferito modificare nel 2000 l'antica normativa. Oggi il percorso della gara è di circa 3,8 km. e il numero di buoi aggiogati è sceso da quattro a due; inoltre, è stato modificato anche il regolamento relativo all'ordine di partenza dei carri: mentre il vecchio statuto prevedeva che si mantenesse l'ordine di arrivo dell'anno precedente, quello odierno stabilisce che l'ordine di partenza dei carri sia decretato di anno in anno tramite un sorteggio che avviene poche ore prima dell'inizio della manifestazione, alla presenza dei rappresentanti di ogni "partito" e della giuria di gara. La vera e propria "corsa" ha inizio nelle prime ore del pomeriggio, quando i tre carri (i "Giovani", i "Giovanotti" e i "Xhuvëntjelvet") e la folta schiera di cavalieri a loro seguito si avviano verso la chiesa dei SS. apostoli Pietro e Paolo, ove li attende il sacerdote per la benedizione affinché la Madonna di Costantinopoli protegga animali ed esseri umani durante tutta la competizione. I carri si avviano poi verso la partenza, situata nel Vallone delle Canne. Durante questo tragitto, le tre formazioni sono accompagnate dai cavalieri e dagli addetti al servizio d'ordine e di supporto tecnico, indispensabili al momento della partenza perché devono "girare il carro"; infatti, è necessario invertire il senso di marcia per poter ritornare in paese e tagliare il traguardo. È indispensabile una rotazione su sé stessi di 180°, per cui è evidente che occorra anche molta forza fisica per poter sollevare il carro di legno con su i tre "carristi" (persone che dall'interno del carro pungolano i buoi durante la corsa) e per farlo roteare su sé stesso, dato che la sua struttura non permette manovre agevoli. Tra i tre carri vi è una distanza di sicurezza di m. 25 che permette di svolgere questi movimenti in tutta libertà, senza intralciare la squadra avversaria. Una volta sulla linea di partenza, la giuria capeggiata dal sindaco del paese controlla che queste operazioni avvengano nel rispetto delle norme dello statuto, poi quando tutti sono ai loro posti, il sindaco dà la partenza gridando "girate", seguito da un colpo di pistola. Nel giro di pochi secondi, i carri vengono ruotati su loro stessi; i buoi sono lanciati a forte velocità sotto lo stimolo dei lunghi pungoli impugnati dai cavalieri, i quali hanno il compito di disporsi a semicerchio intorno al carro sia per spronare continuamente gli animali sia per spingere il carro da dietro, in modo da aiutare i buoi nel traino della struttura di legno e ferro - appesantita anche dalla presenza dei tre "carristi" - lungo tutto il tragitto. Durante la gara è possibile che si effettuino dei sorpassi se il carro che è in ultima posizione ha dei buoi più allenati e più veloci e se la corsia di sorpasso (costruita parallelamente al percorso asfaltato della gara) si trova in una posizione strategica rispetto al normale tracciato di percorrenza. Naturalmente, ha più probabilità di vincere la squadra che ha la coppia di buoi migliore e più prestante atleticamente: queste caratteristiche si evidenziano già durante i quattro mesi di allenamento, precedenti la gara. Ogni "partito" organizza, separatamente dall'altro, almeno una volta a settimana una corsa che vale da allenamento, in cui tutto avviene esattamente come durante la vera e propria gara: i buoi vengono lasciati a digiuno ventiquattro ore prima, vengono sottoposti a massaggi e controlli medici che attestino il loro perfetto stato di salute (questo avviene anche durante tutto l'anno), vengono ferrati e puliti; i cavalieri hanno il compito di provvedere personalmente al benessere e alla forma fisica del proprio cavallo e, infine, i responsabili del "partito" (compresi i "carristi") si riuniscono per elaborare una strategia di gara che viene anch'essa provata durante i quattro mesi di preparazione. Naturalmente, questa competizione comporta un forte dispendio di risorse non solo fisiche (da parte di coloro che vi prendono attivamente parte), ma anche economiche perché la quantità di denaro che occorre per sostenere tutte le spese necessarie all'acquisto e al mantenimento di tutti gli animali è a completo carico dei sostenitori dei tre "partiti". L'intera popolazione finanzia direttamente e per tutto l'anno la squadra per cui tifa: è per questo che il coinvolgimento è sentito sotto tutti i punti di vista. Ogni famiglia di Portocannone sostiene da sempre lo stesso carro ed è così che si è conservata e tramandata questa appartenenza all'uno o all'altro gruppo, trasmettendola di padre in figlio, di generazione in generazione. Al momento dell'arrivo sotto l'arco del borgo Costantinopoli, dinanzi alla chiesa, i partecipanti alla gara (cavalieri e "carristi") si stringono la mano e i vincitori ricevono le congratulazioni da parte degli sconfitti. I festeggiamenti cominciano subito con l'intonazione dell'inno di vittoria - la canzone del Piave - suonato dal complesso bandistico che seguirà il corteo in festa lungo le strade del paese, sfilando davanti alle abitazioni di tutti i sostenitori del gruppo vincitore, in cui vengono offerte a tutti deliziose vivande, dolci e bevande. Il giorno successivo, in occasione dei festeggiamenti in onore della Beata Vergine di Costantinopoli, i carri vengono addobbati a festa e prendono parte alla processione religiosa della statua della Madonna lungo le vie del paese; in questa occasione, al carro vincitore della competizione spetta il merito di portare con sé in processione la riproduzione del dipinto della Vergine di Costantinopoli, patrona di Portocannone in onore della quale - stando al racconto tradizionale - viene