“Sei” di Scimone Sframeli: il teatro è il suo doppio
Una piccola cantinella regge un par, il tecnico sembra stia facendo dei puntamenti. Siamo in un teatrino e una compagnia teatrale prova la sua sgangherata commedia per il debutto. “Ma hanno dato conferma di questo debutto?” domandano gli attori al capocomico. “Daranno conferma domani” risponde. Il capocomico (Spiro Scimone, anche autore di questa riscrittura di Pirandello) rivolge lo sguardo verso la platea, la guarda e dice, con un sottile filo d’orgoglio: “Un giorno porteremo il nostro spettacolo in un grande teatro”.
Si apre così la prima scena di “Sei”, ultimo lavoro della pluripremiata compagnia Scimone Sframeli che per la prima volta in assoluto si rapporta con un grande classico. Un testo che per eccellenza si fa emblema dello stesso fare teatro, quello scritto quasi cent’anni fa da Luigi Pirandello, con il quale Francesco Sframeli (attore e regista della pièce) e Spiro Scimone (attore e autore) sentono il bisogno di confrontarsi.
Il risultato? Una rilettura fresca, avvincente che ieri sera ha convinto anche il pubblico del Teatro Auditorium Unical, dove è andato in scena per la stagione Meridiano Sud.
La compagnia siciliana Scimone Sframeli con il loro “Sei” convince anche la critica, collezionando consensi e lodevoli recensioni. Un lavoro che gioca a riflettere, nel vero senso della parola, sulla dualità del proprio essere artisti prima di tutto, ecco perché “Sei”.
In scena Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Giulia Weber, Bruno Ricci, Francesco Natoli, Mariasilvia Greco, Michelangelo Zanghì, Miriam Russo e Zoe Pernici: siamo in un contesto dichiarato metatetrale e da Pirandello e dalla compagnia. La scena di Lino Fiorito disegna le balconate di un teatro all’italiana, intagliate in alcuni punti a mo’ di finestre, proprio come se fossero dei piccoli teatrini di figura. In questa doppia metateatralità fanno il loro ingresso i personaggi in cerca d’autore.
Nessuna entrata scontata dalla platea o dalle quinte, ma dal teatro stesso, come figure vive: si presentano così i personaggi in cerca d’autore, che in realtà sono cinque (la bambina è un burattino di pezza con la testa movibile, quasi sempre in braccio alla madre). Cinque anche i componenti della sbilenca compagnia. Per tutto il tempo della messa in scena staranno ognuno nel suo campo d’azione: gli attori, guidati dal capocomico Scimone, da una parte e i personaggi, di cui il padre (interpretato invece da Sframeli) si fa “portavoce”, dall’altra.
Un dualismo reso evidente non solo dal modo di stare in scena, ma dal linguaggio: gli attori e il capocomico utilizzano sempre la lingua che è propria della scrittura di Scimone, reiterante, musicale, distaccata ma profondamente poetica; i personaggi invece sono reali, persone vere intrappolate nella loro condizione d’essere.
Ciò che rimane dei “Sei personaggi in cerca d’autore” in questa messa in scena è infatti l’essenza stessa, dalle scene - quella che vede il tragico incontro della Figliastra e il Padre nel retrobottega di Madama Pace e la scena della vasca – al triangolo perfetto che è il teatro (personaggio, attore, spettatore), al dramma dell’illusione.
“Sei” è il teatro e il suo doppio: un filo sottile che lega l’assurdità del tragico alla comicità assurda della vita.
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