Luogo - Edificio di culto

Abbazia di Montevergine

Luogo: via Montevergine, Ospedaletto d'Alpinolo (Avellino)
Il complesso monastico mariano sulle cime del monte Partenio, dichiarato monumento nazionale, è una delle sei abbazie territoriali italiane. La sua costruzione si fa risalire alla consacrazione della prima chiesa nel 1126, benché l'ascesa al monte di Guglielmo da Vercelli sia documentata nel 1118. Il futuro Santo aveva scelto quel luogo solitario per la sua ascesi, ma la fama delle sue virtù finì per attrarre numerosi discepoli e far sorgere una comunità monastica. In poco tempo un'intensa attività edificatrice portò alla realizzazione delle prime celle per i religiosi e di una prima chiesetta che la profonda devozione mariana di Guglielmo – e non un’apparizione, come vuole la tradizione popolare – dedicò alla Madonna. Riuniti nella congregazione dei Virginiani, i monaci di Montevergine diffusero la devozione mariana nell’intero Mezzogiorno, organizzando pellegrinaggi e facendo di Montevergine il più famoso santuario mariano dell'Italia Meridionale. La primitiva chiesa nel corso dei secoli subì notevoli trasformazioni fino ad assumere l’attuale conformazione, comprendente due chiese dette la nuova Basilica e l’antica Basilica, il monastero, la foresteria, il campanile, la cripta e locali annessi. Già nel 1180 la chiesa di San Guglielmo fu rifatta e ingrandita in stile romanico. Nel XIII secolo Carlo II d’Angiò fece allestire, nella navata destra, una cappella votiva e chiamò a decorarla il pittore Montano d’Arezzo che, tra il 1296 e il 1297, dipinse la nuova icona della Maestà di Montevergine, nota con il nome di Mamma Schiavona. Tra il 1625 ed il 1631 fu costruito il nuovo altare e il complesso marmoreo che accolse la Vergine sino al 1960. Nel 1629 gran parte della chiesa subì un crollo: la nuova struttura barocca fu terminata nel 1645 su disegno dell’architetto napoletano Gian Giacomo Conforti. Negli anni Cinquanta del Novecento il Santuario, meta di fedeli provenienti da ogni parte della regione, non più in grado di accogliere i pellegrini, fu adeguato alle nuove esigenze devozionali. Il progetto, affidato all’arch. Florestano di Fausto, prevedeva l’ innesto del nuovo edificio sull’asse trasversale della preesistente chiesa seicentesca, in modo da creare un complesso unitario, nel quale la chiesa antica “avrebbe costituito il braccio minore e la chiesa nuova il braccio maggiore di una grande croce latina”. Il nuovo edificio di culto risulta costruito, anche se non ultimato, nel 1963, e la Madonna di Montevergine di Montano d’Arezzo già trasferita sul monumentale altare della nuova basilica. La visita comincia dalla Basilica nuova, in stile romanico modernizzato, a tre navate e soffitto a cassettoni; un grande arco trionfale precede la tribuna e l’imponente altare maggiore dove fino al 2010 era collocata la maestosa immagine lignea della Madonna, attribuita a Montano d’Arezzo. Il trono è composto da marmi pregiati e ornato di statue e sculture in bronzo. Le navate secondarie, all’altezza del presbiterio, consentono il collegamento con l’antica Basilica. Entrando nella Basilica antica, a tre navate con decorazione a stucchi barocchi di cherubini e volute, dalla navata centrale si accede all’antica Cappella della Madonna, ora Cappella del Crocifisso, dove sarà ricollocata la Maestà di Montano d’Arezzo. Tutta la cappella è in marmo commesso; la volta presenta i dipinti dell’Assunta, dell’Immacolata e di Maria Bambina mentre alle pareti sono altri dipinti ed il monumento funebre degli Angiò. In fondo alla navata destra si trova la Cappella del Santissimo, con un baldacchino romanico bizantino del XII secolo. All’esterno della cappella si trova il monumento quattrocentesco a Caterina Filangieri. L’altare maggiore della Basilica, costruito nel XVII secolo, presenta una ricca decorazione in mosaico di pietre dure: a ridosso, vi è collocato il mezzobusto di San Gennaro, in memoria della presenza nella Basilica del corpo del Santo trasferito a Napoli nel 1497. L’altare di San Michele presenta la statua dell’Arcangelo, in marmo bianchissimo, del XVII secolo e un mosaico eseguito dalla famiglia Brancia di Sorrento. La Cappella della Schiodazione, infine, conserva, oltre all’altare del 1652, un sarcofago sormontato dalla statua di Fabio de Lagonissa, morto nel 1659. Nella Sala San Guglielmo si conservano relazioni di grazie ricevute dai fedeli ed ex voto pittorici.
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