svolta la competizione, come ringraziamento per aver portato in salvo i profughi albanesi giunti da oltremare nel XV secolo. Persone legate a Portocannone Nazario Campofreda (1773 - 1813), comandante di Truppa. Agì contro l'occupazione francese, fino al 1806, quando il Preside di Lucera, Giuseppe Poerio, prese in ostaggio la moglie ed il figli, come da documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Napoli, e costrinse alla resa D. Nazario. In seguito, combatté i briganti, per conto del nuovo governo, e difese il litorale. Ottemperò così bene ai suoi compiti che nel 1808 fu nominato Tenente Colonnello dal Generale Caracciolo. Fu Sindaco di Portocannone. Il 20 settembre 1813, fu ucciso in un'imboscata brigantesca. L'intendente Zurlo lo definì "Freno e regolo degli Albanesi, il primo difensore del litorale". Nicola Campofreda (1794 - 1873), comandante borbonico e ufficiale nel Reggimento Milizie del Molise, nominato Capitano il 23 giugno 1819. Prese parte ad azioni antigovernative, e fu condannato. Ad opera di una sua figlioccia, Donna Carolina Musacchio, Dama di Corte, ottenne la grazia sovrana e ritornò in grazia. Fu in seguito incaricato da G. Garibaldi di sollevare il Molise. Vincenzo Muricchio (1861 - 1960), generale di artiglieria e inventore. Da capitano venne stanziato presso la Direzione d’Artiglieria di Bologna, dove ebbe modo di approfondire le sue ricerche nel campo della balistica. In una serie di articoli venne attribuita all’ufficiale di Portocannone la paternità della bilancia idrostatica, per la pesa della cariche di esplosivo delle cartucce, l’invenzione del riflettore parabolico delle lampadine, l’impiego della nichelatura delle pallottole e soprattutto la progettazione della canna a rigatura parabolica del fucile modello '91 adottato dal Regio Esercito nel 1891, che è stato l'arma d'ordinanza dell'esercito italiano per più di mezzo secolo, in tutte le guerre cui l'Italia ha partecipato, dal 1896 al 1945. Da Colonnello è stato mandato in Turchia per la riorganizzazione di quella gendarmeria. Passò poi in Macedonia, dove ha avuto modo di conoscere personalità albanesi e rendersi utile per i loro problemi. Ebbe incarichi diplomatici in Albania, che condusse con successo, anche perché appassionato cultore, quale italo-albanese. È stato insignito di molte onorificenze e decorazioni: Cavaliere dell’Ordine Mauriziano, ebbe, tra le altre, anche eccelse decorazioni turche. Morì quasi centenario a Genova. Enrico Muricchio (1910 - 1936),Medaglia d'oro al valor militare (campagna etiopica 1935-1936). Nato a Portocannone il 22 maggio 1910, frequenta prima il Liceo “Mario Pagano” di Campobasso, poi s’iscrive alla Facoltà di medicina dell'Università di Roma. Si laurea a soli 23 anni nel 1933 ed ottiene, con brillanti esami, l'abilitazione alla professione. Chiamato alle armi, è ammesso alla Scuola d’applicazione sanitaria militare di Firenze, da cui esce sottotenente medico nel luglio 1934. Rimane in servizio, destinato al 23° artiglieria di stanza a Trieste, e nel 1935 s’imbarca a Napoli sulla "Colombo", destinazione Somalia. Sbarcato a Mogadiscio, è inviato in un primo momento all'ospedaletto da campo "Baidoa", dove si fa notare ed apprezzare per la sua preparazione e operosità. Poi chiede ed ottiene di far parte, come ufficiale medico, di un reparto combattente in prima linea. Viene accontentato e trasferito al "IX Battaglione arabo somalo indigeni". Il 19 maggio 1936 il suo battaglione si trova impegnato in un sanguinoso combattimento all’assalto del Monte Dunun presso Gondulla (Somalia). La distruzione del posto di medicazione da parte del fuoco avversario lo induce a partecipare all'azione con il fucile e con la pistola, incitando i soldati alla resistenza. Esaurite le munizioni, persiste nella lotta scagliando pietre sugli avversari e irrompendo alla baionetta. Muore eroicamente sotto il fuoco nemico. In seguito a quest’episodio il suo Battaglione prese il nome di “IX Battaglione Arabo-Somalo Muricchio”. È stato decorato con la Medaglia d'Oro al valor militare della Repubblica Italiana, la più alta onorificenza militare italiana. Gli sono state inoltre dedicate diverse strade: a Campobasso, oltre che nel suo paese natale; l'ex ospedale militare di Napoli, la scuola di Portocannone e l'aula magna di medicina dell'università di Milano e della scuola di sanità militare di Firenze, nel ’37 il nuovo ospedale militare di Trieste è stato dedicato al valoroso molisano. Nel 1974 le spoglie mortali dell'eroe hanno compiuto il percorso inverso rientrando a Portocannone dall'Etiopia, e sono state restituite alla famiglia con cerimonia solenne. Silvana Licursi (1954), musicista, ricercatrice e interprete di diversi repertori musicali etnici e popolari albanesi. Michele Colafato (1948), sociologo e scrittore. Insegna Sociologia delle Religioni all'Università di Roma «La Sapienza». Vincenzo Musacchio (1968), giurista. Insegna diritto penale presso l'Alta Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio in Roma. Rich Gaspari (1963), bodybuilder professionista IFBB e CEO di Gaspari Nutrition. Nato a New Brunswick, New Jersey e statunitense di prima generazione. I genitori, Stefano e Gilda Gaspari, emigrarono prima in Canada e poi in USA, dopo la Seconda Guerra Mondiale, partendo dalla natia Portocannone. Note ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2010. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF) in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente, 1 marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012. 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